Nota per Osservatorio - Dipartimento di Scienze Politiche

Transcript

Nota per Osservatorio - Dipartimento di Scienze Politiche
No alla valutazione equitativa del danno se gli elementi di fatto sono verificabili
Consiglio di Stato, Sez. III, 2 dicembre 2011, n. 6369
di Luigi Prosperetti, Ordinario di Politica Economica, Facoltà di Giurisprudenza,
Università degli Studi di Milano
La controversia decisa dal Consiglio di Stato riguardava la domanda di risarcimento
proposta da Italfarmaco contro il Ministero della Salute, in relazione alla classifcazione
illegittima di alcuni farmaci tra quelli aventi copertura brevettuale solo di protezione. I
farmaci, difatti, benefciavano di un brevetto sul principio attivo e dunque
rappresentavano medicinali innovativi, non sostituibili secondo il regime dei c.d. farmaci
generici.
La società farmaceutica aveva chiesto al Tar il risarcimento del danno derivante dalla
perdita di fatturato e del danno all’immagine. Il Tar aveva riconosciuto entrambe le voci
applicando, in mancanza di criteri per la quantifcazione esatta, la valutazione equitativa.
Il Consiglio di Stato ha confermato i passaggi principali della sentenza ritenendo tuttavia
sproporzionata la quantifcazione equitativa della sentenza di primo grado. Le voci di
danno sono state così confermate ma ne è stata ridotta sensibilmente l’entità. Ciò, anche
in ragione della condotta processuale della ricorrente che, secondo il giudice di appello,
avrebbe contribuito all’entità del pregiudizio lamentato.
Letta da un punto di vista economico, la sentenza presenta vari motivi di interesse; prima
di esaminarli vale però la pena di ricordare quali sono gli effetti che derivano in capo al
titolare di un brevetto di una specialità farmaceutica, da una cessazione anticipata di tale
diritto esclusivo, per l'entrata anticipata di un produttore di farmaci generici, o, come nel
caso in esame, per la sua errata esclusione dall'elenco dei farmaci coperti da brevetto.
In questi casi, è evidente che si registra una perdita di fatturato, e che si può registrare un
danno di immagine; vi è però almeno un'altra voce di danno che viene frequentemente
ignorata, e, come vedremo, anche meglio distinguendo nella perdita di fatturato gli effetti
derivanti dalla riduzione dei prezzi da quelli derivanti dalla riduzione dei volumi, porta ad
una maggior chiarezza sul quantum del danno.
Da un punto di vista economico, questo può essere articolato in quattro principali voci:
a. il lucro cessante derivanti dai prezzi più bassi che conseguono all'entrata del produttore
generico, dato che il servizio sanitario nazionale rimborsa, in tali casi, soltanto il prezzo
del farmaco avente il prezzo più basso tra quelli equivalenti;
b. il lucro cessante derivante dai volumi più bassi, dato che una parte delle vendite
dell'originatore saranno sostituite da quelle dei produttori di farmaci generici, che ad esso
naturalmente faranno concorrenza;
c. un danno emergente, derivante dall'evidente fatto che, se il titolare del brevetto aveva
previsto di recuperare i costi fssi sostenuti per la ricerca e lo sviluppo del farmaco,
nonché i costi di investimento per la sua produzione, su un arco temporale che
1
coincideva con la durata della privativa, con la cessazione anticipata di questa non potrà
recuperare questi costi, che però dovrà egualmente spesare;
d. un danno d'immagine, perché naturalmente la reputazione, presso i medici e presso i
pazienti, delle case farmaceutiche è legata all'innovatività dei propri farmaci, e la loro
sostituzione da parte di prodotti generici prima della scadenza del brevetto certamente
ingenera confusione.
