Foto a pagina intera

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Foto a pagina intera
Ciro Abbate
Scatole vuote
Copertina di Veronica Crisci
Artegenica
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Indice
Premessa
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Introduzione
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Babbo Natale
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Il mio amico…
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Fantasia e realtà
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Sotto assedio
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Biografia
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Bibliografia
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Contatti
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“Siate affamati, siate
folli” disse il cuoco del
manicomio.
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Premessa
Vi è mai capitato di inseguire voi stessi? Sì? Bello vero? A
me una volta è capitato di inseguire uno che mi
somigliava, almeno credevo mi somigliasse. Da quel
giorno cambiai le lenti a contatto.
Sviste a parte, il punto è questo: per inseguire se stessi,
bisogna sapere dove si va, perché conoscere la propria
meta è fondamentale, in un mondo in cui un GPS può
farti
imboccare
una
ZTL
in
qualsiasi
momento.
Rifletteteci.
Ho sempre pensato che scrivere un racconto possa
paragonarsi al voler raccontare la storia dell’umanità,
oralmente, tutta d’un fiato, senza mai prender pause. Un
po’, come dire, asfissiante.
E’ vero, voi mi direte che si può scrivere in diversi
momenti, con tutte le pause che servono e senza rischiare
un’embolia. Giusto, è così, ma questa è la mia
sensazione… in fin dei conti, io penso pure che dietro al
riscaldamento globale, ci sia un complotto delle industrie
produttrici di condizionatori d’aria. Capite? Non sono
mica credibile.
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Ed è proprio per superare questa sensazione di asfissia, di
smarrimento e per tenere sotto controllo la mia meta, che
ho deciso di raccontare piccole storie, legate, ma al
contempo divise.
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Introduzione
Le quattro piccole storie che leggerete hanno un tema
comune: l’immaginazione; quella di un bambino, nella
prima storia; quella di un preadolescente, nella seconda;
quella di un adulto, nella terza; quella collettiva,
nell’ultima.
Il protagonista potrei essere io, potreste essere voi. Forse
siete proprio voi i protagonisti. Ho spiato un sacco di
gente per scrivere queste quattro storielle. Beh, scherzi a
parte, legalmente parlando, i protagonisti potreste essere
voi data la semplicità dei temi trattati.
Vi auguro buona lettura.
Ah, se doveste riconoscervi in queste poche righe,
tranquilli, datemi il vostro indirizzo e provvederò a
mandarvi il tecnico per rimuovere telecamere e microspie
dalle vostre abitazioni. A vostre spese, ovviamente.
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Babbo Natale
Due giorni prima di Natale, frugando nella stanza dei
miei genitori trovai il mio regalo. Con un sorrisino
beffardo stampato sul viso lo scartai con cautela, aprii la
scatola e ci giocai per un po’, poi richiusi e incartai il tutto
nuovamente (era un flipper, esattamente quello che avevo
chiesto a Babbo Natale nella mia letterina). In quel
momento capii due cose: la prima, i miei genitori
leggevano la mia corrispondenza, violando la privacy; la
seconda, Babbo Natale non esiste. Decisi di tenere per me
la scoperta lì per lì, volevo rivelare ai miei di aver capito
questa grande verità, proprio il giorno di Natale. Il 25 mi
svegliai con il solito entusiasmo, corsi sotto l’albero e lì
trovai il mio regalo. I miei genitori mi guardavano
sorridendo. Erano felici perché io ero felice. Scartai il
regalo e con finto stupore esclamai “E’ quello che volevo,
Babbo Natale mi ha accontentato!” I miei sembravano
ancora più felici. Mi girai verso di loro, e con ghigno
malefico dissi “mamma, papà, vi devo dire una cosa…”
“dicci a papà, cosa, cosa?” rispose babbo; “che c’è
tesoro?” chiese mamma con gli occhi dolci. “Volevo dire,
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cioè… che io… buon Natale!” I miei mi abbracciarono,
mamma un po’ commossa. Poco dopo andai in cameretta
a giocare con il flipper, e pensai “sono così carini, perché
distruggere la loro favola…”
Fu il primo e l’ultimo gesto compassionevole della mia
vita. Ventuno anni fa.
