IL FARO - diocesi di Cremona

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IL FARO - diocesi di Cremona
IL FARO
Un tempo, ormai lontano, parlare di scuola significava riferirsi ad un gruppo di persone che si
riconoscevano comunità in un maestro, colui che aveva saputo interrogarare la tradizione per
tradurla ed innovarla. Messaggero e in alcuni casi profeta, l’insegnante riusciva a conferire
significati attuali alle storie degli uomini che l’avevano preceduto. Una relazione erotica univa il
maestro ai discepoli fatta di fiducia e di ascolto. In ogni campo del sapere era possibile osservare
sguardi plurimi sul mondo grazie a chi era stato capace di percorrere il tempo, farne memoria per
ricrearne uno nuovo. Un pluralismo di scuole fioriva e in ciascuna di esse era possibile apprendere
un’ arte , una conoscenza generatrice di un saper fare ed agire. Fu così nella tradizione delle scholae
medievali, nelle botteghe, nelle accademie, nelle università.
Essere allievo di una scuola, piuttosto che di un’altra, qualificava: era garanzia di acquisizione di
ben precise abilità e competenze. Scegliere di appartenere ad una scuola era atto di libertà generato
dalla consapevolezza del valore del sapere che in essa veniva insegnato.
Questo pluralismo si è mantenuto anche quando in base alla dichiarazione dei diritti dell’uomo e
della pari dignità di ogni uomo i popoli si sono impegnati a garantire a tutti il diritto all’istruzione
come la più valida difesa della libertà. Scuole tecniche, professionali liceali dovevano consentire
alle giovani generazioni di conoscere il mondo per ricrearlo, di diventare i migliori nell’arte che
avevano deciso di apprendere. Ciò che non si è stati capaci di mantenere è stata la presenza di
maestri. A partire dagli anni ’60 si cominciò a parlare di generazioni senza maestri. Oggi le scuole si
sono fatte più”deboli”, meno centrali, riverbero di diverse crisi: crisi dei contenuti dei saperi, crisi
della comunicazione interpersonale, crisi della vita in comune e della partecipazione responsabile.
Là dove si dovrebbe fare memoria della storia di uomini, leggere i segni dei tempi, pare smarrito il
senso stesso del tempo.
L’omologazione della memoria che la Rete da tempo esercita offusca le coscienze e toglie ogni
desiderio di verità e libertà. Potere e denaro appaiono i mezzi di una umanità smarrita e disorientata
che guarda al mondo e agli uomini come cose da possedere. Gli alunni anziché persone libere
vengono considerati utenti di un servizio la cui validità è misurata, poco importa con quali criteri,
dal grado di soddisfazione del cliente. Il sistema qualità che consente di ottenere la certificazione di
validità dell’ istituzione scuola non elabora questionari in cui sia compresa la domanda
fondamentale per testare la rilevanza della scuola stessa e che potrebbe essere sintetizzata nella
seguente: in cosa tu, alunno, ritieni di essere diventato più sapiente?. L a scuola dell’accoglienza,
dello star bene, della socialità, parole che hanno attraversato la scuola degli anni’80 e’90, poco si
interroga su quali debbano essere le conoscenze sensate e provate portatrici di senso come omette
nel contempo di domandarsi cosa autorizzi un uomo ad istruirne un altro.
Appiattita sulla didattica degli obiettivi, dei moduli, delle unità didattiche la scuola di oggi che parla
di efficienza, competitività, di risultati, termini questi propri più di un linguaggio economico che
formativo si è dimenticata che non vi può essere vere scuola senza buoni maestri, senza chi cerca la
verità, senza chi è in grado di giustificare razionalmente le sue scelte e le sue azioni, senza chi ha
conoscenza “come opinione vera perché ognuno può riconoscerla come vera, accompagnata da
ragione.
Non si insegna nulla se non si è in grado di dire cosa è importante, cosa si deve e non si deve fare,
quale sia la distinzione tra bene e male; si costruisce solo un mondo di ignoranti molto ben
preparati. Il diffuso scetticismo, figlio di un relativismo che nega la possibilità di stabilire la verità e
falsità di giudizi di valore, ha prodotto uomini indifferenti , incapaci di educare. L’esercizio di una
ragion pratica che invoca il pluralismo come condizione di dibattito e ricerca, è la condizione
indispensabile perché la scuola possa tornare ad essere punto di riferimento per le giovani
generazioni e nel contempo garanzia della democrazia. La scuola di domani sarà il luogo dove si
insegneranno competenze se ci si preoccuperà di trovare insegnanti capaci di non disgiungere il fare
dall’essere, se si troveranno indicatori che permettano di formare e selezionare buoni maestri
perché, come scrive Ceronetti,”il significato interiore di una lanterna portuale è che la luce di un
maestro è là per indicarci l’abbraccio e la sicurezza di un approdo nella tenebra dell’esistenza.
Cattivi e falsi maestri non fanno nessuna luce. Raramente un porto può essere trovato per caso”.
Luisa Tinelli