05 Maggio 2012 - GILDA DEGLI INSEGNANTI DI MODENA

Transcript

05 Maggio 2012 - GILDA DEGLI INSEGNANTI DI MODENA
GILDA
ORGANO NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE GILDA - UNAMS - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM - ANNO XXII N. 5 - MAGGIO 2012
Nell’agenda Gilda
Siamo ancora convinti che le nostre proposte di difesa della specificità della funzione docente, basate sulla libertà di insegnamento, non vanno abbandonate, ma affinate e rilanciate con forza.
di Rino Di Meglio
Si è conclusa l’ennesima tornata elettorale nella scuola che ha visto
i nostri dirigenti e i nostri candidati sommamente impegnati nell’impostare una campagna elettorale chiara, aperta e responsabile. Ad
essi va il nostro ringraziamento.
I risultati delle elezioni RSU hanno dimostrato, ancora una volta, tutti i limiti di questo sistema di parademocrazia sindacale. Infatti, poiché
le scelte degli elettori non riguardano le linee politiche ma le persone
che si presentano nelle singole scuole, vincono le organizzazioni con
un potente apparato organizzativo.
Per questo, non è un caso che tutti i confederali - dotati di grande
potere organizzativo- proseguano nel loro rafforzamento, sia chi (come
CISL e UIL) è stato vicino al Governo di centro destra sia chi, come la
CGIL, ha cavalcato l’antagonismo.
Il conto della crescita confederale
lo hanno pagato lo SNALS, che
muore lentamente di vecchiaia,
ed i Cobas, sempre più lontani
dalla rappresentatività.
delle coscienze; lo dimostra l’assenza sia di qualsiasi dibattito appassionato
sul futuro, sulle scelte da compiere, sia di un confronto tra diverse e, magari
contrapposte, idealità e, per venire a noi, una sostanziale indifferenza sul
futuro dell’istruzione, quasi che non riguardasse i nostri figli e le future generazioni.
In questo quadro emergono proposte di pseudo-riforma, vagamente ispirate
ad un neo liberismo di stampo anglosassone. Ci riferiamo solo all’ultima,
quella approvata dalla Commissione Cultura della Camera, relativa alla cosiddetta “governance” delle scuole, cioè la riforma degli organi collegiali (si veda
a pag. 3).
Una proposta tesa soltanto al rafforzamento dei poteri del dirigente e delle
famiglie che disegna una scuola talmente autonoma da essere sostanzial mente privatizzata, una scuola nella
quale la figura del docente, sia singolo
che inquadrato nella collegialità, diviene sempre più evanescente e sempre
più quella dell’impiegato dell’istruzione,
anziché del professionista.
Ci auguriamo che il Senato della Repubblica rifletta seriamente ed affossi questa proposta di legge, in attesa che si
apra un serio dibattito e la classe politica decida dove vuole portare la scuola
statale.
Per quanto ci riguarda, nei prossimi mesi
la funzione della Gilda degli Insegnanti
sarà fondamentale. Senza falsa modestia, sappiamo di essere l’unica organizzazione in grado di poter far riflettere
l’opinione pubblica sulla necessità di
salvare i valori fondamentali della nostra scuola, di far capire che una scuola
seria, rigorosa, che attribuisca ai titoli rilasciati un’attendibilità valida su tutto
il territorio italiano, spendibile anche in Europa, è un obiettivo fondamentale
per tutta la comunità nazionale. Su questi temi, purtroppo, altri sindacati
restano vaghi e indeterminati.
La Gilda ha da sempre sostenuto, anche con proposte di legge, che le fondamenta di una buona scuola possono essere solo i buoni docenti, la cui funzione va posta al centro e non marginalizzata.
Siamo ancora convinti che le nostre proposte di difesa della specificità della
funzione docente, basate sulla libertà di insegnamento, non vanno abbando nate, ma affinate e rilanciate con forza, abbiamo già avuto qualche successo
culturale nella denuncia della scuola progettificio, ora a noi tocca la missione di salvare una scuola pubblica statale ed i suoi valori fondanti.
Tutto questo è scritto nella nostra agenda futura che i congressi imminenti
consolideranno e rafforzeranno.
• Salvare i valori fondamentali
della scuola italiana.
• Puntare a una scuola seria e
rigorosa.
In questo contesto la Federazio ne GILDA-UNAMS ha mantenu to le proprie posizioni, consoli dando il risultato elettorale
del 2006, nonostante, da allo ra, il numero delle sigle ade renti alla Confederazione sia
diminuito. Infatti, l’obbligo di
costituire un sindacato unitario ha causato la defezione di ben 7 organizzazioni
sindacali che avevano partecipato alle elezioni del 2006 sotto l’egida della GILDAUNAMS.
• Sostenere il valore legale dei
titoli di studio.
• Affinare e rilanciare le proposte
di difesa della specificità della
funzione docente.
Prima del voto abbiamo denunciato, ancora una volta con
forza, la scarsa attinenza di questo sistema con le normali
regole democratiche. L’opinione pubblica non ha reagito.
Probabilmente bisognerà attendere che il momento storico si evolva, la scarsità di reale democrazia affligge
infatti oggi tutta la società italiana, il Paese sembra più
governato da oligarchie burocratico-economiche
che dalle scelte elettorali dei cittadini.
Viviamo in un momento di grande sbandamento
culturale, la crisi economica che ha colpito
parte dell’Europa ed il nostro Paese sembra
aver contribuito ad un addormentamento
GILDA maggio 2012
18-04-2012
maggio 2012
2G I L D A
12:19
Pagina 2
degli insegnanti
Comunica Gilda
Organici scuola:
disinvestimento
e rischio di conflitti
tra Nord e Sud
Così il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, commenta l’incontro sugli organici che si è svolto oggi al Miur
"La scuola pubblica è già stremata da tagli feroci e l’organico deve essere più adeguato alle necessità contingenti. Il
governo deve decidere politicamente se l’istruzione pubblica statale sia un servizio essenziale e istituzionale o a
domanda". Così il coordinatore nazionale della Gilda degli
Insegnanti, Rino Di Meglio, commenta l’incontro sugli organici che si è svolto oggi al Miur con il ministro Francesco
Profumo. Un vertice interlocutorio, lo ha definito Di Meglio,
durante il quale il titolare di viale Trastevere non si è pronunciato, preferendo ascoltare le posizioni dei sindacati.
"Disinvestire sulla scuola pubblica rischia di innescare
ulteriori conflitti tra varie zone del Paese" sottolinea il
coordinatore nazionale il quale ha chiesto a Profumo che
le spese per il sostegno ai disabili siano computate, come
in altri Paesi europei, sul bilancio della sanità e non su
quello dell’istruzione. "Inoltre - aggiunge Di Meglio - ho
invitato il ministro a recarsi, senza preavviso, in qualche
scuola delle grandi città del Sud per verificare l’esistenza
di edifici che, non solo non rispettano le norme di sicurezza, ma che rasentano il limite della decenza".
Roma, 28 marzo 2012
Ufficio stampa Gilda degli insegnanti
Siamo per il valore
legale del titolo di studio
Perché la responsabilità nei confronti dell’istruzione e della
ricerca sia pubblica e quindi di interesse generale
Il titolo di studio non è un "pezzo di carta" ma un certificato che attesta le conoscenze e
le competenze acquisite durante il corso degli studi. Le forme con cui viene data certezza pubblica a questo assunto, e garanzia della qualità della formazione secondo canoni
socialmente accettati, variano da a Paese a Paese a seconda del tipo di ordinamento giuridico, e delle tradizioni scolastiche, accademiche e professionali.
In tutta Europa il potere di conferire determinati titoli di studio è assegnato alle scuole,
alle università, o alle altre istituzioni di istruzione superiore, dallo Stato - sia che si tratti
di istituzioni pubbliche o private. In particolare, la responsabilità pubblica in materia di
istruzione superiore e di ricerca è stata ribadita dal Consiglio d’Europa con una raccomandazione del 2007 che raccoglie e definisce i concetti fondamentali.
La differenza attuale tra valore legale della laurea e valore reale dipende dalla crisi di qualità
di quegli atenei ai quali peraltro si è data ampia autorizzazione senza verifiche serie: una differenza che non può certo essere superata con la scorciatoia di un tratto di penna sul certificato di laurea. L’unica maniera corretta di ridurre la divaricazione tra valore legale e valore
reale dei titoli di studio è di riqualificare il sistema universitario nel suo complesso investendo mezzi e idee perché il valore reale degli studi torni a crescere. E’ preoccupante che non
sia chiaro quali strumenti e quali autorità sostituirebbero il matematico riconoscimento del
titolo. Considerato l’orientamento attuale che vede nei test lo strumento di verifica in ogni
concorso, c’è il fondato sospetto che l’autorità accademica, comunque identificabile, venga
sostituita da un impalpabile e poco trasparente organismo, formato dai "signori dei test" che
imperano in ogni ambito della vita pubblica e no e le cui scelte non sono mai sindacabili.
Siamo a favore del valore legale del titolo di studio soprattutto per evitare che la
responsabilità pubblica nei confronti dell’istruzione e della ricerca pubblica [affermata
nel Comunicato di Praga del 2001, ribadita nel Comunicato di Berlino (2003) e accolta dal
Consiglio di Europa nel 2007] diventi pericolosamente accentrata nella mani di poche
persone, la cui funzione non sembra avere niente a che vedere con la concezione di pubblico e quindi di interesse generale.
Roma, 26 marzo 2012
Gilda - FGU
Invalsi, rilevazioni nelle scuole
il 9-10-11-16 maggio
Ma non è sciolto il nodo sulle conseguenze
L’Invalsi ha incontrato il 12 aprile, i rappresentanti sindacali per comunicare le proprie linee di intervento
sulle rilevazioni che si terranno il 9 e 11 per la primaria; il 10 per le secondaria di primo grado; il 16 maggio
per la secondaria di II grado. La Gilda ha sollevato i problemi di natura politica, contrattuale e professionale insiti in queste rilevazioni, ricordando nell’ordine che:
1) Il decreto sulla semplificazione ha considerato le rilevazioni Invalsi come attività ordinaria d’istituto.
2) Il 26 ottobre 2011 il Governo italiano aveva inviato all’Europa una lettera di intenti come dimostrazione del proprio impegno ad emanare misure "serie" per arginare la crisi di credibilità finanziaria del nostro
Paese. Tra le decisioni operative compariva questa: a. Promozione e valorizzazione del capitale umano
L’accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle prove INVALSI), definendo per l’anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti;
Decisione che lascia intravedere un orientamento che era stato da più parti paventato: la valutazione
esterna concepita non come ausilio per la didattica dei docenti, ma come punizione per le scuole i cui
studenti abbiano ottenuto risultati non soddisfacenti.
