Website optimization: non solo search

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Website optimization: non solo search
 internet Website optimization:
non solo search
di Piero Babudro
Stiamo parlando del sito web, un tempo vetrina e biglietto da visita digitale di
aziende e privati e oggi divenuto creatura
multiforme, sempre in bilico tra la necessità di‘comunicare’e quella di‘mostrare’, due
atti che - per quanto sovrapposti, almeno
in alcuni momenti - presuppongono un
diverso approccio alla materia e, soprattutto, un differente livello di interattività e
reciprocità con l’utenza.
Da quando il Web è fenomeno commerciale non più ristretto agli esperimenti dei
centri di ricerca, progettare e ottimizzare
un sito è un’operazione che si è diversificata nel tempo, assumendo funzioni, sfumature completamente diverse, e aprendo la
strada a una serie di strategie che sono
state adattate ai paradigmi sociali e tecnologici dominanti. Se agli albori il concetto
stava a identificare quasi esclusivamente
una certa pulizia nel codice utilizzato (regola peraltro soggetta a numerosissime
deroghe, anche da parte dei professionisti
all’epoca più accreditati) e una particolare attenzione a quello che era il lavoro
dei motori di ricerca, oggi la situazione è
molto diversa. A questi primi accorgimenti operativi si sono aggiunte almeno altre
due scuole di pensiero, che hanno portato
il loro importantissimo contributo in termini di cura per la struttura grafica e visiva
del prodotto finito, nonché un’attenzione
per le sue possibilità comunicative.
Va a finire che è possibile individuare altre
due ‘epoche’, successive alla prima eppure strettamente compenetrate: quando
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i progressi della tecnologia informatica assieme a una certa consapevolezza nelle
possibilità estetiche del mezzo - lo hanno
consentito, si è aperta la strada a un insieme di siti graficamente rifiniti, in un certo
senso ottimizzati per l’occhio del lettore e
per il suo senso del bello. Finendo talvolta
- questo il rovescio della medaglia - per
realizzare siti molto accattivanti, ma poco
‘digeribili’ per le Adsl di allora. Quando poi
il concetto di sito ottimizzato pareva aver
raggiunto un suo punto di equilibrio, ecco
che il mutato contesto sociale, culturale,
comunicativo (di marketing, se vogliamo)
ha sparigliato le carte un’altra volta.
È arrivato il Web 2.0, con il suo bagaglio
di intuizioni geniali e di ‘furbate’ buone
per il marketing, di possibilità relazionali
pressoché infinite e di concetti teorici che
spesso rischiano di stare in piedi con le
stampelle. Da qui la necessità di ripensare
nuovamente al sito e alla sua promozione,
se così possiamo dire: non più solo vetrina
passiva, e nemmeno opera d’arte fatta di
byte e pixel. Il concetto imperante è divenuto quello di ‘macchina relazionale’, da
cui è derivata l’immagine del sito aperto
a ogni forma di interconnessione con una
pluralità di soggetti e sempre più trampolino puntato verso le piattaforme tipiche
del Web partecipativo.
Lavorare a un sito è divenuta operazione
fascinosamente complessa, inscritta all’interno di un percorso che abbraccia la Seo,
passa per la realizzazione di un apparato
grafico moderno, accattivante ma allo
stesso tempo fruibile da tutti gli utenti (e
da tutte le connessioni), e riconosce il sen-
luca bove
Una volta era il punto di arrivo della scelta di andare online, percorso che
spesso avveniva senza nemmeno troppe riflessioni a monte. Oggi è sempre
più il punto di partenza di strategie comunicative e operative che passano
dalla necessità di essere su Internet per articolarsi in una miriade di possibilità tecnologiche, funzionali e relazionali.
so ultimo di un sito come elemento di un
progetto comunicativo ben più ampio.
Progetto che nasce prima del sito stesso e
si conclude al di là di esso, nell’indistinto e
iperveloce mondo dei social media. Utile,
quindi, ripercorrere questi tre passaggi
- un tempo singoli, oggi inevitabilmente
coesistenti - per capire che cosa è un sito
web oggi e che cosa si appresta a diventare domani.