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Il mio amico…
Fu questa conversazione la causa di quel gesto folle; in
fondo gli volevo bene. Mi manca molto.
“... Ma come fai a non credere in Dio!? Guardati intorno,
è ovunque!”
“Lasciami perdere, ne abbiamo già parlato!”
“No! Voglio comprendere, voglio sapere cosa ti ha spinto
lontano dalla fede!”
“Nulla in particolare. La fede, si dice sia un dono, giusto?
Ok, fa conto che quando mi è stata regalata, dopo aver
scartato il pacco… beh, ho deciso di riciclarla. Magari
l’ho incartata male…”
“Basta! Smettila, tu non capisci! Ma hai mai letto la
Bibbia?!”
“Sì, e dopo averlo fatto ho cominciato a temere i
credenti. Salvo poi comprendere che, molti hanno fede
proprio perché non hanno letto la Bibbia; quindi ho fatto
pace con il mondo.”
Dopo questo breve scambio di battute, lui cominciò a
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spintonarmi ed inveire contro di me.
“Stronzo! Maledetto! Andrai all’inferno!”
“Dai, calmati, esageri, non è il caso di usare violenza.”
“Non sopporto più la tua blasfemia! Convertiti!!”
Mise entrambe le mani intorno al mio collo e cominciò a
stringere forte.
“Per favore, così mi fai male. Ti prego lasciami. Cosa
direbbe il tuo Dio se ti vedesse ora? Ok, magari ho
sbagliato domanda, ma lasciami, così mi fai male.
Siamo pur sempre amici!”
“No! Io ti odio!”
Lo disse con uno sguardo tremendo, aveva gli occhi di un
pazzo. Dovetti prendere una triste decisione. Con una
testata mi liberai dalla presa e con un soprammobile lo
colpii forte alla testa. Cadde a terra, morto sul colpo.
Quel giorno uccisi il mio amico… immaginario.
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Fantasia e realtà
“La realtà a volte supera la fantasia.” Quante volte l’avete
sentito dire? Ebbene, questa piccola storia lo conferma.
Un giorno, rovistando tra vecchi articoli di giornale trovai
una notiziai ncredibile.
Nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1975, a Napoli, una
donna di nome Anna venne svegliata nel cuore della notte
da botti e fuochi d’artificio. Infastidita dall’accaduto si
precipitò alla finestra per manifestare il suo disappunto
agli individui, che incuranti dell’ora, si dilettavano con il
loro anticipo di capodanno. Purtroppo le proteste non
ebbero successo e la donna fu costretta, dopo aver
svegliato il marito, che evidentemente aveva un sonno più
pesante, a chiamare la forza pubblica. Poco dopo, una
volante dei carabinieri giunse sul posto, provocando la
fuga dei burloni. Prima di scappare però, uno di loro
accese un ultimo grosso petardo che, finendo proprio
sotto
l’autopattuglia,
provocò
lo
scoppio
di
un
pneumatico con conseguente sbandata, che si concluse
contro un palo della luce. L’incidente fu fatale ad uno dei
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due carabinieri presenti nell’auto, mentre l’altro rimase
ferito gravemente.
Sul posto accorsero altre pattuglie e un’ambulanza.
La signora Anna e suo marito Antonio furono interrogati
in quanto testimoni; l’accaduto li sconvolse molto. Dopo
le domande degli agenti, i coniugi rientrarono in casa e
tentarono
di
riaddormentarsi,
non
prima
d’aver
controllato che il loro unico figlio stesse dormendo
beatamente. Poco dopo l’alba, il marito della signora
Anna uscì per recarsi a lavoro. Verso le 8:00, il
campanello svegliò di nuovo la donna, che accorsa in
fretta e furia alla porta, si trovò di fronte un carabiniere e
al suo fianco, Giuseppe, il figlio adolescente che credeva a
letto. Il carabiniere spiegò alla scossa signora Anna, che
suo figlio Giuseppe aveva confessato d’esser stato il
responsabile dell’incidente occorso ai colleghi carabinieri
e quindi, della morte di uno di loro e del grave ferimento
dell’altro. Il ragazzo aveva sistemato sotto le coperte due
cuscini per simulare la sua presenza a letto e, radunatosi
sotto casa con i suoi amici, aveva posto in essere la
sconsiderata parata di botti e fuochi d’artificio. La signora
Anna all’apprendere la notizia, cadde svenuta portandosi
una mano al petto. Un infarto le stroncò la vita.
