ORDINE DEGLI ARCHITETTI

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ORDINE DEGLI ARCHITETTI
Roberto Lupica
Costruire sostenibile
Tecnologie per la realizzazione delle
coperture
Il tetto rispetto al Fuoco
Reggio Emilia 16 Novembre 2005
A cura di: Roberto LUPICA
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Roberto Lupica
1. PREMESSA
Nell’affrontare la problematica della prevenzione incendi si è sempre parlato di
prevenzione propriamente detta, intesa come l’insieme di azioni e misure atte a mitigare le
probabilità che un incendio possa accadere, e di protezione quale insieme di misure destinate a
mitigare le disastrose conseguenze dell’incendio.
Il concetto del possesso di particolari caratteristiche da parte dei materiali da costruzione e
delle strutture quale misura di protezione è espresso nel “Documento Interpretativo per il requisito
essenziale n° 2 – SICUREZZA IN CASO DI INCENDIO” della direttiva del Consiglio di Europa
del 21.12.1988 (89/106/CEE), recepita in Italia con DPR 246/1993, nota anche come direttiva
materiali da costruzione.
Infatti, al capo 2 – Spiegazione del requisito essenziale “Sicurezza in Caso di Incendio” –
è asserito che “la sicurezza antincendio nelle opere di costruzione comprende requisiti sulla
configurazione degli edifici e sulle prestazioni strutturali, sui prodotti da costruzione, …….” .
Ciò al fine di garantire il raggiungimento della finalità che si pone la direttiva materiali da
costruzione che nell’allegato I asserisce:
“L’opera deve essere concepita e costruita in modo che, in caso di incendio:
•
La capacità portante dell’edificio deve essere garantita per un periodo di tempo
determinato;
•
La produzione e la propagazione del fuoco e del fumo all’interno delle opere siano
limitate;
•
La propagazione del fuoco ad opere vicine sia limitata;
•
Gli occupanti possano lasciare l’opera o essere soccorsi altrimenti;
•
Sia presa in considerazione la sicurezza delle squadre di soccorso.”
È necessario precisare cosa si intende per fuoco, almeno nella concezione utilizzabile per i
concetti su esposti.
Quando si parla genericamente di propagazione del fuoco è più opportuno parlare della
propagazione dei prodotti della combustione che sono: calore, fiamma, gas di combustione e fumo.
Ognuno di essi presenta caratteristiche tali da risultare pericoloso per le persone e/o per le
strutture.
Il contenimento in volumi delimitati di questi prodotti della combustione è una misura di
protezione in quanto tende a ridurre le conseguenze di un incendio.
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Più recentemente il Decreto Interministeriale (Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Ministero dell’Interno e Dipartimento di protezione civile) “Norme tecniche per le
costruzioni” del 14 settembre 2005 ha inserito l’incendio tra le azioni accidentali che “devono
essere tenute in conto e il loro effetto verificato per determinare la robustezza del comportamento
strutturale”.
Al fine di garantire la sicurezza contro gli incendi viene ribadito che le costruzione devono
essere progettate e costruite in modo che sia garantito:
La stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso
degli occupanti;
La limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle opere vicine;
La possibilità che gli occupanti lascino l’opera indenni o che gli stessi siano
soccorsi in altro modo;
La possibilità che le squadre di soccorso operino in condizioni di sicurezza.
Questi obiettivi si possono raggiungere rispettando le norme contenute nel Decreto di cui
sopra ovvero, nel caso che nell’ambito delle costruzioni si svolgano attività per le quali siano state
emanate specifiche norme di prevenzione incendi, rispettando le predette norme.
Il Decreto Ministeriale 14/9/2005, individua nella resistenza al fuoco delle strutture “una
delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire una adeguata robustezza del
sistema strutturale in caso di incendio”.
La resistenza al fuoco può ritenersi articolata in “capacità portante” e “capacità di
compartimentazione”.
Per meglio apprendere il concetto di resistenza al fuoco si procederà, dopo avere
richiamato alcune definizioni, ad un confronto tra la metodologia classica della prevenzione
incendi, circolare 14 settembre 1961, n. 91 e quella di più recente acquisizione insita nel nuovo
Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 settembre 2005
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2. DEFINIZIONI
Per le definizioni che seguono si fa riferimento al DM 30 novembre 1983 riportante
“Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi”. Si evidenzieranno
eventuali differenze con le definizioni riportate del DM 14/9/2005.
