Stampare - Paix Liturgique

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Stampare - Paix Liturgique
Paix Liturgique
Il Centro Saint-Paul o come la tradizione può aiutare la nuova
evangelizzazione.
Lettera 33
Dal 2005, un vecchio laboratorio del Sentier, fa da sede tanto improbabile quanto feconda per un'interessante
esperienza della tradizione al servizio dell'evangelizzazione. Più precisamente, di ciò che Benedetto XVI stesso
ha definito come la "nuova evangelizzazione", quella chiamata a risvegliare la fede delle vecchie nazioni
cattoliche. All'origine di questo progetto c'è padre Guillaume de Tanoüarn, un sacerdote atipico proveniente
dalle fila della Fraternità San Pio X.
I - Un ritratto del Centro Saint-Paul
Incontriamo padre de Tanoüarn una mattina a Parigi, di fronte al caffè du Croissant dove fu assassinato Jean Jaurès,
all'uscita della sua messa quotidiana in compagnia di uno dei suoi fedeli. Beninteso, noi conosciamo bene questo
sacerdote e abbiamo seguito con interesse il suo percorso teologico e filosofico. Non abbiamo però mai realmente
osservato con sufficiente attenzione l'apostolato che da 7 anni, da quando ha lasciato la Fraternità San Pio X, porta
avanti presso il Centro Saint-Paul (CSP).
Sappiamo che nel 2006 è stato fra i fondatori dell'Istituto del Buon Pastore (IBP), istituto Ecclesia Dei fortemente
voluto dal Cardinale Castrillón per accogliere i sacerdoti della Fraternità desiderosi di rientrare in piena comunione
con Roma. Sappiamo inoltre che l'IBP è una giovane realtà composita, soggetta di fatto a numerosi sussulti e crisi di
crescita, e recentemente oggetto di una visita canonica condotta da Monsignor Ricard, Cardinale arcivescovo di
Bordeaux. L'idea di Paix Liturgique non è però quella di prendere posizione negli affari interni di comunità religiose
amiche. Quello che oggi cerchiamo di fare è di comprendere l'azione portata avanti dal Centro Saint-Paul, misurarne
l'ampiezza e capire come si inscrive nel contesto diocesano parigino che sappiamo fino a che punto sia normalmente
chiuso all'esperienza della tradizione.
Innanzitutto, "Perché Saint-Paul", domandiamo a padre de Tanoüarn:
"Come prima cosa perché San Paolo è il missionario per eccellenza ed io volevo proprio aprire un centro a vocazione
missionaria; non bisogna contentarsi di un pubblico con il marchio tradì, che è peraltro sempre meno militante,
occorre andare a cercare nuove risorse fuori dai soliti ambienti.
Poi perché io sono particolarmente sensibile ad una teologia che è quella di San Paolo, di Sant'Agostino e di Pascal,
teologia fondata sul peccato originale e sulla grazia santificante (Rm5-8); teologia della salvezza che oggi non si
predica più per paura di svuotare le chiese.
Infine perché in San Paolo non c'è una spiritualità particolare, ma l'universalità dei principi."
La vocazione missionaria del Centro Saint-Paul è espressa in primo luogo dalla sua ubicazione. Si trova infatti
in rue Saint-Joseph, nel cuore di Sentier: un quartiere molto movimentato durante la settimana, e dunque con una
buona apertura sul mondo del lavoro, e sufficientemente bel servito dai mezzi pubblici, il che permette ai fedeli di
avvicinarsi facilmente anche la domenica. Un luogo poi abbastanza lontano dal quartiere Latino per non fare
concorrenza a Saint-Nicolas-du-Chardonnet di cui padre de Tanoüarn è stato viceparroco per dieci anni.
Il Centro Saint-Paul si sviluppa sui 4 piani un po' angusti di un edificio in rue Saint-Joseph, una delle strade
caratteristiche del quartiere di Sentier, dove l'attività di commercio di stoffe in declino ha liberato da una decina
d'anni molti locali a buon mercato ma spesso un po' fatiscenti. Il CSP, per il quale l'affitto è pagato dalla generosità
dei fedeli, è uno di questi.
