L`ELETTROFORESI PROTEICA E L`IMMUNOFISSAZIONE SIERICA

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L`ELETTROFORESI PROTEICA E L`IMMUNOFISSAZIONE SIERICA
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L’ELETTROFORESI PROTEICA
E
L’IMMUNOFISSAZIONE SIERICA
L’Elettroforesi Proteica viene da lontano
Da un testo ormai storico regalatomi dal Dott. Tommaso Massa, Primario, emerito, del Laboratorio Analisi Chimico
Cliniche e Microbiologiche dell’Ospedale “San Camillo” di Roma,
“The Human Blood Proteins” Prof. Ferdinand Wuhrmann M.D. e Charlie Wunderly, Ph. D. edito da Grune &Stratton
New York and London 1960,
a pagina 97 e seguenti si vede nascere la dizione Elettroforesi e le frazioni denominate α- β- γ-globubine. Arne Tiselius,
premio Nobel per studi sull’elettroforesi, iniziò a lavorare su tale metodica fin dal 1925 su studi di Svedberg e Scott.
Anche il termine elettroforesi ha avuto una evoluzione, infatti i primi studi citavano la parola Cataforesi (Hardy in
Inghilterra nel 1899) e fu Michaelis che coniò il termine Elettroforesi in Germania nel 1909. Qualche autore molto
tempo prima parlò di separazione di sostanze con l’utilizzo di corrente elettrica: Hittorf nel 1853 e Oliver Lodge nel
1866.
Il metodo acquistò grande importanza nelle scienze biologiche perché rendeva possibile l’analisi quantitativa di miscele
di proteine. In seguito però l’elettroforesi si diffuse di più per applicazioni cliniche e produsse preziosi dati nei differenti
campi della medicina: batteriologia, ricerca di virus e nelle tecniche chimiche.
Ma il testo riporta anche la nascita dell’Elettroforesi su carta. Fu tale metodica che ancor di più conquistò il laboratorio
e tale tecnica produsse dati che sono paragonabili alle nostre attuali elettroforesi. Degli autori dimostrarono la mobilità
degli aminoacidi su carta da filtro saturata con soluzione tampone sotto l’influenza di una corrente elettrica (1948
Haugaard e Kroner; Wieland e Fischer) e fu denominata elettroforesi su carta. Durrum estese tale tecnica alle proteine
del siero. Le proteine in una soluzione tampone alcalina assumono differente carica elettrica negativa che dà una diversa
mobilità. Si otteneva così una separazione simile al metodo proposto da Tiselius (Durrum, E. L.: J. Amer. Chem. Soc.
72, 2943 (1950).
2
Nel testo è riportato come Kunkel e lo stesso Tiselius studiarono la mobilità elettrica in cellulosa. Sono anche riportati
dati che descrivono le varie forze che intercorrono nella mobilità elettroforetica su carta e furono pubblicate nel 1951
(Kunkel, H., and Tiselius, A.: J. Gen. Physiol 35, 89).
Tabella dei valori normali dal testo del 1960. Sono riportati sia i dati in elettroforesi in fase libera (Tiselius) che i dati di
elettroforesi su carta di più autori.
L’elettroforesi proteica su carta ha trovato subito numerose applicazione in diversi argomenti della patologia. Il capitolo
“Serum protein reactions and pictures of practical significance in varius diseases” riporta tanti esempi di patologie ed i
quadri elettroforetici corrispondenti. Ecco qualche esempio:
3
Tracciato in un caso di meningite virale. Si sottolinea l’aumento di α2, β, γ-globuline.
A quei tempi la metodica era considerata con grande enfasi. Infatti da tale esame si vedevano le alterazioni nella sintesi
proteica, dalle proteine della fase acuta al calo rilevante dell’albumina. Queste evidenze ispiravano tante osservazioni
fisiopatologiche che davano delle ottime indicazioni circa il decorso della malattia e lo stato clinico del paziente. Con
qualche approssimazione si potrebbe paragonare l’introduzione di tale esame nella pratica di laboratorio simile
all’attuale applicazione in campo di laboratorio clinico delle metodiche di biologia molecolare. L’analisi delle proteine
apriva nuovi orizzonti di visione fisiopatologica della malattia.