¾ Resistenza al Fuoco: Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a
conservare, secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato, in tutto
o in parte: la stabilità R, la tenuta E, l’isolamento termico I, cosi definiti:
a) stabilità: attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica
sotto l’azione del fuoco;
b) tenuta: attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare né produrre, se
sottoposto all’azione del fuoco su un lato, fiamme, vapori o gas caldi sul lato non
esposto;
c) isolamento termico: attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato
limite, la trasmissione del calore.
Pertanto:
™ con il simbolo REI si identifica un elemento costruttivo che deve
conservare, per un tempo determinato, la stabilità, la tenuta e l’isolamento
termico;
™ con il simbolo RE si identifica un elemento costruttivo che deve
conservare, per un tempo determinato, la stabilità e la tenuta;
™ con il simbolo R si identifica un elemento costruttivo che deve
conservare, per un tempo determinato, la stabilità
In relazione ai requisiti dimostrati gli elementi strutturali vengono classificati
da un numero che esprime i minuti primi.
Per la classificazione degli elementi non portanti il criterio R è
automaticamente soddisfatto qualora siano soddisfatti i criteri E ed I.
¾ CARICO DI INCENDIO: potenziale termico dei materiali combustibili contenuti in uno
spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei
soffitti. Convenzionalmente è espresso in chilogrammi di legno equivalente ( potere
calorifico inferiore 4.400 Kcal/kg.)
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¾ CARICO DI INCENDIO SPECIFICO: carico di incendio riferito all’unità di superficie
lorda. Il DM del 14/09/2005 del carico di incendio da una definizione più completa e
complessa. Infatti il carico di incendio specifico viene definito con la seguente formula:
qfd = qf *m * δq1 * δq2 *δn
dove:
m = 0.8 ÷ 1
è il fattore di combustione;
δq1 = > 1,00
è il fattore che tiene conto del rischio di attivazione in
relazione alla dimensione del compartimento;
δq2 > 0,80
è il fattore che tiene conto del rischio di attivazione in
relazione al tipo di attività svolta nel compartimento;
10
δn = Π δni > 0,20
i=1
qf
è il fattore che tiene conto delle differenti misure di
spegnimento dell’incendio (sprinkler, EFC, ecc);
è il valore nominale della densità di carico di incendio per
unità di area in pianta [MJ/m2].
¾ COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: parte di edificio delimitata da elementi
costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata e organizzata per rispondere alle esigenze di
prevenzione incendi.
¾ COMPORTAMENTO AL FUOCO: insieme di trasformazioni fisiche e chimiche di un
materiale o di un elemento da costruzione sottoposto all’azione del fuoco. Il comportamento
al fuoco comprende la resistenza al fuoco delle strutture e la reazione al fuoco dei materiali.
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3. RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE
Per come visto in precedenza un obiettivo della prevenzione incendi è contenere
all’interno del volume in cui si sviluppa un incendio i prodotti della combustione.
Questo obiettivo è raggiungibile con la COMPARTIMENTAZIONE che può essere
definita come la suddivisone del volume di un edificio in volumi più piccoli ognuno dei quali
costituisce di per se un compartimento antincendio.
Dalla definizione di compartimento antincendio si evidenzia che questo deve essere
costituito e delimitato da strutture resistenti al fuoco. È quindi evidente che la caratteristica di
resistenza al fuoco deve essere richiesta alle strutture portanti (muri, travi, pilastri, solai, ecc.) e alle
strutture separanti, dette anche elementi di compartimentazione (pareti, controsoffitti, porte, solai,
serrande, passaggi cavi e/o canalizzazioni, ecc.).
È evidente che nel corso della progettazione antincendio, allorquando si intendere adottare
la misura di protezione della compartimentazione ovvero quando la norma verticale impone di
adottare tale misura, il primo interrogativo che ci si pone è stabilire la durata della resistenza al
fuoco
delle
strutture
che
delimitano
il
compartimento,
altrimenti
dette
strutture
di
compartimentazione.