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Il figlio Giuseppe fu processato, condannato e rinchiuso
in riformatorio. Il marito Antonio, non resse al dolore e si
suicidò qualche mese dopo.
“La realtà a volte supera la fantasia.”
Quante volte l’avete sentito dire?
Ebbene, a quasi quarant’anni dell’accaduto, questa
piccola storia conferma che a volte, sì, può succedere. Ma
nel caso specifico, non è così, perché questa storia l’ho
inventata io. Riposa in pace accanto a tuo marito, cara
signora Anna.
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Sotto assedio
Quel
giorno
mi
ero
svegliato
con
uno
strano
presentimento, ma non avrei mai immaginato uno
scenario simile. Roba del genere si vede nei film, non
pensi mai che potrebbe capitarti sul serio.
Nonostante il grigio presentimento ero di buon umore
quella mattina. Decisi di concedermi una giorno vacanza,
lontano dagli stress lavorativi, ma soprattutto dallo stress
provocato da mia moglie. Le avevo detto che ero fuori per
un’importante “missione lavorativa”.
Mi recai in banca per un prelievo al bancomat. Giunto
davanti al “magico” macchinario, constatai con sommo
rincrescimento che era fuori servizio. Pensai “beh, non
sarà questo a rovinarmi la giornata…” Entrai in banca e
dopo venti minuti in fila giunsi finalmente allo sportello,
“salve, vorrei prelevare” dissi gentilmente all’impiegato.
Dopo pochi istanti ebbi tra le mani un po’ dei miei soldi
da spendere, per la mia ludica giornata anti stress.
Un attimo dopo, dal retro della banca piombarono
quattro uomini incappucciati, provvisti di mitra, che con
tono alquanto deciso esclamarono quasi in coro “tutti
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fermi! E’ una rapina!”
Uno di loro bloccò l’uscita, un altro oscurò le telecamere
di sorveglianza con una vernice spray nera, mentre gli
altri due iniziarono a radunare tutti i presenti in un
angolo della filiale. Io fui strattonato così forte che caddi
in terra. “Piano, per favore, non fateci del male…” dissi
con voce strozzata dal terrore. Il più grosso dei quattro mi
tirò un calcio allo stomaco, provocandomi non poco
fastidio. Ero quasi tentato di esclamare “beh, non sarà
questo rovinarmi la giornata”, ma anche il più basso dei
quattro mi tirò un calcio, convincendomi che il mio
ottimismo era decisamente fuori luogo. Quello che
sembrava essere il capo, si diresse ad uno sportello,
intimando all’impiegato “è inutile che vi nascondete
dietro i vetri e cercate di chiamare la polizia o di far
suonare l’allarme, abbiamo disattivato tutto, persino i
vostri cellulari! L’unico modo per salvare i vostri amati
clienti è darci tutti i soldi che avete, e presto!” concluse il
malvivente. “Ma, si calmi per favore, noi, non
possiamo…” rispose mestamente l’impiegato. “Se non
riempi subito i nostri borsoni con tutti i dannati euro che
avete, uccideremo tutti gli ostaggi! E per provare che
non scherzo, ora ne farò fuori uno, subito!” Ora, credo
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che chiunque al mio posto avrebbe perso ogni spunto di
ottimismo, pur volendo invocare tutti gli dei possibili e
immaginabili, pur volendo porre fiducia nella mera
casualità o in un freddo calcolo statistico, penso che
chiunque al mio posto avrebbe pensato – anche perché
mi avevano già quasi ammazzato a calci – “ecco, ora
tocca a me. Finiranno il lavoro.”
Mentre questi pessimistici pensieri frullavano nella mia
mente, beeeng! Uno sparo, e un uomo cadde a terra,
morto. Solo in quel momento mi resi veramente conto di
quante persone erano lì con me. Eravamo in quattordici,
tredici, uno era andato. Undici uomini e due donne, una
delle quali abbastanza anziana. Tutti gridavano, il panico
diventò incontrollabile, o meglio, stava per diventare
incontrollabile, ma si sa, sparare in aria funziona sempre.
