Orchidee della Liguria
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Orchidee della Liguria
50 BOTANICA Uno sguardo alla flora regionale Orchidee della Liguria Enrico Martini La recente pubblicazione, da parte della Carige, di un volume d’arte sull’edizione 2001 di Euroflora, volume intitolato “Euroflora 2001: lo splendore e le astuzie segrete”, ha offerto una sontuosa occasione per ammirare, grazie a coloratissime immagini, la bellezza floreale in tante sue manifestazioni. 1 3 2 4 BOTANICA 51 6 7 5 9 8 10 52 BOTANICA 12 13 11 Alle pagine precedenti 1. Nigritella nigra subsp. corneliana 2. Listera cordata 3. Corallorhiza trifida 4. Neottia nidus-avis 5. Cephalanthera rubra 6. Epipactis atrorubens 7. Dactylorhiza maculata 8. Dactylorhiza sambucina 9. Orchis patens 10. Orchis ovalis In questa pagina 11. Orchis tridentata 12. Orchis ustulata 13. Orchis pallens Per la descrizione delle caratteristiche salienti delle orchidee citate si rinvia al testo dell'articolo: l'individuazione è agevole perché la successione delle immagini corrisponde all'ordine di citazione delle specie nel testo. n questa splendida “Floralie”, che tutto il mondo invidia a Genova e alla Liguria, ho provato il culmine del godimento estetico al cospetto dei numerosi stand che ospitavano profluvi di orchidee: migliaia e migliaia di steli fioriti. Non pecco certo di sciovinismo se affermo che i floricoltori liguri hanno letteralmente spadroneggiato, nel riportare allori e giudizi lusinghieri delle giurie internazionali chiamate a valutare questo tipo di produzione floreale, tanto specializzato. Mai vista una simile profusione di fogge inconsuete, di linee armoniose, di tonalità cromatiche varie, accattivanti, sfacciate, delicate, tenuissime, trionfanti grazie anche all’irresistibile fascino dell’esotico. Dopo la famiglia delle Asteracee (margherite, girasoli, stelle alpine e così via), le Orchidacee si collocano al secondo posto, come ricchezza di specie, nel Regno Vegetale: non sappiamo quante ne esistano al mondo, né mai lo sapremo perché, nelle regioni equatoriali, gli incendi appiccati I dall’uomo stanno sicuramente eliminando specie che nessuno, prima d’ora, ha mai scoperto; nell’ambito della famiglia ne sono state distinte oltre 20.000. Le regioni equatoriali ospitano soprattutto orchidee epifite (viventi su tronchi e rami di alberi); in quelle temperate sono presenti solo orchidee che crescono direttamente sul terreno. Man mano che ci si sposta verso le regioni ad elevata latitudine, il numero delle specie diminuisce progressivamente; lo stesso fenomeno si verifica nell’ascendere dal livello del mare alle montagne, pur se esistono orchidee adattate all’ambiente alpino, tanto che alcune, tra cui le ben note nigritelle, dal delicato profumo di vaniglia, possono spingersi anche oltre 2500 metri di quota. Nella flora spontanea italiana la famiglia è ben rappresentata: le orchidee presenti nel nostro Paese assommano, in tutto, ad un centinaio di specie (anche se studi recenti ne elevano notevolmente il numero – diffidiamo, però, di chi è uso ad individuare nuove specie senza applicare ai problemi la necessaria ponderazione). Le Orchidacee sono comparse in tempi relativamente recenti sulla Terra; si pensava che si fossero differenziate pochi milioni di anni fa: non si valutava appieno la difficoltà per le orchidee di dare origine a fossili, dati gli ambienti che esse prediligono e soprattutto in quanto i loro corpi sono costituiti da parti molli, rapidamente degradabili, inidonee a subire processi di fossilizzazione (fossilizzano meglio strutture già ricche, in partenza, di componenti minerali, calcare o silice). Il ritrovamento in Germania di un fossile sicuramente ascrivibile ad un’orchidea in rocce calcaree generatesi 15 milioni di anni fa, ha