Giornata della Memoria
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Giornata della Memoria
I dossier della Ginestra materiali per gli studenti del ˝Citelli˝ di Regalbuto gennaio 2015 GIORNATA DELLA MEMORIA 27 gennaio 1945 ˗ 27 gennaio 2015 Settant’anni fa, l’armata rossa sovietica liberava il campo di concentramento e di sterminio di Auschwitz. Il mondo scopriva le atrocità del nazismo, che aveva disseminato l’Europa di lager, dove erano stati deportati e uccisi milioni di uomini, donne, vecchi L’ingresso del campo di Auschwitz, con la famigerata scritta ˝Arbeit macht frei˝ (Il lavoro rende liberi). e bambini: ebrei, prigionieri di guerra sovietici, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, disabili e dissidenti politici. Era la fine di un incubo, ma anche un monito a non dimenticare, a restare vigili contro il risorgere degli impulsi razzisti e dei fondamentalismi di ogni tipo. I dossier della Ginestra – gennaio 2015 La giornata della memoria 1 Le vittime del Nazismo Vittime del Nazismo non furono soltanto gli ebrei, ma anche milioni di prigionieri di guerra e civili sovietici, polacchi, slavi, zingari, disabili, omosessuali, oppositori politici, ecc. Non ci fu, quindi, un solo olocausto, ma tanti olocausti: tutti da ricordare. Categoria Numero di vittime Fonte del dato Ebrei Processo di Norimberga e Consiglio mondiale ebraico: 5,7 milioni. Lo storico Gerard Reitlinger ha calcolato invece una 5,1 milioni cifra tra i 4.194.200 e i 4.581.200. Raul Hilberg presenta la cifra di 5,1 milioni di vittime, che è confermata da Wolfgang Benz. Prigionieri di guerra sovietici United States Holocaust Memorial Museum (USHMM): 3,3 milioni. Michael R. Marrus (in: Dizionario dell’Olocausto, Biblioteca di Repubblica – L’Espresso, Roma 2012, p. 735) calcola che i prigionieri di guerra sovietici furono 5,7 milioni, di cui 3,3 milioni 3,3 milioni furono uccisi. Jonathan Nor (in: Soviet Prisoners of War: Forgotten Nazi Victims of World War II ) scrive: «Statistics show that out of 5,7 million Soviet soldiers captured between 1941 and 1945, more than 3,5 million died in captivity». Civili sovietici Polacchi non Ebrei I civili sovietici uccisi, secondo Vadim Erlikman, sono 15.900.000 di cui: 1.500.000 per azioni militari, 7.100.000 per le rappresaglie e i genocidi nazisti, 1.800.000 nei campi 5 ˗ 7 milioni di lavoro nazisti e 5.500.000 per le carestie. Si considerano solo i morti della seconda categoria, con un intervallo prudenziale. 1,8 – 2 milioni Rom e Sinti L'USHMM dà una stima di circa 220.000 –500.000 (Sinti and Roma - USHMM - in Holocaust Teacher Resource Center). Michael Berenbaum nel suo libro The World Must 90.000 – 220.000 Know, anch'esso pubblicato da USHMM (2006), scrive che "una valutazione ponderata pone gli uccisi dalle autorità naziste fra le 90.000 e le 220.000 unità" (p. 126.). Disabili e Pentecostali 200.000 –250.000 Massoni Omosessuali Testimoni di Geova Dissidenti politici Slavi I pentecostali erano assimilati ai malati di mente, in virtù delle loro ˝visioni˝. 80.000 –200.000 5.000 –15.000 2.500 –5.000 100.000 – 200.000 In senso stretto: comunisti, socialdemocratici, anarchici. 1– 2,5 milioni Cifre compatibili con quelle fornite da Donald Niewyk (da Totale 15,7 – 20,7 milioni 11 a 17 milioni) e R.J. Rummell (20,9 milioni). Bisogna ancora aggiungere tutti gli eccidi di civili in Europa. I dossier della Ginestra – gennaio 2015 La giornata della memoria 2 Il genocidio degli ebrei Il genocidio degli ebrei riguardò da 5 a 6 milioni di persone. Le due tavole seguenti sono state presentate dal Wolfgang Benz in La dimensione del genocidio. La cifra degli ebrei vittime del nazismo. NUMERO DELLE VITTIME EBREE SUDDIVISE SECONDO LA CAUSA DEL DECESSO Morti nei ghetti, per esecuzioni e privazioni Uccisi dalle Einsatzgruppen Uccisi nei campi di sterminio Auschwitz Treblinka Belzec Sobibor Chelmno (Kulmhof) Majdanek (Lublino) Morti nei campi di concentramento e di lavoro TOTALE 800.000 1.300.000 2.700.000 15,69% 25,49% 52,94% 1.000.000 750.000 550.000 200.000 150.000 50.000 300.000 5,88% 5.100.000 