Richard Strauss: “Ariadne auf Naxos”

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Richard Strauss: “Ariadne auf Naxos”
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Richard Strauss: “Ariadne auf Naxos”
Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso) op. 60, opera in un atto con prologo su libretto di Hugo
von von Hofmannsthal
Erano passati pochi mesi dalla prima del Rosenkavalier, avvenuta a Dresda il 26 gennaio
1911, che Strauss si mostrava impaziente di rimettersi a lavoro per una nuova opera.
Così scriveva infatti ad Hofmannsthal il 17 marzo 1911:
“Sono impaziente di sapere ciò che ha da raccontarmi dello Steinerne Herz e della cosetta di
Molière. Non dimentichi che per l’estate non ho lavoro. Scrivere sinfonie non mi diverte più.
Spero che sia sano e alacre al lavoro” (Hugo von Hofmannsthal-Richard Strauss, Epistolario,
Adelphi, Milano, 1953, p. 120)
Il teatro aveva ormai conquistato Strauss che, preso quasi da una forma di febbre
creativa, non vedeva l’ora di rimettersi al lavoro sfruttando soprattutto i mesi estivi per
lui spesso fecondi. Hofmannsthal, contento certamente per questa nuova collaborazione,
rispose 3 giorni dopo proponendo a Strauss 2 progetti diversi. Nella lettera si legge:
“Ove si voglia ancora fare insieme qualcosa (intendo qualcosa di importante,
prescindendo completamente dall’opera di mezz’ora, per piccola orchestra da camera,
che è quasi pronta nella mia mente, denominata Arianna auf Naxos, un misto di figure
eroico-mitologiche in abbigliamento del Settecento, con crinoline e pennacchi di struzzo,
e di figure della commedia dell’arte, Arlecchini, Scaramucci, che introducono una
componente buffonesca sempre intrecciata con la componente eroica) – allora, ove si
voglia fare insieme ancora qualcosa di importante, dovrebbe essere una trama vigorosa e varia,
in cui i particolari del libretto abbiano meno peso. Mi si sta delineando alla fantasia qualcosa di
ben preciso, qualcosa che mi incanta e che certamente realizzerò; resta poi da decidere tra noi
se sarà per la musica o solo un lavoro a grande spettacolo con accompagnamento musicale. È
una fiaba di incantesimi in cui si fronteggiano due uomini e due donne, per una delle quali
dovrebbe servire da modello Sua moglie, con ogni discrezione […] il tutto mi si presenta agli
occhi con vera forza e mi disturba perfino nel lavoro e ha completamente spinto da parte l’altro
progetto, Das steinerne Herz, essendo tanto più vivo e più lieto”. (ivi, pp. 120-121)
Dei due progetti il primo ad essere realizzato fu quello dell’Arianna auf Naxos, sebbene
Strauss sembrasse all’inizio maggiormente interessato all’altro che, poi, sarebbe
diventato La donna senz’ombra. A tale proposito sembra risolutiva una lettera di
Hofmannsthal il quale immaginava la Arianna auf Naxos come una forma di appendice ad una
riduzione librettistica in due atti del Bourgeois gentilhomme di Molière. Il drammaturgo scriveva
a Strauss il 15 maggio 1911:
“Ora però cambia la canzone: ho il Molière. Io avevo sempre pensato a qualcuno dei suoi
lavori meno noti, e invece a Parigi mi è balenato quanto perfettamente il Bourgeois
gentilhomme si presti per innestarvi un divertissement operistico. Ha 5 atti che posso
restringere senza alcuna fatica a 2, lascio via la scena turca […], e con la scena turca cade
naturalmente tutto l’intreccio secondario, cadono i personaggi della figlia di Cléante, di Covielle,
più di un terzo del lavoro. Il divertissement Arianna auf Naxos sarà eseguito dopo il diner
davanti a Jourdain, al Conte e all’incerta Marchesa, con brevi commenti qua e là degli
spettatori, e conclude tutto il lavoro. Il manifesto viene così:
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Der Bürger als Edelmann
Commedia con danze di Molière nella antica traduzione di Bierling (1751), adattata da
Hugo von von Hofmannsthal.
Personaggi….