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Proteine nell’elettroforesi
Le proteine sono macromolecole biologiche costituite da aminoacidi uniti tra loro dal legame peptidico. Proteina dal
greco protos che vuol dire primo, sta a ricordare l’importanza che hanno tali molecole in tutto ciò che rappresenta la
materia vivente. Le proteine hanno svariate funzioni sia enzimatiche che strutturali, per alcuni esseri viventi
rappresentano il 50% del peso secco. Sono sostanze con alta informazione nel senso che sono formate da sequenze di
aminoacidi, all’incirca venti, con un ordine preciso che deriva dall’RNAm, che a sua volta viene sintetizzato su una
elica del DNA. Il tutto si svolge nella cellula in un processo molto complesso che è chiamato sintesi delle proteine.
Quindi, le proteine, potremmo dire che sono la realizzazione dell’informazione contenuta nel DNA. Ci sono studi
recenti che mirano ad identificare tutte le proteine che il DNA può far sintetizzare che forma un grande progetto
mondiale che è il Proteoma. Già su alcuni siti di società scientifiche sono consultabili grandi database di proteine già
identificate.
La proteina è una sostanza complessa che ha diverse proprietà, è anfotera, cioè si può comportare e come una acido,
liberando ioni H+ , o come una base liberando anioni OH-. In questo modo svolge nell’organismo una funzione tampone
permettendo così una scarsa modifica del pH dell’organismo. Sono sostanze che modificano le cariche elettriche dei
loro residui chimici ionizzabili a secondo del mezzo in cui sono sciolte. Per ogni proteina esiste anche un punto
isoelettrico (pI), al quale punto le cariche positive e negative della proteina si equivalgono e pertanto essa sottoposta ad
un campo elettrico non migrerà ne verso il polo positivo (+ anodo) ne verso il polo negativo (- catodo). Questa
proprietà, ad esempio, è sfruttata per realizzare un esame detto Isoelettrofocusing che evidenzia il punto isoelettrico nel
quale le proteine non migrano più ma si fermano o come dire meglio focalizzano in quel punto.
.
Le proteine hanno differenti pesi molecolari (PM) da almeno 6000-8000 Dalton (D) alla macroglobulina che raggiunge
gli 800.000 D, o le immunoglobuline da 160.000 a 970.000 D. Nel voler circoscrivere il campo delle proteine a quelle
della frazione plasmatica si delineano per esse una differente classificazione che ripercorre proprio la separazione che
effettua di esse l’elettroforesi proteica. In questa classificazione è escluso il fibrinogeno perché l’elettroforesi è eseguita
su siero nel quale è normalmente assente il fibrinogeno. Le frazioni plasmatiche delle proteine sono: l’Albumina, le
Globuline, suddivise in α-globuline e β-globuline e infine le γ-globuline.
L’Albumina è la principale proteina del sangue, è presente ad una concentrazione intorno a 3 g/dl e rappresenta poco
oltre il 60% di tutte le proteine plasmatiche. E’ quella più importante nel determinare la pressione colloido-osmotica del
sangue. Ciò dovuto non solo alla sua abbondanza ma anche al maggior numero di molecole, a parità di peso, e pertanto
determina circa l’80% dell’attività osmotica. Ciò mantiene il volume plasmatico attraverso la regolazione del volume
idrico. Funge anche da riserva di aminoacidi contribuendo in modo rilevante all’omeostasi delle proteine più
importanti. L’Albumina è anche annoverata fra i farmaci salva vita, per le sue alte proprietà osmotiche è infusa
routinariamente in soggetti con grave epatopatia. Nel tracciato elettroforetico appare all’anodo, si muove più
velocemente delle altre proteine e si separa come unica banda. Talvolta sul tracciato si possono incontrare due picchi di
albumina, si tratta di bis-albumina o allo albumina; proteine che differiscono proprio per il differente modo di separarsi
in elettroforesi. E’ un carattere ereditario, monogenico e un genitore lo trasmette alla progenie. Delle volte, in seguito a
terapie farmacologiche, si possono osservare due bande di albumina, in questo caso i due picchi sono transitori e
tendono a sparire dopo la fine della terapia.