indotto gli studiosi a spostare indietro nel tempo la comparsa sul nostro pianeta di rappresentanti di questa famiglia. Possiamo ipotizzare che i primi esemplari si siano differenziati da 30 a 20 milioni di anni fa: una comparsa recente, uno sviluppo esplosivo, BOTANICA 53 15 16 14 uomo distruttore permettendo. Perché le orchidee si chiamano così? La spiegazione è un po’ prosaica. Il termine deriva dal greco “òrchis”, che significa “testicolo”, per la somiglianza che le radici “tuberizzate” (ricche di sostanze di riserva, in prevalenza amido), proprie di certe orchidee spontanee, presentano con i testicoli della specie umana; d’altronde il termine si trova già citato negli scritti di Teofrasto e di Dioscoride e quindi risale all’antichità. Le orchidee hanno raggiunto il culmine dell’evoluzione vegetale; paradossalmente, però, nel corso del loro cammino evolutivo hanno reso più difficile lo sviluppo delle generazioni successive, perdendo la capacità di sintetizzare sostanze di riserva da porre, all’interno dei semi, a disposizione degli embrioni. Come fanno, allora, a nascere e a svilupparsi le piantine? Occorre che nelle adiacenze dei semi siano presenti le cellule di certi funghi minuscoli, idonei a costi- tuire simbiosi con le orchidee. Il fungo penetra nel seme con alcuni suoi filamenti, che invadono l’embrione: se lo infettano completamente, l’embrione muore; di regola, però, la presenza di sostanze fungicide nel seme di orchidea fa sì che l’aggressione non sia tumultuosa e totale: il fungo viene bloccato nel suo sviluppo e tenuto alla periferia dell’embrione; in simili condizioni quest’ultimo germina rapidamente, appropriandosi, per le proprie necessità metaboliche, di zuccheri contenuti nelle cellule fungine. Si genera la piantina; quest’ultima può crescere ed acquisire la capacità di nutrirsi da sola. Ci si domanderà quale vantaggio ricavi, in cambio, il fungo. Ebbene il giovane corpo dell’orchidea è ricco di sostanze ormonali di crescita; può essere che il fungo, in qualche modo, assuma molecole di ormoni e accentui il suo metabolismo. Con la generazione successiva l’utile connubio tenterà di riformarsi: certo permane un forte grado d’aleatorietà, anche perché è necessaria la concomitanza di due eventi favorevoli: la dispersione dei semi in àmbiti idonei in rapporto alle esigenze ecologiche delle specie e il rinvenimento, nel terreno, dei funghi simbiotici. Le orchidee sembrano avvertire il pericolo: nel corso della loro evoluzione hanno aumentato enormemente la produzione di semi, che sono piccolissimi e leggerissimi: un solo fiore può generare ben 60.000 semi ed uno di questi può pesare appena 10 milionesimi di grammo! Non vorrei che le tante orchidee esotiche ed i numerosissimi loro ibridi artificiali monopolizzassero l’attenzione di chi ama la natura, di chi ricerca la bellezza nel mondo vegetale, di chi pratica la fotografia in campo botanico. Esistono anche le orchidee della flora spontanea, umili cugine dei grandi, vistosi esemplari che vivono all’equatore e ai tropici: poco hanno da invidiare loro, se non le dimensioni complessive e quelle dei fiori. È sufficiente, però, im- 14. Orchis provincialis 15. Orchis morio 16. Orchis papilionacea 54 BOTANICA 18 19 17 17. Orchis coriophora 18. Anacamptis pyramidalis 19. Aceras anthropophorum piegare una lente d’ingrandimento per scoprire un piccolo mondo fatto di bellezza, di forme eteree, di accattivanti tonalità cromatiche, di armonie recondite, delicate e struggenti: una presenza discreta, depositaria, però, di un alto significato culturale, un retaggio di motivi d’interesse che hanno tutti i requisiti per destare l’apprezzamento di tanti amanti dei fiori, degli esteti in generale, di chi si diletta di fotografia naturalistica. Sarò sicuramente settario ma devo