100,00% NUMERO DELLE VITTIME EBREE SUDDIVISO PER PAESI Polonia URSS Romania Bulgaria Cecoslovacchia Ungheria Germania Paesi Bassi Francia Iugoslavia Grecia Austria Belgio Albania Italia (Rodi compresa) Norvegia Lussemburgo Danimarca TOTALE (dati di minima e di massima) 2.700.000 – 3.000.000 2.100.000 211.214 11.393 143.000 550.000 165.000 102.000 76.134 60.000 – 65.000 59.185 65.459 28.518 591 9.000 758 1.200 116 5.290.000 – 6.000.000 I dossier della Ginestra – gennaio 2015 La giornata della memoria 3 Shoah Shoah: termine ebraico («tempesta devastante») col quale si suole indicare lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale; è vocabolo preferito a olocausto in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio volontario. Fra il 1939 e il 1945, circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con l’obiettivo di creare un mondo più puro e pulito. Alla base dello sterminio vi fu un’ideologia razzista e specificamente antisemita che affondava le sue radici nel 19° sec. e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf («La mia battaglia») di A. Hitler (1925), posero a fondamento del progetto di edificare un mondo purificato da tutto ciò che non fosse ˝ariano˝. Alla soluzione finale (così i nazisti chiamarono l’operazione di sterminio) si arrivò attraverso un processo di progressiva emarginazione degli Ebrei dalla società tedesca. Le leggi di Norimberga del 1935 legittimarono il boicottaggio economico e l’esclusione sociale dei cittadini ebrei; dal 1938, e in particolare dalla cosiddetta ‘notte dei cristalli’ (8-9 novembre 1938, quando in tutta la Germania le sinagoghe furono date alle fiamme e i negozi ebraici devastati) in poi, il processo di segregazione e repressione subì un’accelerazione che sfociò nella decisione, presa dai vertici nazisti nella Conferenza di Wannsee (gennaio 1942), di porre fine alla questione ebraica attraverso lo sterminio sistematico. Lo sterminio partì dalla Germania, ma si espanse via via con le conquiste del Terzo Reich, colpendo gli Ebrei dei paesi occupati, vale a dire di quasi tutta Europa. Essi furono in una prima fase ghettizzati, cioè forzosamente concentrati in appositi quartieri delle città (il principale ghetto europeo fu quello di Varsavia), e in seguito deportati nei campi di concentramento e di sterminio, costruiti soprattutto in Europa orientale. Ad Auschwitz, Treblinka, Dachau, Bergen Belsen, Mauthausen (ma furono decine e decine i campi disseminati in Europa, tasselli di un sistema pianificato nei minimi dettagli) giungevano ogni giorno convogli carichi di persone. Dopo la selezione iniziale, che ˝salvava˝ tem- poraneamente coloro che erano in grado di lavorare, una parte veniva inviata direttamente verso la meta cui tutti i deportati erano infine destinati: la camera a gas. I campi di sterminio erano anche luoghi di torture, di esperimenti pseudoscientifici su cavie umane (come quelli effettuati da Mengele sui gemelli), di lavori sfiancanti e selezioni quotidiane: di tali atrocità è rimasta testimonianza nelle memorie di coloro che riuscirono a sopravvivere. Vittime dello sterminio, oltre agli Ebrei, furono anche prigionieri di guerra sovietici, zingari, disabili, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici. 26-9-1943: Kappler impone agli ebrei la consegna di 50 kg. di oro In Italia il regime fascista aveva emanato nel 1938 le leggi razziali che escludevano gli Ebrei dalle scuole, da molte professioni, dalla vita sociale. La deportazione e lo sterminio iniziarono dopo il settembre 1943 quando, in seguito al crollo del regime fascista e all’armistizio, i Tedeschi occuparono l’Italia settentrionale. Le autorità della Repubblica sociale italiana collaborarono alla deportazione. Uno dei primi episodi fu il rastrellamento del ghetto di Roma il 16 ottobre 1943, nel corso del quale furono catturate oltre 1000 persone. Il campo di Fossoli, in provincia di Modena, divenne il luogo di transito verso i campi dell’Europa orientale, in cui trovarono la morte circa 8000 Ebrei italiani. (da Treccani.it, con adattamento) I