Con il termine Globuline si denota un gruppo eterogeneo di proteine che sempre più vengono caratterizzate con nuove
tecniche ed il termine diventa sempre meno attuale. Il tracciato elettroforetico separa dall’anodo al catodo la frazione
α1-globulina e la frazione α2-globulina. Nella prima frazione si separano importati proteine: l’α1-glicoproteina acida,
l’α2-fetoproteina, α1-antitripsina. Queste proteine sono esaminate con altri metodi più sensibili ed accurati come i
metodi immunologici. In questa zona cade anche l’α-lipoproteina che però è studiata meglio con il lipidogramma. Nella
seconda frazione si separa la α2-macroglobulina e segue verso il catodo l’Aptoglobina che lega l’emoglobina libera nel
plasma. Sono presenti anche altre proteine importanti dal punto di vista clinico ma scarsamente evidenziabili in
elettroforesi, basti ricordare: la ceruloplasmina, che lega ioni rame, la lattico-deidrogenasi e la fosfatasi alcalina, queste
ultime sono studiate meglio con metodiche elettroforetiche che prevedono l’utilizzo di substrati dopo la corsa
elettroforetica.
Le β-globuline sono anch’esse un gruppo eterogeneo di proteine. Con le attuali tecniche elettroforetiche che separano
tale zona in due frazioni β1-globulina e β2-globulina sono influenzate soprattutto da, rispettivamente, transferrina e C3.
La prima è una importante proteina deputata al trasporto del ferro e la seconda è una importante proteina del
Complemento.
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Infine le γ-globuline che hanno la funzione anticorpale. Sono infatti comprese in questa zona l’intera proteina anticopale
costitutita da catene pasanti e catene leggere. In elettroforesi procedendo dalla parte anodica alla catodica si separano le
IgA, le IgM, le IgD, le IgG e le IgE. Le IgG sono la quota più importante e rappresentano 80% di tutte le γ-globuline.
Tra le plasma proteine sono inserite anche le lipoproteine che formano un gruppo eterogeneo di proteine con funzioni
metaboliche differenti e che tanta importanza hanno riscosso nello studio delle alterazioni del metabolismo dei grassi.
(+) anodo
*
(-)
catodo
direzione di migrazione * punto di deposizione
La figura sopra mostra un tipico tracciato elettroforetico sierico, in basso è descritto il punto di deposizione, la direzione
di migrazione e a destra il lato catodico ed a sinistra il lato anodico. Il tracciato è interpretato e quantizzato da specifici
programmi informatici, con funzioni matematiche, che elaborando l’intensità di colore, la posizione delle bande e la
loro larghezza, come riportato in basso.
Il grafico espone dati numerici e grafici agevolmente interpretabili dai clinici. La morfologia delle curve / bande e dei
dati dipendono dalla biosintesi di diverse proteine, ma alcune sono maggiormente presenti e alterano le curve / bande in
modo più rilevante. Le proteine maggiormente presenti sono le seguenti per le diverse aree:
Albumina: prima ed unica banda, segue AAG, AAT in α1, macroblobulina e APT in α2, TRF in β1, C3 in β2, IgA,
IgM e IgG in γ.
6
Perché oggi è ancora attuale. Le Componenti Monoclonali e la loro identificazione
Con le attuali tecniche elettroforetiche è frequente scoprire Componenti Monoclonali (CM) sul tracciato elettroforetico.
Le CM sono l’espressione di una sintesi alterata di immunoglobuline. Per alterazioni benigne o maligne del sistema
immunitario si creano dei cloni di linfociti B che ipersintetizzano un solo tipo di anticorpo. In questo modo sul tracciato
elettroforetico si forma una banda stretta tipica che è facilmente individuabile in zona gamma. Come riportato in figura.
La curva gamma mostra una evidente CM che è quantizzata sull’istogramma in 0.70 g/dl. I dati in percento indicano che
la zona gamma è il 18.32% e la CM rappresenta il 10.58%. Il dosaggio delle Proteine totali ammonta a 6.6 g/dl. Le CM
sono frequenti e cresce con l’aumento dell’età dei pazienti. Ma tale presenza non indica necessariamente uno stato di
malattia, nella stragrande maggioranza dei casi la CM definisce uno stato clinico che è detto MGUS (Monoclonal
Gammopathies of Undetermined Significance, gammopatia di incerto significato). Questa osservazione di laboratorio
induce il medico curante ad approfondire le indagini per scoprire se la CM indica uno stato di benignità o una eventuale
malattia sistemica, come il MM (Mieloma Multiplo) o il Morbo di Waldestrom (MW) o altre emopatie che si
accompagnano alla presenza di CM, come alcune leucemie o linfomi.