3) L’autonomia prevede forme di valutazione sia interna che esterna. La legge istitutiva dell’autonomia
(capo IV art.21, comma 9) assegna alle scuole la valutazione interna mentre il Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, art. 10, comma 1, introduce le modalità della verifica esterna. Quindi
la sovrapposizione delle due forme valutazione come avverrebbe nel momento in cui si affidasse ai
docenti somministrazione e correzione delle prove INVALSI non appare corretta per il principio che il
controllato non può essere anche il controllore e quindi per il conflitto di competenza in re ipsa. Senza
tralasciare il fatto che la semplice tabulazione incide sul principio di autonomia professionale dei docenti che sarebbero obbligati a considerare valide risposte che essi non condividono. Queste e altre osservazioni sindacali non hanno potuto trovare risposta nei vertici dell’Istituto nazionale di rilevazione che si
è collocato fuori da ogni uso politico dei dati.
Addio, Raffaele
Raffaele Brafa, coordinatore e animatore della Gilda di Ragusa, se n’è
andato il primo giorno di primavera.
Lo ricordiamo quando parlava,
pacato e ironico, con i suoi occhi
franchi e penetranti diritti in quelli
dell’interlocutore. C’era un’eleganza
innata e contenuta nel suo pensiero,
nelle sue critiche, nelle sue lodi.
Una bella persona per tutti noi.
GILDA
degli insegnanti
Autonomia senza controllo e mito del territorio.
Stato ed insegnanti ancillari
Sintesi dell’analisi del centro Studi nazionale che si trova in www.gildacentrostudi.it.
di Renza Bertuzzi
La proposta di legge Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali, di cui l’onorevole Aprea è la prima firmataria ha messo d’accordo quasi tutti i partiti politici, tanto che la Commissione cultura della Camera l’ha già
approvata in sede legislativa. Di che cosa si tratta?
Apparentemente, si occupa di ridisegnare gli organi collegiali della scuola dell’autonomia, di fatto ridisegna e accentua in senso assoluto (in senso letterale
di legibus solutus) il principio dell’autonomia.
nazionale. Siamo in presenza di uno Stato ancillare rispetto alle istituzioni scolastiche.
Il ruolo dei docenti
Diversi articoli della Proposta confermano come qui il ruolo dei docenti sia considerato secondario. Prima di tutto: il Consiglio dell’autonomia (art. 4) prevede una
composizione in cui i docenti sono in minoranza a fronte della presenza dei genitori aggiunta a quella di rappresentanti di realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. Una evidente interpretazione della funzione docente come sussiPremessa
diaria e quindi dipendente da interessi particolari. Infatti, giova ricordare che gli inteAutonomia delle scuole si richiama, nell’ordine: all’art.21 della legge 59/1997, al DPR ressi dei genitori e della varie rappresentanze locali sono -per loro natura- di parte.
L’A
275/1999 e alla Riforma costituzionale del 2001 (Legge costituzionale 18 ottobre Né potrebbe essere altrimenti, poiché se non rappresentassero istanze diverse da
2001, n. 3).
quelle istituzionali della scuola non vi sarebbe motivo della loro presenza. In secondo luogo: si richiede ai docenti un adeguaTutte queste norme, avviando e consolidando questa importante non necessariamente valida- novità hanno
mento alle linee educative e culturali della
precisato (e non potevano fare altrimenti)
scuola (art. 6, comma 3): L’attività didattica di
COMUNICATO
che, in questo processo, restano in capo
ogni classe è programmata e attuata dai
allo Stato alcune importanti prerogative,
docenti che ne sono responsabili, nella piena
“Un attentato alla scuola
coerenti con un dettato costituzionale che
responsabilità e libertà di docenza e nel quapubblica statale”.
non è mutato e per ora non è mutabile
dro delle linee educative e culturali della
essendo inserito nel Titolo I della Costituscuola e delle indicazioni e standard nazionarevisulla
Aprea
Così la Gilda degli Insegnanti bolla la proposta di legge
zione.
li per il curricolo. Dove stupisce e preoccupa
sione degli organi collegiali approvata alla Camera.
Restano dunque responsabilità non negoziail richiamo a linee educative e culturali della
conMeglio
Di
Sono numerosi gli aspetti che il sindacato guidato da Rino
scuola, come se una scuola statale potesse
bili dello Stato le “norme generali sull’istruCostitudalla
testa, primo fra tutti il mancato rispetto dei limiti dettati
zione” e la “determinazione dei livelli essenrichiamarsi a qualcosa di diverso dalla identii
d
a
t
s
o
p
o
r
p
a
l
zione all’autonomia scolastica. “IInoltre - spiega la Gilda
ziali delle prestazioni concernenti i diritti
tà nazionale sancita dai principi della nostra
o
n
i
l
i
g
i
v
e
h
c
o
l
l
o
r
t
n
legge Aprea non prevede l’istituzione di organi di co
civili e sociali che devono essere garantiti su
Costituzione. D’altronde, la dizione “educatia
t
s
i
l
g
e
d
i
t
u
n
e
t
n
o
sull´attività delle scuole autonome e non esplicita i c
tutto il territorio nazionale” (art. 117 della
ve e culturali” è talmente generale e generica
tuti delle singole scuole”.
che potrebbe essere interpretata in modi
Costituzione).
all’ulterio
La Gilda non nasconde la sua preoccupazione anche in merito
diversi, anche in conflitto con norme di legnomia
dell’auto
re declassamento del ruolo dei docenti “che nel Consiglio
ge e etica pubblica condivisa. E se per caso
La concezione della scuola
di
quella
essere
hanno ben poca voce e la cui funzione, invece, deve
Dall’articolo 1 all’articolo 3 della PdL viene
una scuola volesse dotarsi di tali linee edugaranti della natura pubblica della scuola statale”.
disegnata una scuola privata delle finalità
cative -per così dire- cosa dovrebbero fare i
Gilda
la
“Le norme che regolano l’autonomia delle scuole - conclude
istituzionali, discendenti dalla Costituzione
docenti? A quale organismo dovrebbero
essedevono
ma
non possono essere stabilite da gruppi politici ristretti
(secondo Piero Calamandrei, la funzione
rivolgersi per esercitare il loro ruolo di
Paeil
tutto
re
re il frutto di una più ampia discussione che deve coinvolge
costituzionale della scuola è di seminarium
garanti della scuola pubblica? Similmente,
se e, in primo luogo, i docenti”.
rei publicae) e che sono state tradotte nel
l’articolo 6, comma 4 (Lo statuto disciplina
2012
aprile
3
Roma,
DPR 297 D.Lgs. 16 Aprile 1994, n.297 (Parte III,
la composizione, le modalità della necessati
insegnan
degli
Ufficio stampa Gilda
titolo I, Capo I) dove si afferma che la “funria partecipazione degli alunni e dei genitori
zione docente è intesa come esplicazione
alla definizione e raggiungimento degli
essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione obiettivi educativi di ogni singola classe) assegna ai docenti la funzione negoziale di
di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazio- condividere e trattare gli obiettivi educativi. Non dimentichiamo cosa sia la realtà
ne umana e critica della loro personalità”. Qui si afferma invece che ogni scuola con- italiana, composta di zone molto eterogenee, in molte delle quali gli obiettivi educorre ad elevare il livello di competenza dei cittadini della Repubblica e costituisce cativi sono in contrasto anche con la legalità. Cosa succederebbe se “obiettivi eduper la comunità locale di riferimento un luogo aperto di cultura, di sviluppo e di cre- cativi” legali fossero respinti dai genitori e dagli alunni di ogni classe? Quali garanzie
scita, di formazione alla cittadinanza e di apprendimento lungo tutto il corso della ha lo Stato che i suoi principi ispiratori siano diffusi e condivisi?
vita (art. 1 comma 2).
Conseguentemente, lo statuto approvato dal Consiglio dell’autonomia non è sog- Conclusioni
getto ad alcuna convalida né approvazione. Né quindi a controlli sostanziali: “Lo sta- Questa proposta, oltre a forzare i principi costituzionali innalza il mito del territorio
tuto deliberato dal consiglio dell’autonomia non è soggetto ad approvazione o con- a valore senza limiti, mentre sappiamo tutti che cosa sia, in Italia, il territorio, spesso
valida da parte di alcuna autorità esterna, salvo il controllo formale da parte dell’or- luogo da correggere e da modificare piuttosto che da assecondare. Inoltre, l’idea di
ganismo istituzionalmente competente. (art. 3).
scuole con identità educative e culturali differenziate contrasta sia con l’art. 117 delQuesta è una sostanziale e incomprensibile diversità rispetto alle norme che rego- la Costituzione che con il principio per cui la cultura e l’educazione devono essere
lano il funzionamento degli Enti locali (Comuni e province) sul cui modello le istitu- ampie e universali. Infine, e non per ultimo, la PdL modifica lo stato giuridico dei
zioni scolastiche autonome sono configurate. Infatti, questi statuti sono sottoposti docenti, annullando di fatto il principio per cui “ffunzione docente è intesa come
esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla
ad un controllo finale di un organo competente.
elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e
alla formazione umana e critica della loro personalità”, contenuto nel D.Lgs 16 ApriLa funzione dello stato
Lo Stato viene indicato come un Ente (tra Regioni ed autonomie locali) che dovreb- le 1994, n. 297 (Parte III, titolo I, Capo I). Il ruolo dei docenti, invece, deve rimanere
be contribuire al perseguimento delle finalità educative delle istituzioni scolastiche aderente al mandato costituzionale e deve essere anche sostenuto e valorizzato non
(art. 1, comma 2). Nessun richiamo alla funzione di controllo e di garanzia da parte solo perché la libertà di insegnamento gli attribuisce una funzione fondamentale per
dello Stato (ai sensi dell’art.117 della Costituzione) sui livelli minimi essenziali delle la democrazia e per la libertà di futuri cittadini ma anche perché senza un loro
prestazioni e sui diritti civili e sociali che devono essere uguali su tutto il territorio apporto da protagonisti nessuna scuola funzionerà mai bene.
maggio 2012
PDL NORME PER L’AUTOGOVERNO DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE STATALI
3
maggio 2012
4G I L D A
degli insegnanti
La competenza: che vi sia, ciascun
lo dice; cosa sia, nessun lo sa…
Nel lungo panorama gestito dai professionisti delle innovazioni didattiche,
sempre presentate come risolutive dei problemi scolastici, arrivano oggi le competenze.
di Gianluigi Dotti
Insegno da 25 anni Letteratura italiana e Storia negli Istituti tecnici e in
questo quarto di secolo ho vissuto diverse “innovazioni didattiche”, di volta in volta presentate da “specialisti delle metodologie” che, dopo aver criticato i “vecchi” metodi utilizzati dagli insegnanti, indicavano le innovazioni come gli strumenti metodologici che avrebbero consentito di recuperare le difficoltà degli studenti nell’apprendimento delle diverse discipline.