Seo, una storia infinita
“Per ottimizzazione di un sito in ottica
Seo si intende l’implementazione di tutte
quelle tecniche per fare in modo che aumenti il traffico verso il proprio sito web
proveniente dai motori di ricerca”, spiega
Luca Bove, consulente Search Marketing
e business partner di imevolution.it. “A me
piace molto la definizione di Thurow e
Musica, contenuta nel libro ‘When Search
Meets Web Usability’: Seo è ottimizzare un
sito web per le persone che usano i motori
di ricerca”.
Oltre all’aspetto quantitativo va considerato soprattutto l’aspetto qualitativo del
traffico, ovvero occorre attrarre quelle viwww.pubblicitaitalia.it
internet tutto è necessario eliminare tutti quei
fattori tecnici che possono ostacolare
la navigazione dei bot dei motori di ricerca. Poi occorre creare una opportuna
navigazione del sito per facilitare prima
di tutto le persone che lo visiteranno, e
cercando di dare delle informazioni ulteriori ai motori di ricerca. Ad esempio i
motori usano informazioni provenienti
anche dall’aggregazione dei dati: vedono quali sono i link in uscita ed in entrata
da o verso una pagina e ne estraggono
un concetto ‘semantico’ che poi usano
nell’algoritmo di ranking”.
Da qui la necessità di progettare le pagine
in modo da renderle in grado di accogliere
bene le persone cercate: quindi chiarezza
di l’argomento e una gerarchia di informazioni ben definita. Il resto, si potrebbe
dire, è conseguenza diretta del fiuto e
dell’esperienza del singolo professionista.
“A livello Seo – precisano da imevolution.
it - esistono poche certezze. Per certi versi
è un mondo‘relativo’. Molto dipende dagli
obiettivi da raggiungere, dal contesto e da
molti altri fattori. Potendo però misurare
quasi tutto, siamo in grado di usare degli
www.pubblicitaitalia.it
approcci empirici, testare varie soluzioni e
scegliere la migliore”.
In quest’ottica, la strategia Seo non è un
pacchetto che si compra una tantum per
attirare visite, ma piuttosto un processo
che inizia dalla fase di progettazione di un
sito web e dura per tutta la vita dello stesso. Lo sa bene anche il New York Times, che
francesco munafò
andrea luxich
site che poi soddisfano gli obiettivi che si
propone di raggiungere il sito. Banalmente, non si tratta solo di generare volumi di
visite indistinte, occorre lavorare sulla qualità. “Nel caso di siti editoriali, avere tanto
traffico è un obiettivo valido, ma in tutti gli
altri casi - ad esempio quando gli obiettivi
sono la vendita online o lead generation non tutte le visite hanno lo stesso valore e
quindi occorre analizzare e attuare strategie opportune per intercettare le persone
che poi comprano o effettuano le azioni
predeterminate”.
Ciò implica un ragionamento a monte
sugli obiettivi che ci si propone e sulle
strategie con cui si pensa di raggiungerli, ma anche la capacità di selezionare
tra le diverse ‘mosse’ disponibili e scegliere quella più opportuna. “A livello
tecnico - spiega ancora Bove -, prima
da tempo ha assunto consulenti Seo interni incaricati di formare tutti i dipendenti a
lavorare sui motori di ricerca, “proprio perchè tutte le azioni, dalla redazione di un
testo alla implementazione di funzionalità
online, hanno implicazioni dirette o indirette sui search engine”.
Intanto però cambiano le regole del gioco, e fare Seo oggi non è come farlo dieci anni fa. Sembra banale, ma non lo è: il
web che noi tutti abbiamo sotto gli occhi
è una piattaforma profondamente diversa e molto più articolata di quella degli
albori, e questo non solo da un punto di
vista strettamente tecnologico.“I Motori di
ricerca tentano continuamente di migliorare la user experience in tutti i modi possibili - continua Luca Bove, - adattandosi ai
nuovi trend, migliorando le funzionalità
esistenti e creando nuove funzionalità.