Tornato il silenzio, gli impiegati cominciarono a riempire
le borse con i soldi, mentre tre rapinatori ci tenevano
sotto tiro.
L’anziana signora si accasciò a terra, svenuta. Il più
grosso di loro, quello che aveva lucidato la sua scarpa con
la mia pancia, si avvicinò alla donna, scostando
bruscamente un signore che stava prestandole soccorso.
“Chi ti ha chiesto niente!? Sei un fottuto medico tu!?”
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chiese il furfante puntando il mitra alla testa del
pover’uomo. “Effettivamente sono un medico, potrei
aiutare la signora, se lei mi concedesse di farlo…” rispose
l’uomo, con il terrore negli occhi.
“No! Lascia pure che crepi! Non mi frega un cazzo!”
esclamò il degenerato, mostrandosi privo di compassione
e smentendo la formula cinematografica che vuole
almeno uno dei cattivi, un po’ meno cattivo degli altri. Di
fatti, nessuno della banda obiettò a tale esclamazione e al
contrario,
cominciarono
a
sghignazzare
divertiti
osservando la signora che agonizzava sul pavimento.
“Ok, siamo tutti morti, non ci lasceranno andare, ci
fanno fuori!” pensai. Ma proprio in quel momento, di
scatto si alzò da terra l’uomo morto che disse “stop!
Cazzo, avevo detto, controllate che non ci siano vecchi!
Forza, aiutiamo la signora!”
Tra lo sconcerto generale, i rapinatori gettarono i mitra,
si tolsero i passamontagna e corsero in soccorso
dell’anziana donna. Uno di loro, il più grosso e cattivo,
quello che aveva lasciato l’impronta del suo 54 di piede
sul mio stomaco, esclamò impaurito “porca troia, ci hai
detto tu di essere convincenti e cattivi!” “Sì, ma avevo
detto pure niente vecchi!” rispose il morto, con ancora il
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sangue che gli gocciolava dalla testa. Poi rivolgendosi a
me disse “hey, lei, chiami un’ambulanza, cosa aspetta!?
Vuole che la vecchia schiatti!?”
Un esperimento! Capite!? Un dannato esperimento!
Commissionato da psicologi e sociologi americani, per
uno studio sul comportamento degli individui “comuni”
in situazioni “estreme”. Per ben un’ora, di quella che
doveva essere la mia giornata di libertà, fui trattato come
una cavia.
I rapitori erano attori, ed il morto era il regista. “Signori,
calma, verrete risarciti per i danni morali, state
tranquilli…” sentenziò il regista resuscitato. “… E fisici!”
aggiunsi io.
Dopo un’altra mezz’oretta di spiegazioni, colluttazioni,
svenimenti post trauma e viavai di paramedici, decisi che
era mio diritto non perdere ciò che restava della mia
giornata vacanziera; avrei avuto tutto il tempo di far
sfogare lo stress post traumatico, con calma, il giorno
seguente.
Dopo l’ennesimo vaffanculo agli organizzatori di quella
farsa fin troppo reale per il mio stomaco, uscii dalla banca
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e pensando “ora devo divertirmi un po’”, svoltai l’angolo
che conduceva al garage dove avevo l’auto e… “ciao cara!
Come va tesoro?”
Sì, mia moglie, incrociai mia moglie. Mi guardò
sbigottita, e per un attimo pensai che era troppo
sconvolta per dire qualcosa ma, mi sbagliavo “e la tua
missione importante? Eh, brutto figlio di…” esordì la mia
dolce metà infuriata. “Ma cara, la mia missione si è
appena conclusa… sì, sì, chiedi in banca, ero lì fino a
poco fa, dovevo recitare per un’importante esperimento
americano.” risposi abbozzando una scalata di specchi
olimpionica. “Ah sì? Già, dimenticavo che gli ingegneri
elettronici hanno doti nascoste che nemmeno l’Actors
Studio può insegnare!” ribatté lei.
