Legislazione e strategie di internazionalizzazione Nella Ue
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Legislazione e strategie di internazionalizzazione Nella Ue
Legislazione e strategie di internazionalizzazione Nella Ue evasione ed elusione si combattono a colpi di…cooperazione (3) Gli accordi per l’effettuazione di verifiche fiscali simultanee sono, invece, accordi internazionali di natura amministrativa, stipulati in conformità del diritto comunitario (regolamento 1798/2003) o delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, la cui base giuridica è oggi resa esplicita nell’articolo 31-bis, commi da 6 a 9, del Dpr n. 600/1973. Simultaneità ma indipendenza Tali accordi prevedono sostanzialmente che le autorità competenti dei due Stati possano consultarsi, su iniziativa di una di esse, per stabilire le modalità di verifiche fiscali da svolgere nei confronti di imprese che intrattengono tra loro rapporti commerciali o finanziari. Alla base di detti accordi vige il principio secondo cui i Paesi interessati effettuano la verifica simultaneamente, ma indipendentemente, ciascuno esaminando il contribuente residente all’interno e secondo la propria giurisdizione. È il caso, ad esempio, delle società multinazionali con succursali o filiali in due o più Stati membri, ovvero di attori economici operanti in diversi Stati membri che intrattengono reciproci rapporti commerciali, economici e d’affari, prescindendo dall’esistenza di un controllo legale, contrattuale o di fatto tra gli stessi. Con riferimento ai Paesi dell’Unione europea, quando l’Amministrazione finanziaria ravvisi un interesse comune o complementare con altri Stati allo svolgimento di un controllo simultaneo, questa procede a informare le autorità competenti degli altri Stati indicandone, per quanto possibile, i motivi che l’hanno indotta a proporlo e un termine entro cui i controlli dovranno essere effettuati. Nell’ipotesi speculare in cui siano le autorità fiscali di altri Stati a proporre un controllo simultaneo, l’Amministrazione finanziaria dovrà, invece, comunicare l’adesione o l’eventuale rifiuto a eseguire il controllo richiesto specificando (a) in caso di adesione il rappresentante designato a dirigere e coordinare i controlli, ovvero (b) in caso di rifiuto i motivi che si oppongono all’effettuazione del controllo. Lo scambio di informazioni nel settore bancario Lo scambio di informazioni tra Stati membri nel settore bancario rappresenta materia delicata in quanto, se da un lato è vero che l’accesso alle informazioni bancarie si rivela strumento essenziale nel contrasto a frodi o evasioni tributarie, dall’altro l’esistenza di regole rigide volte a tutelare il segreto bancario costituisce un ostacolo allo svolgimento di attività di cooperazione fiscale. Già in ambito comunitario, emerge l’esistenza di differenze significative nel grado di tutela del segreto bancario tra i diversi Stati1, non solo a livello strutturale ma anche nelle prassi 1 In Italia, ad esempio, l’Amministrazione Finanziaria è autorizzata a effettuare indagini generali svolte presso gli enti creditizi operanti sul territorio per ottenere informazione sui clienti. La piena attivazione dell’anagrafe dei conti bancari (istituita dalla legge n. 413/1991 ma, di fatto, ancora non operativa) faciliterà le procedure di indagine per acquisire informazioni bancarie sui contribuenti. Sarà, pertanto, possibile, mediante una semplice richiesta all’anagrafe, acquisire tutti i numeri o i riferimenti dei conti e dei depositi intrattenuti dai contribuenti con banche ed altri intermediari finanziari, favorendo lo svolgimento di indagini mirate. Alcuni Stati (come la Germania) consentono alle autorità fiscali di effettuare controlli bancari soltanto su conti o depositi già individuati. Tali autorità, quindi, devono preventivamente venire a conoscenza dell’esistenza di un conto acceso dal contribuente presso una determinata banca per poter formulare una richiesta di informazioni. amministrative, nelle procedure e nei sistemi sanzionatori, fattori che generano notevoli difficoltà operative nello svolgimento di indagini bancarie transnazionali. Basti ricordare, a questo proposito, che lo Stato che riceve una richiesta di informazioni non è