Ricordo la “rivoluzionaria innovazione” dell’unità didattica, la “scoperta”
della “programmazione per obiettivi” (programmi e contenuti erano del
tutto obsoleti). E poi vennero i “moduli”, la “personalizzazione del curricolo” e il “portfolio”.
In questi ultimi tempi c’è un’altra novità che i “professionisti dell’innovazione” stanno promuovendo: le competenze, anzi la “programmazione per
competenze” con relativa “certificazione” sulla base degli “assi culturali”.
Come riferisce il mensile Tuttoscuola del 2 aprile 2012: “il direttore generale per gli ordinamenti scolastici,
Carmela Palumbo, ha annunciato l’arrivo, ormai imminente, del modello
nazionale per la certificazione delle
competenze”.i
Mi sono documentato sulle compe tenze ed ho trovato un ampio dibattito pro e contro, segnalo i materiali
di Michele Pellerey,ii che chiarisce il
concetto di competenza,e quelli di
Giorgio Israeliii, che ne fa un’argomentata critica.
Secondo Pellerey le “competenze indicano la comprovata capacità di
usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche,
in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale; le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. Pertanto, come dice l’Ocse-Pisa,“la nozione di competenza include componenti cognitive ma anche componenti motivazionali, etiche,
sociali e relative ai comportamenti. Costituisce l’integrazione di tratti stabili, risultati di apprendimento (conoscenze e abilità), sistemi di valori e
credenze, abitudini e altre caratteristiche psicologiche”.
L’autore sostiene che“per sviluppare una competenza occorre in primo
luogo promuovere l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità relative in modo che esse siano disponibili in maniera significativa, stabile e
fruibile (quando, come e perché valorizzarle)”. Infatti “è pericoloso sottovalutare il ruolo delle conoscenze o dei saperi fondamentali: a) nel
promuovere la coltivazione della persona in molte sue qualità interiori
limitandosi ad aspetti funzionali; b) nella soluzione di problemi (senza
una base ben organizzata di conoscenze non basta un insieme di abilità
procedurali)”.
Giorgio Israel si è fatto paladino di una battaglia culturale affermando che:
“Secondo certi «teorici» il mondo finora è stato popolato di idioti e la
capacità di formare gente colta e capace è nata con loro. Tutto il sapere
che ci è stato consegnato è deficiente perché costruito da gente che non
sapeva cosa sono le «competenze»”.
Israel argomenta la sua posizione sostenendo che: “il fatale trittico non è
solo inutile, ma conduce a risultati disastrosi perché codifica una separazione [...] È una distinzione che svilisce l’idea di conoscenza che è sempre
stata pensata come inclusiva dei tre aspetti (giustamente mai distinti) e da
valutare complessivamente. Distinguendo si introduce l’idea assurda che
l’acquisizione assolutamente passiva di concetti sia una forma di conoscenza. [...] Non potrebbe darsi un esempio più clamoroso della definizione di Hannah Arendt di certe teorie pedagogiche: «un incredibile guazzabuglio di idee sensate e di assurdità» [...] Il guaio è che questa insensata
logomachia contiene un’idea ancor più insensata e cioè che, mentre le
conoscenze non si possono misurare, le competenze sarebbero misurabi-
li, il che consentirebbe di introdurre la «certificazione delle competenze»
a scuola. In verità, gli «esperti» ammettono candidamente: 1) che esistono
innumerevoli definizioni di competenze, 2) che misurare le competenze è
praticamente impossibile.iv
Israel, infine, asserisce che: “Le teorie pedagogiche sulle competenze/abilità/conoscenze non hanno nulla di «scientifico»” e avverte “stiamo
attenti agli anatemi contro i docenti che sarebbero non scientifici soltanto perché si rifiutano di aderire a prescrizioni prive di qualsiasi valore non
dico scientifico, ma di serietà. Spesso sono i più seri e preparati”.
Se lo stato dell’arte è quello descritto da Israel, in che modo la “programmazione per competenze” potrebbe incidere nella pratica scolastica? Oreste Scremin, dell’USP di Padova, scrive: “Nel momento in cui anche il biennio della scuola superiore entra a far parte dell’istruzione obbligatoria non
è più possibile pretendere che l’allievo si adegui al curricolo, come unica
modalità per elevare il proprio livello di istruzione, pena l’incremento
del fenomeno della dispersione scolastica (portando l’Italia fuori dagli
obiettivi europei fissati nel trattato
di Lisbona), ma è necessario puntare
su un curricolo più flessibile, capace
di rispondere alle esigenze di crescita culturale dell’allievo, sfumando
sulla sua caratterizzazione preprofessionalizzante. E per fare ciò
occorre spostare l’attenzione del
docente dalla disciplina, di cui è titolare, alla sua valenza formativa più
generale, finalizzando strumentalmente la disciplina allo sviluppo di competenze di carattere appunto più generalista. In un approccio per competenze, aggregate per assi culturali, è la competenza, e non il curricolo, ad
orientare il percorso formativo e il concetto di asse culturale meglio
esprime il modo con cui può essere riorganizzato e offerto il sapere per
perseguire tale risultato.”v
Con queste premesse, il rischio è che la “scuola delle competenze” prepari lo scenario ipotizzato da Norberto Bottani che prevede una scuola a
doppia velocità: “Una in cui si formerà un’élite che riceverà un’istruzione
di eccellenza, che disporrà di insegnanti eccellenti [...] A questa si affiancherà la scuola di massa, con una funzione sempre più di socializzazione,
che si limiterà ad impartire un’istruzione di base generale generica, un’infarinatura culturale, alcune norme di comportamento. Una scuola orientata più all’occupabilità che allo sviluppo di personalità autonome e di
una formazione culturale solida e approfondita. Una scuola assolutamente non esigente, magari anche attenta alla componente emozionale, ma
mai rigorosa nei confronti degli obiettivi culturali […]
L’ultima magia dei “professionisti
dell’innovazione” è la competenza
che arriva dopo l’unità didattica, la
programmazione per obiettivi, i
moduli, la personalizzazione del
curricolo e il portfolio…
iTuttoscuola.com:
“La certificazione è un atto dovuto: era prevista addirittura nel lontano
Regolamento dell’autonomia scolastica (DPR 275/1999), è stata ribadita dalle leggi n.
53/2003 e 169/2008, ed è stata richiamata infine dal Regolamento per il coordinamento delle norme in materia di valutazione (DPR 122/2009).”
iiMichele Pellerey, Valutazione degli apprendimenti e certificazione delle competenze.I
materiali citati sono stati presentati dall’autore,professore ordinario emerito di didattica dell’Università Pontificia Salesiana, al Seminario regionale sulla Certificazione delle competenze nell’obbligo di istruzione, organizzato dal MIUR e dall’USR Emilia Romagna a Bologna il 23
novembre 2010.
iiiI materiali citati di Giorgio Israel sono tratti dai numerosi articoli che si trovano sul suo blog:
www.gisrael.blogspot.it
ivGiorgio Israel www.gisrael.blogspot.it “Alla fine degli anni novanta si riunì una commissione
mondiale per stabilire una definizione di competenza: ne vennero proposte a centinaia e
non si venne a capo di nulla.”
vOreste Scremin, Obbligo d’istruzione: discipline e assi culturali. http://www.itc-ipsc-marchesini.it/documenti/assi_culturali.pdf
viNorberto Bottani, Da Dante al problem solving. Come cambia il ruolo dell’insegnante,
http://ospitiweb.indire.it/adi/InterBot/InterBottani.htm
GILDA
degli insegnanti
maggio 2012
A VENEZIA UN CONVEGNO NAZIONALE DEL CENTRO STUDI DELLA GILDA E DALL’ASS. DOCENTI ART. 33
Il futuro dell’Istruzione
tecnica in Italia
Il Convegno, dal titolo impegnativo: “LLo stereotipo scolastico e la riforma della
scuola secondaria superiore. Quale futuro per gli istituti tecnici e professionali in
Italia?”, organizzato il 23 marzo 2012, presso l’aula magna dell’I.T.T. “Algarotti” in Cannaregio n° 351 a VENEZIA, dal Centro Studi Nazionale della Gilda degli Insegnanti e
dall’Associazione Docenti Art. 33, con il contributo della Gilda degli Insegnanti di
Venezia,ha visto l’interessata partecipazione di un folto pubblico di docenti che
hanno ascoltato e dibattuto i contributi dei relatori in merito all’attuazione della
Riforma degli istituti tecnici e professionali e al rapporto con il mondo del lavoro.
In particolare, dopo i saluti della Prof.ssa Marina Perini, Dirigente Scolastica dell’ITT
“Algarotti” e dei dirigenti della Gilda degli Insegnanti di Venezia, il prof. Gianluigi
Dotti ha presentato i dati sul calo delle iscrizioni agli istituti tecnici e professionali
degli ultimi 20 anni, evidenziando un trend, che si è accentuato negli anni 2009/10
e 2010/11. Tutto questo nonostante il mercato del lavoro offra le più numerose
opportunità d’impiego proprio per i profili tecnici e professionali; tutti i dati raccolti indicano oltre 100.000 posti di lavoro non coperti. Ha ricordato che i dati del
MIUR per il 2012/2013, seppur ancora non definitivi, evidenzierebbero un’inversione di tendenza per il prossimo anno scolastico. Infine ha sottolineato che nella
società italiana vi è il luogo comune che la scuola di serie A sia il liceo, mentre la
filiera tecnico-professionale rappresenterebbe la scuola di serie B e C. Luogo comune profondamente errato, come dimostrano le realtà dei sistemi scolastici evoluti
di molti altri paesi europei e non. Il compito di qualsiasi riforma dovrebbe essere
quello di aggredire e confutare questo luogo comune. Evidentemente, almeno in
questa prima fase di attuazione, il messaggio che è arrivato a famiglie e studenti è
invece ancora quello della asimmetria di valore tra indirizzo liceale e tecnico-professionale.
Giuseppe Bortolussi, Segretario della Cgia di Mestre, è entrato nel vivo del problema trattando il tema dell’istruzione tecnica e professionale in rapporto con il mercato del lavoro. Due le problematiche da segnalare, tra le numerose che il relatore
ha efficacemente trattato: l’argomentata riflessione sulla necessità di orientare i
di D.L
giovani verso l’istruzione tecnica e professionale segnalando, sulla base dei dati presentati, che la laurea non porta automaticamente al mondo del lavoro e il confronto con il modello dei nostri partners europei che introduce i giovani nel mondo del
lavoro molto prima dell’Italia e che li porta a posizioni di prestigio proprio provenendo dal mondo del lavoro stesso.