Inoltre cercano di combattere lo spam di
coloro che sfruttano i motori per far salire
pagine poco utili. Nel corso del tempo, ad
esempio, Google ha migliorato i suoi algoritmi combattendo i network di siti, introducendo la Universal Search, facendo
apparire nella stessa pagina, link testuali,
foto, video, mappe ecc. cercando di indovinare il comportamento dell’utente, la
ricerca personalizzata in base alle query
precedenti o la ricerca in Real Time sui social network”.
E se le piattaforme ‘social’ rappresentano
ormai la parte a modo suo più interessante del web (e, secondo alcuni, redditizia,
almeno in termini non strettamente economici), è ancora più urgente ordinare e
rendere reperibile tutta questa mole di
informazioni. “La ricerca sui search engine
rimane cruciale. Intanto sui social media
per lo più si cercano e trovano informazioni, ma tutta la parte transazionale deve,
o meglio dovrebbe, restare sul proprio
sito. Diverse ricerche hanno comunque
mostrato che molte persone cercano informazioni o conferme sui prodotti sui siti
ufficiali delle aziende, che quindi rimangono fondamentali in un processo che
riguarda la decisione di acquisto, ma non
solo.In ogni caso è bene strutturare il sito
per fare in modo che una parte della conversazione avvenga su di esso piuttosto
che su piattaforme esterne”.
Bello è facile da usare
“Parlando di grafica e di gusto estetico dei
siti web, la prima cosa da fare è non seguire le mode per forza”. A parlare così sono
Andrea Luxich e Francesco Munafò,
soci fondatori di Pangoo Design, azienda
creativa nata nel 2005 e già conosciuta
per aver lavorato, tra le altre cose, alla realizzazione di sei portali per il Gruppo Pirelli
Real Estate. Un percorso quasi artigianale,
quello di Luxich e Munafò, fatto di estrema
passione per il design e la progettazione
web e, almeno all’inizio della loro avventura, per essersi focalizzati su siti e portali.
La fase di sviluppo è venuta in seguito, e
ora Pangoo Design si occupa anche di
banner, Cd-Rom interattivi, video digitali,
campagne stampa. “Guardando al mercato italiano c’è un sentimento abbastanza
strano, quasi di vergogna - spiega Luxich - .
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internet WebEye 100 /
Pianificare meglio, tenendo conto non solo dei posizionamenti fisici della comunicazione, ma anche del contesto e degli
aspetti più squisitamente creativi: questo l’obiettivo di WebEye 100, insight messo a punto da MediaCom con la collaborazione di 1To1Lab e presentato a fine 2009, ricerca unica per
ora nel panorama europeo e che rappresenta - dicono i diretti
interessati - un inedito esempio di partnership nell’ambito
R&S, consuetudine molto poco italiana.
Come ha spiegato Attilio Redivo (nella foto), ceo dell’agenzia
media, WebEye 100 non vuole sostituirsi ad altre metriche,
ma aggiunge ai dati più ‘razionali’ la conoscenza del contesto:
l’obiettivo di questa prima wave era, soprattutto, capire le regole del gioco e come si interagisce in questo scenario. Considerate le ricerche presenti sul mercato, infatti, i researcher di
MediaCom hanno notato che l’attenzione (espressa in tassi di
conversione) era superiore al click o all’impression: da qui la
curiosità di capire quali siano i meccanismi alla base di queste
discrepanze e come si possa eventualmente intervenire. Basato
sull’eye tracking, cioè la rilevazione del movimento dell’occhio per comprendere meglio i meccanismi della percezione visiva, WebEye 100 scardina la logica
del traffico e punta a capire dove si fissi l’attenzione di un utente web quando
visita una pagina. E poiché in genere una persona va sul web in cerca di qualcosa di preciso, tali obiettivi di ricerca gli impediscono di ‘vedere’ molto di ciò cui
si trova davanti, con buona pace di chi ha speso dei soldi per piazzare su quella
pagina un annuncio, ma anche degli stessi editori web che potrebbero sfruttare meglio i loro siti anche dal punto di vista editoriale e non solo commerciale.