L’esame che non solo conferma ma anche tipizza le CM è denominato Immunofizzazione sierica. E’ una estensione
dell’elettroforesi. Consta di sei tracciati del medesimo campione di siero. Su ogni tracciato è stratificato un anti-siero
specifico anti catene pesanti (IgG, IgA, IgM) e anche anti catene leggere (kappa, lambda), più una pista con l’intero
tracciato. La dove si crea un riconoscimento immunologico tra antigene, rappresentato dalla CM, e i corrispondenti
anti-sieri, si forma una banda stretta ed evidente sulla stessa posizione del tracciato elettroforetico intero. Ecco formarsi
delle immagini molto eloquenti che tipizzano in modo certo la CM. Nella figura riportata si notano molte positività,
anche facilmente interpretabili.
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Ecco un elenco completo di refertazione relativi ai 9 campioni della figura di sopra. La numerazione inizia, n. 1, in alto
a destra e a seguire verso il basso.
1.
Piccola CM IgG κ e bande policlonali normali.
2.
CM IgG κ più evidente e presenza di bande policlonali.
3.
CM IgG λ più evidente e presenza di bande policlonali, IgM poco evidente.
4.
2 CM IgA κ e piccolo calo policlonale.
5.
Grossa CM IgA λ e altra CM λ più catodica, policlonali presenti, calo IgM.
6.
Dal catodo all’anodo: IgG κ, IgA λ, altra IgA λ maggiore, calo IgM e policlonale.
7.
Grossa CM IgG κ, calo policlonale IgA IgM.
8.
CM IgM κ.
9.
Assenza di CM
8
La prevalenza delle Componenti Monoclonali
Diversi studi hanno indagato sulla prevalenza delle CM nella popolazione. E’ un dato acquisito che essa aumenta
all’aumentare dell’età. Tali dati risultano ancora più interessanti e per le tecniche sempre più sensibili e anche per il
rilevante aumento nella popolazione italiana delle persone anziane. Quindi non passa giorno che non si ritrovano CM
occasionali in pazienti che per svariati motivi eseguono indagini di laboratorio.
Da diversi lavori consultati recentemente emergono le seguenti prevalenze:
•
1-2 % pazienti ambulatoriali
•
10% soggetti ricoverati (o in osservazione)
•
7 - 8 % nei soggetti con età > 55 anni
•
2,59 % pazienti ambulatoriali
Si nota una differente variabilità che dipende molto dal campionamento effettuato. Tra i pazienti ambulatoriali sono
compresi anche tanti che ricontrollano la presenza della CM. Tra i dati raccolti ci sono anche specifiche realtà
territoriali che mostrano analoghe prevalenze. L’aumento dell’età determina un forte incremento di presenza di CM.
Presso l’Azienda Ospedaliero - Universitaria OO. RR. di Foggia si è realizzato un lavoro sulla presenza di CM in alcuni
reparti e presso i donatori del SIT (Servizio di Immunoematologia e Trasfusionale). Ciò nell’intendo di osservare la
prevalenza e, con lo scopo di trovare una correlazione tra CM e patologie. Infatti si legge che talvolta la CM è di
accompagnamento alla patologia e non la causa di essa. Si è anche pensato di osservare se esiste una correlazione tra
patologie e prevalenza di CM. I reparti e i soggetti osservati sono stati quelli mostrati in tabella.
Medicina
464
Cardiologia
211
Malattie Infettive
545
Ematologia
170
SIT
572
Quindi 1387 sono pazienti ricoverati e 572 sono donatori di sangue.
Nella seguente Tabella è riportato la prevalenza in numero assoluto e la corrispondente percentuale. Come era da
attendersi, il reparto di Ematologia è quello a più alta prevalenza (23,53%) e il SIT è il servizio a più bassa prevalenza
(0,52%). In tutti i reparti si è notato un incremento della prevalenza con l’aumento dell’età. Come mostra la Fig. 6 che
riporta il ascisse le classi di età, a partire dalle maggiori alle minori e in ordinate la percentuale di soggetti con CM.
