Roma - dall`otto al 30 settembre 2006 Kimono: tradizione e

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Roma - dall`otto al 30 settembre 2006 Kimono: tradizione e
Roma - dall'otto al 30 settembre 2006
Kimono: tradizione e contaminazione
ATELIER GLORIA GOBBI
Via Di Monserrato 43b (00186)
+39 0668135876 (info)
[email protected]
Gli antichi kimono di Gloria Gobbi e le creazioni sartoriali di Chiara Pizzinato
orario: Lun.- Sab. Orario 10.30-13.30 e 16.00-20.00 (Chiuso domenica e lunedì)
(possono variare, verificare sempre via telefono)
biglietti: ingresso libero
vernissage: 8 settembre 2006. ore 21-24
curatori: Gloria Gobbi
autori: Gloria Gobbi, Chiara Pizzinato
genere: arte antica, arti decorative e industriali
comunicato stampa
Oggi si azzardano le contaminazioni: il vintage di provenienza giapponese si presta a dare un tocco
di esotismo al look. Ecco allora che il kimono diventa una sorta di spolverino da indossare sopra il
jeans; l’obi un’alta fascia che esalta e colora il punto vita; l’haori una giacca che avvolge
morbidamente come una mantella. Innegabile la femminilità tramandata ad ogni Geisha Pop
internazionale.
Ai tempi dei Goncourt, invece, e del grande boom del Giapponismo - nella seconda metà del XIX
secolo - quando il kimono faceva capolino nella moda occidentale, pur essendo indumento d’èlite,
veniva usato in casa come una preziosa vestaglia.
Kimono in giapponese vuol dire “cosa da indossare” (ki, indossare; mono, cosa). La tradizione fa
risalire la foggia attuale al periodo Edo (1603-1867): splendidi esempi quelli del Costume Museum
di Kyoto o del Tarata Institute of Japanese Imperial Classical Costume di Tokyo.
Tuttora in Giappone il kimono viene indossato soprattutto nelle occasioni speciali come matrimoni,
nascite e funerali, ma anche per andare a teatro, ad un concerto, al tempio scintoista o partecipare
alla cerimonia del tè. Sono soprattutto le donne - di ogni età - a coltivare questo tipo di tradizione.
A loro il compito di conservare i kimono di famiglia come fossero gioielli, smontandoli dopo averli
lavati e imbastiti per poi conservarli distesi, avvolti nella carta di riso, in un mobile speciale di
legno chiamato tansu.
In questo panorama di intersezioni passato/futuro, tradizione/contaminazione si collocano gli
antichi kimono che Gloria Gobbi colleziona da oltre quindici anni, una trentina di pezzi di cui il più
antico è un kimono da samurai in lino del XVII secolo. Una passione che nasce dall'amore per i
tessuti: nel 1990, in occasione del primo viaggio in Giappone, comprò un kimono da sposa bianco
con le gru ricamate con i fili d'oro. Era colpita dalla bellezza di questo indumento che non osò mai
indossare, ma che teneva appeso alle pareti di casa come un’opera d’arte.
“I motivi decorativi che prediligo sono quasi sempre geometrici. Spesso le fodere degli haori sono
molto più vivaci e decorate dell'esterno. In questo caso il mio consiglio è di rivoltare l'indumento,
indossandolo al contrario.” – spiega Gloria Gobbi – “Il bianco si usa per i matrimoni, come da noi,
ma anche per i defunti. In entrambi i casi il bianco è associato all'idea di cambiamento, di passaggio
ad una nuova vita. Il kimono con cui viene rivestita la salma, però, è incrociato in maniera diversa con il davanti destro sul sinistro - esattamente al contrario di quanto avviene in vita. Le persone che
assistono al funerale, invece, vestono rigorosamente di nero, a seconda del grado di parentela. Il
kimono più formale è di seta ed è dipinto a mano. La tecnica tradizionale utilizzata per la
decorazione si chiama Yu zen: è una pittura a base di alghe e amido. Varie le qualità della seta:
damascata, lucida, shantung, cadì, ecc. Decisamente informali sono i kimono in lino, cotone, lana e
canapa. Ogni famiglia, poi, ha uno stemma - mon - che può essere dipinto, delineato o ricamato. I
mon sono sempre dispari: cinque, tre, uno o nessuno. Il motivo decorativo può essere simmetrico o
asimmetrico, localizzato solo sul bordo inferiore o più esteso, fino a coprire l'intera superficie del
capo. Nei caldi mesi estivi si usa un modello sfoderato in tessuto leggero che si chiama usumono; a
giugno e settembre, l'hitoe, che è sempre sfoderato, ma un po' più pesante; d'inverno, infine, si usa
un modello foderato, l'awase. Insomma per ogni stagione, occasione, età e stato sociale si usa un
determinato modello, disegno o colore. Ad esempio per andare ad un matrimonio si indosserà come buon auspicio - un kimono con i simboli di felicità coniugale: cicogne, farfalle, ventagli, pini,
anatre mandarine.”
Il tessuto è anche il motore dell’arte creativa di Chiara Pizzinato, artista e stilista nata a Treviso nel
1961, la cui formazione include una laurea in Scienze Naturali. Osservare e toccare i tessuti
provenienti da ogni angolo del mondo, cogliendone le peculiarità - nella gamma di diversità - è per
la Pizzinato un momento determinante. Significa accogliere in sè la “voce silenziosa” di fibre e
colori che suggeriscono l’elaborazione del capo, accessorio o indumento, che lei stessa realizza
attraverso associazioni e contaminazioni.
Le fibre che sceglie sono sempre naturali: lana, lino, cotone, seta... Tessuti che suscitano in lei,
attraverso colori e profumi, quelle emozioni e quei ricordi che nascono dalla grande confidenza che
ha con piante e fiori. A beneficiarne è il suo estro creativo che, complice la raffinata abilità
sartoriale, realizza pezzi unici assemblando, di volta in volta, stoffe morbide e grezze, lucide e
opache, in forme e colori sempre studiati nella loro unicità.
Vere e proprie sculture in movimento, i kimono e gli accessori di Chiara Pizzinato che Gloria
Gobbi presenta nella sua vetrina.