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Carni bovine
Le carni bovine, a seconda della modalità con cui vengono vendute, possono essere
sottoposte sia alle norme di carattere generale sull’etichettatura dei prodotti alimentari
sia a quelle specifiche di settore.
In particolare, a seguito della crisi di mercato della carne bovina conseguente alla
diffusione della Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE - cosiddetto “morbo della
mucca pazza”), il legislatore ha ritenuto necessaria l’introduzione di una normativa
armonizzata a livello comunitario sul tema dell’etichettatura delle carni bovine, il
Regolamento CE 1760/2000 che prevede:
1. identificazione e registrazione dei bovini (marchi auricolari per i singoli animali,
banche dati informatizzate, passaporti per gli animali, registri individuali tenuti
presso ogni azienda ecc.)
2. etichettatura delle carni bovine (sistema obbligatorio e sistema facoltativo)
3. disposizioni comuni.
Con il Regolamento si è cercato di dare stabilità ai mercati nazionali e comunitari
e di recuperare la fiducia dei consumatori grazie all’aumento della trasparenza
della catena produttiva e commerciale, al rafforzamento dei controlli di filiera e alla
diffusione di indicazioni chiare, fondate su criteri oggettivi e verificabili. La trasparenza
del mercato è oggi assicurata dal rispetto di norme minime di garanzia e di qualità
che permettono una completa rintracciabilità delle carni bovine all’interno dell’UE,
nonché da un tempestivo ed efficace intervento in caso di potenziale pericolo per
la salute umana. Questo si traduce in vantaggi sia per il consumatore che per il
produttore: una maggiore e più corretta informazione per il primo, nuove regole nei
processi di scambio della filiera e maggiore responsabilizzazione per il secondo.
Il DM del 30 agosto 2000 fornisce le indicazioni e le modalità applicative del
Regolamento CE 1760/2000 per consentire l’attività degli operatori del settore.
In primo luogo chiarisce la questione dell’etichettatura per i prodotti non preconfezionati
(ad esempio la carne venduta al taglio nella macelleria). In questi casi l’etichetta può
essere sostituita da un’informazione scritta, apposta in maniera ben visibile per il
consumatore (ad esempio su un cartello posto a fianco del banco frigorifero).
L’etichetta, in qualsiasi momento della commercializzazione, deve essere apposta in
modo tale da non consentire la sua riutilizzazione. Le informazioni da riportare in etichetta
possono essere espresse anche mediante codice a barre o codice alfanumerico
attribuito dall’impianto di macellazione e/o dal laboratorio di sezionamento. In tal caso,
però, la carne deve essere accompagnata da un documento riportante, oltre al codice
a barre o codice alfanumerico, tutte le informazioni previste in etichetta.
Etichettatura obbligatoria delle carni bovine (Regolamento CE 1760/2000).
Sono soggetti agli obblighi di etichettatura:
• tutta la carne bovina e bufalina fresca, refrigerata e congelata
• i pilastri del diaframma e il diaframma
• la carne macinata.
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Sono esclusi dagli obblighi di etichettatura:
• i prodotti a base di carne
• le preparazioni carnee pronte a cuocere
• le frattaglie
• le carni servite dalla ristorazione (che però deve acquistare solo carni etichettate
ai sensi del Regolamento CE 1760/2000).
Il sistema obbligatorio di etichettatura, previsto dal Regolamento CE 1760/2000,
impone che a partire dal 1° settembre 2000, gli operatori e le organizzazioni che
commercializzano carni bovine riportino, oltre alle diciture obbligatorie generali, le
seguenti informazioni:
• numero o codice di riferimento che evidenzi il nesso e il legame tra le carni e
l’animale o gli animali di origine; il numero può essere il codice di identificazione
del singolo animale da cui provengono le carni o il numero di identificazione di un
gruppo di animali
• numero di approvazione del macello presso il quale sono stati macellati l’animale o
il gruppo di animali e lo Stato (membro UE o Paese terzo) in cui è situato il macello;
la dicitura obbligatoria è “macellato in” (nome dello Stato membro o Paese terzo)
e numero di approvazione
• numero di approvazione del laboratorio di sezionamento presso il quale sono
stati sezionati la carcassa o il gruppo di carcasse e lo Stato (membro UE o Paese
terzo) in cui è situato il laboratorio; l’indicazione deve recare la dicitura: “Sezionato
in (nome dello Stato membro o Paese terzo) e numero di approvazione”.
Dal 1° gennaio 2002, gli operatori e le organizzazioni che commercializzano carni
bovine indicano, inoltre:
• nome dello Stato (membro UE o Paese terzo) in cui è nato l’animale
• nome dello Stato o degli Stati (membri UE o Paesi terzi) in cui è stato effettuato
l’ingrasso.