dossier della Ginestra – gennaio 2015 La giornata della memoria 4 LE VIOLENZE NEI LAGER po. Le prigioniere vengono rivestite con stracci, con una grossa croce dipinta davanti e di dietro. Il sergente che si eccitava uccidendo donne incinte e bambini Nel campo (Flossemburg) agiva, tra gli altri, un piccolo sergente SS 53 enne, un certo Karl Weihe, un sadico sessuale che si macchiò di numerosi delitti e atrocità. Impiccò personalmente donne incinte e bambine, sparava in testa a così tanti deportati che la pistola regolarmente si surriscaldava e si inceppava; dopo i massacri correva al bordello del campo perché la vista del sangue lo eccitava. A Natale 1944 fece erigere un Albero di Natale nel piazzale dell'appello decorandolo con una forca, a cui fece impiccare due prigionieri con grossi sacchi di carta colorati sulla testa. Gli piaceva insultare fortemente chi stava per essere ucciso; tra l'altro sporcava e stracciava davanti a loro persino le foto dei loro cari. Amava assassinare i deportati appendendoli a ganci da macellaio. Al termine del conflitto riuscì a far perdere le sue tracce. Questi stracci sono la divisa d'obbligo delle deportate in quarantena... La sbobba è una brodaglia insipida e dolciastra, molto liquida, che dobbiamo mangiare senza cucchiaio. Il leccare la minestra come i cani avvilisce, fa sentire bestie molto più di altre cose. La logica del sistema vuole proprio questo... Le deportate anziane e le inabili al lavoro, a Ravensbrück si ammazzano; si usa inviarle con i famigerati "trasporti neri" alla soppressione in centri di sterminio attrezzati. La giornata nel blocco inizia alle 3,30 con il fischio della sirena. In mezz'ora bisogna scendere dal letto, infilarsi il vestito, rifare il letto alla perfezione secondo il regolamento, andare a lavarsi, fare la coda alla latrina e schierarsi, dieci per dieci, sulla Strasse davanti al blocco. L'appello del mattino è una delle tante torture del campo. Costringe a rimanere in piedi in ranghi di dieci per ore e ore. L'appello si svolge in posizione di attenti, sotto la pioggia, la neve o il vento. All'appello è proibito muoversi, parlare con le compagne, accoccolarsi quando le gambe non reggono più, battere i piedi per riscaldarsi, avere il petto ricoperto di un pezzo di carta rubata per difendersi dal freddo. Dopo la prima mezz'ora diventa una tortura. Il cervello si svuota, le gambe si gonfiano, i piedi fanno male, dolori atroci corrono per tutti i muscoli. L'appello a Ravensbrück, dove si addestra psicologicamente la manodopera destinata a lavorare, produrre e rendere nell'industria tedesca, è molto più lungo che non quello dei sottocampi di lavoro dell'industria stessa.» Bastonati e costretti a trasportare massi enormi Ai deportati (di Flossemburg) condannati per reati politici venivano assegnate punizioni corporali supplementari; dovevano portare sulle spalle una pietra di 20 chili con dipinto in rosso il loro numero di matricola in andata e ritorno dal lavoro al blocco e ad un giorno prestabilito del mese, ricevere 25 bastonate sulle natiche, sferrate con tutta forza; il deportato doveva contarle in tedesco e non sbagliare o svenire, sennò si ricominciava daccapo. L’appello mattutino: in piedi per ore e ore sotto la pioggia e la neve «Il dormitorio è completamente occupato da letti a castello a tre piani, lo spazio tra i piani è così poco che da sedute le prigioniere battono la testa contro le assi. Ogni letto […], è destinato a due o anche tre deportate per posto. Ricordano all'aspetto i ripiani per i bachi da seta: li ricordano anche nel brusio ininterrotto di larve umane che da essi si leva, li ricordano soprattutto nella puzza insopportabile che emana da centinaia di corpi mal lavati. Prima la divisa era a strisce grigie e blu, ma nel '44 è ormai un lusso concesso alle vecchie del cam- I dossier della Ginestra – gennaio 2015 (Lidia Beccara Rolfi“Le donne di Ravensbrück”) 5 La giornata della memoria ESPERIMENTI NAZISTI SU CAVIE UMANE diati dall’interno. Pare che il 15% dei gemelli esaminati sia stato ucciso in questo modo o durante