obbligato a fornire informazioni in deroga alla propria legislazione interna o alla propria pratica amministrativa. Inoltre lo scambio di informazioni tra Stati membri presuppone la verifica del requisito di reciprocità con il Paese richiedente. Ne discende che, nelle ipotesi sopra delineate, la procedura di scambio di informazioni in materia di controlli bancari non potrà essere attivata con successo in quanto lo Stato adito, nel primo caso, troverebbe nella legislazione nazionale un limite invalicabile all’acquisizione delle relative informazioni; nel secondo caso, potrebbe legittimamente rifiutare di prestare assistenza in ragione della carenza del principio di reciprocità nello Stato richiedente. La direzione centrale Accertamento, con la circolare n. 33/E del 18 aprile 2002, recante chiarimenti in materia di attività di cooperazione amministrativa in materia di imposte dirette, ha provveduto a individuare i Paesi (Ue ed extra Ue) le cui autorità fiscali hanno manifestato la propria disponibilità a scambiare informazioni bancarie. La lista dei Paesi è stata successivamente integrata e, attualmente, gli Stati con cui è possibile effettuare proficuamente lo scambio di informazioni nell’ambito delle procedure di mutua assistenza2 risultano: Paesi UE - Austria (soltanto nei casi in cui vi sia un procedimento penale in corso) - Francia - Germania - Gran Bretagna - Olanda - Regno Unito - Spagna Paesi extra UE - Argentina - Australia - Federazione Russa - Giappone - Israele - Stati Uniti Con i Paesi indicati, quindi, anche l’Italia dovrà fornire, se richiesti, i dati informativi di carattere bancario, non potendo opporre ostacoli quali “l’interesse nazionale” ovvero la mancanza della qualifica di “contribuente” in capo al soggetto non residente. Le stesse informazioni necessarie all’altro Stato devono essere acquisite e comunicate tempestivamente come se fosse coinvolto il sistema impositivo nazionale. In fine è opportuno ricordare che le più recenti indicazioni fornite dall’Ocse raccomandano gli Stati di comunicare le informazioni bancarie a prescindere dall’esistenza di regole che tutelano il segreto bancario. In altri Stati il segreto bancario risulta particolarmente tutelato. Singolare il caso dell’Austria, in cui l’inopponibilità del segreto bancario, preservato da una norma costituzionale, può essere superata soltanto nel caso in cui vi sia un procedimento penale in corso nei confronti del contribuente. 2 Per gli Stati extra Ue, le procedure attivabili, relative allo scambio di informazioni, sono quelle che derivano dall’applicazione di Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dagli Stati e gli accordi amministrativi per lo svolgimento di verifiche simultanee. Gli Stati Ue, oltre alle stesse procedure che risultano attivabili per i Paesi non appartenenti all’Ue, possono ricorrere agli strumenti specifici di cooperazione individuati e disciplinati dalla direttiva n. 77/799/CEE e dal regolamento n. 1798/2003. L’assistenza nella riscossione Nei Paesi dell’Unione europea, lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali competenti è diretto non soltanto a conseguire un livello di cooperazione efficace ai fini dell’accertamento tributario, ma si estende al settore della riscossione. In particolare, la direttiva n. 76/308/CEE3 disciplina le modalità di assistenza finalizzata al recupero di un credito che forma oggetto di un titolo emesso da uno Stato membro (richiedente) nel territorio di un altro Stato (adito)4. Nella direttiva, lo scambio di informazioni si attua previa richiesta dello Stato richiedente. Le modalità di scambio automatico, o su richiesta, non vengono contemplate dalla disciplina comunitaria giacché l’assistenza viene prestata su crediti tributari concreti. L’autorità adita, in particolare, svolge le seguenti attività: fornisce all’autorità richiedente le informazioni utili a quest’ultima per il recupero dei crediti sorti nello Stato membro in cui essa ha sede. A tal fine esercita i poteri previsti dalla normativa vigente per il recupero di crediti analoghi sorti nel territorio nazionale; notifica a un debitore tutti gli atti e le decisioni, concernenti un credito o il suo recupero, emanati dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente; procede, sulla