La Dirigente Scolastica Barbara Bertin, responsabile delle reti professionali della
provincia di Venezia, ha trattato il tema della “Riforma degli istituti tecnici e professionali: elementi di forza e criticità”. Un intervento che ha affrontato le criticità dei
primi due anni di Riforma: la differenza dei quadri orari rispetto ai licei, l’eccessiva
riduzione degli indirizzi che non rispondono più alle esigenze del mercato del lavoro locale, l’assenza delle regole per l’attuazione della flessibilità, la problematica
della qualifica triennale e il rapporto tra Regioni e Stato nei professionali, l’insistenza sulla “scuola dell’innovazione”, delle competenze e della didattica laboratoriale
non sostenuta da adeguate risorse organizzative ed economiche, la riduzione delle
ore di laboratorio, la soppressione della compresenza tra insegnanti teorici e tecnico-pratici, la diminuzione delle lingue straniere.
Il dott. Raimondo Murano (Direttore generale del Dipartimento per l’istruzione
MIUR, Direzione generale per l’istruzione e formazione tecnica superiore e per i
rapporti con i sistemi formativi delle Regioni) ha presentato con una appassionata
relazione “I nuovi Tecnici e Professionali: la scuola dell’innovazione”, in particolare
ha evidenziato le iniziative della Direzione per l’orientamento e la realizzazione dell’offerta formativa degli ITS, illustrando i dati sulle nuove iscrizioni per l’anno scolastico 2012/2013 che confermano il recupero di tecnici (+0,4) e professionali (+1,6).
Dopo un vivace dibattito che ha visto l’intervento di numerosi docenti che vivono
nelle classi le novità della Riforma ha concluso il convegno il coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti Rino Di Meglio ringraziando gli organizzatori e i
docenti che hanno partecipato al convegno e segnalando l’importanza di questi
momenti di ascolto della scuola reale per un monitoraggio della riforma che possa
dare anche contributi per un suo miglioramento.
SCUOLA, ESAMI DI STATO 2012: AL VIA IL "PLICO TELEMATICO"
I servizi segreti fanno scuola!
Grandi manovre telematiche per gli esami di Stato… a costo zero per chi dovrà occuparsene.
di Massimo Quintiliani
Maturità telematica dalla prossima sessione ordinaria
degli Esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione
secondaria di II grado, l’invio delle tracce delle prove
scritte avverrà per via telematica e non attraverso i
fascicoli cartacei. L’iniziativa, dal nome “Plico telematico”, rientra nel progetto di semplificazione e modernizzazione della Scuola promosso dal Ministro Profumo. Ciascuna traccia non sarà più consegnata manualmente e in busta chiusa
alla sede d’esame, ma sarà criptata e inviata telematicamente a ciascuna istituto.
Le scuole, nella persona del referente nominato dal Dirigente scolastico, saranno
in possesso di una prima chiave/password segreta. La mattina degli esami visioneranno la seconda chiave/password pubblica dai media: televideo o telegiornali
come fosse una matrice di biglietto estratto. Immediatamente dopo le scuole
provvederanno a stampare il testo nella quantità necessaria per le Commissioni
d’Esame: 12.500 Commissioni; 15.000 plichi telematici. I testi rimarranno criptati
quindi- e adeguatamente protetti da ogni tentativo di accesso - fino all’inizio delle prime prove scritte, che quest’anno si svolgeranno dal 20 giugno. A partire dal
7 maggio, il Miur avvierà una significativa simulazione nelle scuole attraverso lo
scarico dei pacchetti informatici esecutivi e, almeno per il primo anno di applicazione, essa conterrà adeguate misure cautelative e alternative per garantire in ogni
caso il regolare svolgimento degli esami. Ciò grazie anche al monitoraggio della
dotazione tecnica per ciascuna scuola e all’individuazione e nomina del referente
entro il 3 maggio, che seguirà la nuova procedura e assisterà i componenti della
5
commissione d’esame nella riproduzione cartacea dei testi. Con la nota prot. n.
1749 del 12 aprile 2012 il Miur illustra le modalità per l’individuazione del referente di sede, che sarà nominato dal Dirigente scolastico che, se docente, non potrà
partecipare come presidente o commissario agli esami di Stato. Una volta individuati, i nominativi dei referenti di sede dovranno essere comunicati tramite SIDI.
Contro i pirati informatici, misure da 007: l’algoritmo -cioè la sequenza ordinata e
finita di passi (operazioni o istruzioni) elementari che conduce alla password
segreta, ognuna diversa per tutti i referenti- è formato da 25 elementi ed allo stato attuale ci vorrebbero 100 anni per decifrarlo. L’ispirazione viene da modalità
utilizzate dai servizi segreti israeliani. Il risparmio per lo Stato sarà notevole: senza costi d’invio e d’impiego delle forze dell’ordine. Niente più code nei “provveditorati” - ora Ambiti territoriali - di sabato e domenica per la consegna ai presidi, o
ai loro delegati, dei plichi provenienti da Roma con le prove. Niente più trasferimento in cassaforte, a scuola stessa, o alla più vicina caserma dei carabinieri o
posto di polizia per evitare guai. E niente più agenti a scuola con le prove della
maturità la mattina degli esami. Un’operazione delicata che coinvolge 14 mila
commissioni esaminatrici operanti in oltre 3 mila istituti superiori; esclusi per quest’anno ambiti scolastici ospedalieri, penitenziarii e di disabilità visiva.
Resta, però, l’aspetto della funzione aggiuntiva che verrà svolta per quest’anno a
titolo gratuito dal personale docente o dal personale Ata. A tale riguardo, esplicitamente, la Gilda ha fatto richiesta all’Amministrazione di prevedere l’inquadramento economico di tale figura e la sua collocazione prossima futura al fine di
sopperire all’attuale mancanza.
maggio 2012
6G I L D A
degli insegnanti
Compiti
Il vento protestatario contro i compiti a casa, partito dai genitori francesi, ha presto coinvolto anche l’Italia. Il ministro della Pubblica Istruzione, Francesco Profumo, sempre pronto a cogliere ogni novità “dirompente” ha fatto proprio il “grido
Lo sciopero dei compiti
nel chiacchiericcio generale
“finestra sul mondo
e nel tempo”
C’è un insistente chiacchiericcio sulla cultura digitale delle giovani generazioni e c’è il dilagare di una
fuorviante visione dei processi di apprendimento che dovrebbero solo dipendere dalle nuove tecnologie sicché il web permetterebbe di abolire sia i compiti a casa sia lo studio dei libri.
di Piero Morpurgo
C’è un insistente chiacchiericcio sulla cultura digitale delle giovani generazioni e c’è il dilagare di una fuorviante visione dei processi di apprendimento che dovrebbero solo dipendere dalle nuove tecnologie sicché il web permetterebbe di abolire sia i compiti a casa
sia lo studio dei libri. Basterebbe soffermarsi a leggere la rivista eSchoolNews che presenta le dieci abilità1 che sono necessarie a uno studente del mondo digitale e notare che
queste sono: 1) leggere, 2) scrivere, 3) utilizzare bene la tastiera, 4) capacità di esprimersi,
5) saper porre domande, 6) cercare e utilizzare informazioni attendibili, 7) credibilità e
responsabilità, 8) studiare con metodo, 9) pensare criticamente, 10) imparare con gioia.
Quali di queste abilità si potrà apprendere solo a scuola? In che modo si sarà in grado di
acquisire concentrazione nella lettura senza dedicarsi a un libro? Come sarà possibile
maturare un metodo critico di giudizio senza praticare un esercizio individuale? Eppure le
associazioni dei genitori degli studenti francesi hanno dichiarato lo “sciopero dei compiti”2. Lo studio a casa viene ritenuto un’aberrazione pedagogica e un incubo per le famiglie3. I compiti quindi sarebbero fonti di iniquità sociale e penalizzerebbero le classi più
povere anche se il lavoro a casa può essere fonte di un legame tra scuola e famiglia4. Si
tratta di un problema antico che vide l’ironia di Edmondo De Amicis su “la famiglia invasa dalla scuola, dominata, soffocata, dal ministero dell’istruzione pubblica, convertita in
un istituto scientifico letterario”5 ove la sera i ragazzi si dedicano in gran confusione a ogni
sorta di discipline. In Francia la questione si trascina dal 1956 quando non furono aboliti i
compiti ma si stabilì che questi non dovevano essere scritti6 e il provvedimento fu reiterato sia nel 19647 sia nel 19948. In realtà tutto dipende da quel che si chiede e da come lo
si organizza notava Monica Lévy nei “Cahiers Pedagogiques”9. Si noti che -dal 2007- nella
scuola primaria francese l’orario scolastico10 è articolato su 4 giornate (lunedì, martedì,
giovedì e venerdì)11 per complessive 24 ore di insegnamento provvedimento questo fortemente contestato dai genitori12 tanto che in Svizzera è stato abolito da un referendum
plebiscitario13. In Italia è vigente la C.M. 177 del 1969 che prescrive “in linea di massima” di
non assegnare compiti e di non effettuare interrogazioni nel giorno successivo alle festività, norma ampiamente disattesa14. Tutta la questione si inserisce in quella dei ritmi di
apprendimento e del tempo scuola ed è di vasta portata tanto da essere stata oggetto di
molte inchieste. C’è uno studio della California State University15 che evidenzia come il
successo degli studenti aumenti se questi lavorano a casa e questo vantaggio riguarda tutti i tipi di studente purché sia spiegato loro l’obiettivo del lavoro e la quantità dell’impegno richiesto sia tale da non scoraggiare gli allievi. Dal suo canto il Center for Public Education16, espressione della rete dei dirigenti delle scuole degli U.S.A.17, presenta una rassegna delle ricerche sulla problematica: Paschal, Weinstein, e Walberg (1984) riportano
che il lavoro a casa è particolarmente importante soprattutto per gli adolescenti; Townsend (1995) ha riscontrato un significativo aumento del vocabolario utilizzato e delle capacità linguistiche mentre Swank (1999) non ha trovato -per matematica- significative differenze tra chi fa i compiti e chi non li fa. Ancora una volta si sottolinea che deve essere
sempre reso ben chiaro qual è lo scopo dei compiti: rinforzo del lavoro svolto in classe,
applicazione delle conoscenze apprese, avvio di un nuovo lavoro da svolgere in aula. Della stessa opinione è anche Harrison Cooper della Duke University18 che vede i compiti
come un lavoro che deve rispondere a obiettivi particolari. Anche il National Council of
Teacher of Mathematics esaminato una serie di studi sul tema19 ed è emerso che chi si
applica ai compiti ha migliori conoscenze linguistiche e storiche. Gli studi confrontati evidenziano che il tempo richiesto per lo svolgimento del lavoro a casa non dovrebbe richiedere più di 90 minuti al giorno. Un’analisi dei paesi dell’OCSE svolta dalla Norwegian Uni-
versity 20 rileva un’utilità complessiva dei compiti a casa (seppur modesta); in particolare
si riscontra un forte divario tra gli allievi che hanno una famiglia con solide basi culturali
e che posseggono libri e coloro i quali sono privi di dotazioni librarie e in quest’ultimo
caso i compiti vengono avvertiti come una condanna. La conclusione dell’Universidad
Pedagogica Nacional Mexico21 è in sintonia con gli studi precedenti e raccomanda che i
compiti siano l’occasione per migliorare la concentrazione dello studente, l’applicazione
delle conoscenze possibilmente in ambienti intellettuali stimolanti con buone dotazioni
librarie e con tempi e mezzi accettabili. E allora, se questi sono i dati, non si capisce l’entusiasmo del ministro Profumo22 che vorrebbe sostituire i compiti con “stimoli” non
meglio definiti provenienti dalla rivoluzione digitale. In realtà affidare lo studente al web
senza offrirgli una metodologia applicativa e senza aver formato le capacità di concentrazione date dalla lettura e dalla rielaborazione critica è come mettere un analfabeta nel
deposito di una biblioteca nazionale.
