La gallina dalle uova d`oro- 2

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La gallina dalle uova d`oro- 2
La gallina dalle uova d'oro- 2
Scritto da Franco Di Antonio
ovvero: quando l’Alitalia comprava gli aerei
(seconda parte – alcune riflessioni)
Quanto detto finora sembrerebbe normale, eccezion fatta per la vittoriosa resistenza della
dirigenza Alitalia alle pressioni politiche favorevoli al Bac 1-11, nel lontano 1965... in verità il
diavolo si nasconde nei dettagli.
Innanzitutto bisogna dire che i migliori aerei vengono tenuti nelle flotte anche 30 anni (i DC-9
per Alitalia, il B-727 per molte compagnie americane per fare qualche esempio) e che
comunque una nuova flotta di aerei ha un ammortamento medio di circa 15 anni. Non è quindi
economicamente conveniente tenere in flotta un aereo per tempi inferiori; inoltre, per realizzare
un'economia di scala su tutti i costi accessori, occorre avere in flotta almeno 11 aerei dello
stesso tipoTorniamo perciò ai primi anni 70: appena arrivati 5 B-747 nella versione con i motori PW (i
motori sono una parte importante del costo di un aereo e la loro scelta per le implicazioni
tecniche e politiche è molto simile a quella degli aerei stessi) si decide, nel 1973, di acquisire 8
esemplari del DC-10 (saranno in servizio con ALITALIA tra 1973 ed il 1985), e sul finire degli
anni '70 la nostra compagnia di bandiera sembrava intenzionata a standardizzare la flotta di
lungo raggio sul modello McDonnel Douglas con motori GE (il mitico CF-6). Così un ordine per
ulteriori 6 esemplari era stato pianificato per sostituire i 5 B.747 di prima generazione con motori
PW allora in linea,
Ma nel 1979 si ribalta la tendenza, e cogliendo il pretesto di diversi incidenti occorsi al trigetto
MDD nei primi anni del suo servizio, Alitalia ordinò 13 esemplari di seconda generazione di
B.747 con motori GE CF-6 per sostituire sia i primi 5 Jumbo Jet che i DC-10. I trireattori furono
quindi restituiti a Douglas al ricevimento dei nuovi B.747 e successivamente rivenduti ad altri
vettori (Eastern, Continental, Finnair, Aeromexico, PIA).
E’ utile ricordare che due esemplari acquistati da Eastern furono trovati in così buone condizioni
che la compagnia stentò a credere che fossero usati, tanto che venne dato un premio ai reparti
di manutenzione di Alitalia per l’incredibile lavoro svolto. Questo favore non fu restituito quando,
tempo dopo, Alitalia acquistò degli A-300 usati dalla compagnia americana, anzi ci volle molto
tempo e molte spese per mettere al livello dello standard Alitalia gli aerei ormai esausti che ci
vennero venduti.
Comunque sia, i B-747 di prima generazione e i DC-10 rimasero in flotta meno di dieci anni. Va
sottolineato che questa offerta “prendere o lasciare” col ritiro dei vecchi aerei al prezzo di 140
milioni di dollari fatta da Boeing ad Alitalia non fu mai nemmeno accennata a compagnie come
Lufthansa o Singapore Airlines quando aggiornarono la loro flotta di Jumbo jet.
Alitalia, sino ad allora tradizionale cliente Douglas, fu poi tra i clienti di lancio del successore
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MD-11 del quale 8 esemplari furono in linea sui collegamenti a lungo raggio. Finché in epoca
recente per tentare di arginare i buchi di bilancio tre di essi furono svenduti a Lufthansa.
Ma l’operazione DC-10/B-747 non fu l’unica di quegli anni sulla flotta, c’era anche la necessità
di espandere l’attività sulle rotte europee e mediterranee dove il DC-9 aveva problemi sia di
capacità che di autonomia. Ci si orientò quindi su di un altro valido aereo Boeing, tanto valido
da essere soprannominato “the money maker”. Nel 1976 entra in linea un altro trireattore, il
Boeing B-727 per il corto-medio raggio (uscirà nel 1984) equipaggiato con gli stessi motori dei
DC-9. Questa scelta già depotenziò il programma essendo quel tipo di motori non esattamente
l’ideale per il tipo di attività prevista, ma si disse che le economie di scala avrebbero
compensato i limiti posti dalla scelta.
