Vincenzo Fogliano, Dipartimento di Agraria, Università di Napoli

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Vincenzo Fogliano, Dipartimento di Agraria, Università di Napoli
Ciclo di Conferenze
L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA
NELLA PRODUZIONE DEGLI ALIMENTI
Impatto su qualità e sicurezza
Effetti sulla salute
Importanza di una corretta informazione
FRUTTA E VERDURA: DISPONIBILITA’ CONTROLLATA
TUTTO L’ANNO GRAZIE ALLA TECNOLOGIA
Vincenzo Fogliano, Dipartimento di Agraria, Università di Napoli;
Dipartimento di Sviluppo Prodotti Alimentari, Università di Wageningen (Olanda)
----------------------------------------------------------------------------------Le linee guida nutrizionali suggeriscono un consumo quotidiano di almeno 5 porzioni di vegetali,
suddivise tra verdure e frutta e il più possibile variate nella qualità, seguendo il cosiddetto “principio
dei 5 colori”: bianco, verde, giallo-arancio, rosso, blu-viola. La tecnologia di conservazione degli
alimenti, che ha trovato notevole sviluppo anche in Italia a partire dagli anni Sessanta del secolo
scorso, offre proprio su questo versante indubbi vantaggi.
Il riferimento principale è la surgelazione, un processo rapido che garantisce il mantenimento nel
tempo dei contenuti nutrizionali dei prodotti freschi di partenza, senza che sia necessaria alcuna
trasformazione dell’alimento, o alcuna aggiunta di conservanti.
Il secondo riferimento va fatto alle opportunità di monitoraggio dei prodotti, grazie al cosiddetto
“packaging intelligente”, diretto a segnalare sia la durata della “shelf life”, ovvero dei tempi di
conservazione corretti, sia ogni eventuale rottura della catena del freddo (scongelamenti e
ricongelamenti o comunque T di conservazione non idonee).
Il terzo riferimento va fatto alle coltivazioni in serra che, attualmente, sono la migliore garanzia a
disposizione del consumatore per poter disporre, anche fuori stagione, di frutta e verdura fresche e
nutrizionalmente completi, garantendo anche una ottima sostenibilità dal punto di vista sia ambientale,
sia logistico.
Per quanto riguarda la trasformazione della frutta, vorrei sottolineare la validità nutrizionale da un
lato dei succhi freschi (un esempio per tutti, i succhi di arancia), presenti nel banchi frigo e con data
di scadenza molto breve e, dall’altro, della frutta disidratata, in cui la tecnologia attuale consente di
non utilizzare alcun tipo di conservante e, soprattutto, di zucchero aggiunto.
Un riferimento conclusivo va alla frutta tropicale: anche per questa frutta, ciò che ne determina la
qualità, organolettica e nutrizionale, sono il rispetto dei tempi di maturazione (e quindi di raccolta) e
la corretta conservazione durante il trasporto. Una regola vale per tutte: se la frutta scelta non è
soddisfacente dal punto di vista sensoriale (colore, profumo, sapore), non potrà esserlo neppure sotto
il profilo nutrizionale.
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Intervista a Livia Augustin
Clinical Nutrition and Risk factor Modification Centre, St. Michael’s Hospital. Toronto
(Canada)
----------------------------------------------------------------------------------D.: Quali sono i benefici accertati che derivano dal consumo regolare di frutta e verdura?
R.: Abbiamo dati molto solidi di ampi studi osservazionali, che hanno cioè seguito negli anni gruppi
di popolazione, che dimostrano come il consumo regolare di frutta e verdura si associ a una chiara
protezione nei confronti di malattie croniche, come quelle cardiovascolari, e dai tumori. La
spiegazione viene dall’analisi dei componenti di frutta e verdure. Sappiamo che contengono fibre e
vitamine, ma non soltanto: è elevato anche il contenuto di minerali e di altre sostanze, come le
antocianine, i polifenoli, i flavonoidi e la clorofilla. A tutto questo complesso di molecole si
attribuiscono le attività anti-infiammatorie e antiossidanti, antipertensive, anticolestrolemiche. Sul
versante antitumorale, frutta e verdura agiscono mantenendo l’equilibrio ormonale, promuovendo la
cosiddetta “morte cellulare programmata” (apoptosi) e bloccando la formazione di nuovi vasi (attività
anti-angiogenetica).