L’entusiasmo per le LIM, le TIC, per le lezioni con l’ iPad avvolge in una nuvola di illusioni la realtà dei problemi che sono dati non tanto dal “digital divide” bensì dal divario culturale23: la grande quantità di informazioni che sono disponibili può abbagliare se
non è accompagnata dalla costruzione di un metodo di studio fatto proprio attraverso
i compiti a casa incentrati sulla concentrazione individuale e occorre rammentare quanto affermava Antonio Gramsci: “Occorre persuadere molta gente che anche lo studio
è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale,
anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo
sforzo, la noia e anche la sofferenza. …Occorrerà resistere alla tendenza di render facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato”.
1 http://www.eschoolnews.com/2011/08/11/tten-skills-every-student-should-learn/6/
2 http://www.lemonde.fr/education/article/2012/03/26/ce-soir-pas-de-devoirs-une-nouvelle-campagne-un-vieuxdebat_1675668_1473685.html
3 http://www.lemonde.fr/vous/article/2012/01/07/devoirs-scolaires-le-chatiment-familial_1627076_3238.html
4 http://www.ac-lille.fr/ia59/bulletin_departemental/affichePageResultat.php?typeaction=theme&numBD=95&numArticle=18
5 http://www.braidense.it/dire/frascuola/pages/429.html
6 http://dcalin.fr/textoff/devoirs_1956.html
7 http://dcalin.fr/textoff/devoirs_1964.html
8 http://dcalin.fr/textoff/etudes_dirigees_1994.html
9 http://www.cahiers-pedagogiques.com/Tout-depend-de-ce-qui-est-demande.html
10 http://www.education.gouv.fr/cid2503/l-organisation-du-temps-scolaire.html
11 ftp://trf.education.gouv.fr/pub/edutel/bo/2007/hs5/hs5.pdf
12 http://www.fcpe31.org/web/IMG/pdf_FCPEN_-_Argumentaire_rythmes_fevier_2009.pdf
13 http://www.adeppr.org/blog/geneve-plebiscite-une-ecole-exigeante-fin-de-la-semaine-de-4-jours.html
14 http://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm177_69.htm
15http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=homework%20student%20achievement&source=web&cd=3&ved=0CEcQFjAC&ur
l=http%3A%2F%2Fwww.csun.edu%2F~snc29874%2Fdocuments%2Fword%2FAR%2520Proposal.doc&ei=OON2THuMsj74QTruNGiDw&usg=AFQjCNGILJHmGCYK64W3ptoTKtJvr6H7Tw
16 http://www.centerforpubliceducation.org/Main-Menu/Instruction/What-research-says-about-the-value-of-homework-At-a-glance/What-research-says-about-the-value-of-homework-Research-review.html
17 http://www.nsba.org/
18 http://today.duke.edu/2006/09/homework_oped.html
19 http://www.nctm.org/news/content.aspx?id=13814
20 http://www.svt.ntnu.no/iso/wp/2011/5_Homework.pdf
21 http://www.unidad094.upn.mx/revista/52/02.html
22 http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_29/scuola-profumo-abolire-compiti-casa-perche-no_f2b69e78-79a6-11e1a69d-1adb0cf51649.shtml
23 http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2012/03/14/news/l-esperto-il-divario-digitale-e-nelle-nostre-teste1.3289725
GILDA
degli insegnanti
maggio 2012
a casa
di dolore”. Così, questo suo consenso- come spesso immediato e mediatico- ha originato un ampio
dibattito. Noi affrontiamo il tema con due contributi: uno dal taglio storico-analitico; l’altro da quello sociologico. Entrambi ricchi di stimoli e di interessanti chiavi interpretative.
Tempo di lavoro, tempo di studio.
La scuola come contenitore
delle frustrazioni delle famiglie
Il Ministro Profumo dimostra di non distaccarsi da una visione neo-liberistica e intende farsi carico
lui, da buon liberista, delle richieste delle famiglie -clienti che non vogliono accollarsi le responsabilità, la fatica e i risultati che lo studio dei figli comportano.
di Fabrizio Reberschegg
Le recenti superficiali esternazioni del Ministro Profumo in merito all’opportunità di
limitare, se non abolire, i compiti a casa per gli studenti appaiono sconcertanti e decontestualizzate. Il problema vero non è tanto quello degli studenti che sono chiamati a
fare i compiti, quanto quello dei genitori che si sentono sempre più inadeguati a seguire l’educazione dei figli in un mondo che si fa sempre più complesso e incerto. I figli in
Italia e in altri paesi postindustriali sono diventati merce rara e sono inseriti in contesti
familiari in rapida trasformazione. Tra il 1998 e il 2011 la quota di minori senza fratelli è
salita dal 23,8% al 25,7%; i minori con 2 o più fratelli sono diminuiti dal 23,1% al 21,2%;
sostanzialmente stabili al 53,1% coloro che hanno un solo fratello. E’ raddoppiato il
numero di minori che vivono con un solo genitore: dal 6% del 1998 al 12% del 2011. Nello stesso arco di tempo è diminuito dal 40,5% al 28,7% la percentuale di minori con
padre occupato e madre casalinga. Sono dunque ormai di più i minori che hanno ambedue i genitori occupati (41,5%) rispetto a quelli che hanno la madre casalinga. Questi i
recenti dati Istat che non prendono in considerazione la notevole quota di genitori che
lavorano in nero o fanno il doppio lavoro.
Meno figli con genitori ambedue costretti a lavorare per garantire la riproduzione familiare con situazioni ancora più difficili in caso di separazione. La figura tradizionale della casalinga-mamma cui era demandato il compito di seguire i figli nelle traversie scolastiche è venuta meno. Ma è bene ricordare che si trattava spesso di miti legati a determinati ceti sociali. Chi ha una certa età (cinquanta-sessanta) non ricorda di madri o
padri, inseriti in una famiglia allargata a nonni e parenti vari, che avevano la preparazione o il tempo per aiutare effettivamente i figli nello studio domestico. Si dava per scontato che i compiti a casa dovessero essere fatti dai figli e che si dovevano fare. Si
costruiva così un percorso di responsabilizzazione in cui tempo di studio e tempo di
gioco e svago erano frequentemente gestiti collettivamente con compagni di scuola,
amichetti, parrocchie e vicini di casa.
Lo sviluppo economico industriale ha segnato la prevalenza della famiglia nucleare e la
necessità a partire dagli anni settanta di collocare i figli in ambiti di protezione istituzionale tra i quali la scuola è stata identificata come elemento centrale. L’incremento del
tempo-scuola (tempi pieni, sperimentazioni, ecc.) è stato direttamente proporzionale
all’incremento del tempo di lavoro delle famiglie. Non è un caso che i tempi pieni siano
stati un fenomeno più accentuato nelle aree sviluppate del Paese e che tuttora siano
poco richiesti in vaste zone del meridione. La mancanza strutturale di politiche a favore
della famiglia (affitti, asili nido, sgravi fiscali, servizi per l’infanzia e l’adolescenza, ecc.) e
la crisi progressiva del ruolo sociale della famiglia ha accentuato la funzione della scuola come agenzia cui sono state demandate tutte le principali competenze educative. La
scuola dei progetti, delle educazioni, delle attività ludico-ricreative nasce in questo contesto fino a stravolgerne il ruolo tradizionale e si è sviluppata negli ultimi trent’anni con
modalità invasive e spesso lesive della funzione e del ruolo dei docenti.
Tale situazione ha avuto il sostegno più o meno esplicito delle varie mode pedagogiche per le quali si impara divertendosi senza fatica e con insegnanti-mamme-papà che
devono comprendere, interpretare, intervenire per aiutare gli allievi. Il famoso “diritto
al successo formativo” e “lo stare bene a scuola” berlingueriani ne sono una sintesi efficace. Negli ultimi decenni ciò è stato ancor più accentuato dalla convinzione che solo
7
ottenendo i migliori risultati scolastici e universitari si potesse dare un futuro ai giovani e allo sviluppo del paese. L’effetto è stato quello di amplificare l’ansia di prestazione
per i figli (pochi) da parte delle famiglie scaricando sulla scuola e sui docenti le responsabilità dei fallimenti e delle mancate performance (ogni fallimento di uno studente è
il fallimento dei docenti..). Il fatto di chiedere a genitori sempre più deresponsabilizzati e oberati da preoccupazioni e lavoro di occuparsi di controllare che i figli facciano i
compiti a casa è visto così da molti come indebita ingerenza nella nuova divisione dei
ruoli: alla scuola l’educazione e la formazione, alla famiglia il tempo dello svago, delle
attività formative privatistiche, per chi se lo può permettere (sport, danza, strumento,
corsi di lingua, ecc.), e degli affetti scandito dai tempi di non lavoro. Le proposte di orari scolastici con sabato e domenica liberi vanno in questo senso.
Tutto questo si inserisce in una visione ideologica che interpreta il ruolo della scuola
come servizio e non più come istituzione, un servizio a domanda individuale con al
centro i desiderata dei clienti (famiglie e studenti). La Ministra Gelmini già si era fatta
carico di porre in essere tale visione, in sintonia con la visione berlingueriana, ma operando paradossalmente i tagli più profondi proprio sul tempo scuola con la finalità
esplicita di ridurre drasticamente risorse e personale. L’idea, non tanto recondita, è
quella di creare un mercato parallelo della formazione privata che consente a chi può
di accedere ad una formazione protetta, flessibile e completa (il college anglosassone
prestigioso è il prototipo da imitare). Il Ministro Profumo dimostra di non distaccarsi da
tale visione e intende farsi carico lui da buon liberista, delle richieste delle famiglie clienti che non vogliono farsi accollarsi le responsabilità, la fatica e i risultati che lo studio dei figli comportano. L’on. Aprea immagina una governance della scuola schiacciata sui bisogni dell’utenza con docenti assunti e licenziati in funzione del loro gradimento per i clienti. Un panorama sconfortante.