confessare che le piccole orchidee della nostra flora mi appaiono, rispetto ai lussureggianti ibridi artificiali dei loro equivalenti esotici, un po’ come adolescenti fresche e belle, nella loro giovinezza e genuinità, in contrapposizione a ricche, sofisticate dame, bellissime ma restaurate dalla chirurgia estetica, incipriate, imbellettate ed ingioiellate. A me, quindi, irriducibile estimatore dei fiori spontanei, il compito, in queste pagine, di accennare ai pregi di alcune orchidee della flora ligure. In primo luogo alcuni quesiti: sono frequenti, nella nostra regione, le orchidee? Quali tipi di ambiente le ospitano? In quali località si rinvengono in maggior numero? Procediamo con ordine: le orchidee non sono frequentissime in Liguria e tuttavia sono meno rare di quanto si possa immaginare. Gli ambienti da loro prediletti sono svariati: aree prative, radure e margini boschivi, più di rado boschi e zone pietrose. La maggior parte delle specie, comunque, preferisce i luoghi erbosi ben soleggiati. Quanto alle località che ospitano veri e propri concentrati di orchidee, lasciatemi rimanere nel vago: esiste un mercato, occulto e fervidissimo, del fiore spontaneo, prelevato dal terreno con le parti ipogee e venduto da soggetti senza scrupoli, per lo più a stranieri proprietari di ville e giardini. Accenniamo genericamente ai monti dell’Imperiese, ai rilievi dell’entroterra di Albenga ed a quelli a oriente della città di Genova. Ricordo una richiesta d’informazioni partita da un amico olandese, Gerrit Karremans, a nome di due turisti giapponesi: esauditi e condotti sul luogo da me indicato, nel trovare un simile profluvio di orchidee, letteralmente impazzirono, passando da un orgasmo intellettuale all’altro, ed aprirono voragini nel proprio bilancio economico, consumando un’enormità di rullini fotografici. Un piccolo sintomo della possibilità di attirare un turismo evoluto in aree dell’entroterra ligure “tradizionalmente” neglette ... Più volte ho avuto occasione di constatare che la maggior parte di noi, a proposito dei fiori, identifica come titoli di pregio la vistosità delle corolle, il loro profumo o, tutt’al più, la rarità degli esemplari di una specie. Constateremo, alla fine della chiacchierata, quali vette sublimi sappiano raggiungere certe orchidee a livello di adattamenti all’ambiente, in particolare per garantire la sopravvivenza della specie al di là della vita dei singoli individui. BOTANICA 55 21 22 20 Nell’anticipare al lettore che i discorsi che seguono non hanno affatto la pretesa di essere esaustivi, anzi peccano per limitatezza e lacunosità, partiamo, in un viaggio ideale, dalle più alte vette delle Alpi Liguri Imperiesi e scendiamo progressivamente al livello del mare. All’inizio dell’estate, sui prati a quote elevate, tra fili d’erba allietati da miriadi di corolle fiorite, occhieggiano le piccole infiorescenze di una vera e propria rarità, la Nigritella nigra sottospecie corneliana, entità endemica delle Alpi sudoccidentali (Cozie, Marittime e Liguri), assente in tutto il resto del mondo. Il profumo di vaniglia è meno forte di quello della sottospecie tipica, pure essa presente ma prossima alla fioritura in ritardo di oltre un mese rispetto alla sua precoce cuginetta. Trasferiamoci, d’un balzo, sull’alto Appennino Ligure: una grande (e minuscola) rarità, la Listera cordata, rinvenuta, finora, solo su un paio di monti dell’alta Val d’Aveto: pochi centimetri in tutto, e nulla più: vi viene qui effigiata assai ingrandita. Invadiamo il campo degli adattamenti all’ambiente e sfioriamo il mondo delle piante “saprofite”: prive di clorofilla, si nutrono di residui vegetali. Vi accenno a due specie di orchidee saprofite presenti nei sottoboschi fitti ed ombrosi (in genere sotto alberi di faggio): la Corallorhiza