Normalmente, in presenza di una norma di tipo verticale, la durata della resistenza al
fuoco delle strutture di compartimentazione è definita dalla norma stessa (p.e. il DM 9 aprile 1994
inerente le norme di sicurezza antincendio nelle strutture alberghiere fissa la resistenza la fuoco
delle strutture in funzione dell’altezza antincendio dell’edificio destinato ad albergo).
In assenze di norma verticale o nel caso in cui la norma non definisca la durata della
resistenza al fuoco delle strutture (locali di pubblico spettacolo in edificio monopiano) spetta al
progettista la quantificazione di detto parametro.
3.1 Valutazione della resistenza al fuoco delle strutture per attività non normate
3.1.1 Circolare del Ministero dell’Interno n° 91 del 14 settembre 1961.
Per determinare la durata della resistenza al fuoco da richiedere alle strutture costituenti e
delimitanti un compartimento occorre risalire alla classe del compartimento stesso.
A tal fine ci si avvale della circolare 91/61 che riporta “Norme di sicurezza per la
protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”.
Occorre precisare che con dispositivi di legge successivi (circolari e Decreti ministeriali)
l’utilizzo della circolare 91/61 è stato esteso a tutte le tipologie di materiali da costruzione,
indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’edificio.
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La predetta circolare determina la classe dell’edificio mediante la formula:
C=K*q
dove:
9 C è il numero indicativo della classe:
9 q è il carico di incendio specifico (espresso in kg di legna standard/m2);
9 K è un coefficiente che tiene conto delle condizioni reali di incendio del locale o del
compartimento.
3.1.2. Calcolo del carico di incendio
Il carico di incendio specifico, così come definito nel DM 30.11.1983, si può esprimere
con la seguente formula:
n
q=
∑g
i
× Hi
i =1
4400 × A
[Kg Legna
]
/ m 2 (1)
dove:
9 q è il carico di incendio specifico espresso in kg legna standard/m2;
9 gi è il peso (espresso in kg. ) del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel
compartimento;
9 Hi è il potere calorifico (espresso in Kcal/kg) del generico fra gli n combustibili di peso gi;
9 A è la superficie (espressa in m2) del compartimento;
9 4.400 è il potere calorifico del legno (espresso in Kcal/kg.).
Nel caso in cui le strutture portanti del compartimento sono in legno il calcolo del carico
di incendio si effettua con la seguente formula (DM 6 marzo 1986):
q = q1 + 12.5 * S/A
dove:
9 q è il carico di incendio totale;
9 q1 è il carico di incendio dovuto alla presenza di materiale combustibile contenuto nel
compartimento, con esclusione delle strutture portanti in legno;
9 S è la superficie esposta al fuoco delle strutture portanti in legno 8espressa i m2);
9 A è la superficie orizzontale del compartimento.
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3.1.3. Calcolo del coefficiente K
Il coefficiente K tiene conto delle effettive condizioni che caratterizzano lo sviluppo
dell’incendio all’interno del compartimento.
Nell’esaminare lo sviluppo dell’incendio, si può affermare che la condizione più gravosa
per le strutture di compartimentazione è rappresentata dalla completa combustione di tutto il
materiale combustibile presente all’interno del compartimento.
In questo caso tutto il potenziale termico si svilupperà sottoponendo le strutture alla
massima sollecitazione termica.
Nella realtà è poco probabile che tutto il materiale presente bruci completamente; adeguate
misure di protezione attiva (impianti di spegnimento, sistema di rivelazione di incendio, squadra
aziendale di sicurezza, ecc.) fanno si che si possa, e si debba, pervenire allo spegnimento
dell’incendio prima della completa combustione del materiale combustibile.
Di tutto ciò si tiene conto mediante il coefficiente K.
La determinazione del valore di detto coefficiente (valore che varia da un minimo di 0.2
fino ad un massimo di 1) si effettua con l’ausilio del grafico che segue:
Grafico Indice k
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Sull’asse orizzontale sono riportati i valori della somma algebrica degli indici di
valutazione.
Sull’asse verticale si leggerà il valore di K corrispondente alla somma algebrica degli
indici di valutazione.