La sentenza riconosce congiuntamente la prima e la seconda voce di danno, e dunque la
perdita di fatturato, e giustamente rileva come questa sia "in re ipsa", ma condivide
l'orientamento del Tar che aveva ritenuto l'ammontare di tale danno di "entità non
defnibile", nonostante la ricorrente avesse presentato tabelle di fonte IMS Health, e la
relazione di un perito. Non ritenendo che la ricorrente avesse però provato il prezzo di
vendita nel periodo precedente all'erronea esclusione del farmaco, né le quantità vendute
nel quadriennio in cui il farmaco era stato erroneamente escluso, ed osservando, per
quanto obliquamente, che in parte "la perdita di fatturato fosse riconducibile alla riduzione
del prezzo della Calciparina volontariamente deciso dalla ricorrente" il Collegio ripiegava
su una valutazione equitativa, rilevando come "non è facilmente calcolabile quanto sulla
diminuzione del fatturato abbiano infuito anche futtuazioni di mercato, collegate tra
l'altro le prescrizioni dei medici curanti, le preferenze dei pazienti, oppure alla diffusione di
nuove farmaci brevettati”;
Non è possibile valutare a fondo questa decisione, non conoscendo naturalmente quanto
era stato allegato e provato dalla ricorrente Italfarmaco, tuttavia la decisione non appare
corretta, dal punto di vista economico, per due principali motivi:
- trattandosi di specialità medicinali sofsticate e coperte da brevetto, per le quali non
appena rimosse erroneamente dall'elenco dei farmaci coperti da brevetto si era registrato
l'ingresso di un genericista, non appare corretto presumere come la riduzione del
fatturato fosse attribuibile ad un complesso di eventi esterni (il mercato, i medici curanti, i
pazienti, la diffusione di nuovi farmaci). La presunzione deve semmai essere in senso
opposto: se, al cadere del brevetto, i genericisti ne avviano la produzione, il farmaco non
poteva essere agevolmente sostituito (né dai medici, né dai pazienti, né dai concorrenti)
con altri farmaci. Pertanto, la perdita di fatturato da attribuirsi alla riduzione dei volumi,
poteva presumersi essere causata dall'erronea esclusione, tranne naturalmente prova
contraria;
- non è corretto ritenere, come sembra fare il Collegio, che la parte di riduzione del
fatturato derivante dalla riduzione del prezzo del farmaco decisa dalla ricorrente, debba
essere ad essa stessa attribuita: naturalmente, dopo l'erronea esclusione, la ricorrente
avrebbe visto rapidamente azzerate le proprie vendite, qualora non avesse pareggiato il
proprio prezzo a quello dei genericisti; come abbiamo visto questa è proprio la prima
voce del danno che abbiamo sopra discusso; ancora, la presunzione deve essere che la
riduzione del prezzo è interamente da attribuirsi all'evento dannoso.
2
Dal punto di vista sostanziale, non paiono assolutamente ricorrere i motivi per una
valutazione equitativa del danno, anche tenendo conto del fatto che la ricorrente aveva
allegato dati di fonte IMS Health, i quali normalmente consentono un'analisi molto
dettagliata delle quantità, dei prezzi unitari, e dei fatturati, praticamente per la totalità dei
farmaci. Contrariamente a molti altri settori, quello farmaceutico presenta una dovizia,
anziché una scarsità, di informazioni relative alle vendite, e quindi il ricorso ad una
valutazione equitativa dovrebbe qui essere davvero considerata come extrema ratio.
Non è peraltro valutabile, non conoscendo quanto prospettato dalla ricorrente, valutare il
danno liquidato per la perdita di immagine, che è in generale da ritenersi funzione della
diffusione del farmaco, e del periodo in cui esso è stato venduto, nonché dell'importanza
del farmaco per l'immagine complessiva del titolare dell'esclusiva: in generale, il primo
fattore, di natura oggettiva, può ritenersi correlato al fatturato cumulato del farmaco,
mentre secondo, quello soggettivo, dalla quota che le vendite del farmaco rivestivano,
prima dell'evento dannoso, sul fatturato complessivo del produttore.
Da ultimo, si può osservare, ma probabilmente tale danno non era stato chiesto dalla
ricorrente, la perdita degli ammortamenti, che sopra abbiamo brevemente illustrato:
questa componente del danno non viene frequentemente considerata, ma in alcuni casi
può essere certamente rilevante.
3