base dei titoli esecutivi ricevuti, al recupero di crediti sorti nello Stato membro in cui essa ha sede. A tal proposito, è interessante osservare che il legislatore nazionale ha inteso equiparare i titoli esecutivi esteri ai “ruoli” di cui al Dpr n. 602/1973, attuando così un diretto e automatico riconoscimento di detti titoli nell’ordinamento interno. Ne consegue che la riscossione dei crediti esteri, analogamente a quanto accade per quelli di natura interna, avviene direttamente attraverso lo strumento della cartella di pagamento. Su domanda motivata dello Stato richiedente, l’autorità fiscale dello Stato membro a cui perviene la richiesta di assistenza procede all’adozione di misure cautelari per garantire il recupero dei crediti, nella misura in cui le disposizioni in vigore lo consentono. Tali crediti, tuttavia, non godono del grado di prelazione dei crediti analoghi sorti nel territorio nazionale. L’autorità adita, inoltre, deve sospendere la procedura di esecuzione già iniziata nel caso in cui l’interessato contesti il credito, o il titolo che consente l’esecuzione del suo recupero, davanti all’organo giurisdizionale dello Stato membro richiedente, in base alle norme vigenti. La procedura esecutiva riprende a seguito della pronuncia dell’organo competente, sulla base della decisione intervenuta. Le informazioni scambiate tra Paesi membri, in esecuzione delle procedure di assistenza in materia di riscossione, sono trattate con le stesse garanzie e con i limiti d’uso previsti dalla normativa relativa all’assistenza reciproca nell’accertamento tributario. Conclusioni Sebbene Ocse e Unione europea concordino nell’attribuire alla cooperazione amministrativa una funzione primaria nel contrasto ai fenomeni evasivi, a oggi lo scambio di informazioni è ancora lontano dall’essere una prassi abituale per differenze culturali, gradi diversi di informatizzazione, mancanza di norme volte a sanzionare l’inerzia degli Stati. In tale contesto anche l’Italia è stata più volte sollecitata a un maggiore dinamismo nell’attuazione delle procedure internazionali di assistenza. La circolare n. 42/2003, emanata dalla direzione centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate, nel sottolineare i vantaggi insiti in un sistema efficiente di scambio di informazioni in materia tributaria, ha indicato come indirizzo operativo prioritario un innalzamento del livello di 3 Recepita nell’ordinamento interno con il Dpr n. 35 del 9 gennaio 1978. La disciplina comunitaria è stata recentemente integrata dalla direttiva n. n. 2001/44/CE (decreto legislativo n. 69 del 9 aprile 2003), che ha esteso l’ambito di applicazione dell’assistenza ai crediti relativi a determinate imposte sui redditi e sul capitale e a imposte sui premi assicurativi. 4 L’Autorità competente individuata in Italia dalla direttiva è il ministero dell’Economia e delle Finanze, che si avvale, ai fini dell’attuazione delle relative disposizioni, dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Dogane. cooperazione amministrativa con i Paesi esteri, da conseguirsi mediante l’ampliamento dello spettro delle richieste di informazioni di interesse nazionale e una maggiore tempestività nell’evasione delle richieste di cooperazione. A tal proposito è stato osservato che l’invio di richieste di informazioni all’estero deve considerarsi non una eventualità cui ricorrere soltanto in casi eccezionali, ma rappresenta “una fase ordinaria del procedimento di accertamento, ogni qualvolta le caratteristiche del controllo lo richiedono”. È auspicabile che nel prossimo futuro si proceda verso una sempre maggiore integrazione degli strumenti di assistenza amministrativa sia nell’ambito comunitario, dove le regole e le procedure differiscono a seconda del settore impositivo interessato, che nell’ambito internazionale, dove piattaforme multilaterali garantirebbero un coordinamento più efficace rispetto agli accordi oggi stipulati in forma bilaterale. Il miglioramento del grado di cooperazione fiscale favorirà le attività di controllo transnazionali e consentirà di individuare tempestivamente e prevenire comportamenti abusivi o fenomeni di frode, assicurando, così, maggiore giustizia ed equità fiscale. Antonio Gay