Quest’ultimo valore è determinato con l’ausilio della tabella allegata alla circolare 91/61,
di seguito riportata.
Tabella 1 - Indici di valutazione
Fattori
Indici
di valutazione
1. Altezza dell'edificio e dei piani
1.1.Altezza totale dell'edificio
- altezza di gronda fino a 7 m
- altezza di gronda oltre 7 fino a 14 m
- altezza di gronda oltre 14 fino a 24 m
- altezza di gronda oltre 24 fino a 30 m
-altezza di gronda oltre 30 fino a 45 m
-altezza di gronda oltre 45 m
1.2. Altezza dei piani in un edificio multipiano
-fino a 4 m
-oltre 4 fino a 8 m
+2
+1
2. Superficie interna, delimitata da muri tagliafuoco,
pareti esterne o pareti antincendio suppletive
(schermi, ripari di acqua, ecc.)
-fino a 200 m2
-oltre 200 fino a 500 m2
-oltre 500 fino a 1000 m2
-oltre 1000 fino a 2000 m2
-oltre 2000 m2
0
+2
+4
+6
+ 10
3. Utilizzazione dell'edificio e dei locali
3.1. - Materiali infiammabili, come idrogeno, benzina,
petrolio, celluloide, e simili
- Materiali facilmente combustibili, come paglia,
mobili di legno e simili
- Materiali poco o difficilmente combustibili,
come carta ammassata, oli pesanti da caldaia,
carboni minerali e simili
3.2.Destinazione dei locali
- sale di riunione, locali soggetti ad affollamento,
ambulatori e simili
- ospedali, cliniche, scuole e simili
- abitazioni ed uffici
0
+2
+4
+6
+ 10
+ 20
+ (5 ÷ 10)
0
- (5 ÷ 15)
+ 10
+5
0
9
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3.3.Uscite di soccorso a distanza superiore ai 20 m (1)
+ (2 ÷ 4)
(1)Vanno considerate come uscite di soccorso anche le uscite normali nel caso che ve ne siano più di una per piano.
4. Pericolo di propagazione
- distanza dagli edifici circostanti fino a 10 m
- distanza dagli edifici circostanti da 10 a 25 m
- distanza dagli edifici circostanti oltre 25 m
5. Segnalazione, accessibilità e impianti
di protezione antincendio
5.1. Squadra interna di soccorso
-con impianto interno di idranti
-con impianto di estintori
5.2. Impianto Sprinkler, secondo la portata
e la pressione (indici da ridurre ai valori
- (3÷5) in caso di coesistenza con la voce 5.1.)
5.3. Avvisatore automatico in diretto collegamento
con la caserma VV.F. (indice da ridurre al valore
- 2 in caso di coesistenza con la voce 5.1. oppure 5.2.)
5.4. Guardiania permanente con telefono
-con avvisatore automatico interno
ed impianto interno di idranti
-con avvisatore automatico interno
-con impianto interno di idranti
-con estintori oppure con impianto
esterno di idranti
-senza altro corredo
(Indici da non considerare in caso di coesistenza
con la voce 5.1. e da ridurre al valore costante - 3
in caso di coesistenza con la voce 5.2.)
5.5. Impianto interno di idranti senza guardiania
(indice da ridurre al valore - 2 in caso di coesistenza
con le voci 5.1. e 5.2.)
5.6. Impianto esterno di idranti in prossimità
dell'edificio (indice da ridurre al valore - 1
in caso di coesistenza con le voci 5.1. e 5.2.)
5.7.Estintori senza guardiania (indice da
ridurre al valore - 1 in caso di coesistenza
con le voci 5.1. e 5.2.)
5.8.Tempo richiesto per l'arrivo dei VV.F.
-fino a 10 minuti
-oltre 10 e fino a 15 minuti
-oltre 15 e fino a 20 minuti
-oltre 20 minuti
5.9. Difficoltà di accesso interno non avente
rapporto con l'altezza dell'edificio
+3
+1
0
- 25
- 15
- (15 ÷ 25)
- 10
- 12
- 10
-9
-8
-7
-4
-3
-2
-5
-2
0
+5
+ (0 ÷ 3)
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ESEMPIO DI CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO
Il calcolo del carico di incendio, viene effettuato con il metodo previsto dalla Circolare del
Ministero dell'Interno n° 91 del 14/9/1961; viene determinato il carico di incendio dei vari
compartimenti, considerando i quantitativi di materiale combustibile presente all'interno degli
stessi, risultanti da una analisi dei carichi termici.