9
Reparti
n. pazienti n. CM Prevalenza
Medicina
464
31
6,68
Cardiologia
211
9
4,27
Malattie Infettive
545
43
7,89
Ematologia
170
40
23,53
SIT
572
3
0,52
1962
126
6,42
Totale
30,00
25,00
20,00
Med Card Mal Inf
Emat
SIT
15,00
10,00
5,00
0,00
1
2
3
4
5
6
7
8
classi di età dalla maggiore alla
minore
1 classe 2 classe
3 classe
4 classe
> 80
60 a 70
50 a 60
70 a 80
5 classe 6
40 a 50
classe 7 classe
30 a 40
20 a 30
8 classe
< 20
Per semplificare il grafico si sono sommati i dati di Medicina, Cardiologia e Malattie Infettive. Si nota che i pazienti
sono numerosi verso le classi alte di età e anche con maggior prevalenza di CM, andando verso le età giovanili si
abbassa la prevalenza di CM; mentre i donatori del SIT sono scarsi quelli con età maggiori, con l’aumentare dell’età
diminuisce il numero di donatori, ed anche con bassa prevalenza di CM, verso le età adulte si trovano alcuni donatori
con CM. L’andamento della prevalenza rispetto all’età si osserva sia in Ematologia che negli altri reparti. Ci sono alcuni
aspetti degni di nota dai dati raccolti:
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In tutti i reparti si nota la relazione tra aumento dell’età e aumento di prevalenza di CM,
Il reparto di Ematologia che cura proprio il sistema emopoietico ha la più alta prevalenza, come è nell’attesa,
Gli altri reparti sembrano riflettere una maggiore prevalenza la dove è più coinvolto, nel processo morboso, il
sistema immunitario. Infatti dopo l’Ematologia, la più alta prevalenza (7,89%) si trova in Malattie Infettive,
che proprio per le patologie che cura è maggiormente coinvolto proprio il sistema immunitario. La relazione
CM e infezione da virus è ampiamente documentata.
Segue Medicina (6,68%) per le patologie che cura che coinvolgono il sistema immunitario in modo meno
consistente,
Ed infine la Cardiologia (4,27%) che cura, in modo specifico, le patologie cardiache, con ripercussioni
immunologiche meno apprezzabili.
La prevalenza delle differenti CM
Dallo stesso studio sono stati tratti dei dati circa la tipologia delle CM. Di 90 pazienti è stata
CM tipizzate
IgG K
IgG L
IgA K
IgA L
IgM K
IgM L
K
L
Med
12
4
2
1
1
1
1
1
23
Card
3
3
2
2
2
1
13
Mal Inf
8
4
3
2
2
1
1
22
Emat
9
8
1
2
8
1
SIT
1
1
1
Tot
33
20
9
7
13
3
2
3
36.67
22.22
10.00
7.78
14.44
3.33
2.22
3.33
Prev
1
29
3
90
ricercato con l’IFE il tipo di CM. Come si legge i tabella la maggiore prevalenza è da attribuire alla CM IgG κ
(36,67%), segue la CM IgG λ e poi le altre. Non mancano le CM con solo catene leggere.
Altro dato degno di nota riguarda la statistica della concentrazione delle CM.
Percentuale di paz. CM
concent. CM
24 %
< 0=0.50 g/dl
19
0.51 - 1.00
33
1.01 - 1.50
18
1.51 - 2.00
5
2.01 - 2.50
1
2.51 - 3.00
Come si osserva dai dati raccolti circa 1/4 delle CM sono delle piccole CM con concentrazioni inferiori a 0,50 g/dl,
mentre gli altri 3/4 si distribuiscono tra le altre concentrazioni indicate. Si ricorda che questo dato è importante per
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classificare, insieme ad altri dati clinici e di laboratorio, se una CM può indicare uno stato di malattia oppure un MGUS.
Come si evince dalla seguente
MGUS
Mieloma Multiplo
•
Decorso clinico
stabile
progressivo
•
Lesioni scheletriche
assenti
molto frequenti
•
Proteinuria di Bence J.
assente o <200mg/die
presente o > 200mg/die (in 80%)
•
Plasmacitosi midollare
< 5%
> 10%
•
Beta 2 microglobulina
<4
> 4 mg/L
•
CM sierica (g/L) solitam. IgG<30
>30
IgA<15
>15
normale
ridotta
•
Conc. Ig policlonali
tabella. La concentrazione della CM è un criterio importante per distinguere una stato di malattia da uno di non
malattia in atto.