Tutti i docenti sanno che dare esercizi e compiti a casa è indispensabile per far crescere responsabilità e competenze autonome vere in capo agli allievi. Ma è anche vero
che molti colleghi sbagliano nel caricare di compiti, traduzioni, esercizi e letture i loro
allievi dimenticando che in un consiglio di classe tutti i docenti e tutte le discipline
dovrebbero avere pari dignità e che a tante discipline corrispondono tanti compiti.
Bambine e bambini, ragazze e ragazzi hanno diritto ad avere i loro tempi di gioco, conoscenza e anche noia. Sarebbe bene fare una seria riflessione autocritica in questo senso. Trovare un equilibrio e una rinnovata cooperazione tra docenti è sicuramente
necessario. Ma è ancor più pericolosa la convinzione che tutto si possa fare a scuola
in un contesto come quello italiano in cui mancano i servizi più elementari per consentire alle scuole di essere punti di riferimento, aggregazione e ritrovo al di là delle ore di
lezione scandite dagli orari ufficiali. Mancano le mense, manca il personale per tenere
aperte le scuole, mancano in troppi casi gli strumenti di ricerca (laboratori collegati in
internet aperti tutto il giorno, biblioteche, ecc.), mancano le risorse per attivare compiutamente corsi di sostegno seri e attività complementari che ora sono offerte dai privati a pagamento, mancano gli spazi per lo sport, per la musica, ecc. Manca in concreto una politica di investimento nella formazione degli allievi inteso non più come utenti e clienti ma come titolari di diritti di cittadinanza uguali per tutti. Di tutto ciò il ministro Profumo sembra avere completa ignoranza. Come altri ministri prima di lui.
maggio 2012
8G I L D A
degli insegnanti
Del copiare
Copiare a scuola è un’abitudine antica. Eppure oggi, in Italia, questo comportamento
mostra qualcosa in più e di diverso dall’abitudine storica e diffusa in tutti i tempi e in
molti luoghi. Nel nostro Paese, secondo un’interessante indagine condotta dal professor
Marcello Dei (Marcello Dei, Ragazzi si copia! A lezione di imbroglio nelle scuole italiane.
Il Mulino), è caduto - come per altri atteggiamenti etici- il tabù che portava a nascondere queste deviazioni dalle norme e “per gran parte degli adolescenti copiare è considerato legittimo. E’ lo stesso che correre per le lepri e volare per gli uccelli, un comporta-
mento naturale”. Che tutto ciò sia in collegamento con lo scarso senso civico degli italiani pare assodato, ma non ci spingiamo a mettere in collegamento il copiare a scuola
con comportamenti socialmente deprecabili. Tuttavia, condividiamo totalmente il pensiero del professor Dei “Quello che i dati mostrano è una forte correlazione diretta che
lega la pratica di copiare con gli atteggiamenti che esprimono apprezzamento o che giustificano la furbizia, l’egoismo sfrenato e le raccomandazioni e che mostrano simpatia o
tolleranza nei confronti dell’evasione, della corruzione e del malaffare.”
INTERVISTA CON MARCELLO DEI*
Copiare a scuola? Legittimo e naturale
La debolezza etica della scuola genera livelli di apprendimento modesti.
Professor Dei, che cosa è cambiato oggi da aver trasformato un’abitudine antica, ma riprovevole, come il copiare a scuola, in un comportamento diffuso e tollerato?
L’abitudine antica discende in parte dal retaggio storico di cui già scrisse Giacomo
Leopardi nel primo ’800 nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’ italiani, in cui egli osservava la debolezza della società civile del nostro Paese, le furberie,
gli imbrogli, il cinismo delle classi dirigenti e del popolino. Copiare a scuola ha acquistato le dimensioni e il significato che ha oggi con l’avvento della scolarità di massa.
Parallelamente all’affermarsi della società burocratica e del consumo di massa, si è
sviluppata una concezione della società imperniata sull’individualismo, sull’economia
e sul mercato che promuove il ruolo di consumatore e di cliente a scapito di quello
di cittadino. Accade lo stesso in tutti i paesi industrializzati, solo che in Italia tale cultura si coniuga con la nostra storica scarsezza di senso civico. Non è possibile, ovviamente, avere dati statistici e confrontare quanto si copia oggi e quanto si copiava in
un passato più o meno lontano. Ci sono tuttavia dei dati che, oltre a mostrare che
oggi si copia abbondantemente, mettono in luce un’altra realtà forse più importante,
per gran parte degli adolescenti copiare è considerato legittimo. E’ lo stesso che correre per le lepri e volare per gli uccelli, un comportamento naturale. Intanto la situazione di crisi che attanaglia il paese grava particolarmente sui giovani. Il buio del futuro che li attende stimola atteggiamenti di sfiducia e risposte di cinismo, ma accende
anche sensibilità nuove di ripulsa dell’immoralità pubblica e privata, di disgusto per la
rete di corruzione e per la coazione generalizzata a ripetere le vie dell’evasione fiscale. Se i giovani tifano per gli interventi della Guardia di Finanza e gli insegnanti si schierano con loro, la questione morale potrebbe entrare nelle aule scolastiche.
Parliamo di ethos condiviso. Lei suggerisce cautela nell’avanzare analogie tra
alunno che imbroglia e cittadino che evade le tasse, utilizza le raccomandazioni
ecc. Eppure è sotto gli occhi di tutti che il tessuto etico, fatto di costumi condivisi, è oggi molto sfilacciato. Tra i due aspetti non vi è legame?
In primo luogo non esistono (e non sembra possibile ottenerne) dati che provino l’esistenza di uno stretto nesso causale tra il copiare a scuola e commettere delitti che
violano il senso civico. Sostengo semplicemente che non è corretto immaginare che
esista un legame di necessità per cui ogni copiatore o copiatrice è già un imbroglione a tutto tondo o lo diventerà nel seguito della sua vita. Anche il copiatore incallito può ravvedersi e cominciare a comportarsi onestamente. Quello che i dati mostrano è una forte correlazione diretta che lega la pratica di copiare con gli atteggiamenti che esprimono apprezzamento o che giustificano la furbizia, l’egoismo sfrenato e le
raccomandazioni e che mostrano simpatia o tolleranza nei confronti dell’evasione,
della corruzione e del malaffare. Forse gli studenti predicano male, ma razzoleranno
bene. Speriamo che tra il dire e il fare forse ci sia di mezzo il mare…
La socializzazione al non rispetto delle regole che prende forma nella cultura del
copiare non si limita a incoraggiare la diffusione di comportamenti devianti nel settore della convivenza civile come l’evasione fiscale e la corruzione. In una misura che
al momento non è facile definire, essa è responsabile dell’indebolimento dell’autorità della scuola da cui dipende l’efficacia didattica dell’insegnamento. Per dirla in
poche parole, la debolezza etica della scuola genera livelli di apprendimento modesti. Sono frequenti sui media gli interventi che rilevano il pullulare di strafalcioni nella scrittura degli studenti, ma non mancano le preoccupazioni per lo scarso appeal
della matematica tra gli alunni dei diversi gradi dell’istruzione. Osservate dal punto di
vista del confronto internazionale, le competenze e i livelli di apprendimento degli
studenti italiani non sono affatto brillanti.
di Renza Bertuzzi
Tra i motivi che nel suo libro lei indica come causa dell’aumento esponenziale del copiare, vorremmo che si soffermasse su uno in particolare: la trasformazione della scuola da istituzione pubblica in servizio a soddisfazione
individuale.
Nel nostro Paese l’istruzione privata riveste una parte di second’ordine; inoltre la sua
ragion d’essere è radicata in delle motivazioni culturali e religiose più che guidata da
ragionamenti puramente mercantili. Tuttavia sullo scenario dell’istruzione è pur sempre ben presente l’ideologia privatistica, vestita dei panni dell’efficienza, della competizione, del consumo, dell’edonismo. E’ il versante culturale dell’economia della
globalizzazione cui qualche titolare della Minerva ammiccava. Ed è per questo aspetto che gli studenti – insieme ai loro genitori - si sentono clienti e aspettano dall’istituzione pubblica una prestazione accettabile. La formazione del cittadino non è
espressamente richiesta. Quando abbiamo chiesto: copiare a chi/cosa nuoce,
chi/che cosa lede, hanno risposto “Il bene comune, l’interesse della comunità” il
12%degli studenti e il 26% degli insegnanti.
I docenti non escono bene dalla sua ricerca. Nella migliore delle ipotesi (e non
tutti naturalmente) sono conniventi. Perché, secondo lei, succede questo?
Il paradigma pedagogico della scuola ha progressivamente cancellato le sanzioni
che un tempo erano previste per i comportamenti scorretti . L’atto formale risale
al 2000, allo Statuto delle studentesse e degli studenti , ma nella sostanza il muta mento era già compiuto da vari anni. La comprensione, l’introspezione, la benevolenza e l’intelligenza dei sentimenti hanno sostituito le punizioni. Nel credo degli
insegnanti la punizione appartiene a un passato fatto di gerarchia e di autoritarismo insopportabili, ormai felicemente consegnato alla storia. La retorica vuole
che l’autorevolezza conquistata nella classe occupi il posto che fu dell’autoritarismo, ma non sempre ciò accade. Spesso la tenuta della disciplina (concetto
desueto, soppiantato da quello di “gestione della classe”) è problematica, la
“mediazione sociale” dell’insegnante non funziona e il cooperative learning si
inceppa. Di fronte agli studenti che copiano la tensione interiore dell’insegnante
fra il rispetto delle regole e l’ammorbidimento e la minimizzazione dell’episodio
si risolve spesso a favore di questi ultimi. Il rifiuto delle punizioni è talmente forte che nel caso infrequente in cui sanziona l’imbroglio, il docente colpisce silenziosamente, senza far prediche. Uno stereotipo assegna al fatidico e libertario ’68
la responsabilità del cambiamento che investì en bloc i processi di socializzazione e i suoi agenti. Insegnanti e i genitori, accomunati dalla perdita di potere di
fronte ai giovani, si trovano schierati su due sponde - fornitori di un servizio gli uni,
clienti gli altri - muniti entrambi degli attributi e delle prerogative dei rispettivi
ruoli.