Successivamente viene determinata la classe da attribuire ai singoli compartimenti, sulla base del
valore precedentemente calcolato, moltiplicato per il valore del coefficiente riduttivo K valutato
sulla base degli indici di riduzione riportati nelle tabelle della predetta Circolare 91/61.
La normativa vigente impone, per il calcolo del carico di incendio l'adozione della seguente
formula:
n
q=
∑g
i
× Hi
i =1
4400 × A
[Kg Legna
]
/ m 2 (1)
dove:
q = Carico di incendio espresso in Kg Legna / mq
gi = Peso in Kg del generico fra gli n prodotti presenti all’interno dei locali
Hi = Potere calorifico (Kcal/h) del generico fra gli n prodotti di peso gi
A = Superficie del compartimento in mq
La CLASSE dell’edificio è data dal prodotto fra il carico d’incendio e il coefficiente riduttivo K per
tenere conto delle condizioni reali dell’incendio.
Si elencano i materiali combustibili e i rispettivi poteri calorifici considerati, per i singoli
compartimenti.
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ELENCO MATERIALI COMPARTIMENTO: Deposito prodotto finito
Materiale
Cartone
Gomma
Legno
Polietilene
Quantità
8200
2050
18750
25000
Potere Calorifico
5000 Kcal/Kg
9996 Kcal/Kg
4400 Kcal/Kg
9996 Kcal/Kg
Totale
41000000.00
20491800.00
82500000.00
249900000.00
Applicando la (1) si ricava il presente carico di incendio:
CARICO DI INCENDIO = 19.16 [Kg-Legna / mq]
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CALCOLO DEL COEFFICIENTE RIDUTTIVO K COMPARTIMENTO:
Deposito prodotto finito
Indice
1
1.1
1.2
2
2.1
3
3.1
3.2
3.3
4
1.1
5
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
5.8
5.9
Descrizione
ALTEZZA DELL'EDIFICIO E DEI PIANI
Altezza totale dell'edificio
Altezza dei piani
SUPERFICIE INTERNA DELIMITATA DA MURI
TAGLIAFUOCO
Superficie compartimento
UTILIZZAZIONE DELL'EDIFICIO E DEI
LOCALI
Natura dei materiali e delle sostanze
Destinazione dei locali
Uscite a distanza superiore a 20 m
PERICOLO DI PROPAGAZIONE
Distanza dagli altri edifici
SEGNALAZIONE, ACCESSIBILITA' E IMPIANTI
DI PROTEZIONE ANTINCENDIO
Squadra interna di soccorso
Impianto sprinkler
Avvisatore automatico in diretto collegamento con la
caserma VV.F
Guardiania permanente con telefono
Impianto interno di idranti senza guardiania
Impianto esterno di idranti in prossimità dell'edificio
Estintori senza guardiania
Tempo Richiesto per l'arrivo dei VV.F
Difficoltà di accesso interno non avente rapporto con
l'altezza dell'edificio
K
2
0
10
-5
0
2
1
0
0
0
0
-4
0
-2
-2
0
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Grafico Indice k
Somma Indici
-1
Valore k
0.63
q
19.16 [Kg-Legna /
mq]
Classe
Classe: REI 15
È necessario ricordare che le classi di resistenza al fuoco delle strutture sono:
15 – 30 – 45 – 60 – 90 – 120 – 180
Ne consegue che se dal calcolo effettuato con la metodologia sopra illustrata si
determinano valori compresi tra quelli sopra indicati, alla classe si assegnerà il valore
immediatamente superiore. (p.e. a C = 17.60 corrisponde una classe C = 30).