A chiusura della seconda parte:
Divertissement:
Ariadne auf Naxos (Musica di Richard Strauss) (Ivi, pp. 124-125)
Nelle intenzioni di Hofmannsthal, dunque, Ariadne auf Naxos doveva essere una sorta di
appendice ad una riduzione in due atti della comédie-ballet di Molière, per la quale nel
1670 Lully aveva composto delle musiche di scena, e che era stata tradotta in tedesco da
Konrad Bierling in una mescolanza di parti recitate ed altre musicali che, secondo il librettista,
dovevano essere inserite anche all’interno della commedia recitata. Strauss, per questa parte
iniziale, avrebbe dovuto scrivere, infatti, come indicato da Hofmannsthal sempre nella lettera già
citata, dei piccoli balletti, che dovrebbero essere brevissimi. Per questo lavoro l'affiatamento tra
il compositore e il suo librettista fu tale da coinvolgere, nella fase di elaborazione dell'opera,
anche il regista Reinhardt, come si evince da questo breve biglietto non datato, ma
presumibilmente risalente a un periodo posteriore al 20 maggio 1911: “Ecco appena un
abbozzo dell’adattamento in due atti, ancora senza tagli, affinché Lei possa orientarsi. Il
fatto che la commedia non abbia la sua pointe, come Ella giustamente ha notato, torna
proprio a nostro vantaggio dell’innesto del nostro divertissement. Difficilmente si
potrebbe attaccare un’opera a una commedia che si concluda bene e con effetto.
L’epilogo l’ho discusso con Reinhardt, e tutto sarà tornito in modo eccellente dal punto
di vista scenico, con un cerimoniale di grande divertimento” (Ivi, p. 128).
Strauss, da parte sua, aveva già in mente la tipologia e l’ordine dei pezzi musicali da inserire
nell’opera, dando, in una lettera del 20 maggio,dei suggerimenti per la redazione del testo
poetico delle arie di agilità:
“Riguardo alla forma delle famose arie d’agilità si faccia cantare dalla Kurz: Sonnambula, Lucia,
l’aria dal Pré-aux-Clercs di Hérold, Gilda, e i rondò di Mozart” (Ivi, p. 129).
L’opera, la cui composizione fu iniziata alla fine di maggio del 1911, come si evince da
una lettera di Strauss nella quale il compositore afferma di avere l’ouverture, le prime
danze e qualche altra cosa in appunti (ivi, p. 132), fu completata il 21 luglio 1912, ma non
vide le scene prima del 25 ottobre dello stesso anno alla Kleines Haus del Königliches
Hoftheater di Stoccarda. La prima fu ritardata da tutta una serie di problemi inerenti sia la scelta
del teatro, che, per le caratteristiche dell’opera, avrebbe dovuto avere delle dimensioni
contenute, sia la presenza o meno di Reinhardt, voluto a tutti i costi da Hofmannsthal a
differenza di Strauss più disponibile verso altre soluzioni. L’unico teatro, disposto ad
accogliere non solo Reinhardt, ma anche la compagnia del suo Deutsches Theater, fu
quello di Stoccarda dove l’opera andò in scena sotto la direzione di Strauss con Maria
Jeritza (Arianna), Herman Jadlowker (Bacchus) e Selma Kurz (Zerbinetta) ottenendo un
discreto successo, per nulla paragonabile a quello del Rosenkavalier. Il pubblico,
probabilmente, aveva percepito come noiosa la commedia di Hofmannsthal che rimase deluso
tanto da proporre a Strauss un rifacimento dell’opera. Il compositore, inizialmente poco
incline ad apportare delle modifiche (In ogni caso non credo si giustifichi il Suo desiderio che
la seconda versione sia considerata l’unica e definitiva. Per me la prima versione è giusta, e la
seconda un espediente), cercò sempre di minimizzare l’atteggiamento del pubblico e in
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una lettera del 15 dicembre 1913 scrisse al suo librettista:
“Non è il caso di mandar tutto al diavolo quando si legge che il pubblico dell’incantevole
commedia musicale di Wolf-Ferrari e Batka si è squisitamente dilettato per tutta la serata,
mentre con il nostro breve Molière, in cui Ella davvero ha tenuto soltanto ciò che è
divertente e caratteristico, si annoia a morte e non vede l’ora che finalmente cominci
l’opera? Bisogna sorbirsi tutto questo? Non ha nessuno fra i Suoi amici, Schnitzler o Bahr o
chiunque sia, che dica una buona volta una parolina energica e di vasta eco che la faccia finita
con la leggenda del Bourgeois noioso? Una leggenda che si è creata e diffusa con capacità di
suggestione in tutto il mondo per la banalissima circostanza che alla prima esecuzione di
Stoccarda, a causa di 2 intervalli di 50 minuti ciascuno, dovuti esclusivamente al ricevimento del
re, il pubblico dovette aspettare 3 ore prima di poter ascoltare l’opera del compositore Strauss
tanto a lungo attesa e sentì questa impazienza come noia per la commedia di MolièreHofmannsthal” (ivi, p. 260).
Nonostante le perplessità inizialmente manifestate, Strauss decise di assecondare il
progetto del suo librettista e tra il mese di aprile e il 20 giugno del 1916 l’opera fu
completata e in questa seconda versione fu rappresentata il 3 ottobre 1916 a Vienna
sotto la direzione di Franz Schalk con Maria Jeritza (Arianna), Selma Kurz
(Zerbinetta), Béla von Környey (Bacchus).