Tuttavia, se le carni bovine provengono da animali nati, detenuti e macellati nello stesso
Stato membro o Paese terzo, si può indicare la dizione “origine” seguita dal nome dello
Stato membro o del Paese terzo.
Per le carni ottenute da animali importati vivi nell’UE e per le quali non sia disponibile
l’informazione relativa al luogo di nascita e al luogo di ingrasso, l’indicazione del luogo
di nascita e/o di ingrasso è sostituita dall’indicazione “importato vivo nella CE” oppure
“importato vivo da (nome del Paese di provenienza)”.
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Esempio etichettatura carni bovine
Denominazione
di vendita
Numero
riconoscimento
Numero
approvazione
macello
Paese di nascita
Numero riferimento
codice rintracciabilità
Numero approvazione
laboratorio sezionamento
Paese/Paesi di ingrasso
Modalità di conservazione
Come indica la figura precedente, l’etichetta riporta anche il numero di riconoscimento
del macello o del laboratorio di sezionamento, eccetto i casi in cui il sezionamento e
il disosso si effettuano sul luogo di vendita.
La denominazione di vendita
Relativamente alla denominazione di vendita, il Regolamento CE 361/2008 e la
Circolare 1/2008 specificano le modalità di utilizzo dei termini “vitello” e “vitellone”.
Al momento della macellazione tutti i bovini di età non superiore a dodici mesi sono
classificati in una delle due categorie seguenti:
• categoria V, bovini di età non superiore a otto mesi (vitello)
• categoria Z, bovini di età superiore a otto mesi, ma non superiore a dodici mesi
(vitellone).
Le carni ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi sono commercializzate
negli Stati membri unicamente sotto la o le denominazioni di vendita stabilite per ciascun
Stato membro (vitello e vitellone per l’Italia) nell’allegato 11 bis del Regolamento CE
361/2008. Le denominazioni di vendita possono essere integrate da un’indicazione
del nome o da una designazione dei tagli di carne o frattaglie interessati.
Fatto salvo il rispetto della Direttiva 2000/13/CE e del Regolamento CE 1760/2000,
in ogni fase della produzione e della commercializzazione gli operatori appongono sulle
carni ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi un’etichetta recante le
seguenti informazioni:
a) l’età degli animali al momento della macellazione, indicata, a seconda dei casi, con
la formula “età alla macellazione: sino a 8 mesi” per le carni ottenute da animali di
età non superiore a otto mesi, o “età alla macellazione: da 8 a 12 mesi” per le carni
ottenute da animali di età superiore a otto mesi e non superiore a dodici mesi
b) la denominazione di vendita ai sensi dell’allegato 11 bis.
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Tuttavia, in deroga alla lettera a), gli operatori possono, in ogni fase della produzione
e della commercializzazione, eccetto la distribuzione al consumatore finale, sostituire
l’indicazione dell’età alla macellazione con la lettera di identificazione della categoria.
Per le carni ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi, poste in vendita non
preimballate, in luoghi per la vendita al dettaglio, al consumatore finale, gli Stati membri
stabiliscono le modalità con cui indicare le informazioni indicate ai punti a) e b).
Un sistema efficace di etichettatura presuppone la possibilità di risalire dalle carni
etichettate all’animale o agli animali di provenienza. L’etichetta rappresenta quindi un
momento fondamentale per la trasparenza delle informazioni per i consumatori e per
la responsabilizzazione degli operatori di filiera.
Come previsto dal Regolamento CE 1760/2000 e dal DM del Mipaaf del 30 agosto
2000, le informazioni al consumatore devono essere riportate nei seguenti modi:
• vendita diretta al consumatore - etichetta sul singolo pezzo, se la carne è
preconfezionata
• vendita diretta al consumatore - l’etichetta può essere sostituita con un’informazione
scritta e ben visibile (es. cartello o documento o schermo elettronico), contenente
le stesse informazioni previste in etichetta, se la carne è venduta al taglio.
In ogni caso le informazioni al consumatore (etichetta o cartello) devono permettere
di evidenziare il nesso tra le carni poste in vendita sul banco e il singolo animale o il
gruppo di animali da cui provengono.
Nei macelli, laboratori e depositi le indicazioni obbligatorie devono comunque
accompagnare la carne, ma possono essere riportate sui documenti di scorta,
a condizione che sul documento stesso e sulle carni sia apposto un codice identificativo
di correlazione univoca.
In aggiunta alle indicazioni obbligatorie, gli operatori possono, ai sensi del Regolamento
CE 1760/2000, indicare sull’etichetta informazioni più precise sull’animale rispetto
a quelle richieste dal sistema obbligatorio; la finalità è dare ulteriori informazioni
chiare e sicure sul sistema produttivo.
Il sistema di etichettatura facoltativo può riguardare:
1) la macellazione (data di macellazione, periodo di frollatura delle carni,
denominazione del macello, ecc.)