NOVITÀ SULLA CURA DEL MIELOMA MULTIPLO
A tal proposito si desidera riportare alcuni dati apparsi sul sito Dica33 del 29/02/08 che riporta i dati di una
Conferenza stampa sulle malattie rare e cita il Mieloma Multiplo (MM) per la novità della approvazione di un
nuovo e promettente farmaco per la sua cura.
Il MM ha una incidenza di 5 casi ogni 100.000 abitanti negli uomini e di 4,2 nelle donne. Anche se è classificato
come malattia rara, rimane il secondo tumore del sangue più diffuso dopo il linfoma non-Hodgkin. Colpisce
soprattutto le fasce di età tra i 50 e i 70 anni. In Italia, le persone affette da mieloma multiplo sono 8500 e, ogni
anno, si registrano 3500 nuovi casi.
La malattia, è dovuta ad una crescita incontrollata di un particolare tipo di cellule: le plasmacellule, forma matura
dei linfociti B e deputate alla produzione degli anticorpi. Le plasmacellule monoclonali, producono una grande
quantità di un solo tipo di anticorpo, la Componente Monoclonale. La gravità e il quadro clinico variano da
soggetto a soggetto e dipendono dalla velocità di proliferazione delle plasmacellule. Anche se è considerata una
condizione da cui non si guarisce, può essere curata per prolungare la sopravvivenza, prevenire le ricadute,
alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita. La scelta terapeutica dipende dall’età del paziente che
condiziona le alte dosi di chemioterapia . I soggetti più giovani possono essere sottoposti a trapianto di cellule
staminali.
Una novità è data dagli Immunomodulatory Drugs – ImiDS, dei quali il capostipite è la Talidomide.
La talidomide è stato il primo farmaco scoperto attivo sul mieloma multiplo refrattario alla chemioterapia. Esso ha
un effetto antiproliferativo nel microambiente midollare, dove inibisce la produzione di citochine proinfiammatorie, diminuisce l’espressione di molecole di adesione e inibisce l’angiogenesi. La talidomide ha dato
risposte positive nel 30% di casi di pazienti con malattia refrattaria o recidivata dopo chemioterapia. Inoltra
l’associazione con cortisonici aumenta sia la percentuale delle risposte che la loro durata.
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E’ stata studiata una seconda molecole della stessa classe detta: lenalidomide, che ha dimostrato una efficacia più
potente e con un profilo di tollerabilità migliore. Nel giugno 2008 ha ottenuto l’approvazione dell’Agenzia Italiana
del Farmaco.
La malattia resta ancora inguaribile, ma un farmaco orale, che si può assumere anche a domicilio garantisce ai
malati una qualità della vita migliore e una maggiore sopravvivenza.
CASE REPORT: MIELOMA MULTIPLO IN GIOVANE ETA’ (24 ANNI)
Un giovane è arrivato al Pronto Soccorso degli OO.RR. di Foggia per grave astenia, ripetuti lipotimie in casa e dolori
alla schiena. Ricoverato in Medicina Uomini ha proseguito le indagini. La diagnosi di ingresso è stata anemia emolitica.
I risultati dei primi esami mostravano anemia, LDH alto, creatinina elevata, calcio basso.
(L’esame che ha fatto diagnosi in questo caso del tutto inatteso)
L’elettroforesi siero-proteica (EP) ha mostrato una Componente Monoclonale evidentissima: 59.87%, 7.6 g/dl, Prot. tot.
12.7 g/dl.
Con l’IFE si tipizzava la CM come IgG Kappa.
L’Elettroforesi Urine mostrava una CM elevata in gamma e una modesta banda albumina.
L’IFE-Urine identificava una CM Kappa.
Questo caso appare rilevante per l’età di esordio (24 anni) e per l’avanzamento della malattia. Altri casi curati negli
ospedali limitrofi non hanno mai riportato un caso di MM inferiore a 30 anni. Il giovane paziente, trasferito in
Ematologia, è stato inserito nel protocollo terapeutico: velcade, desametasone, talidomide. I primi dati dell’EP hanno
mostrato una iniziale risposta alla terapia. Si riportano i valori della CM e di Prot. Tot. in g/dl, dopo il terzo dosaggio si
assiste ad un significativo calo della CM. I dati riportati sono relativi ai primi 25 giorni di cura:
7.6/12.7-
7.73/13.1-
7.24/12-
4.38/8.7-
4.12/8.1-
4.35/8.8.