L’opera
Il prologo
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Ariadne auf Naxos Es. 1[/caption]
L’opera è aperta da un breve, scorrevole ed elegante preludio nel quale Strauss cercò di
fare una sintesi tra le sue due sezioni piuttosto diverse: il Prologo ambientato nella
Vienna del XVIII sec. e la vera e propria opera caratterizzata da un’azione mitologica. Il
preludio si configura, quindi, come un pot-pourri dei motivi principali dell’opera della
quale non disegna la trama, impossibile da ricostruire in una breve pagina orchestrale
soprattutto se si considera il carattere eterogeneo delle due parti che la compongono,
ma ne presenta i personaggi. Esso si apre con un tema (Es. 1) che rappresenta, in modo
quasi autobiografico e nello stesso tempo eroico, la figura del compositore la cui personalità
appare delineata da due motivi contrastanti: il primo di essi, che per l’uso dei ritmi puntati
ricorda quello del Don Quixotte, è l’espressione, grazie al suo profilo ascendente, dello slancio
passionale del compositore intento a perseguire i suoi ideali artistici, mentre il secondo,
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discendente, sembra mostrare lo scacco di queste aspirazioni e la conseguente delusione.
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Ariadne auf Naxos Es. 2[/caption]
Dalle profonde sonorità dei corni e dei fagotti emerge il tema che introduce l’ingresso di
Bacco (Es. 1), mentre, subito dopo, gli archi intonano un cullante tema in terzine che
ritornerà nel momento in cui Arianna sta per passare nell’aldilà (Es. 2) e a cui si
sovrappone un tema discendente che nell’opera sarà intonato da Bacco.
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Ariadne auf Naxos Es. 3[/caption]
Dopo questa parte iniziale, nella quale vengono presentati i personaggi seri dell’opera, il
preludio passa a delineare la figura dell’unico personaggio comico, Zerbinetta, che fa da trait
d’union tra il prologo e l’opera, in quanto presente in entrambi; qui la donna è rappresentata
con il tema principale (Es. 3) della farsa L’infedele Zerbina. È questa una brevissima
parentesi, in quanto il tema del passo di Bacco die Höhle deiner Schmerzen / zieh ich zur
tiefsten Lust um dich und mich, tratto dall’ultima scena dell’opera, ricorda al pubblico
che, nella parte mitologica, sta assistendo a un dramma di amore e morte. Infine, quasi ad
alleggerire l’atmosfera, sono introdotti da Strauss il tema del balletto delle maschere e quello
del rondò di Zerbinetta.
Già nella prima scena appare evidente il carattere metateatrale dell’opera, dal momento
che il Maggiordomo e il Maestro di musica, affaccendati nei preparativi per una
rappresentazione operistica che dovrà aver luogo nella casa del più ricco signore di
Vienna, parlano delle modalità con cui si deve svolgere la rappresentazione. In particolare
il Maggiordomo, che si esprime esclusivamente recitando (Womit kann ich dienen? / In che
posso servire?), afferma l’intenzione del suo signore di voler far rappresentare, insieme
all’opera, una pantomima-buffa, ipotesi che il Maestro di Musica rifiuta con forza. Sordo alle
proteste del Maestro di Musica, il Maggiordomo impone la volontà del suo padrone la cui forza
consiste nel detenere il potere economico al quale l’arte sembra assoggettarsi in un contesto
ironico accentuato anche dalla prosaicità della parte di questo personaggio, interamente
recitata, a cui si contrappone quella del Maestro di Musica che dà vita ad un recitativo
accompagnato. In questa parte, che dovrebbe rappresentare le aspirazioni dell’arte, l’ironia di
Strauss si esercita attraverso la riproposizione in orchestra del tema della farsa L’infedele
Zerbina con il quale il pubblico ha imparato già a familiarizzare nel preludio.
Subito dopo entra in scena il compositore (Lieber Freund! Verschaffen Sie mir die
Geigen / Caro mio, mandatemi qui i violini), la cui giovinezza è resa vocalmente dalla
scelta di Strauss di affidare la parte a un soprano (en travesti). Il suo esordio,
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musicalmente caratterizzato con il tema iniziale del preludio che viene sottoposto a delle
rielaborazioni nella parte orchestrale, mostra immediatamente l’entusiasmo giovanile del
ragazzo, la cui opera deve essere eseguita. Il compositore, dopo essersi lamentato del fatto
che i musicisti stiano pranzando a un quarto d’ora dall’inizio dell’Arianna, cerca, intonando un
passo dell’aria di Bacco, il tenore per provare ancora una volta questo pezzo ottenendo un
secco rifiuto. Giunge Zerbinetta (Erst nach der Oper kommen wir daran / Sol dopo «Arianna»
toccherà a noi) la quale, sempre in una scrittura da recitativo accompagnato, si lamenta del
fatto che non sarà facile per loro far ridere quei baroni dopo aver sbadigliato con l’Arianna. In
realtà l’intervento di Zerbinetta offre lo spunto per un momento autoironico costituito dalle
parole del Maestro di Musica che, presa in disparte la donna, le dice:
“Sie werden leichtes Spiel haben, Mademoiselle. Die Oper ist langweilig über die Begriffe, und
was die Einfälle anlangt, so steckt in meinem linken Schuhabsatz mehr Melodie als in dieser
ganzen »Arianna auf Naxos”. (Sarà ben facil cosa per Lei, Signorina. – Questa «Arianna» è un
sonnifero quale io non so dirle; e quanto al succo, alle idee, ne’ tacchi de’ miei scarpini v’è
assai più melodia di quella che non v’abbia nell’«Arianna» tutta intera!).