qualche operazione chirurgica. Esperimenti di decompressione Tali esperimenti vennero condotti su prigionieri del lager di Dachau. I deportati venivano chiusi dentro una stanza in cui veniva abbassata gradualmente la pressione atmosferica, fino ad arrivare alla completa mancanza di ossigeno. Si ricostruiva in questo modo la caduta di un paracadutista da 12-13 km di altezza. I risultati dovevano verificare o smentire le varie teorie di salvataggio di un soggetto in caduta libera con paracadute . Al termine dell'esperimento i corpi dei deportati venivano sezionati. Poteva succedere che nella fase del sezionamento, la persona fosse ancora viva. gli esperimenti di Mengele sui gemelli Raggi X e castrazione Molte donne uscirono dall’applicazione con ustioni notevoli, che potevano infettarsi; molte svilupparono sintomi di peritonite, fra cui febbre, forti dolori e vomito. Dopo l’esposizione ai raggi X, le ovaie delle donne venivano asportate chirurgicamente ed esaminate in laboratorio per accertare se i raggi X fossero stati o no efficaci nella distruzione dei tessuti. Gli uomini non subivano una sorte migliore. Oltre agli eritemi da scottatura attorno allo scroto, i posteriori racconti delle vittime parlano della raccolta del loro sperma, e del brutale massaggio della prostata per mezzo di pezzi di legno introdotti nel retto. Veniva poi effettuato un intervento chirurgico al fine di asportare un testicolo, o entrambi. Gli sviluppi postoperatori erano disastrosi e comprendevano emorragie, setticemie, assenza di tono muscolare conseguente alle ferite, cosicché molti morivano rapidamente, mentre altri venivano mandati a fare un lavoro che li avrebbe fatti morire in poco tempo. Esperimenti di congelamento prolungato e successiva rianimazione I deportati venivano immersi in vasche di acqua gelata (temperatura iniziale di 5,2° fino a scendere a 4°) per un periodo prolungato (95 minuti). Quando i deportati non morivano, i medici indagavano se la rianimazione di esseri umani assiderati fosse più proficua mediante calore animale o mediante medicinali e/o procedimenti fisici. Le temperature corporee dei deportati, all’uscita dall’'acqua, si aggirava fra i 25° ed i 29°, ma alcuni documenti dei medici riportano di deportati che non morivano ancora quando la temperatura scendeva fino a 24°. Le vittime venivano quindi poste in un letto e legate strettamente a una o due donne nomadi completamente nude, che facevano per ore (talvolta per giorni) da stufe umane per fare loro riprendere conoscenza. La percentuale di mortalità non era alta, ma i prigionieri soffrivano poi di disturbi cardiocircolatori ed altre patologie. Ricerche sull'epatite epidemica L'epatite epidemica stava facendo una strage fra i soldati tedeschi sul fronte russo, quindi i nazisti decisero di studiarne le cause e trovarvi rimedio. Dopo una serie di studi di laboratorio condotti dal dottore militare Dohmen, il Dott. Karl Brandt, uno dei più famigerati medici nazisti, chiese l'autorizzazione a Heinrich Himmler di avviare l'inoculazione ad esseri umani di ceppi di virus coltivati. Gli esperimenti furono condotti a Sachsenhausen. Le ricerche sui gemelli monozigotici Gli esperimenti erano condotti da Josef Mengele, ad Auschwitz e Birkenau. Dopo aver misurato e indagato ogni singolo centimetro del corpo dei gemelli, appurate le eventuali differenze, i soggetti venivano addormentati con un’iniezione di Evipan sul braccio e poi uccisi con un’iniezione di cloroformio fatta personalmente da Mengele direttamente nel cuore. I corpi venivano a questo punto sezionati e stu- I dossier della Ginestra – gennaio 2015 6 La giornata della memoria Primo Levi: La nostra lingua manca di parole per descrivere ciò che è accaduto «Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere quest'offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati in fondo. Più già di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla è più nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga». tica, dei non-uomini che marciano e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanchi