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A
Acrostici
Se il maligno, il diavolo, colui che scimmiotta Dio
Non fosse in punto di morte un povero diavolo
O snob, che scimmiotti le persone di buongusto e di nobili
origini
Babbuino che seguendoli non vede che il loro sedere.
Solo preoccupato di essere visto, seguo sempre la Moda
Novità di un momento e, da essa attratto
Ora dimenticando chi io sono, a lei mi adatto
Ben affrontando così gli occhi dai quali sono ammirato.
Amarezza
Maurice Sachs12, alla fine della sua carriera, troppo occupato
per essere snob, amava dare consigli ai giovani. Ripeteva
spesso: «Le persone di Mondo ci considerano come servitori
che non pagano». Il “noi” significava scrittori, musicisti, pittori.
«Ho conosciuto solo una o due eccezioni a questa regola, la
cui crudele verità emerge non appena i complimenti diventano una moneta insufficiente.»
12
Maurice Sachs, pseudonimo di Maurice Ettinghausen (1904-1945),
scrittore francese. (N.d.T.)
21
B
Bambini (I)
Tutti i bambini sono snob, l’età è la loro aristocrazia. Quando
un bambino più grande acconsente a giocare con un bambino
di sette anni, quest’ultimo disdegna il suo amico di sei anni.
Duff Cooper
Barboncino
Pedigree di Attila
Old Whisky de la Gage
Raymond d’Emma Gerda
Quinola
Ulysse
Orjo of Charles Clefs Kennel
Qorace of Charles Clefs Kennel
Princesse of Charles Clefs Kennel
Attila
Quimper d’Azay
Ralf de Chaudray
Mousse de la Gage
Walra de
Galoppaz
Rigobert de Crizbaita
Uranie de la Chantourne
Sica de Chaudray
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Bibliofili
Possono essere vestiti con completi inglesi o indossare abiti lisi
perché usati per dieci anni, profumare di acqua di colonia o
puzzare di sudore, scherzare o indignarsi per il prezzo di un
libro, parlare molto abilmente o farfugliare mugugni indistinti.
La decorazione della Legion d’onore e gli occhiali – di tartaruga o di metallo – sono gli unici comuni denominatori
della loro specie in via di estinzione: si tratta dei bibliofili.
Gli uni fanno visita alla vostra biblioteca con la precisione
di un orologio svizzero e le loro vite sembrano scandite da una
specie di Tempo del libro.
Quanto agli altri, sono reperibili solo per telefono. Riuscirete a parlare con loro soltanto dopo aver superato l’ostacolo
di ben tre segretarie (da ciò si evince che le prime due sono
cadute in disgrazia, vuoi per l’aspro timbro di voce con cui
rispondono, vuoi perché impiegano troppo tempo ad ottenere
la linea del loro datore di lavoro).
Una volta dichiarato l’oggetto della vostra richiesta, potrete
notare la rapidità con la quale l’appassionato di quelle Poésies
di de Musset o delle Liaisons dangereuses in originale, arriverà al
vostro negozio. Non c’è ingorgo che tenga, né sciopero dei
trasporti; «l’assoluta mancanza di tempo» di cui siete stati
avvertiti dalle segretarie, si è ora trasformata in una «disponibilità» del tutto simile a quella di Gide, anche se non sono Les
Nourritures terrestres che avete offerto.
Una volta sul posto, l’appassionato palpa il volume, fa
vibrare la carta di un foglio, vi guarda attraverso, traduce le
cifre romane che indicano l’anno dell’edizione. Ci sono alcuni
colori rossicci, l’angolo sinistro è corneo, il taglio dolce non ha
ben segnato la terza incisione. Il frontespizio o il finalino sono
d’epoca? Non sembra che ne venga fatta menzione alcuna
nell’Annuaire de la bibliophilie di Carteret.
Se è l’edizione del Pasiphaé illustrato da Trémois, una delle
copie in cuoio, gli appassionati esigono una dedica dall’autore.
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Folklore
Si tratta di una forma di snobismo minore piuttosto che di un
divertimento alla portata di tutti. Indossare gli abiti dei paesi
che si sono visitati in vacanza, un basco nei Paesi Baschi, le
espadrillas spagnole, un cappello da gondoliere a Venezia, e
giocare a pallacorda o credere di essere aficionado dopo due
corride. Ma una volta a casa conserviamo l’abitudine a questi
divertimenti e, se su una terrazza dell’Île-de-France i castellani
giocano a bocce, si vestono da pescatori siciliani o da pastori
greci, il folklore rappresenta una vittoria dei miti popolari,
significativa quanto la latteria di Maria Antonietta. Il desiderio
di associarsi a ciò che si crede siano le forze profonde dell’umanità e che, in realtà, sono solo abitudini di uno o due
secoli prima, segnano una volontà di regresso abbastanza
inquietante. L’estrema monotonia delle manifestazioni folkloristiche, più o meno le stesse dalla Kamčatka alla Terra del
Fuoco, e delle arti popolari, stessi tessuti, stesse ceramiche dal
Tibet allo Yucatan, dovrebbe distogliere l’attenzione degli
snob. Ciò nonostante, il successo dell’arte popolare non smette
di crescere. Molti provano disgusto per l’oggetto di produzione
industriale, le plastiche non saranno mai materie nobili. In un
mondo industrializzato è rassicurante circondarsi di oggetti
fatti a mano. In quel caso non si può più parlare di snobismo,
ma piuttosto di una difesa dall’invasione delle macchine.