Quale che sia stata la responsabilità del ’68, è un dato di fatto che il nuovo modello
educativo somiglia come una goccia d’acqua alla concezione che legittima l’istruzione secondo i parametri del mercato.
Lei crede che una ripresa - da parte della categoria prima di tutto e poi sul
piano sociale e politico - del mandato sociale che la Costituzione assegna alla
funzione docente (di trasmettere cultura ed educare i giovani al pensiero critico) possa essere utile?
Da dove può partire la ripresa? Quali potrebbero essere i motivi di rinnovamento nella scuola e nella società? A prima vista il panorama è desolante: gli insegnanti sono
disillusi e delusi per come è la scuola oggi, gli studenti debosciati e demotivati per
ciò che li attende domani sul mercato del lavoro. Sul piano sociale la crisi finanziaria
ed economica, lo sfaldamento dei partiti e il discredito della classe politica alimen-
GILDA
degli insegnanti
maggio 2012
a scuola
In questa situazione sono fondamentali i docenti ma “di fronte agli studenti che
copiano la tensione interiore dell’insegnante fra il rispetto delle regole e l’ammorbidimento e la minimizzazione dell’episodio si risolve spesso a favore di questi ultimi.”
Una situazione non edificante che crediamo vada affrontata con chiarezza e franchezza perché è fondamentale per la difesa del principio secondo cui la scuola è
un‘istituzione e non un servizio. Una difesa che- è bene ancora sottolinearlo- spetta
ai docenti.
Per questo, insieme con l’intervista a Marcello Dei, pubblichiamo, senza alcun commento- le parti salienti della Carta etica che l’assemblea nazionale della Gilda ha
approvato nell’ottobre 2008 e che contiene i principi a cui ogni iscritto si impegna ad
attenersi nell’esercizio della sua professione e l’appello sulla serietà degli esami di stato che il Gruppo di Firenze ha pubblicato sul suo blog lo scorso anno (e che la Gilda
ha segnalato) e che ha raccolto numerose firme di docenti e dirigenti.
Senza commento, per chi voglia intendere.
Principi etici della professione docente
Approvati dall’Assemblea Nazionale della Gilda nell’ottobre 2008
In questo testo vengono indicati i principi a cui ogni iscritto si impegna ad attenersi nell’esercizio della sua professione. Costituisce allo stesso tempo un importante strumento per tutelare l’alta funzione, la credibilità e il prestigio della categoria e della
professione stessa. Gli impegni elencati sono i diversi aspetti di una più generale responsabilità verso la collettività, che affida alla scuola - e
dunque in primo luogo agli insegnanti - il compito di educare le nuove generazioni e di trasmettere il proprio patrimonio culturale.
Capitolo I
Impegni nei riguardi della professione e dei colleghi
1. La funzione dell’insegnamento e la relativa qualità hanno un’influenza determinante sul progresso della società. Il docente, quindi, consapevole dell’importanza del proprio ruolo, 1.7. si adopera perché il comportamento di tutti si ispiri all’etica professionale, anche per salvaguardare il prestigio della categoria;
Capitolo II
Impegni nei riguardi degli allievi
2. Nel rapporto con i suoi allievi, il docente:
2.1. mantiene un comportamento che sia loro di esempio;
2.7. esercita l’autorità inerente al suo ruolo con equilibrio e insieme con
fermezza, facendo rispettare le regole necessarie per la serenità del
lavoro comune
APPELLO DEL GRUPPO DI FIRENZE PER LA SCUOLA DEL MERITO E DELLA RESPONSABILITÀ
http://gruppodifirenze.blogspot.it/
mercoledì 25 maggio 2011
DICHIARAZIONE DI INSEGNANTI E DIRIGENTI PER LA CORRETTEZZA DEGLI ESAMI DI STATO
Fra poco si svolgeranno gli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo
di studi. Negli ultimi anni i mezzi di informazione hanno riferito di numerosi casi in
cui non è stato assicurato il loro corretto svolgimento. Questo danneggia fortemente la credibilità della scuola italiana e l’immagine degli insegnanti e dei dirigenti.
Non c’è dubbio che la maggioranza dei colleghi agisca in modo inappuntabile e faccia il possibile per garantire la regolarità degli esami. Siamo però consapevoli che un
malinteso atteggiamento di “comprensione” nei confronti degli studenti e la diffusa
tendenza a considerare inutilmente fiscale la fermezza nel far rispettare le regole (e
in alcune situazioni anche pressioni esterne) possono spingere a “chiudere un occhio”
se qualcuno copia, a giustificare o a tollerare indebiti aiuti e persino comportamenti
gravemente scorretti, come fornire ai propri allievi traduzioni e soluzioni.
Va invece ribadito che certi atteggiamenti non sono affatto un modo di “fare il bene
dei ragazzi” e che anzi feriscono la giustizia e il merito. Una scuola, infatti, in cui venga in qualche modo compromessa la regolarità degli esami, abitua gli studenti alla
tano lo sconcerto, la rabbia, il risentimento e tanta sfiducia nelle istituzioni e negli
altri. La società burocratica del consumo di massa, edonista, gioiosamente individualista mostra la corda, non funziona. Non mancano segni di cambiamento. La lotta
all’evasione, alla corruzione e al malaffare avviata dal governo possiede, al di là della sua efficacia sul piano materiale, un valore simbolico che ne fa un’operazione di
vigorosa pedagogia civile. E’ probabile che i cittadini che “non ne possono più” del
divario tra redditi dichiarati e auto e barche di lusso possedute comincino a rendersi
conto che il cinismo, il furbismo e le parentele sono la materia prima di cui sono fatti quegli illegittimi privilegi che oggi li disgustano. Una parte delle persone che negano fiducia ai partiti, la ritrovano nei movimenti sociali, come quelli referendari per l’abrogazione del porcellum, o contro la privatizzazione dell’acqua. O quando partecipano alle primarie e votano per candidati non indicati dal partito. Questi cittadini
fondano le loro critiche e le loro richieste facendo appello alla Costituzione e ai suoi
valori di convivenza civile. Se gli insegnanti sapranno cogliere i fermenti delle nuove
forme di partecipazione politica e culturale, se sapranno valorizzarli nel loro lavoro
quotidiano, il mandato sociale che la Costituzione assegna alla funzione docente ne
uscirà rafforzato.
9
scorrettezza, commette un’ingiustizia verso chi conta solo sulle sue forze e infine
svaluta il senso dell’esame come momento importante di verifica delle capacità
degli allievi. Viceversa, l’esempio di comportamenti giovani la più efficace educazione alla legalità.
Noi pensiamo che il ruolo e l’immagine dell’istruzione pubblica si difendano certamente reclamando nuove leggi e finanziamenti più adeguati, ma anche facendo
nel modo migliore la propria parte e assumendosi fino in fondo le proprie responsabilità.
Ed è con questo spirito che noi sottoscritti commissari e presidenti di commissione dichiariamo pubblicamente che ci impegneremo per far sì che gli esami si svolgano in un clima sereno, ma nel rispetto della legalità, dell’equità e dell’imparzialità, a tutela del prestigio della scuola italiana, di coloro che vi operano con
ammirevole impegno e dei tanti studenti che si preparano con serietà a questa
importante prova.
* Marcello Dei è professore di Sociologia dell’educazione presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino fino dalla sua istituzione e oggi fa parte del Dipartimento di Economia Società Politica (DESP).
Agli inizi, negli anni ‘70-80, ha realizzato diverse indagini sugli insegnanti italiani dei vari gradi dell’istruzione. Negli anni
successivi si è dedicato alla ricerca teorica relativa ai rapporti tra strutture economiche e politiche e istituzioni educative nei paesi a capitalismo maturo. Nell’ambito di tale attività ha organizzato un convegno internazionale di sociologia dell’educazione a cui hanno partecipato autorevoli sociologi (R. Collins, S. Bowles, B. Bernstein, C. Passeron, A.
Heath). Da alcuni anni si dedica alla ricerca empirica sui processi formativi nella scuola italiana con particolare attenzione alla socializzazione politica, alla cultura economica, all’analisi dei comportamenti devianti degli alunni che frequentano la scuola secondaria di I e II grado.
L’immobilità sociale. Stratificazione sociale e sistemi scolastici (a cura di), con S. Cappello e M. Rossi, Bologna, Il Mulino, 1982
- Colletto bianco, grembiule nero. Gli insegnanti elementari italiani tra l’inizio del secolo e il secondo dopoguerra,
Bologna, Il Mulino, 1995
- Sulle tracce della società civile. Identità territoriale, etica civica e comportamento associativo degli studenti della
secondaria superiore, Milano, Angeli, 2001
- Economia e società nella cultura dei giovani. Rappresentazioni e credenze degli studenti medi, Milano, Angeli, 2006
- Ragazzi si copia. A lezione di imbrogli nella scuola italiana, Bologna, Il Mulino, 2011
- Rispettare le regole. La socializzazione normativa nelle famiglie e nella scuola (a cura di), L’aquilone, Donzelli, 2012
(con G. Maggioni)
- La scuola in Italia (IV edizione aggiornata), Bologna, Il Mulino, 2012.
maggio 2012
10 G I L D A
degli insegnanti
Vita in provincia
COSENZA: apre una nuova sede
Comunicato
Dal 01/02/2012 è stata aperta a Cosenza la sede della FGU/Gilda degli Insegnanti. La nuova sede è sita in corso Luigi Fera, 87/C, scala B, telefax
0984/36483. Oltre alla nuova sede, continuerà ad essere operativa anche la sede di Bisignano (CS), sita in via Anderamo Vescovo, n. 2, telefax
0984/949293.
Distinti saluti
Cosenza, lì 08/03/2012
Il Coordinatore prov/le
Salvatore Siciliano
MILANO: no alla chiamata
diretta dei docenti
Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia.
Modifiche alla Legge Regionale 6 agosto 2007 , n. 19
Comunicato stampa
Nella sede della Gilda degli Insegnanti di Milano, si è tenuto un Direttivo, allargato alla partecipazione e al contributo di tutti i soci e simpatizzanti dell’Associazione, per analizzare un tema scottante di questi
giorni: il progetto di legge regionale approvato dalla Giunta lombarda
che dà alle istituzioni scolastiche statali la possibilità di indire concorsi
per svolgere attività didattiche annuali. Interessanti le critiche e le considerazioni emerse nel corso del dibattito e per la loro valenza significativa le riportiamo quale posizione ufficiale della Gilda di Milano.
La proposta Aprea - Formigoni (1) è senza dubbio un’iniziativa che lascia
molto perplessi per l’ambiguità della norma che genera altra confusione nel panorama già caotico e talvolta contraddittorio delle problematiche scolastiche del nostro tempo e fa insorgere nel contempo preoccupazione ed allarme sul piano del rispetto verso il dettato costituzionale nel nostro Paese. Per tali ragioni l’iniziativa rivela la sua carica
demagogica e per le stesse ragioni diventa essenziale capirla prima di
contrastarla.