D.: Come ottimizzare il consumo di frutta e verdura nella settimana?
R.: È fondamentale seguire le indicazioni, condivise a livello internazionale, che definiscono ottimale
il consumo quotidiano di frutta e verdura, possibilmente raggiungendo le 5 porzioni al giorno (3 di
frutta e 2 di verdura). È altrettanto fondamentale variare il tipo di verdura e di frutta, seguendo proprio
la regola dei 5 colori: bianco (cipolla, porri, aglio, finocchio, funghi, mele ricchi di composti solforati
e polifenoli), verde (broccoli, bieta, spinaci, zucchine, piselli ricchi di clorofilla), giallo-arancio
(carote, mais, peperoni, zucca, albicocche, pesche, agrumi, ricchi di carotenoidi, precursori della
vitamina A), rosso (pomodori, peperoni, ciliegie, anguria, fragole ricchi di licopeni), blu-viola
(melanzane, radicchio, frutti di bosco, ricchi di antocianine). Non soltanto: non vanno dimenticate la
vitamina C, la luteina (protettiva della vista) e poi potassio, magnesio, selenio. Inoltre enzimi digestivi
e altri enzimi che, durante la preparazione delle verdure, promuovono la formazione di molecole di
alto valore protettivo.
D.: È possibile fare qualche esempio?
R.: In broccoli, cavolfiori e, in generale, in tutte le Brassicacee è contenuto un enzima, la mirosinasi,
che promuove la formazione di molecole ad attività antitumorale, sia dal punto di vista preventivo,
sia come miglioramento della prognosi. La mirosinasi è inattivata dal calore (bollitura, frittura), ma
è attivata dal taglio (coltello) e dalla frantumazione (masticazione): il consumo ottimale prevede
perciò il taglio in pezzi adeguati, il riposo per circa 30 minuti e, infine, il passaggio per qualche
minuto al vapore. Il licopene, invece, antiossidante attivo soprattutto come protettore della prostata,
viene assorbito meglio dall’organismo se cotto con un grasso, preferendo a questo punto l’olio d’oliva.
Ecco perché non tutte le verdure devono essere consumate crude, ma è opportuno variare.
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Intervista a Vittorio Gagliardi
Presidente, Istituto Italiano Alimenti Surgelati, Roma
----------------------------------------------------------------------------------D.: Quali sono le caratteristiche della tecnica di surgelamento?
R.: La tecnica del surgelamento è la più recente, tra le metodiche di conservazione degli alimenti.
Negli Stati Uniti venne introdotta 86 anni fa da Clarence Birdseye, mentre qui in Italia fa la sua
comparsa nei primi anni Sessanta del secolo scorso. Com’è noto si basa sul raffreddamento a meno
18 °C (soglia minima) del prodotto di partenza fresco, di buona qualità, sano e in condizioni igieniche
adeguate. La velocità di raffreddamento dev’essere rapida, per ottenere cristalli di ghiaccio di
dimensioni minime, che non interferiscano con l’integrità organolettica e nutrizionale del prodotto.
La temperatura a meno 18°C, per legge, deve essere mantenuta tale per tutta la “vita commerciale”
del prodotto. Sempre per legge, i mezzi criogenici utilizzabili sono soltanto l’aria, l’anidride
carbonica e l’azoto ed è vietata l’aggiunta di qualunque conservante diverso dal freddo. Infine, il
consumatore deve sapere che il prodotto surgelato dev’essere venduto in confezioni originali, ovvero
chiuse da chi produce oppure da chi confeziona.
D.: Entriamo nel merito. Quali sono i vantaggi del surgelamento per i vegetali?
R.: Si raccolgono prodotti coltivati nelle aree più adatte a crescita e maturazione e si surgelano in
tempi brevissimi: dalle 2,5 ore nel caso dei piselli alle 4 ore per gli spinaci. In inverno, dove però già
la T ambientale è molto bassa, si può arrivare a un massimo di 8 ore. Gli ortaggi vengono puliti, scelti,
lavati e scottati per un tempo brevissimo: si tratta quindi di veri prodotti “a km zero”. Va da sé che
anche i prodotti composti, o ricettati utilizzano materie prime di alta qualità. La durabilità di questi
prodotti è di circa 15-18 mesi. Ciò premesso, è evidente che i vegetali surgelati offrono indubbi
vantaggi: varietà e disponibilità per tutto l’anno; difesa dagli eventuali aumenti di prezzo delle materie
prime; pronto e facile utilizzo in cucina con ogni sistema di cottura: in padella, casseruola, forno
normale o microonde.