Anche l’EP-U ha mostrato una modifica. Il tracciato a 25 giorni riportava in gamma due vistose CM ben separate che
l’IFE-U ha tipizzato CM Kappa. La proteinuria non si è abbassata in modo significativo.
La giovane età di esordio sorprende, il MM è riportata essere una malattia dell’età adulta anziana, questo caso, come
altri pubblicati, sono eccezioni o il MM si sta spostando verso la
giovane età?
IFE-Siero del paziente descritto. Esito: presenza di grossa
CM IgG Kappa, forte calo di bande policlonali.
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Elettroforesi urinaria del paziente che mostra un tracciato simile a quello sierico con una grossa CM in gamma che
l’IFE-U svela essere catene leggere kappa. Il paziente ha una proteinuria di 4737.50 mg/urine 24 H e la CM in urine
ammonta a 3807.16 mg/urine di 24 H.
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Elettroforesi proteica del paziente con la rilevante presenza della CM, che ammonta a 7.60 g/dl e le proteine totali sono
12.7 g/dl. Semplificando tutta la zona gamma è rappresentata dalla sola CM.
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L’IFE e la ricerca della posizione di alcune proteine sul tracciato
Nella Figura, si osservano numerosi tracciati ottenuti utilizzando il siero con opportune diluizioni o intero e con antisieri
di proteine specifiche. Per le proteine mostrate in Figura si coglie la posizione che occupano sul tracciato elettroforetico
α1-glicoproteina acida in zona α1 (AAG)
α1-antitripsina in zona α1 (AAT)
Aptoglobina in α2 (APT)
Transferrina in β1 (TRF)
C3 in β2
Apo-B in β1
La proteina C reattiva in γ centrale
C4 in β2
E’ interessante constatare la presenza delle differenti bande sul tracciato elettroforetico, nel leggere i numerosi tracciati
che la pratica di routine propone, si immaginano le proteine nelle differenti bande ma non si può, dalla semplice
elettroforesi rendersi conto di quale proteina è aumentata o è diminuita. Ma la conformazione delle bande e gli archi
dell’elettroferogramma sono il risultato delle diverse quantità di proteine. In questo esempio si nota la concentrazione
elevata di AAT, di TRF, C3, che hanno dato ottime bande. Come anche l’Apo-B che appare con un arco verso l’anodo
come descritto da alcuni autori.
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Nota finale
Il presente articolo non è affatto esaustivo del gran numero di osservazioni e commenti a cui si presta questo semplice
esame che arriva da un tempo lontano, come ho citato all’inizio e la sua utilità per lo studio delle malattie non accenna a
diminuire. I dati riportati mi sembrano interessanti e ben si inseriscono in un testo sanitario che vuol far conoscere al
grande pubblico aspetti peculiari del vasto lavoro del mondo della sanità. Se la collaborazione con l’editore continuerà
potranno arrivare altri articoli sempre inerenti lo studio delle proteine con tecnologie elettroforetiche. Il vasto mondo del
laboratorio clinico oggi più che mai vive di moderne tecnologie informatiche, ciò dona agli operatori la possibilità di
eseguire studi di correlazione e ampia possibilità di memorizzare su sopporti informatici dati laboratoristici facilmente
consultabili e ciò rende agevole seguire da un punto di vista del laboratorio il decorso di una malattia. Quest’ultimo
aspetto è degno di nota perché oggi, con i nuovi farmaci per la cura del Mieloma Multiplo, diventa importante per il
clinico curante documentare il movimento delle CM, che possono, nel successo terapeutico, scomparire del tutto. Ciò è
documentato dall’elettroforesi proteica e dall’IFE. Inoltre l’alta prevalenza della popolazione anziana rendono molto
frequente la condizione clinica detta MGUS e ciò coinvolge maggiormente non solo lo specialista ematologo, ma anche
il medico di medicina generale e gli stessi pazienti che, resi edotti, diventato autogestori di una condizione clinica, che
definita benigna è pur sempre un stato pre-neoplastico. Ecco che un settore di laboratorio potenziato con moderne
tecnologie tenta di rispondere alle esigenze dei medici e dei pazienti con un attento monitoraggio di tutte le metodiche e
una cura alla archiviazione dei dati di laboratori storici.
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