sei nazioni e una delusione
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sei nazioni e una delusione
l’analisi/Fermati a meta L’Italia del rugby sei nazioni e una delusione in 17 anni di torneo L’itaLia ha aumentato di 25 voLte gLi introiti, ma Le sConfitte (Coi CLub e La nazionaLe) sono aLL’80%. basteranno iL nuovo C.t. o’shea e i nuovi taLenti a risoLLevarCi? di Luca Castaldini I eri Campagnaro. Oggi Canna. Domani Violi e, dopodomani, Sperandio e Gabriele Venditti, più i nuovi piloncini Riccioni e Rimpelli. Insomma, di talenti – piano piano, eh… – il rugby azzurro ne sta proponendo, anche se la prima Accademia giovanile ha già dieci anni, non due o tre. C’è poi un’importante vittoria “culturale”, figlia dell’ingresso nel Sei Nazioni (anno 2000) e di tutte le partite che si vedono da allora in tv: le famiglie sono meno impaurite dalla “pericolosità” di questo sport e sempre più interessate a far provare ai loro pargoli un ambiente (molto) meno rovinato da business e scandali rispetto al calcio. Altre voci positive: l’Olimpico è quasi sempre pieno per il Sei Nazioni, benché la Nazionale vinca quasi mai. E ancora: Ovalia è arrivata al cinema (Asini, Acab, Nottetempo); in tv con i due ex Castrogiovanni (negli spot) e Lo Cicero (Giardini da incubo), in libreria (tra i migliori testi quelli di Pastonesi); nella vita dei carcerati grazie alla Drola di Torino, primo XV europeo composto da soli detenuti a partecipare dal 2011 a un torneo federale. quanti “meno” Fin qui gli effetti positivi dopo 17 anni nel rugby che conta, durante i quali il bilancio federale è passato dai 3,5 miliardi di lire del ’99 a 47 milioni di euro: più denari, al Coni, ne ha solo la Federazione calcio. I tanti “meno” iniziano con la posizione nel ranking: nel ’99 il “povero” rugby tricolore era al 10° posto e oggi è 13°. La Nazionale, ai tempi, non era troppo distante da Irlanda e Scozia (battute dalla “generazione dei fenomeni” guidata da Georges Coste) e, nelle Coppe, i club perdevano sì ma non, come ora, anche contro i romeni. E all’inizio del nuovo secolo eravamo alla vigilia dell’ultima infornata di talentuosi giovinastri buoni per l’azzurro (Bortolami, Canale, Castrogiovanni, Mirco Bergamasco, Ongaro, Parisse…), lanciati perlopiù dal c.t. John Kirwan. Siamo nel 2016 e, nonostante un bilancio aumentato più di 25 volte, il menù della casa non contempla un solo big uscito dalle giovanili dopo Mauro Bergamasco nel ’98 (Parisse e “Castro” si sono formati in Argentina…) e nessun arbitro italiano ha mai diretto un match di Sei Nazioni, col bravo Marius Mitrea (di origine romena) arrivato a maggio a un test match di prima fascia. Quanto al c.t. italiano, anche il presidente federale Alfredo Gavazzi è realista: «Mi sarebbe piaciuto, ma non ci 52 sono i presupposti. Non me la sentirei di farlo, sarebbe un rischio». arriva conor Almanacchi alla mano, gli azzurri sono a quota 12 vittorie e un pareggio in 85 partite di Sei Nazioni (chiuso per sei volte con zero punti), mentre nella Celtic League, oggi Pro12, Benetton e Aironi prima e Zebre poi dal 2011 hanno vinto complessivamente 57 partite su 279 (siamo al 20%). Tra l’altro, da settembre a oggi, le partite del torneo non erano visibili in tv: non una gran notizia nell’epoca della comunicazione. «Ma da dicembre torneranno le dirette», annuncia il presidente. A trasmetterle sarà Eurosport. A Conor O’Shea, in sella da maggio e primo c.t. scelto dallo stesso Gavazzi, tocca l’improbo compito di ribaltare tutte queste voci negative apparentemente senza fine: «Tra i motivi per cui l’abbiamo cer- cato, oltre alla giovane età (l’irlandese ne ha 46, 16 meno del predecessore Jacques Brunel; ndr), c’è la sua esperienza con le Accademie». Si è passati cioè da un c.t. “solo” di campo come il transalpino a un vero e proprio manager, un apicale che, oltre agli azzurri, “coordina” le due franchigie in sintonia coi due tecnici Crowley (Benetton) e Guidi (Zebre) e indirizza le Accademie. «Lui e il suo assistant Mike Catt vengono qui tutte le settimane», conferma l’ex azzurro Antonio Pavanello, oggi d.s. del Benetton. «Nonostante O’Shea sia britannico e Kieran Crowley neozelandese, da subito hanno parlato la stessa lingua». Benetton e Zebre finora hanno vinto però solo una partita questa stagione: la svolta non c’è. «L’esperienza di Brunel avrebbe dovuto chiudersi dopo il Mondiale 2015», continua Gavazzi, rieletto a settembre con il 54% dei voti. «Avendo un contratto fino al Sei Nazioni 2016, sostituirlo significava pagare due c.t., ecco perché alla fine il cambio è arrivato a maggio». da baires a londra L’Argentina, soprattutto per la figura degli oriundi (Diego Dominguez era un fuoriclasse e i sudamericani ce l’hanno regalato), ha sempre rivestito un ruolo importante nella crescita del nostro rugby. Da quando però a Buenos Aires hanno programmato l’ingresso nel Rugby Championship, poi avvenuto nel 2012, i Pumas sono tornati a casa e si è azzerata l’emorragia di buoni giocatori dalla doppia cittadinanza. «In pratica da due vivai ce ne siamo trovati uno solo. Ma l’Italia non poteva “copiare” il progetto-Argentina: loro come Paese, nel complesso, hanno molta fame di emergere, noi invece molta meno». Da Buenos Aires a Londra dove abita e lavora (manager nell’alta finanza) l’ex azzurro Marco Rivaro. «Alla Federazione inglese, la Rfu, il presidente non fa tutto da solo, ma ha chiamato un Ceo come Ian Ritchie, l’uomo che dieci anni fa, da direttore dell’All England Club, contribuì a far aumentare i ricavi del torneo di Wimbledon. A noi servirebbe un “braccio operativo” con lungo mandato». Rivaro snocciola strategie per noi impensabili, dai 4 milioni annui versati dalla Rfu ai club della Premier all’obbligazione emessa da un club, gli Wasps, dopo aver deciso di trasferirsi da Londra a Coventry. In merito alle voci di un possibile declassamento dell’Italia con l’introduzione della retrocessione annuale nel Sei Nazioni, Rivaro vuole chiudere tranquillizzandoci: «Non c’è dirigente o tifoso inglese che non mi dica sempre: “il migliore weekend del Torneo è sempre quello di Roma”. Ci vogliono bene». Fiducia capitale. © riproduzione riservata 53 andrew boyers disfatta ross moriarty segna una delle nove mete che il galles ha rifilato all’italia (67-14 il finale) nell’ultimo sei nazioni, uno dei sei (sui 17 giocati) chiusi a zero punti dagli azzurri.