D.: Dal punto di vista della sicurezza nutrizionale e del bilancio familiare, che cosa si può dire?
R.: La sicurezza nutrizionale dei surgelati è ormai dimostrata e indubbia. Voglio però sottolineare un
punto che spesso viene trascurato: l’assenza di sprechi. Si sa che oltre il 30% della produzione
complessiva di cibo per consumo umano viene oggi sprecato. I prodotti freschi rappresentano quasi
il 40% di questo spreco, seguiti dal pane (15%) e da frutta e verdura (17%). I surgelati sono buoni
ultimi, con il 2%. Il significato di queste cifre è chiaro: i surgelati abbattono gli sprechi: si stima che
un maggior uso di surgelati potrebbe abbattere gli sprechi fino al 47%. I motivi sono almeno tre: 1)
le quantità acquistate corrispondono alle quantità che potranno essere consumate, perché i prodotti
sono già sbucciati, lavati e privati delle parti non edibili (baccelli, radici, foglie esterne eccetera); 2)
la lunga conservazione permette di consumare totalmente i prodotti, minimizzando le possibilità di
spreco; 3) il controllo sulla porzione/quantità è totale: si utilizza soltanto la dose di cui si ha effettiva
necessità.
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Intervista ad Antonio Trifirò
Responsabile Dipartimento Conserve Vegetali, Stazione Sperimentale Industria Conserve
Alimentari (SSICA), Parma
----------------------------------------------------------------------------------D.: Come si è evoluta la conservazione degli alimenti nel tempo?
R.: Conservare un alimento vuol dire consentirne il consumo differito. Agli esordi, le tecniche di
conservazione (essenzialmente essiccatura, affumicatura e salatura) erano volte a proteggere la
sicurezza del consumo, senza avere però possibilità di controllo sulle qualità nutrizionali del prodotto
trattato. Man mano la tecnologia ha permesso di focalizzare l’attenzione anche sulle caratteristiche
dell’alimento di partenza, portando agli attuali standard di garanzia sia per la sicurezza, sia per le
qualità sensoriali e nutrizionali dell’alimento.
D.: Qual è il ruolo della SSICA? Quali i vostri studi sulla conservazione dei prodotti vegetali?
R.: Noi siamo impegnati da oltre 90 anni su questo fronte. Noi partiamo dagli studi sul campo, per la
selezione genetica delle varietà più idonee alla trasformazione industriale. Una volta raccolto, il
prodotto dev’essere conservato fino alla lavorazione nello stabilimento o alla distribuzione al punto
vendita: per questo ci siamo focalizzati sull’utilizzo della refrigerazione passiva, che consente di
ridurre sia i costi energetici, sia le emissioni di CO2, in costanza di T del prodotto (fluttuazioni di non
più di 0,1 °C).
Terza tappa: la trasformazione che, come ho accennato, deve preservare la qualità globale del
prodotto. Oltre alle basse temperature, l’evoluzione maggiore c’è stata nello studio dei trattamenti
termici. Infatti, da un lato si è lavorato sull’ottimizzazione dei trattamenti termici, anche attraverso
l’applicazione di tecniche di riscaldamento alternative, allo scopo di ridurre le degradazioni a carico
dei componenti di interesse nutrizionale. Contemporaneamente la ricerca ha portato a definire due
tecniche “a freddo”, in grado di minimizzare il danno termico e, quindi, le ricadute di tipo nutrizionale
e sensoriale: si tratta della “pastorizzazione” ottenuta grazie all’alta pressione, fino a 6000 atmosfere
e dell’impiego di campi elettrici pulsati.
D.: Infine, gli imballaggi: quali sono le applicazioni di maggior interesse?
R.: L’imballaggio gioca un ruolo fondamentale nella conservazione degli alimenti. La scelta di un
contenitore adeguato consente di prolungare la vita commerciale del prodotto. Su questi temi, la
ricerca si è focalizzata, volendo tralasciare lo sviluppo di materiali alternativi biocompatibili e/o
edibili, sullo sviluppo dei cosiddetti imballaggi attivi. Si tratta di imballaggi polimerici al cui interno
sono inglobate molecole funzionali, con azione antimicrobica o antiossidante.
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