Il Compositore, avendo appreso che alla sua Arianna seguirà una farsa, si mostra
inorridito, mentre l’orchestra ironizza su questo suo sentimento con un tremolo degli archi,
sostenuti dai timpani, su una settima diminuita, accordo romantico per eccellenza
particolarmente idoneo a rappresentare i momenti di tensione, ma che qui risulta ironico in
quanto rapportato al contesto in cui viene inserito. L’orrore del compositore esplode in un
lungo monologo (Ich mag mich nicht beruhigen / Pe’l Cielo, non vo’ calmarmi)
accompagnato dall’orchestra che esegue alcuni temi della seconda parte della sua
opera in un gioco ironico. Durante il monologo il Compositore si mette anche ad improvvisare,
accompagnato da un’orchestra il cui organico è ridotto ad una compagine cameristica, una
parte del testo della sua opera (Du, Venus’ Sohn – gibst süßen Lohn / Cupido, assai – piacer
ne dài) su una scrittura lirica di ascendenza tardo-romantica. Questo tema sarà tagliato
nell’Opera che il Compositore sarà costretto ad accorciare per dare spazio alla farsa.
Ancora una volta si può leggere una critica, non troppo velata, nei confronti del pubblico
che non comprenderebbe la vera arte preferendo il facile divertimento di una farsa.
L’autoironia di Strauss sull’Arianna prosegue nelle parole del Maestro di ballo (Im Gegenteil. /
O, niente affatto) che, rispondendo a Zerbinetta, la quale, accompagnata dal pianoforte,
avrebbe voluto dare il ballo prima dell’opera, caldeggia la scelta di rappresentare l’Arianna dopo
il pranzo e, quindi, prima del ballo in modo che, fatto un sonnellino, gli invitati possano mettersi
subito dopo a danzare leggeri. Ancora una volta l’orchestra partecipa allo spirito ironico che
informa il prologo accompagnando il maestro di ballo con un’arietta di danza dalla struttura
tripartita (A-B-A1). I preparativi per l’imminente rappresentazione di Arianna vengono
interrotti dall’intervento dei timpani che, riprendendo, in modo ironico e in una forma
rielaborata, il celeberrimo passo dei timpani collocato ad apertura di Also sprach
Zarathustra, annuncia l’ingresso del Maggiordomo latore delle decisioni del padrone di
casa, quasi novello Zarathustra. Sempre in forma recitata l’uomo annuncia un nuovo
cambiamento di programma, disposto dal Conte che ha deciso di far rappresentare prima la
farsa L’infedele Zerbinetta e, dopo, l’Arianna contemporaneamente al ballo. Le parole del
Maggiordomo creano sorpresa e sgomento negli artisti e soprattutto nel compositore
che vede la sua opera ridimensionata, mentre ci si interroga su come si possa
rappresentare contemporaneamente una pantomima danzata e un’opera lirica.