trifida e la Neottia nidus-avis. La prima deve il nome al possesso di radici poco sviluppate, tozze e ramificate in modo da ricordare quei finti alberelli che sono invece i coralli (radici “coralloidi”, per l’appunto). La seconda è pure lei provvista di radici di questo tipo, intrecciate in modo da simulare il nido che molti uccellini edificano per deporvi le uova. Esili fantasmi bianchicci che spuntano da tappeti di foglie marcescenti, dalle quali traggono sostentamento. La neottia è rara, la corallorhiza rarissima. Tra le specie che popolano boschi, margini boschivi e radure meritano una citazione quanto meno la Cephalanthera rubra, l’Epipactis atrorubens, la Dactylorhiza maculata e l’affine Dactylorhiza fuchsii. La prima specie è particolarmente leggiadra: i suoi fiori sembrano impegnati in un etereo balletto. Le Dactylorhiza devono il nome al fatto che le loro radici ricorderebbero le dita di una mano (la fantasia dei botanici è infinita): le specie citate hanno fiori bianchicci o rosati, provvisti di linee di colore più carico che ne accrescono il pregio cromatico. È giunto ora il momento di accennare ad una cospicua legione, quella delle orchidee che popolano tanti prati montani, submontani e collinari, e così pure, ma più di rado, aree prative arbustate, bordi di sentieri e, a volte, perfino spallette stradali. Una specie assai comune, soprattutto in quota, è la Dactylorhiza sambucina, che può presentarsi con esemplari a fiori gialli oppure rossi (si tratta sempre della medesima specie). Relativamente frequenti sono pure 20. Orchis militaris 21. Orchis purpurea 22. Orchis simia 56 BOTANICA 24 25 23 23. Barlia robertiana 24. Ophrys apifera 25. Ophrys arachnitiformis varie Orchis: l’Orchis ovalis (dall’infiorescenza molto ricca di fiori, anche più di 50 per esemplare), la tridentata, l’ustulata, la pallens, la provincialis, la morio, la papilionacea, la coriophora e così via; un’ulteriore, doverosa citazione per la rarissima Orchis patens, presente, in Italia, solo in Liguria, oltre a tutto con un numero irrisorio di esemplari. Bellissima è poi l’Anacamptis pyramidalis, così chiamata perché i fiori basali (aperti) e quelli della porzione superiore dell’infiorescenza (ancora da schiudersi) realizzano un insieme conico (la geometria non è ... il cavallo di battaglia dei botanici). Non mancano specie i cui fiori possiedono un “labello” (il “petalo” centrale), che riecheggia forme vagamente antropomorfe, quali l’Aceras anthropophorum, l’Orchis militaris, la purpurea e la simia. La prima è chiamata, in italiano, “ballerini”: in effetti è sufficiente un refolo di vento perché i labelli intreccino un aereo balletto; lugubre, invece, il nome vol- gare francese: l’homme pendu (l’impiccato). Siamo scesi ormai agli aridi prati della regione marittima. Una comparsa precocissima è quella della Barlia robertiana (febbraiomarzo). I prati aridi a roccia madre calcarea sono soprattutto il regno delle Ophrys, piccine, delicate, pronte a soccombere se si diffondono gli arbusti, difese (unico lato positivo) dal ripresentarsi dell’incendio, che questi arbusti ridimensiona e respinge. Le òfridi hanno nomi (latini o italiani) che, in alcuni casi, ricordano quelli di vari insetti: Ophrys apifera (fiore delle api), Ophrys arachnitiformis, Ophrys aurelia, Ophrys fusca, Ophrys lutea, Ophrys fuciflora (fiore dei fuchi), Ophrys insectifera (òfride portatrice d’insetti), Ophrys sphecodes (fior-ragno). Esseri pronti a porre in atto luciferine astuzie ed efferati inganni. Esaminiamo insieme il fiore dell’Ophrys aurelia (che un tempo chiamavamo Ophrys bertolonii) e peschiamo dal testo del li- bro Fiori protetti in Liguria, che diedi alle stampe nel lontano 1986, in occasione dell’Euroflora di quell’anno, grazie all’intervento