Quattro anni dopo si integra il reparto medio raggio con un velivolo a grande capacità, unico nel
suo genere di costruzione europea: l’Airbus A-300 equipaggiato sempre con i motori GE CF-6.
Tra acquisti diretti e sul mercato dell’usato entreranno in flotta 14 aerei del tipo, e resteranno in
Alitalia sino al 1997.
Intanto il programma per il B-727 va avanti per raggiungere la quota prevista di 21 macchine,
ma le ultime due non entreranno mai in linea di volo e saranno rivendute sul mercato come
aerei usati! Dieci anni dopo, affittati da Boeing, ancora si aggiravano per gli States aerei con la
livrea Alitalia. Questa frettolosa conclusione del programma B-727 si ebbe grazie alla visita
presso gli stabilimenti di Long Beach della Douglas di un presidente del consiglio dell’epoca che
pare riportasse in dono alla compagnia un nuovo programma: l’MD-80. Questo aereo era
un’evoluzione del DC-9 debitamente allungata e con motori potenziati ed aggiornati alle norme
anti-rumore e sull’inquinamento da idrocarburi, oltre ad una innovativa strumentazione
elettronica.
Il programma che prevedeva, come per il DC-9, corposi ritorni sotto forma di commesse
industriali, si sviluppò sino a raggiungere i cento aerei, all’epoca la flotta di MD-80 più numerosa
al mondo. La conclusione tanto repentina del programma B-727 non fu certo un successo
commerciale, ma ancora peggiore fu la sorte degli Airbus A-300 quando si decise di farli uscire
dal servizio operativo nel 1997. Vennero parcheggiati nei prati antistanti gli hangar di
manutenzione dell’Alitalia a Fiumicino, finché a causa di un incidente avvenuto a New York non
si scoprì che alcuni pezzi trafugati da quegli aerei erano stati venduti sul mercato internazionale
dei pezzi di ricambio.
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Alla fine gli aerei vennero demoliti, e poco prima del fallimento della compagnia rischiarono la
stessa fine gli MD-11 che furono messi nei prati per quasi un anno, fino a che una
provvidenziale interpellanza parlamentare non li salvò dalla demolizione e salvando al tempo
stesso l'azienda dall’ennesimo, irreversibile danno ai suoi beni.
Ma il tourbillon di acquisti e cessioni non si limitò a questo. Quasi dimenticato l’acquisto dei
Fokker 70 per il corto raggio, mai entrato in servizio anche a causa del fallimento della casa
costruttrice. Oppure il disastroso lancio del velivolo regionale brasiliano Embraer E-145, oggi
desolatamente in vendita senza acquirenti. Oppure ancora, il tentativo di acquisto del B-747
nella versione aggiornata “-400” che aveva visto già l’acquisizione del materiale di supporto e
l’addestramento di molto personale, salvo poi decidere di abbandonare la scelta.
Altri acquisti che poi porteranno a passivi insostenibili riguardano anche compagnie aeree e
aziende aeroportuali e di revisione. Negli anni si assiste all’acquisto di Aermediterranea,
Avianova, Eurofly, Malev, Volare, Gandalf, ed al contemporaneo affitto di attività ad una miriade
di aziende tra le quali Azzurra, Atlas, Air Alps, Alpi Eagles ecc. Stessa cosa avviene a terra con
l’acquisizione di Atitech per le manutenzioni degli MD-80, la costituzione di Alitalia Airport (i
maligni diranno che serviva alleggerire AdR prima della privatizzazione) e l’affidamento delle
lavorazioni amministrative e tecniche ad una miriade di aziende esterne.
Così con le uova d’oro dell’Alitalia ci fecero delle robuste frittate, poi cucinarono la gallina e si
fecero il brodo con quanto restava... poteva non fallire la “gallina dalle uova d’oro”?
E pensare che l’Italia è l’8° mercato mondiale del trasporto aereo, produce il 12% del suo PIL
tramite il turismo, e Alitalia, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla... speriamo che qualcuno
lo faccia, anche se occorrerebbe un novello Velani!
(28 ottobre 2009)
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