2) l’allevamento (riferimento dell’azienda di nascita e/o di allevamento, sistema
di allevamento, indicazioni relative all’alimentazione somministrata, ecc.)
3) l’animale (razza o tipo genetico, sesso, ecc.)
4) altre informazioni (n. approvazione del disciplinare, denominazione organismo
indipendente incaricato dei controlli, ecc.).
Chi utilizza un sistema di etichettatura facoltativo, dovrà sempre riportare in etichetta
il logotipo d’identificazione dell’operatore o dell’organizzazione e il relativo codice
alfanumerico, attribuito dal Mipaaf.
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L’istituzione di un sistema di etichettatura facoltativo presuppone che tutte le
modalità di etichettatura, stabilite dall’operatore o dall’organizzazione responsabile
della commercializzazione delle carni, siano contenute in un apposito disciplinare
da sottoporre all’approvazione dell’autorità competente (nel caso dell’Italia al
Mipaaf). L’esame dei disciplinari ha messo in luce, nel tempo, la necessità di chiarire
e puntualizzare alcuni aspetti che si sono rivelati critici per una corretta predisposizione
dei disciplinari medesimi, nonché per indicare le modalità della stesura dei piani
di autocontrollo da parte degli operatori e delle organizzazioni e dei piani di controllo
da parte degli organismi indipendenti. A ciò vanno ad aggiungersi numerose irregolarità,
rilevate a seguito di sopralluogo presso macelli, laboratori di sezionamento e punti
vendita. In particolare si è rilevato che spesso le etichette contengono informazioni
generiche e fuorvianti, come ad esempio “proveniente da allevamenti selezionati”,
“razza da carne superiore”, senza che risulti approvato dalle autorità competenti
alcun disciplinare che consenta di garantire la veridicità di tali informazioni. Si sono
evidenziate anche etichette con informazioni riportate in modo difforme da quanto
previsto dal disciplinare approvato. Circolari esplicative (Circolare 5 del 15 ottobre
2001; Circolare 1 del 9 aprile 2003; Circolare 1 del 15 febbraio 2008), emanate
successivamente al Regolamento comunitario, hanno fornito ulteriori chiarimenti sulle
modalità applicative dell’etichettatura, relative alle informazioni e alle dichiarazioni
da utilizzare ad esempio sull’alimentazione, sulla razza, sul tipo genetico, etc.
Il disciplinare deve indicare in particolare:
1. le informazioni aggiuntive che si intendono fornire oltre a quelle obbligatorie
2. le misure adottate per garantire la veridicità delle informazioni
3. i criteri e le modalità previste per garantire il nesso fra l’identificazione della
carcassa, del quarto o dei tagli di carne, da un lato, e il singolo animale o il lotto
degli animali interessati, dall’altro
4. il funzionamento del sistema di etichettatura, con particolare riguardo alle modalità
di controllo
5. gli autocontrolli da effettuarsi su tutte le fasi della produzione e della vendita da
parte dell’organizzazione e i controlli da effettuarsi ad opera di un organismo
indipendente, che deve corrispondere ai criteri stabiliti nella norma europea
EN/45011, deve essere riconosciuto dall’autorità competente ed essere designato
dall’operatore o dall’organizzazione.
Nello specifico, le modalità di controllo e verifica sono indicate nel DM 485/2011
del Mipaaf del 13 dicembre 2001, nel quale sono stabiliti i compiti degli organismi
indipendenti:
• comunicare entro 48 ore dal controllo le inadempienze riscontrate, i relativi
provvedimenti adottati e le misure correttive suggerite
• segnalare al Mipaaf, alla Regione territorialmente competente e all’organizzazione
di etichettatura le eventuali violazioni alla vigente normativa nazionale e comunitaria
• trasmettere al Mipaaf, entro il 28 febbraio di ogni anno, una relazione sull’attività
di controllo svolta indicando i soggetti controllati, la frequenza dei controlli,
i riferimenti degli ispettori, le non conformità riscontrate e i relativi provvedimenti
adottati.
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L’obiettivo dell’etichettatura è di procurare la massima trasparenza nella
commercializzazione delle carni bovine evitando, quindi, informazioni inesatte, non
veritiere o poco attendibili, riferimenti a notizie velatamente vaghe o ricorso a immagini
fuorvianti.
La Commissione Agricoltura del Senato sta esaminando la “Proposta di regolamento
del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento CE 1760/2000
per quanto riguarda l’identificazione elettronica di bovini”. La Commissione europea
ha proposto nell’agosto 2011 l’introduzione, su base volontaria, di un sistema di
identificazione elettronica per i bovini (EID). L’EID è già utilizzato in vari Stati membri
dell’Unione europea, ma la sua implementazione su più ampia scala rafforzerebbe
l’attuale sistema di tracciabilità dei bovini e dei prodotti alimentari e rafforzerebbe la
prevenzione delle malattie e il controllo e la gestione delle crisi.
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