Le spiegai l’accaduto; la finta rapina, i finti rapinatori e il
caos generale. Aggiunsi soltanto un particolare differente,
mi spacciai per uno degli attori, un finto cliente. “Ma
tesoro mio, ti giuro, mi hanno chiesto di farlo… pensa,
gli attori erano così bravi che mi hanno preso a calci sul
serio!”
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La mia metà sembrò calmarsi, mi guardò quasi
preoccupata, poi esclamò “vedrai cosa ti farò io a casa!
Stronzo!” Era solo la quiete prima della dannata
tempesta!
Tornando a casa sconfitto pensai “questo sì, che rovina la
mia fottuta giornata di vacanza!”
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Biografia
Ciro Abbate, nato a Villaricca il 28 agosto 1985, cresciuto
a Giugliano in Campania (NA)
in una famiglia
(potenzialmente) benestante, scrive le sue prime poesie a
diciassette anni e partecipa, negli anni che seguono, a
numerosi concorsi dai quali ottiene varie pubblicazioni.
Studia poco e male, arrivando al conseguimento del
diploma come Tecnico delle industrie elettriche, dopo
una travagliata (per colpa sua all’80%) carriera scolastica.
Nel 2007 edita la sua prima raccolta poetica dal titolo “Le
Perle Nere”, iniziando così la sua silenziosa carriera da
scrittore… registrando numerosi consensi, sorrisi e
pacche sulle spalle, da amici, parenti e beneauguranti.
All’inizio del 2013 pubblica “La carezza delle ombre”,
raccolta poetico – fotografica; opera che racchiude un
lungo percorso psicologico su se stesso e il mondo che lo
circonda.
Sempre nel 2013 pubblica in formato ebook “ParaNormal
– Sweet Family”, racconto comico a tratti satirico.
Giornalista pubblicista dal 2009, pianista improvvisato,
fotografo senza più macchina fotografica e persona molto
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incline all’ironia e all’autoironia (date le circostanze).
Ci sarebbe molto altro da raccontare, dall’infanzia alla
prima poesia; dal primo libro a quest’ultimo… ma, questa
pagina ha lo scopo di informare, non di traumatizzare,
quindi le info in essa poste, sono state considerate
sufficienti (ordini dall’alto).
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Bibliografia
Poesia “Piccola luce” - Selezionata tra le migliori per il
Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni 2007 e
pubblicata all’interno dell’opera CONFINESENZAFINE,
Cartman Edizioni, maggio 2007;
Raccolta poetica “Le Perle Nere. Poesie e pensieri” Libro edito da AbbìAbbè Edizioni, settembre 2007;
Poesia “Desaparecidos” - Selezionata tra le migliori per
il Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni 2008
e pubblicata all’interno dell’opera SAREBBEBELLO,
Cartman Edizioni, maggio 2008;
Poesia “Senno perduto” - Selezionata tra le migliori per
la raccolta annuale Nuove Voci Edizione Il Filo e
pubblicata all’interno dell’antologia poetica NAVIGANDO
NELLE PAROLE VOL. 27, Edizione Il Filo, luglio 2008;
Poesia “Rosa d’inverno” - Selezionata tra le migliori
per il Concorso letterario fotografico Cartman Edizioni
2009 e pubblicata all’interno dell’opera MIOTUOSUO,
Cartman Edizioni, maggio 2009;
Poesia “La carezza delle ombre” - Selezionata tra le
migliori per il Concorso letterario fotografico Cartman
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Edizioni
2010
e
pubblicata
all’interno
dell’opera
RICORDATIDIME, Cartman Edizioni, maggio 2010;
Poesia “Come nel vuoto” - Selezionata tra le migliori
per il Concorso di poesia Il Federiciano Aletti Editore
2011 e pubblicata all’interno dell’opera IL FEDERICIANO
Libro blu, Aletti Editore, dicembre 2011.
Raccolta poetica “La carezza delle ombre” – Photocity
Edizioni, febbraio 2013.
Racconto satirico in formato ebook “ParaNormal –
Sweet Family” – Lulu edizioni, ottobre 2013.
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Contatti
lacarezzadelleombre.wordpress.com
[email protected]
ciroabbate22
artegenica
ciroabbate
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Ciro Abbate
Tutti i diritti riservati
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