Accompagnato dal tema che lo caratterizza, il compositore, inorridito, vorrebbe andar
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via, ma viene trattenuto dal Maestro di Musica il quale gli ricorda che avrebbero perso il
compenso di 50 ducati, marcando, ancora una volta, l’amara ironia di Strauss e di
Hofmannsthal contro un’arte che, soggetta alle leggi del mercato e del vile denaro, si
prostituisce. Il Maestro di Ballo, inoltre, afferma che è necessario apportare dei tagli alla
partitura e suggerisce al Maestro di musica di fare comprendere al giovane compositore che è
preferibile farla eseguire con dei tagli piuttosto che non farla eseguire affatto. Si decide di
chiamare Zerbinetta che, in quanto maestra nell’improvvisazione, è giudicata particolarmente
idonea ad operare i tagli, mentre le liti tra i cantanti sulle parti da tagliare costituiscono una
nuova occasione per ironizzare sull’asservimento dell’opera lirica ai cantanti. Zerbinetta
conosciuta la trama dell’opera, vorrebbe sostituire il finale tragico, la morte di Arianna, con un
lieto fine in cui la donna s’innamorerebbe di un altro giovane, ma la sua proposta è nettamente
rifiutata dal compositore. Qui Strauss, per caratterizzare i due personaggi, costruisce due mondi
musicali diversi e contrastanti, di cui quello del compositore appare pervaso di lirismo, mentre
quello di Zerbinetta è brillante, ironico, come si addice ad una commediante; la loro diversa
caratterizzazione viene marcata anche dalle scelte strumentali dal momento che il compositore
è accompagnato dai nobili archi, dall’arpa, dagli ottoni e dall’Harmonium, mentre Zerbinetta dal
pianoforte. Diversa è la funzione dei legni che, invece, accompagnano ora l’uno ora l’altra
senza caratterizzare specificamente uno di loro. I loro due mondi, pur così diversi e
contrastanti all’inizio, alla fine di questo “dialogo”, sembrano incontrarsi nell’amore che
sboccia tra i due personaggi. Questo incontro si svolge anche sul piano musicale nel
lirico a solo di Zerbinetta (Ein Augenblick ist wenig – ein Blick ist viel. / l’attimo, un breve
lampo; lo sguardo, eterno!) accompagnato da un tessuto orchestrale nel quale emerge la
grande maestria di Strauss nel contrappunto e nell’orchestrazione con gli archi divisi. In
realtà sembra che Strauss e Hofmannsthal abbiano voluto affermare, in questo passo,
l’unico autenticamente serio del Prologo, come l’opera d’arte sia la sintesi
dell’ispirazione nobile dell’artista e del mestiere impersonato da Zerbinetta la quale, da
vera commediante dell’arte, è maestra in quell’improvvisazione che si acquisisce con il
mestiere appunto. Questo momento di incanto è interrotto da un accordo di re minore da cui
scaturisce un rapido disegno del pianoforte che annuncia l’arrivo del Maestro di Musica il quale
richiama tutti all’ordine:
“An Ihre Plätze, meine Damen und Herren! Arianna! Zerbinetta! Scaramuccio, Harlekin! Auf die
Szene, wenn ich bitten darf!” (Ai loro posti, Signore e Signori! Arianna, Zerbinetta,
Scaramuccia, Arlecchino! Presto, in iscena!... Via!... S’affrettino!)
La Primadonna non vorrebbe salire sul palcoscenico insieme a Zerbinetta, ma è convinta dal
Maestro di Musica che le fa notare come solo in tal modo potrà risaltare quell’abisso che c’è
tra la sua arte e quella della commediante. Il Compositore, accompagnato dai suoi temi,
inneggia alla musica, all’arte e alla vita mostrando un atteggiamento ottimistico che prima
aveva del tutto perduto, ma che presto si tramuta in sdegno quando vede le maschere della
commedia dell’arte pronte a recitare nella sua opera. Il Compositore, vittima di un equivoco a
causa del quale avrebbe acconsentito a questo turpe connubio, se la prende con il Maestro di
Musica che gli rinfaccia di esser stato lui a permetterlo, mentre il Prologo si conclude in modo
brillante.
L’Opera
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Ariadne auf Naxos Es. 4[/caption]
L’Opera inizia con una classica ouverture italiana dalla struttura bipartita (AndanteAllegro), il cui Andante iniziale, basato su due elementi tematici, dei quali il primo,
esposto dagli archi, è costituito dal tema su cui si basa il lamento di Arianna (Es. 4),
mentre il secondo, introdotto dai legni, richiama quello del Compositore (Es. 5), è
maggiormente sviluppato rispetto all’Allegro, di cui protagonista è un tema agitato che
richiama ancora una volta quello del compositore.