della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia che ne patrocinò la pubblicazione (e in seguito ne curò una prima ristampa). Altre riedizioni vennero realizzate a cura della Struttura Parchi della Regione Liguria. Ecco cosa scrivevo in proposito. “Potremmo supporre che questo fiore, con la sua foggia inconsueta, intenda inviarci un messaggio particolare. In effetti è così. Il “labello”, cioè quella sorta di petalo scuro, peloso, che porta incastonata una superficie lucida e riflettente, è un raffinato meccanismo di seduzione, volto a raggirare i maschi d’insetti appartenenti al gruppo delle api, delle vespe, dei bombi: certi Imenotteri, insomma. Di fronte a quest’apprezzabile imitazione del corpo delle femmine, molti viveurs in cerca di avventure galanti non restano indifferenti: giudicando di trovarsi di fronte BOTANICA 57 27 28 26 all’anima gemella anche perché colpiti dalla loro stessa immagine, riflessa dalla parte lucida del labello, essi si posano su quest’ultimo; dopo aver tentato ... di convolare a giuste nozze, si rialzano delusi (e impollinati per bene), pronti a ricascare nell’inganno non appena scoprano, nei dintorni, un’altra trappola simile: in tal modo trasportano a destinazione il polline con precisione millimetrica ... Il fiore di un’òfride: un concentrato di adattamenti, affinato da una selezione naturale che ha agito, per chissà quante migliaia di generazioni, su esseri oltre a tutto privi di cervello e di organi di senso, e quindi neppure in grado di percepire le fattezze degli insetti da ingannare. Si potrà obiettare che in fondo questi Imenotteri sono proprio dei semplicioni: ebbene, gli esperti in fitochimica hanno scoperto che le òfridi diffondono nell’ambiente le stesse sostanze chimiche – chiamate “feromòni” – cui fanno ricorso le femmine degli insetti per at- tirare i maschi: uno straordinario ponte tra il regno vegetale e quello animale, ed un inganno che giunge a livelli inauditi di efficienza e di efferatezza!”. In effetti, non so voi, ma io mi raffiguro il maschio in avvicinamento, tutto inebriato dall’effluvio del corpo di una sua simile, osservare la propria immagine, malamente riflessa dallo specchietto portato sul labello, e dire a se stesso: “Sì, sì, è proprio l’anima gemella!”. Straordinario, non vi pare? Un’altra specie, l’Ophrys apifera, possiede un labello che sembra formato da una faccia arguta, con due occhi piccini e ammiccanti, due orecchie basse e pelose e una bocca atteggiata ad un riso sgangherato, indirizzato forse agli insetti da ingannare. Volo troppo in alto, con la fantasia? Vi prego, siate indulgenti. Siamo giunti al termine di questo breve excursus nel mondo delle orchidee liguri. Varie altre specie, purtroppo, non hanno goduto del diritto di cittadinanza su que- ste pagine; l’argomento, quindi, è tutt’altro che esaurito. Chi volesse approfondirlo e soprattutto vedere effigiate numerose delle specie citate ad altre ancora, potrebbe consultare il già citato libro sui fiori protetti in Liguria. Concludo ricordando che esiste una legge regionale sulla tutela della flora (la n. 9 del 1984) che difende certi fiori, in alcuni casi prevedendo una protezione integrale ed un divieto assoluto di raccolta, in altri consentendo quest’ultima ma per un numero molto limitato d’esemplari. La maggior parte delle orchidee è protetta; ammiriamone quindi i fiori in natura ma evitiamo di raccoglierli: rispetteremo la legge e faremo anche un regalo a chi passerà dopo di noi negli stessi luoghi. In fin dei conti la civiltà di un popolo si desume pure dal rispetto che i singoli hanno per i beni che appartengono alla comunità. Anche la natura, nelle sue varie componenti (fiori compresi), è patrimonio di tutti ed è bene che sia rispettata. 26. Ophrys aurelia 27. Ophrys fuciflora 28. Ophrys sphecodes