per comprenderla». «Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un UOMO VUOTO, ridotto a sofferenze e bisogno, dimentico di dignità e discernimento poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso […]». «Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti». (da Un passato «Sappiamo donde veniamo: i ricordi del mondo fuori popolano i nostri sonni e le nostre veglie, ci accorgiamo con stupore che nulla abbiamo dimenticato, ogni memoria evocata ci sorge davanti dolorosamente nitida. Ma dove andiamo non sappiamo. […] Qui, lontani momentaneamente dalle bestemmie e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati, non abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare dell'uomo». che credevamo non dovesse tornare più, Corriere della sera, 8 maggio 1974) «Nel corso di questi mesi, su dieci di noi, sette morranno. Chi non morrà, soffrirà minuto per minuto, per ogni giorno, per tutti i giorni: dal mattino avanti l'alba fino alla distribuzione della zuppa serale dovrà tenere costantemente i muscoli tesi, danzare da un piede all'altro per resistere al freddo... Quando abbiamo visto i primi fiocchi di neve, abbiamo pensato che, se l'anno scorso a quest'epoca ci avessero detto che avremmo visto ancora un inverno nel Lager, saremmo andati a toccare il reticolato elettrico; e che anche adesso ci andremmo, SE FOSSIMO LOGICI, se non fosse per questo INSENSATO PAZZO RESIDUO DI SPERANZA INCONFESSABILE...». [I passi senza indicazione sono tratti da: Se questo è un uomo]. «La loro vita è breve e il loro numero sterminato; sono loro i sommersi; loro la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre iden- I dossier della Ginestra – gennaio 2015 7 La giornata della memoria HANNAH ARENDT E LA BANALITÀ DEL MALE «L'alto concetto del progresso umano è stato privato del suo senso storico e degradato a mero fatto naturale, sicché il figlio è sempre migliore e più saggio del padre e il nipote più libero di pregiudizi del nonno. Alla luce di simili sviluppi, dimenticare è diventato un dovere sacro, la mancanza di esperienza un privilegio e l'ignoranza una garanzia di successo». (Hannah Arendt, Ebraismo e modernità, Feltrinelli, Milano 2001, p. 119) «I lager sono i laboratori dove si sperimenta la trasformazione della natura umana [...]. Finora la convinzione che tutto sia possibile sembra aver provato soltanto che tutto può essere distrutto. Ma nel loro sforzo di tradurla in pratica, i regimi totalitari hanno scoperto, senza saperlo, che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire né perdonare. Quando l'impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva più essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell'interesse egoistico, dell'avidità, dell'invidia, del risentimento; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l'amicizia perdonare, la legge punire». (Le origini del totalitarismo) il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s'interessa al male viene frustrato, perché non c'è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale». (Lettera a Gershom Scholem) «Il guaio del caso Eichmann era che uomini come lui ce n'erano tanti e che questi tanti non erano né perversi né sadici, bensì erano, e sono tuttora, terribilmente normali». (La banalità del male) «[Eichmann] non era stupido, era semplicemente senza idee [...]. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee, possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell'uomo. Questa fu la lezione di Gerusalemme. Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria». (La banalità del male) Daniel Jonah Goldhagen, nel libro ˝I volenterosi carnefici di Hitler˝, denunciò il ruolo attivo dei ˝tedeschi comuni˝ nell’olocausto degli ebrei: una tesi che sconcertò l’opinione pubblica della Germania. Molte sue analisi, tutte ben documentate e argomentate, non sono lontane dalle riflessioni di Hannah Arendt sulla ˝banalità del male˝. Hannah Arendt «È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché I dossier della Ginestra – gennaio 2015 8 La giornata della memoria