[caption id="attachment_75614" align="alignleft" width="290"]
Ariadne auf Naxos Es. 5[/caption]
Su un tema derivato dall’ouverture la Naiade e la Driade (Schläft sie? / Dorme?), alle quali
si unisce Echo, contemplano Arianna; la figlia del re di Creta è triste perché è stata
abbandonata nell’isola di Nasso da Teseo, da lei aiutato ad uccidere il Minotauro. La
Naiade, la Driade ed Echo danno vita ad un trio elaborato dal punto di vista contrappuntistico ed
aperto da un vocalizzo di carattere madrigalesco (Ach, wir sind es eingewöhnet / Ah, quai
lacrime ella asconde). Accompagnata da una viola e dall’Harmonium, Arianna inizia il suo
lamento (Wo war ich? tot? und lebe, lebe wieder / Ov’ero? Morta? E vivo? Son rinata?) che, dal
punto di vista formale, è una sorta di contaminatio tra l’aria col da capo barocca e la scena ed
aria dell’opera dell’Ottocento modificata con l’originale intervento di Arlecchino. Il lamento si
apre con una scrittura musicale caratterizzata dall’alternanza del tritono ascendente con
il semitono ora ascendente ora discendente che presenta un carattere lamentoso. Al
canto lamentoso di Arianna si conforma anche un personaggio comico come Arlecchino (Wie
jung und schön und maßlos traurig! / Ell’è giovine, bella e molto triste!) che partecipa al dolore
della donna insieme a Zerbinetta, Brighella e Truffaldino. Il corno, prima, e il violoncello
raddoppiato dal fagotto, dopo, introducono, con il tema di Teseo ed Arianna, il vero e proprio
monologo (Ein Schönes war, hieß Theseus-Arianna / Un solo cuore fu «Teseo-Arianna!) dalla
struttura tripartita A-B-A1 con una coda, di cui la sezione centrale, che corrisponde nel testo alle
parole Ich will vergessen! (Io vo’ obliare), musicalmente è una citazione della sezione in Allegro
dell’ouverture. Arianna, in questo monologo, che in certi passi assume contorni deliranti,
cerca l’oblio e soprattutto un ritorno alla fanciullezza perduta. All’interno del monologo
si inserisce l’aria di Arlecchino (Lieben, Hassen, Hoffen, Zagen / Odio, amor, speranza e
tema!), un piccolo gioiello musicale dalla vaga forma del rondò e caratterizzato da una
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melodia semplicissima dalla struttura fraseologica simmetrica. Con le parole Es gibt ein
Reich, wo alles rein ist / Es hat auch einen Namen: Totenreich (Un Regno, v’ha, divino e puro /
ed ha un suo nome austero e sacro: l’Érebo.) inizia l’ultima parte del monologo nella quale, in
un crescendo di esaltazione, la donna invoca la liberazione dalle pene che solo la morte può
concederle.
Segue il cosiddetto intermezzo dei comici (Die Dame gibt mit trübem Sinn / Sich
allzusehr der Trauer hin / La Dama è triste; e troppo, ahimè, in braccio al pianto, ormai si
diè) che si apre con un pezzo d’insieme, un settecentesco quartetto formato da
Brighella, Scaramuccia, Arlecchino e Truffaldino, nel quale sono commentate le pene
prodotte dall’amore. Musicalmente il quartetto, dopo una sezione iniziale di carattere
omoritmico, si sviluppa nella parte centrale secondo la forma del canone con Brighella che
introduce un tema già utilizzato da Strauss nel prologo. Nel corso del quartetto interviene, con
un secondo tema di carattere lirico, anche Zerbinetta protagonista del successivo Recitativo ed
Aria (Großmächtige Prinzessin, wer verstünde nicht / O, fiera Principessa, chi non vede), unico
vero e proprio pezzo chiuso concepito secondo le strutture formali tradizionali dell’opera e di
conseguenza l’unico brano che ha goduto di una certa fortuna anche in sede concertistica.
Durante il recitativo, inizialmente secco, in quanto sostenuto dal pianoforte che svolge la
funzione del clavicembalo, e poi, accompagnato quando incominciano ad intervenire gli altri
strumenti dell’orchestra, la donna si rivolge ad Arianna, ricordandole che l’amore è stato la
causa di tante delusioni e anche lei non è rimasta immune. In realtà l’amore per Zerbinetta è un
puro gioco di seduzione e tradimenti, come si apprende nella vera e propria aria (So war es mit
Pagliazzo / Così fu con Pagliaccio), formalmente una cavatina ed aria settecentesca, è
introdotta da una cadenza virtuosistica in cui l’orchestra tace e lascia la scena alla donna. La
prima è costruita su un tema semplice di vaga ascendenza mozartiana, mentre la seconda si
conclude con un Rondò (Als ein Gott kam jeder gegangen / Quale un Dio ciascun incedeva)
basato su un tema di carattere viennese. Un breve recitativo, nel quale Arlecchino e Zerbinetta
commentano il comportamento di Arianna, conduce al quartetto (Eine Störrische zu trösten /
Consolare una ritrosa) il cui carattere viennese è evidente nella scelta di costruire tutto il brano
in 6/8, tempo che può essere interpretato sia come un doppio 3/8 dando l’impressione di una
valzer veloce, o come un lento 3/4. Le maschere, in quest’occasione, espongono una
meditazione piuttosto leggera sul tema dell’amore.