Lavorando su un campione di 80 persone (decisamente superiore alla media
per le ricerche di eye tracking che non superano la decina) e 16 siti rappresentativi dell’universo web italiano, lo studio ha classificato tutti gi ‘oggetti’ presenti
e, incrociando le variabili raccolte, ha permesso di individuare tre principali aree
di ottimizzazione: architettura dei siti, planning e creatività. Stando ai risultati
della ricerca, solo il 6% degli utenti che sul web sta cercando qualcosa non perde di vista tutti i dettagli di una pagina, il resto è così concentrato sulle azioni
che sta compiendo da tralasciare ogni elemento estraneo, e dunque anche gli
annunci pubblicitari.
“Ogni sito ha le sue peculiarità e la visibilità dell’advertising varia a seconda del
contesto - hanno spiegato Elisabetta Casini, responsabile unit Business Science, e Barbara Bontempi, responsabile Interaction & Direct di MediaCom -, per
esempio, l’attenzione alla pubblicità è più alta quando il sito è meno interessante, e non sempre a un traffico elevato corrisponde un’altrettanto elevata attenzione agli oggetti pubblicitari”. Al punto che, fatto l’esperimento, ottimizzando
la struttura del sito e modificando le posizioni dell’advertising si possono avere
variazioni fino al +500% di attenzione agli annunci pubblicitari. L’analisi dell’architettura dei siti, per altro, è interessante non solo per gli gli investitori, ma
anche per gli stessi editori cui MediaCom, come ha annunciato lo stesso Redivo,
offrirà la propria consulenza: avere gli strumenti giusti per migliorare la struttura di un sito è ancora più importante perché, troppo spesso, editori e concessionarie del web si parlano poco. Analoga l’operazione sulla creatività - MediaCom
sempre più spesso si presenta come partner creativo o comunque come coordinatore della parte creativa, come avviene per esempio nel rapporto con Sky
- perché a seconda dei contesti anche gli elementi creativi possono diventare
moltiplicatore di efficacia o perdersi del tutto: una tonalità calda o fredda incide
poco nella media, ma molto sul singolo sito e non sempre i formati di maggiore
impatto, a cominciare dai video, hanno dappertutto la stessa efficacia. Redivo,
sempre convinto dell’importanza della conoscenza e dell’investimento in ricerca essenziali per avere un vantaggio competitivo, ha annunciato che a un anno
di distanza da questa prima edizione MediaCom effettuerà una seconda wave
per considerare tutti i possibili cambiamenti in atto sempre con un occhio all’efficacia della comunicazione e, di conseguenza, all’efficienza “parola magica in
questi tempi difficili”, ricorda il ceo di MediaCom.
A me gli occhi,
web
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Diverse agenzie creative oggi cercando di
fare tutto, finendo poi col farlo male. Noi,
invece, abbiamo sempre puntato sulla
specializzazione come fattore distintivo”.
Il cuore, infatti, è rimasto al web e alle applicazioni multimediali, al fianco di clienti come Atksinsons e H3G. Proprio per
quest’ultima Pangoo ha realizzato una
dashboard interattiva (e a uso interno)
che consente di visualizzare in maniera
comoda e intuitiva tutti i dati relativi ai
punti vendita dislocati sul territorio. Del
singolo negozio è possibile consultare i
dati economici, gli indici lordi e, partendo
da questi, costruire una serie di schemi e
funzioni sulle performance del punto vendita, usate oggi per le relazioni azienda-rivenditore. Un tool, questo, a metà strada
tra l’applicazione web e il gestionale, che
unisce il senso per l’estetica e l’organizzazione delle informazioni disponibili alla
conoscenza avanzata dei linguaggi di programmazione.
Tornando ai siti web, i due di Pangoo non
hanno dubbi: l’imperativo è realizzare
prodotti funzionali e utili. “Prendiamo ad
esempio la moda di inserire animazioni in
homepage, corredate da apposito bottone ‘skip intro’. Spesso queste sigle durano
un paio di secondi, e quindi il tasto corrispondente è inutile. Allo stesso tempo,
l’animazione finisce col distrarre l’utente,
invece di fornirgli informazioni utili a capire che sito ha davanti”. Piccoli accorgimenti, che però vogliono dire molto in un
mondo in cui un clic in meno spesso è un
potenziale cliente perduto. Ma la riflessione di Luxich e Munafò va oltre. “Lo scopo
generale di chi lavora nel nostro settore è,
o meglio dovrebbe essere, realizzare un
sito usabile per l’utente. Quindi, innanzitutto, non fare siti pesanti, pensando a
chi nel nostro paese non dispone di una
linea ultraveloce. Ovviamente questa non
è una regola fissa: contano molto anche le
esigenze del cliente, che sa a quale pubblico parla e quindi da come e dove raggiungerlo, e quali sono eventualmente le sue
limitazioni”.