Per i provinciali un po’ inaspriti per la loro lontananza da un
centro intellettuale, le feste folkloristiche sono un modo di
ricollegarsi a un passato leggendario. È sufficiente guardare
queste manifestazioni nel Galles, in Auvergne, o in Engadina,
per essere certi che bardi celtici incoronati da vischio con
maschere tirolesi sono nella maggior parte dei casi professori
di liceo che sognano di unire cultura e scoutismo.
Non è in questi carnevali per turisti universitari che si potrà
studiare il folklore vero e proprio, ma a Londra durante la
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Season, quando da 10 a 20.0000 individui vivono per un mese
seguendo regole rigide quanto i tabù dei songhai o dei polinesiani. Nelle feste rituali, nei garden-party di Buckingham
Palace e Ascot, nei riti di iniziazione delle vergini (debuttanti),
gli abiti sono ricchi di significati sociali: alta uniforme grigia,
giacca e ombrello, interamente privi di qualsiasi nozione di
utilità.
In Francia un grande funerale a Sainte-Clotilde è di un folklore più autentico delle feste del vino dell’Alvernia. E una
prima comunione nella Plaine Monceau corrisponde esattamente ai riti di nubilato nell’Alto Katanga.
France (Anatole)
...nel suo celebre articolo su Georges Ohnet, “il Corneille
degli snob”, scrive: «La verità è che è un mediocre. Come
scrittore è un perfetto snob. Quel genere di sciocchezze rassicuranti che gli inglesi chiamano snobismo l’hanno portato fino
alla genialità ed è diventato per questo un modello per milioni
di snob che brulicano sui continenti e le isole di questo
pianeta». (Vie littéraire, II)
Funebre
La mia lunga esperienza di pompe funebri che prolungano il
fasto del Grande Secolo fino alla nostra epoca mi permette di
capire che non è nel fasto delle sepolture che si deve cercare
lo snobismo dell’Al di là. L’orgoglio, la soddisfazione di
ostentare la ricchezza del defunto sono i motivi che dettano la
scelta di un lussuoso carro funebre, in memoria di quelle cerimonie che si svolgevano un tempo nelle chiese, scintillanti di
fasce da lutto e nastri d’argento, per i grandi di questo Mondo.
Lo sfarzo dei funerali dei duchi di Lorena divenne proverbiale
e le riproduzioni a stampo tramandano fino ai nostri giorni le
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Picpus, in cui sono state sepolte le vittime della ghigliottina,
gettate alla rinfusa dopo l’arrivo di ogni carretto. Una ventina
di anni fa ci si meravigliò del fatto che un rampollo di un’illustre famiglia, stranamente sprovvisto dei doni della natura
come l’intelligenza e la ricchezza, riuscì, quando ormai era
avanti con gli anni, a sposare una vedova ricca ed elegante alla
quale costò molto caro. L’unione si spiegò quando leggemmo
nel necrologio di questa affascinante donna che avrebbe
riposato al cimitero di Petit-Picpus, tra i Noailles e i Mortemart, anche se in vita questi non le avevano mai permesso di
accedere ai loro salotti. Un insensibile ricordò una frase di
Chamfort non appena seppe che Madame de Pompadour
sarebbe stata sepolta nell’aristocratica cappella agostiniana:
«Cosa? Le lische di pesce accanto alle illustri ossa dei La Trémoille!?».
De Borniol
«Mia madre» diceva un sarto «era di una nobiltà talmente
grande che sembrava quasi ridicola.» Questa persona buona
morì alcuni anni fa ed ebbe un funerale davvero magnifico.
Il duca di V. aveva scritto su un registro del Jockey Club che
avrebbe salutato le spoglie mortali della signora X. Molti
signori, per spirito di corpo, pur senza conoscerla, aggiunsero
la loro firma accanto a quella del duca. Bérard47 poi disse: «X
mi porterà sempre rancore per non essere andato alla festa che
ha dato in occasione del funerale della Signora sua madre».
47
Christian Bérard (1902-1949), noto anche come Bébé, artista francese,
illustratore di moda e design. (N.d.T.)
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minava con lo sguardo il figlio affascinato da un negozio di
antichità: «Finché io sarò vivo non accadrà mai che un uomo
del mio sangue possa vendere qualcosa».
Una brillante carriera politica poteva aprire le porte del
successo, ma non bastava a modificare il livello sociale.