Quest’atmosfera leggera cede il posto al dramma che viene annunciato da uno squillo di
tromba la cui funzione è quella d’introdurre l’ultima parte dell’opera; qui Eco, Naiade e
Driade annunciano l’arrivo di Bacco del quale narrano l’origine divina e le peripezie
della sua vita fino all’arrivo nell’isola di Circe. In questo passo, tra i vari temi che si
odono in orchestra, emerge il tema di Bacco, il cui ingresso (Circe, kannst du mich
hören? / Circe, puoi, dunque udirmi?) da tenore eroico sullo squillo della tromba,
contraddice le caratteristiche vocali che ci si sarebbe attese da una divinità ancora
fanciullesca. Strauss sembra esercitare una certa ironia su questo personaggio e soprattutto
sulla tradizione wagneriana dei tenori eroici. Il dio, accompagnato dallo squillo di tromba già
udito all’inizio di quest’ultima parte dell’opera, si rivolge a Circe sulla quale celebra il suo
trionfo, essendo riuscito a sfuggire ai suoi incantesimi. Al suo canto si unisce prima quello di
Arianna e poi quello del trio (Naiade, Driade ed Eco) che, in una scrittura semplice da berceuse
e sostanzialmente omoritmica, lodano la dolcezza del dio che, per niente dolce e leggiadro,
interviene ancora una volta con le stimme del tenore eroico. Arianna, che crede Bacco
messaggero di morte, si rivolge a lui (O Todesbote! süß ist deine Stimme! / Funereo Messo!
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Dolce hai, tu, la voce!) insistendo sulla dolcezza della voce del dio che naturalmente stride con
le caratteristiche vocali con le quali Strauss ha tratteggiato il personaggio. La donna prega
Bacco di volerla condurre nel regno dei morti con una solennità caratterizzata da valori larghi
nella parte orchestrale dove è possibile notare anche una scrittura omoritmica quasi da corale,
ma ha un sussulto, quando, avendo visto il suo volto, lo scambia per Teseo. Subito dopo,
Arianna comprende che non si tratta di Teseo, ma continua a crederlo messaggero di morte
(Nein! nein! es ist der schöne stille Gott! No, no! Il bello Iddio silente egli è); il dio, da parte sua,
sorpreso per la presenza di una donna su un’isola deserta, teme di trovarsi di nuovo di fronte a
Circe (Du schönes Wesen? Bist du die Göttin dieser Insel? / Sublime Forma! Sei la Dea, tu, di
questo loco?). Il lungo duetto, a cui danno vita Bacco e Arianna, si trasforma in una forma
di commedia degli equivoci, in quanto la donna crede Bacco il messaggero della morte e
questi non comprende quale sia la vera identità di Arianna. In realtà Bacco sembra
rimanere sordo alle parole di Arianna alla quale si rivolge dicendo: Wie? kennest du mich denn?
Hast du vordem von mir gewußt? (Che? Sai tu ch’io mi sia? Or qui d’un nome strano
m’accogliesti!), mentre il violoncello intona un tema che diventerà protagonista nel duetto e alla
fine si configurerà con quello dell’esaltazione e morte. Arianna chiede al dio di essere
trasportata agli Inferi, mentre tra i due incomincia a nascere un’attrazione reciproca che porta
la donna quasi a dimenticare Teseo per Bacco con il quale dà vita ad un duetto d’amore di
intenso lirismo (Gibts kein Hinüber? Sind wir schon drüben? / Non àvvi l’Al di là? Giunti noi
siamo?), mentre un baldacchino scende lentamente dall’alto sui due e li nasconde
nell’apoteosi finale a cui partecipa anche l’orchestra.
La versione del 1912
Notevolmente diversa dalla versione del 1916, quella del 1912 aveva, come già accennato
in precedenza, una struttura molto particolare con una Comédie-Ballet, Der Bürger als
Edelmann ridotta nell’edizione in ascolto a dei monologhi recitati da Monsieur Jourdain
che servono a collegare le varie musiche di scena. Nella versione originale, dopo una
settecentesca ouverture formata da tre episodi: uno toccatistico che funge da refrain; uno
pomposo, nel quale le trombe sostenute dai corni espongono il tema di Jourdain, e, infine, uno
più tenero con un ritmo di siciliana, il Maestro di Musica e il Maestro di Ballo, a cui si unisce,
poco dopo, il padrone di casa annunciato da uno dei temi dell’ouverture (Auftritt des Jourdain),
discutono delle loro rispettive arti. Il Maestro di musica presenta al padrone di casa non
solo il compositore dell’Ariadne auf Naxos, opera che dovrà essere rappresentata quella
sera stessa nella casa del ricco borghese, ma anche i cantanti, tra cui quello che
interpreterà la parte di Echo; questi canta l’aria Du, Venus, Sohn, il cui tema è già stato
utilizzato nell’ouverture e che Strauss riprenderà in un’aria del Compositore nella versione del
1916. Jourdain non sembra particolarmente colpito dalla musica di quest’aria che egli giudica
noiosa e, per rimarcare i suoi gusti musicali, canta una banale aria popolare da lui conosciuta
(Ich galubete, mein Schätzchen). Il Maestro di Musica, allora chiede alla Naiade e alla Driade di
eseguire un duetto (Kenst du ewig nichts als Kälte), il cui stile mostra evidenti legami con i duetti
della Comèdie-Ballet.
La discussione si sposta sulla danza e Jourdain si rivolge al Maestro di Ballo che
vorrebbe fare eseguire il divertissement L’infedele Zerbinetta e i suoi quattro amanti.