Al livello della strada c'è la cappella che è in una grande sala caratterizzata da grossi pilastri che non favoriscono la
visibilità dell'altare da parte dei fedeli e da una scala moderna che si eleva sulla sinistra per l'accesso a piani
superiori. Al primo piano ci sono le sale del coro e gli uffici dei sacerdoti. Al secondo, gli alloggi. Il piano interrato,
anch'esso accessibile dalla cappella, è il livello delle cantine, che sono belle ma sono pur sempre delle cantine,
destinate in parte a magazzino e in parte ai momenti di convivialità del centro.
Dalle tre messe domenicali del 2005 il CSP è ormai passato a cinque celebrazioni (alle 9, 10, 11, 12 e 30 e alle
19) assicurate da due o tre sacerdoti, visto che padre de Tanoüarn può contare normalmente sull'assistenza di un
confratello, e, di volta in volta, sull'aiuto di sacerdoti di passaggio. Risultato: ogni domenica il centro attira circa 250
fedeli con un forte tasso di rinnovamento. Durante la settimana vengono invece proposte due messe.
A questo programma liturgico che è abbastanza fitto per una struttura del genere vanno aggiunti i veri elementi di
originalità del centro: la catechesi, orientata in particolare verso il battesimo degli adulti; le conferenze e i dibattiti sui
temi più svariati; i corsi e i servizi destinati a favorire l'integrazione sociale dei partecipanti. Un gran numero dei
frequentatori del centro sono in effetti lo specchio della popolazione media parigina: celibi o persone isolate.
"Con le nostre conferenze, i corsi di recupero e di inserimento professionale, cerchiamo di aiutare le persone, in
particolare i lavoratori isolati, a conoscere la tradizione sociale della Chiesa" spiega il sacerdote. Offrire a chiunque la
possibilità di accostarsi alla messa quotidiana, alla spiritualità e alla cultura cattolica, ecco in poche parole la sfida
lanciata da sette anni in questi locali, a prima vista un po' improbabili, della rue Saint-Joseph.
All'uscita dalla visita del Centro il pensiero immediato di tutti si è manifestato nelle parole di Willy, il fedele che
accompagna il nostro sacerdote: "Il posto è piccolo e scomodo. E pensare che tante cappelle a Parigi sono vuote..."
Parliamo di Willy. La sua storia è emblematica dell'opera del Centro Saint-Paul. Parigino di faubourg Saint-Antoine,
è un giovane cattolico a dispetto dei suoi 80 anni. E' stato in effetti battezzato solo nel 2009, a Pasqua, ovviamente
presso il Centro. Una conversione che vogliamo approfondire e che Willy ci racconta con semplicità: "Ho degli amici
in Provenza, non lontano da Le Barroux, che mangiano "ordinariamente" un pane davvero straordinario. Ogni volta
che a casa loro ho avuto modo di esprimere il mio apprezzamento la risposta è stata che sono dei monaci della zona a
farlo, e poi: "fanno il pane buono ma sono pessimi sacerdoti". Capendo che il rimprovero era dovuto al fatto di essere
troppo tradizionali, questo pian piano ha aguzzato la mia curiosità e mi ha portato a scoprire Le Barroux. Ho fatto lì
un primo ritiro al quale ne è seguito un altro finché ho manifestato ai monaci il mio desiderio di essere battezzato.
Sono stati loro ad indicarmi l'esistenza del Centro Saint-Paul.
Per Willy, che non aveva alcuna nozione della liturgia cattolica, il culto tradizionale è stato immediatamente
evidente, tanto gli pareva "giusto". Passando poi dall'atmosfera protetta di Le Barroux alle scomodità del Centro
Saint-Paul, confessa di aver provato "una certa collera scoprendo le condizioni del culto". Fino a convincersi che si
trattava, né più né meno, che "della miseria che accompagnava la nascita di Cristo nella grotta a Betlemme". Senza
farsi illusioni sull'eventuale presa in carico del destino del CSP da parte delle autorità ecclesiastiche parigine,
Willy si augura che la diocesi accordi almeno un minimo di attenzione fraterna ai suoi fedeli e ai suoi
sacerdoti, perché, ai suoi occhi, non c'è alcun dubbio che ci sarebbero "ancora più fedeli se il luogo di culto
fosse più appropriato".