Verso il 1880, alcune famiglie israelite si trovarono nella
condizione di praticare l’antisemitismo mondano. L’Affaire
Dreyfus li costringeva a rendere più accessibili le loro case.
Dopo che la tempesta fu passata si tornò ai velati ostracismi.
Poco a poco il denaro sostituì la brutalità delle sue leggi a
queste regole sottili. Tuttavia lo snob integrale, di cui Israele
offre altrettanti esempi della Gran Bretagna, non si sottometterà mai completamente al solo denaro.
È divertente, all’occasione, osservare nel salotto di una
duchessa l’incontro tra l’ebreo che vi è entrato a forza di ipocrisie (conversione, pseudonimo, etc.), e l’ebreo che è entrato
senza finzioni, senza temere di venire smascherato. Quale
voluttà sarà allora per costui “snobbare” l’altro!
Philippe Erlanger
Italia
Gli italiani sono forse snob? Sì, e nel modo più sfarzoso, senza
meschineria, senza occultamento, e senza cupidigia. (Per convincersi di questo è sufficiente assistere al passaggio di una
Ferrari in un piccolo centro abitato, per sentire le grida di
ammirazione che si sollevano al suo passaggio.) Osservate
l’aspetto della via: le vetrine attirano, i palazzi si danno delle
arie, le donne si rispecchiano, gli uomini si tirano a lucido.
Tutto questo per fare bella figura. La civetteria maschile è
molto diffusa in questo paese, e vuole che la camicia bianca sia
impeccabile, la barba appena fatta, il capello imbrillantinato...
Si prova solo disprezzo per le tare fisiche. Un ragazzo deve
essere di bell’aspetto, in ghingheri, grintoso. Spende molto per
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curare il suo aspetto estetico e per il cibo, da cui non pretende
né la raffinatezza né l’abbondanza. Non è goloso; per istinto
preferisce mantenere la linea.
L’Italia vede in grande. I palazzi sono ciclopici, gli armadi
sono maestosi, la poltrona comune diventa un trono. Tutto
diventa spettacolo. Un’umile notte contadina si trasforma volentieri in una prima teatrale; le lucciole volano da un cespuglio
all’altro con lo zelo delle mascherine, i rospi capoclaque
applaudono i cori degli usignoli, le nuvole fanno da scenografia.
Allo snobismo della bellezza e dello spettacolo, viene ad
aggiungersi quello delle origini, meno evidente, ma non per
questo meno inevitabile. I grandi cognomi italiani: Giustiniani,
Doria, Caetani, Corsini, Colonna, Massimo si squadrano a
vicenda, però si sostengono l’un l’altro. Guai a chi li offende!
Si troverà davanti a un fronte compatto nel quale non ci sono
crepe e non gli resterà che fare ritorno al suo paese nebbioso
e selvaggio.
Ma non esistono solo i romani, ci sono anche i fiorentini, i
veneziani, i milanesi e i napoletani. Ciascuna di queste città di
provincia, che in realtà è come se fosse una piccola capitale, ha
il suo snobismo e la sua aristocrazia, la cui origine a volte risale
all’anno 1000. Non pensiate che i loro abitanti considerino
queste città come un ripiego, un trampolino di lancio che
potrebbe farli arrivare fino a Roma. Assolutamente no. Ciascuna di queste città è indipendente e ha un suo snobismo particolare:Venezia, ad esempio, dove gran parte dei mecenati è di
origine straniera, detiene lo snobismo del cosmopolitismo, se
non addirittura quello del cosmopolitismo trasgressivo, perché
affascinanti personaggi privi di ogni morale vi si danno appuntamento, ogni anno, con una puntualità che è valsa loro l’appellativo di settembrini (quelli del mese di settembre).
Roma, sia ben inteso, ostenta uno snobismo più altero, più
grandioso, meno frivolo, nutrito di tutti gli ori e le porpore, le
bolle papali e le beatificazioni del Vaticano. Le famiglie nere
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(nerissime) su sfondo bianco (il papa) danno l’esempio.
Oh, quanto differisce da tutto ciò lo snobismo dei milanesi,
a base di industriali e di musica! La città non risuona forse di
un suono di note, note, e ancora note?
Quanto a Firenze, essa può vantarsi di essere La Mecca degli
esteti anglosassoni. Nessuno di loro ha mai saputo resistere né
alle sue origini, né alle sue seduzioni, né alle sue colline
ispirate. Tutti vi si precipitano, qualcuno decide di restare. Su
ogni pendio riposa un genio affaticato.
E inoltre, in Italia, c’è la felicità, lo snobismo della felicità, la
felicità di apparire, di interpretare il proprio personaggio. Non
dico che questa felicità non riposi su una sorta di fatalismo
discreto e di bon ton, ma ciascuno fa almeno uno sforzo per
“apparire” ciò che non è.
Lo snobismo intellettuale è sconosciuto.
Violet Trefusis
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