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3.2 Applicazione del DM 14 settembre 2005
Nel caso di edifici nell’ambito dei quali si svolgano attività soggette ai controlli dei vigili
del fuoco (DM 16.2.1982 e tabelle A e B del DPR 689/59) ma
anche in altri edifici la
determinazione del valore di resistenza al fuoco che deve caratterizzare le strutture degli stessi si
determina in funzione degli obiettivi che si intendono raggiungere. Oltre a quelli già indicati in
precedenza si deve tenere conto anche della necessità di garantire la stabilità delle strutture affinché:
1. Non si verifichino crolli;
2. Sia mantenuta la integrità dei componenti e dei sistemi antincendio affinché
continuino a svolgere la loro azione;
3. Sia possibile la riutilizzazione qualora sia richiesto (dal committente).
Il decreto in argomento indica delle procedure generali per il progetto delle strutture
soggette all’incendio. Senza volere entrare nel dettaglio di quanto stabilito da questa regola tecnica
si può ricordare che queste procedure prevedono:
1. scelta degli scenari d’incendio significativi per il caso in esame;
2. determinazione dei relativi incendi di progetto;
3. calcolo dell’evoluzione delle temperature all’interno degli elementi strutturali;
4. calcolo del comportamento meccanico delle strutture esposte al fuoco.
Rispetto a quanto indicato nella circolare 91/61, in merito alle classi di resistenza al fuoco,
il decreto 14/9/2005 individua una ulteriore classe, indicata con R20, relativa alle strutture portanti
di un edificio che debbono essere in grado di garantire la stabilità per 20 minuti primi.
Il committente, di concerto con il progettista, in base al rischio e alle strategie antincendio,
stabilisce il livello di prestazione da richiedere alle strutture portanti. La norma tecnica stabilisce i
seguenti livelli di prestazione cui corrispondono classi di capacità portante:
Livello I
Livello II
Livello III
Livello IV
Livello V
Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze del crollo siano
accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile
Requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente l’evacuazione degli occupanti in
luogo sicuro
Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture tali da evitare, per tutta la durata dell’incendio, il
collasso delle strutture stesse
Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine dell’incendio, un
limitato danneggiamento delle strutture stesse
Requisiti di resistenza al fuoco delle strutture per garantire, dopo la fine dell’incendio, il
mantenimento della totale funzionalità delle strutture stesse
La norma individua la corrispondenza tra il livello di prestazioni e le condizioni che
possono verificarsi nell’ambito delle costruzioni oggetto del progetto. Nel caso dei livelli II e III la
norma indica le classi di resistenza al fuoco idonee per garantire le prestazioni da richiedere alle
strutture.
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5. Resistenza al fuoco delle coperture
In caso di incendio il crollo, totale o parziale, di una copertura è frequentemente causa di
notevoli difficoltà nell’opera di spegnimento in quanto i materiali coinvolti nel crollo impediscono
all’acqua di spegnimento di raggiungere tutti i focolai ritardando notevolmente il completo
spegnimento e producendo ulteriori danni alle strutture ed ai beni presenti all’interno dell’edificio.
Per questo motivo anche alle strutture che costituiscono il manto di copertura e gli
elementi strutturali che lo sostengo vene richiesto una resistenza al fuoco analoga a quella richiesta
per le strutture di elevazione e per quelle di separazione (pareti e solai).
Nella stragrande generalità dei casi la copertura di un edificio è costituita da elementi
portanti principali, da elementi strutturali, anche essi con capacità portante, secondari e dal manto di
copertura.
La capacità portante R è sicuramente richiesta per gli elementi strutturali principali, non
viene richiesta per gli elementi secondari quando:
le prestazioni richieste rientrano tra quelle di cui al livello I;
l’eventuale crollo non compromette la capacità portante delle altre parti della
struttura;
l’eventuale crollo non compromette l’efficacia di elementi costruttivi di
compartimentazione e dei sistemi antincendio;
l’eventuale crollo non deve costituire pericolo per gli occupanti e per i
soccorritori.
Nessuna caratteristica di resistenza al fuoco è normalmente richiesta per il manto di
copertura.
Al fine di definire le caratteristiche di resistenza al fuoco delle strutture si è visto in
precedenza che è necessario definire i possibili scenari di incendio.
Nel caso delle coperture l’incendio può verificarsi nel corso della realizzazione delle
stesse al momento della posa in opera del manto impermeabilizzante in quanto, nel caso della
guaina bituminosa, si ricorre all’utilizzo di fiamme libere scaldanti che possono innescare, per
imperizia, l’incendio delle parti combustibili della copertura.