Poi bisogna pensare al proliferare di connessioni alternative, dalle chiavette Usb ai
cellulari, che spesso non dispongono della stessa banda della normale connessione via cavo. Quanto al resto, funzionalità
tecnologiche ed estetica in un sito web
sono due caratteristiche imprescindibili,
e quasi sempre sovrapposte. “Si tratta di
competenze in qualche modo sovrapposte - precisa Munafò, - ed è fondamentale
trovare soluzioni che riescano a compensare anche gli eventuali limiti pratici del
mezzo Internet. Un esempio? Impossibile
pensare di caricare in homepage un video
www.pubblicitaitalia.it
internet www.pubblicitaitalia.it
Contaminazione di piattaforme
“Spesso si abusa del concetto di 2.0. Lo
si utilizza per descrivere un certo tipo di
grafica, quando in realtà le sue accezioni
sono più profonde. Il vero 2.0 è di per sé
rivoluzionario e implica la condivisione
di contenuti in modo più emotivo”. Lo
spiega Luca Magnoni, direttore creativo di Ninja Lab, laboratorio strategico e
creativo che si occupa di campagne non
convenzionali, dal viral al tribal, passando per il brand entertainment.
“Riguardo a un progetto web, il supporto delle tecnologie arriva in un secondo
momento. Il cuore di ogni iniziativa deve
risiedere nella creazione di un senso
luca magnoni
da svariati Mega e sperare che il sito stesso
carichi in un istante. In questo caso, occorre procedere diversamente”.
Tre sono i fattori fondamentali da tenere
in considerazione. “Oltre al peso complessivo, di cui abbiamo già detto, il tipo di
navigazione fatto dall’utente che si vuole
intercettare, ma anche l’esigenza di avere
un sito fruibile da subito, eliminando tutti
i tempi di attesa che allontanano il lettore
invece di incuriosirlo”.
Già, il lettore. É cambiato il suo ruolo nel
tempo?“Sì - spiega Luxich -, nella misura in
cui sono cambiate le sue possibilità di interazione. Una volta, solo per fare un esempio immediato, i mouse non avevano la
rotellina, quindi si dovevano minimizzare
gli scorrimenti pagina verticali. Inoltre,
oggi le icone rispondono ad altri criteri
tecnici ed estetici. Un tempo l’interfaccia
di un web-video cercava di assomigliare
al videoregistratore, oggi alla grafica di
YouTube. Senza considerare che le persone oggi vogliono una grafica bella, un bel
lettering, la cura per i particolari, e non si
accontentano delle semplici informazioni, utili e interessanti ma disposte male in
pagina”.
A partire da questi semplici ma efficaci
principi, Pangoo ha elaborato un suo personale vademecum per l’ottimizzazione di
un sito web. “Poco testo per i siti istituzionali ‘puri’. Se invece la richiesta è di puntare
sulle informazioni testuali, allora conviene
realizzare un layout che si ispiri a quello dei
blog”. Ma soprattutto, “guidare il cliente
nella scelta di eventuali soluzioni alternative, lavorare sulla consulenza e far valere
l’esperienza acquisita nel tempo. Trovare
il modo migliore per declinare i contenuti
partendo dalla tipologia di navigazione,
non bloccare l’utente e mettersi nei suoi
panni: quindi fornirgli ciò di cui ha bisogno
nella maniera più semplice e immediata”.