A questo punto, Willy raggiunge padre de Tanoüarn che ci confida di aver chiesto all'arcivescovo la disponibilità per
avere un ritaglio di orario in una chiesa la domenica sera per poter celebrare e fare attività di evangelizzazione.
Precisando poi che il Motu Proprio ha dato l'avvio a un cambio di atteggiamento del clero diocesano, ci assicura che
alcuni sacerdoti parigini sarebbero pronti ad offrire uno spazio al Centro Saint-Paul se fossero sicuri di non suscitare
l'ira del vescovo. Per illustrare l'evoluzione delle relazioni fra il clero legato al Summorum Pontificum e il clero
episcopale ci racconta inoltre che la celebrazione di specifiche liturgie tradizionali in occasione di battesimi, messe
per ricorrenze particolari o matrimoni, non pone più problemi nelle parrocchie se non in casi davvero rari.
Da parte sua padre de Tanoüarn non ha alcuna difficoltà a dimostrare la sua comunione con il vescovo e la fedeltà a
Benedetto XVI partecipando, dal 2007, alla messa crismale: "Il papa ci ha mostrato il quadro teologico di una vera
pace nella Chiesa. Bisogna essere fedeli a questo quadro senza imbrogliare", spiega. Solo un impegno sincero e
umile, che non vuol dire affatto naïf e sottomesso, contribuirà, secondo lui, a "inventare un seguito per il
tradizionalismo militante" per far nascere "i tradizionalisti della nuova evangelizzazione". "Il nostro desiderio, la
nostra sfida", conclude, "è quella di mostrare che la liturgia tradizionale è missionaria e può essere utile per la
rievangelizzazione".
II - Le riflessioni di Paix Liturgique
1) Nella storia del Centro Saint-Paul c'è una coincidenza che il suo fondatore non manca di sottolineare: il Centro è
nato simultaneamente al pontificato di Benedetto XVI. Nel sermone della messa inaugurale del centro, il 1° maggio
2005, festa di San Giuseppe Artigiano, padre de Tanoüarn aveva definito questa concomitanza un "segno della
Provvidenza che si manifesta". Un papa chiamato Giuseppe, una cappella in rue Saint-Joseph, sotto la protezione di
San Giuseppe e inaugurata in un giorno dedicato a San Giuseppe...si, la Provvidenza le cose le fa proprio bene. Le fa
così bene che è precisamente a San Paolo che il nuovo papa dedicherà il primo degli anni giubilari del suo
pontificato!
2) Incontestabilmente, la sorte del Centro Saint-Paul testimonia la mancanza di generosità con la quale sono trattati a
Parigi, ma non solo, i fedeli e i sacerdoti che ritornano in comunione con Roma. In questi tempi di riconciliazione fra
Roma ed Écône, cosa che ci da una grande gioia, è utile ricordare ai nostri pastori il primo dei loro doveri: la carità
verso le anime che gli sono affidate.
3) Per spiegare, nel primo sermone pronunciato presso il Centro Saint-Paul, la doppia protezione di San
Giuseppe, il custode della Parola, e di San Paolo, l'evangelizzatore, padre de Tanoüarn ha pronunciato questa
frase: "Non ci può essere diffusione senza conservazione, sennò ci inganniamo da soli". Un criterio che si può
applicare perfettamente al pontificato di Benedetto XVI...
4) Mentre alcuni prelati francesi, a cominciare dal cardinale di Parigi, continuano a classificare i fedeli secondo il
loro colore liturgico o politico, bisogna plaudire al coraggio di padre de Tanoüarn di proporre contemporaneamente
un approccio spirituale, culturale e liturgico della Fede. D'altra parte un fedele del CSP definisce il Centro Saint-Paul
come "un luogo di salvaguardia della libertà di spirito. E' anche un luogo di carità in cui, alla fine, i tradì non
brandiscono il loro vessillo con odio né insultano o bandiscono la presenza di alcuno. E' perché molti hanno trovato
qui la LORO casa, un luogo in cui hanno il diritto di PENSARE senza tutti i diktat modernisti... o integralisti."