Nel corso dell’esercizio dell’edificio l’incendio può interessare direttamente ed
esclusivamente la copertura nel caso in cui si siano commessi errori durante la costruzione, il più
frequente è connesso con il posizionamento del camino di scarico dei prodotti di combustione
dell’impianto di riscaldamento che risulta essere a diretto contatto con le travi in legno della
struttura portante della copertura.
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Roberto Lupica
Frequente è il caso di incendio connesso con la combustione di materiali depositati nel
sottotetto ovvero dell’incendio della copertura a seguito di grave incendio che interessa i locali
situati ai piani inferiori.
Nel caso di incendio particolari problematiche si incontrano per le operazione di
spegnimento dei tetti ventilati.
La costituzione dei tetti ventilati è progettata e realizzata al fine di garantire comfort
abitativo e risparmio energetico. Questi obiettivi si raggiungono mediante la realizzazione di una
“camera d’aria” tra il solaio ed il manto di copertura. La circolazione dell’aria consente la
ventilazione del tetto e del sottomanto, favorendo:
• l’espulsione dell'aria calda durante l'estate prima che il calore esterno si trasmetta agli
ambienti sottostanti;
• lo smaltimento del vapore acqueo che tende dagli ambienti sottostanti a trasmigrare verso
l'alto impedendo il suo condensarsi sull'intradosso freddo delle tegole;
• la distribuzione durante l'inverno del calore che sale dall'alloggio evitando localizzati
scioglimenti del manto nevoso;
• l’espulsione di eventuali infiltrazioni provocate da forti piogge o dal caratteristico
assorbimento delle tegole.
Le figure che seguono evidenziano la circolazione dell’aria che arriva dalla linea di gronda
si riscalda nell’intercapedine per effetto dell’irraggiamento, diventa più leggera e fuoriesce dal
colmo, sottraendo il calore accumulato dal materiale di copertura.
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TETTO VENTILATO CON STRUTTURA IN CALCESTRUZZO ARMATO
TETTO VENTILATO CON STRUTTURA IN LEGNO
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Nel caso di incendio che coinvolge la copertura è evidente che la circolazione dell’aria,
voluta per garantirne gli effetti benefici, è elemento di rapida propagazione dell’incendio, in
particolare se si tratta di tetto con strutture in legno. Non è infrequente il caso in cui le squadre dei
Vigili del Fuoco, chiamati ad intervenire per lo spegnimento di una copertura, siano costretti a
smantellare tutto il manto di copertura per garantire il minuto spegnimento di tutto il tetto, evitando
pericoli di possibile riavvio dell’incendio.
È evidente, dalla descrizione dei possibili scenari di incendio di copertura in precedenza
individuati, che si può intervenire ai fini della
riduzione del rischio incendio evitando,
preventivamente, errori costruttivi e/o di posa in opera ovvero riducendo, per quanto possibile, il
ricorso a materiali combustibili.
Quello della sicurezza in generale e dagli incendi in particolare è una sensibilità che
necessita di uno sviluppo sempre maggiore; è utile in tal senso richiamare una parte della
introduzione al Decreto Interministeriale del 14 settembre 2005
“il sentimento della sicurezza delle costruzioni nei riguardi della pubblica incolumità e
della conservazione del patrimonio edilizio con particolare attenzione per quello storico
monumentale, è diffuso ormai in tutto il Paese e nei vari livelli della popolazione. Per tale motivo
il testo ha dedicato particolare enfasi ai problemi della sicurezza delle opere sia delle nuove
costruzioni sia di quelle esistenti”.
Bibliografia:
il tetto ventilato a cura di Carmela Palmieri – C.A.Sa.
Resistenza al fuoco delle strutture e criteri di sicurezza equivalenti”. Intervento dell’ing. D. Frissora nell’ambito del convegno “sicurezza
antincendio e gestione delle emergenze nel comparto agroalimentare – Bertinoro 22.10.2001.
“Il servizio di prevenzione incendi nel quadro giuridico italiano”. Intervento dell’ing. M. Stocchi nell’ambito del Corso di applicazione
dell’ingegneria antincendio all’edilizia civile – Roma 9-13 ottobre 2000.
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