La web agency, in quest’ottica, si evolve
assieme al concetto di sito. Non è più il
mero esecutore di un progetto definito
a priori, quanto piuttosto un consulente
che guida il cliente e sa capire come poter
ottenere quello che lui chiede, utilizzando
la soluzione migliore. “Capita spesso, ad
esempio, che il cliente chieda animazioni
video in 3D, quando magari il video non
è il modo migliore per veicolare il contenuto specifico che si vuole comunicare
all’utente. In quel momento occore intervenire e spiegare che ci si può muovere in
un’altra direzione”. Usability, dopotutto, è
anche l’obbligo di posizionare i contenuti
nel punto esatto in cui vengono richiesti,
senza informazioni fuorvianti e senza distrazioni.
condiviso”. E’ questo, secondo Magnoni,
il nodo fondamentale di ogni iniziativa
dal Dna 2.0. “Non solo una questione di
grafica o funzioni, non tanto una sfumatura nel colore, quanto la scelta consapevole di cambiare approccio e fornire
una serie di contenuti e informazioni
adatti a essere poi veicolati su piattaforme diverse dal sito”.
E’ la rivincita del prototipo, si potrebbe
dire, e dei lavori affrontati artigianalmente, in modo tale da portare a risultati unici nel loro genere. Caratteristica
questa che deriva dallo spirito del Web
2.0 propriamente detto, da sempre allergico a regole e ricette di successo precostituite e, di fatto, inapplicabili proprio
perchè teoriche. “Usability e design continua Magnoni - diventano così non
solo funzioni di un valore estetico, come
spesso si crede, ma il mezzo attraverso
cui un più ampio concetto di bellezza e
funzionalità si manifesta”. C’è del filosofico in quanto dice. “Ovviamente, il gusto
del bello deve rispondere a certi criteri,
a determinati canoni linguistici che, pur
cambiando nel tempo, formano l’ossatura di ogni progetto”. Poi però, a partire
da queste piccole ma significative certezze, è possibile sperimentare.
Come? “Essenzialmente capendo le chiavi di lettura associate al singolo sito web
e fare un buon design, ossia far trovare
agli utenti tutti i contenuti di cui hanno
Screenshot del sito
goldenfire.it in cui è
possibile navigare in
un ambiente 3D che
ricrea l’esperienza
della campagna. Sul
sito è infatti possibile
visionare le singole
attività della campagna
Golden Fire (heineken),
dalle sue fasi teaser allo
sviluppo on e off line
in maniera integrata.
Dall’installazione
artistica multisensoriale
di un Uovo di drago nel
centro di Torino, è partita
una azione di Guerrilla
sfociata in una serie di
feste a tema all’interno
di pub e locali su tutto il
territorio nazionale.
bisogno, in modo chiaro e facile. Purtroppo, spesso questo studio di usabilità non
viene fatto, per questioni di costo e di budget, ma anche perchè nel nostro paese
ancora manca la concezione di sito web
come strumento valido, oltre che bello”.
C’è poi un più ampio discorso di approccio a Internet. “Le aziende non si
chiedono il perchè dell’andare online e
non controllano il progetto che le porta
ad andare online. Senza contare che è
purtroppo ancora valida l’errata convinzione che nel Web si può buttare qualsiasi contenuto e poi la viralità si scatena
da sola”. Da qui una serie di iniziative di
comunicazione - le abbiamo tutti sotto
gli occhi - invincibili, almeno sulla carta,
e poi rivelatesi dei mezzi insuccessi.
“Oggi la situazione sta fortunatamente
cambiando - sottolineano da Ninja Lab.
- Complice la crisi economica, le aziende
hanno cominciato a riflettere molto sul
senso dei loro progetti online, cercando
di investire al meglio energie e soldi”.
Migliorano quindi i contenuti, e si pone
più attenzione allo studio del sito e delle
sue possibili declinazioni su altri mezzi
(blog, social network). “Da questo punto
di vista il sito web diventa un’iniziativa
volta a costruire in maniera modulare la
propria immagine coordinata. Un processo che passa anche per una fase preliminare di analisi e autoanalisi. L’azienda deve capire cos’ha da dire, a chi può
interessare, sapere chi è il suo pubblico
e come parlargli e relazionarsi con esso.
Incontrare le nuove tribù di consumatori non sempre è facile, ma permette
di crescere e di comunicare veramente.
Oggi c’è bisogno di individualità, i soggetti online si ricombinano in gruppi e
si rapportano a chi parla la loro lingua.
Finché si pensa a loro in termini di target, la comunicazione online non può
funzionare”.
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