La normativa è costruita in modo che i politici possano parlare in televisione e sui giornali di scelta diretta dei docenti da parte dei dirigenti
scolastici, mentre se è letta alla luce dei principi costituzionali riguarda
solo il caso di progetti didattici complementari o integrativi rispetto
all’offerta formativa di base. La nuova disciplina regionale sembra anzi
mettere precisi paletti al malcostume di ricorrere a esperti individuati
dai dirigenti scolastici senza alcuna garanzia di trasparenza per iniziative didattiche aggiuntive rispetto agli insegnamenti curricolari.
La legge regionale in approvazione imporrebbe di ricorrere solo a
docenti del comparto scuola e di selezionarli sulla base di un concorso pubblico. Sarebbe invece contraria alla Costituzione, che riserva la
materia dell’organizzazione dello Stato alla legge del Parlamento, una
normativa lombarda che disciplinasse l’assunzione di docenti per incarichi di durata annuale.
Se la norma venisse approvata, la nostra Associazione sarà in prima fila
a contrastare, attraverso iniziative legali e movimenti di protesta, una
disposizione illegittima e dannosa per tutto il sistema formativo lombardo.
UFFICIO STAMPA GILDA MILANO
(1) dopo il comma 2 dell’articolo 3 sono aggiunti i seguenti commi: “2 bis
A partire dall’anno scolastico 2012/2013, le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di
studi, al fine di reclutare personale docente necessario a svolgere le
attività didattiche annuali. 2 ter E’ ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola che conosca e condivida
il progetto e il patto per lo sviluppo professionale, che costituiscono
parte integrante del bando di concorso di ciascun istituto scolastico. 2
quater Le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità,
con deliberazione della Giunta regionale”.
Art. 3
(Valorizzazione dell’autonomia scolastica)
1. La Regione a ttraverso atti di indirizzo valorizza l’autonomia delle istituzioni scolastiche e ne supporta l’azione volta ad attuare percorsi formativi mirati allo sviluppo della persona e al successo formativo, adeguati alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei
soggetti coinvolti, al consolidamento del collegamento con le realtà
territoriali, nonché al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del
processo di apprendimento ed insegnamento.
2. Al fine di potenziare l’autonomia scolastica, la Regione promuove la
costituzione di reti e di altre forme di collaborazione tra istituzioni scolastiche autonome, favorendone le relazioni con gli enti locali
GILDA
degli insegnanti
BENEVENTO: contro la scuola azienda
A Foglianise ( BN) un sindaco si è fatto portavoce di una protesta contro un docente di una scuola statale. Con il
principio secondo cui il “cliente ha sempre ragione” e con un ingerenza ancora non legittimata da alcuna norma.
Comunicato sindacale
LA POLITICA RESTI FUORI DALLA SCUOLA!!!!!!
Denunciamo con grande preoccupazione quanto sta accadendo a
Foglianise.
Il Sindaco di questo comune, con una nota del 15 marzo u.s., ha richiesto al Ministro dell'Istruzione una visita ispettiva per un professore “colpevole”, a suo dire, di aver fatto calare le iscrizioni nel locale storico
liceo, mettendone in forse anche il futuro. Questo è solo l'ultimo atto
di una campagna vessatoria e diffamatoria, posta in essere nei confronti di un docente “scomodo” perchè troppo rigoroso.
Tale accadimento ben si concilia nel clima attuale di indebolimento
delle garanzie e dei diritti, che interessa tutto il mondo del lavoro, con
evidente scadimento della società e della civiltà giuridica.
La silente trasformazione del nostro stato da liberale in liberista mette
addirittura in discussione l'art. 33 della Costituzione (libertà di insegnamento), oltre all'art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
La Scuola Statale, che da istituzione repubblicana ha assunto la dimensione microeconomica di azienda, va purtroppo nell'ottica che “il clien-
te ha sempre ragione”, con buona pace di tutta la buona tradizione
pedagogica italiana.
Il fatto che un Sindaco pensi di poter intervenire in una questione che
è solo ed esclusivamente didattica, senza averne la facoltà e meno che
meno la competenza, è in palese contrasto proprio con la Costituzione Italiana e con il Codice Civile, per il quale l'attività intellettuale è una
obbligazione di mezzi e non di risultato.
Nell'esprimere la nostra solidarietà al collega così duramente provato
ed a tutti coloro che ogni giorno contribuiscono, nonostante le pressioni ambientali, a fare acquisire alle giovani generazioni quella cittadinanza attiva, affinchè non siano degli imbelli consumatori, noi diciamo
a gran voce: la politica resti fuori dalle aule!!!!!!
Lì 16/03/2012
La Coordinatrice Provinciale della Gilda degli Insegnanti
Prof.ssa Colomba Donnarumma
LE VITTORIE DELLA GILDA A FAVORE DEI PRECARI
CUNEO: ancora una vittoria
della Gilda per il recupero
scatti dei precari.
PORDENONE:
altra vittoria per il recupero
scatti dei precari.
Vinta la causa della Gilda di Cuneo a favore di un gruppo di una
cinquantina di insegnanti precari.
E’ stato riconosciuto un rimborso complessivo di 226.264 + 10500
Euro di spese legali a carico del MIUR.
Vittoria anche per la Gilda di Pordenone nella causa a favore di insegnanti precari. Il tribunale ha condannato il MIUR alla ricostruzione della posizione stipendiale e a corrispondere le differenze retributive maturate, pari all’importo di euro 11.067,88 con gli interessi legali dal dì del
dovuto al saldo effettivo. Ha inoltre condannato il MIUR al pagamento
delle spese legali che ha liquidato in euro 1.600,00 oltre accessori.
“ P RO F E S S I O N E D O C E N T E ”
Sped. in abb. postale art. 2 comma 20/c L. 662/96 Filiale di Roma • Autorizzazione del Tribunale di
Roma n. 257/90 del 24/4/90
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Francesco Lovascio, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.
Ha collaborato a questo numero: Massimo Quintiliani.
Sito internet: www.gildaprofessionedocente.it – e-mail: [email protected]
Redazione e Amministrazione:
GILDA DEGLI INSEGNANTI - Via Nizza, 11 - 00198 Roma - Tel. 068845005 - Fax 0684082071
UNAMS - Viale delle Provincie, 184 - 00162 Roma
La Gilda si avvale di...
Sito Internet nazionale,
da cui si ha accesso a tutti quelli provinciali: www.gildains.it
Giornale Professione docente:
www.gildaprofessionedocente.it (sito rinnovato)
Centro Studi nazionale:
www.gildacentrostudi.it
Gilda Tv: http://www.gildatv.it/
ANNO XXII - N. 5 - MAGGIO 2012
Stampa maggio 2012 - ROMANA EDITRICE s.r.l.
San Cesareo (RM) Via Dell’Enopolio, 37 - Tel. 06.9570199 - Fax 06.9570599 - e-mail: [email protected]
Tg FGU:
in www.gildains.it, edizione settimanale il venerdì.
maggio 2012
Vita in provincia
11
maggio 2012
12 G I L D A
degli insegnanti
F I N A N Z I A M O D I P E N D E N T I S TATA L I , P U B B L I C I , P R I VAT I E P E N S I O N AT I
CQS
EURRTOIFICATA
CESSIONE DEL QUINTO
001
ISO 9
CE
La cessione del quinto consente al dipendente di
contrarre un prestito mediante la cessione della quota
massima di 1/5 del proprio stipendio.
PRESTITI PENSIONATI
La cessione del quinto consente al pensionato di
contrarre un prestito mediante la cessione della quota
massima di 1/5 della propria pensione.
PRESTITO CON DELEGA
Il prestito con delega consente al dipendente di
contrarre un prestito mediante la cessione della quota
massima di 1/5 del proprio stipendio ed è cumulabile
con la cessione del quinto.
PRESTITI PERSONALI
IN CONVENZIONE CON
“la Gilda degli Insegnanti”
Abbiamo stipulato con la federazione GILDA - UNAMS una convenzione al
fine di offrire agli iscritti prodotti finanziari a condizioni estremamente
competitive rispetto agli altri operatori presenti sul mercato.
Chiamaci senza problemi ti forniremo una consulenza, ti illustreremo i nostri prodotti e le
loro caratteristiche. Su tua richiesta ti forniremo un preventivo immediato, nel caso sia di
tuo gradimento inizieremo l'iter della pratica e ti seguiremo passo passo fino alla
liquidazione.
Il prestito personale è una forma di finanziamento che
può essere restituito con addebito sul conto corrente
personale.
EUROCQS CARD
Eurocqs Card è una carta prepagata ricaricabile
Mastercard, è slegata da un conto corrente bancario,
anzi può sostituire il conto perchè è dotata di un IBAN,
è nominativa e personale ed è valida per 4 anni dalla
data di emissione.
Prestiti intelligenti
I NOSTRI AGENTI A:
DIREZIONE GENERALE ROMA
Roma, Milano, Firenze, Palermo, Taranto, Lecce, Sassari, Napoli, Pomezia (Rm), Messina, Marsala (Tp), Chieti,
Via A. Pacinotti, 73/81 - 00146 s Tel. 06 55381111
Trieste, Treviso, Como, Cagliari, Ragusa, Caltagirone (CT).
Eurocqs S.p.A. iscritto all’Elenco Generale degli Intermediari operanti nel settore finanziario, previsto dall’articolo 106 e seguenti del T.U.B al n.37323. Messaggio pubblicitario con finalità
promozionale. Per le condizioni contrattuali, per la Polizza Assicurativa o per quanto non espressamente indicato è necessario fare riferimento al modulo denominato “informazioni Europee
di Base sul Credito ai Consumatori” disponibile in fase precontrattuale presso le filiali e agenzie di Eurocqs SpA. A richiesta verrà consegnata una “copia idonea per la stipula” del contratto
per la valutazione del contenuto. Per la distribuzioni di prodotti di finanziamento, Eurocqs SpA si avvale anche di agenti in attività finanziaria dislocati sul territorio Nazionale. Per ulteriori
informazioni fare riferimento al sito internet www.eurocqs.it. Eurocqs SpA, nel collocamento di alcuni prodotti (Cessioni del quinto, Prestito con delega di pagamento e Prestiti personali),
presso la clientela, opera in qualità di intermediario di altre banche e/o intermediari finanziari (FamilyCreditNetwork SpA, Futuro SpA, Unifin SpA, Fides SpA), questi sono i diretti contraenti
e titolari di tutti i rapporti contrattuali e si riservano la valutazione dei requisiti necessari alla concessione del finanziamento.