Jourdain, tuttavia, vuole che si esegua un Minuetto per il quale Strauss avrebbe voluto
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riprendere quello scritto da Lully per la pièce di Molière, ma che decise di scartare a favore di un
minuetto per due flauti che egli aveva composto per un balletto, Kythère, lasciato incompiuto.
Mentre Jourdain sta facendo la sua lezione di ballo, giunge, annunciato da un ironico brano di
carattere marziale (Szene des Fechtmeisters), di cui protagonista è il pianoforte con passi di
carattere virtuosistico, il Maestro d’armi. Dopo entra anche il sarto, accompagnato da una
stilizzata Gavotte, a cui seguono, sempre all’interno dello stesso brano, una Polonaise e una
breve sezione di transizione prima della ripresa della Gavotta e dalla Polonaise. Nel frattempo
giungono la moglie di Jourdain e la sua serva che, mentre si prendono gioco del suo
abbigliamento, sono interrotte dall’arrivo di Dorante venuto apparentemente per rimborsare a
Jourdain un’ingente somma di denaro avuta in prestito. L’uomo, che in realtà era venuto a
chiedere un ulteriore prestito, parla della bellezza della Marchesa Dorimena, in onore della
quale era stata organizzata quella serata. Il primo atto si conclude con l’orchestra che esegue
di nuovo l’ouverture.
Il secondo atto si apre con un preludio, il cui tema, Andante, Elegante e grazioso,
accompagna Dorante che corteggia Dorimena; su due accordi lunghi e tenuti (due triadi, una
di do maggiore e l’altra di si maggiore) si apre il sipario che scopre Jourdain non ancora pronto.
La donna, che appare imbarazzata per le avances ricevute da Dorante, viene riverita in modo
maldestro e goffo da Jourdain rientrato sulla scena. All’annuncio che la cena è pronta
l’orchestra intona una musica di carattere parodistico. Questa scena fu suggerita da
Reinhardt ad Hofmannsthal proprio per consentire al compositore di costruire una parodia su
brandi d’opera di altri compositori; nelle battute iniziali è inserita una Grande Marcia che ricorda
in modo ironico quella del Profeta di Meyerbeer, mentre in corrispondenza del primo piatto, un
salmone del Reno, appare citato un passo dell’Oro del Reno. Per il secondo piatto, un cosciotto
d’agnello, e dei piccioni Strauss cita dei passi tratti dai suoi lavori e in particolar modo un tema
del suo Don Quixotte, nel quale emerge la voce del violoncello solista, e un altro del
Rosenkavalier. Non manca, infine, una parodia del Brindisi della Traviata di Verdi, mentre
l’ultimo piatto è un’omelette surprise, dove la sorpresa è data da un ragazzo della cucina che
improvvisa una danza selvaggia ed erotica a simboleggiare la passione di Dorante per
Dorimena. Alla fine della cena la moglie di Jourdain, irritata, accusa Dorimena di voler sedurre
suo marito e questa, profondamente offesa, abbandona la tavola, mentre Jourdain chiama i
suoi servi senza sapere quali ordini impartire loro. Secondo le intenzioni di Hofmannsthal la
pièce avrebbe dovuto concludersi qui, ma questa conclusione apparve debole a Strauss che
pretese alla fine una scena di collegamento. È qui, quindi, che si inserisce la scena in cui
Jourdain ordina che l’Opera e la commedia vengano rappresentate contemporaneamente.
Per quanto riguarda l’Opera non ci sono sostanziali differenze tanto più che in questa
registrazione sono state tagliate le interruzioni, eliminate anche nella versione del 1916,
fatte da Jourdain durante il lamento di Arianna da lui ritenuto troppo noioso. Molto diversa
è nella versione del 1912 anche l’aria di Zerbinetta dal momento che comprende, oltre a dei
metateatrali a parte con il direttore d’orchestra nei quali la donna si prende gioco delle
convenzioni operistiche, 39 battute nella parte centrale e 40 nella parte finale, che furono
sostituite da Strauss con una coda più breve. Nella versione del 1912 si potevano, inoltre,
ascoltare una seconda lunga aria di Zerbinetta, con la quale la donna, dopo l’intervento di
Bacco, cerca in un linguaggio stravagante di rivelare ad Arianna la vera identità del dio, e un
interludio orchestrale che, invece, accompagnava la vera e propria apparizione di Bacco davanti
ad Arianna. Infine l’ultima differenza riguarda il finale dell’opera, dove, nella versione del 1912,
i commedianti ritornano sulla scena per concludere in modo lieto la rappresentazione. Jourdain,
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che si è addormentato, resta solo comprendendo di essere lontano da quella condizione
nobiliare che non gli appartiene per nascita e per avere la quale sarebbe pronto a dare tutti i
suoi averi, mentre un tema affidato alle trombe conclude l’opera.
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