I sussurri di cui non ti accorgi

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I sussurri di cui non ti accorgi
Titolo della tesina: La realtà come specchio del proprio dolore
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Sezione narrativa: racconto
I sussurri di cui non ti accorgi
Ogni mattina, quando andava a scuola, si guardava attorno. Le piaceva il modo in cui quel lieve
accenno di mistero scendeva sui palazzi, sulle finestre sbarrate, sui negozi chiusi e sui volti
perennemente ostili dei passanti. Osservare la città che cercava di svegliarsi le dava l’impressione di
sentire qualcosa: i passi affrettati e martellanti sull’asfalto, il fumo delle sigarette e delle macchine
che in spire si innalzava sinuoso verso il cielo plumbeo, il vento che penetrava ogni spiraglio e le
ombre della notte che come corvi aleggiavano ancora sui rami spogli degli alberi.
Eppure quella desolazione e quel perenne grigiore e persino la pesante sensazione di assenza le
sfuggivano subito via, come se ogni cosa che la circondava fosse destinata a passare inosservata. Ci
pensava sempre, persino quando la mattina si svegliava nel buio della sua stanza. C’era qualcosa di
irrimediabilmente sbagliato nel modo in cui tutte quelle anime vagavano nel grigiore e nella
desolazione senza chiedersi se ci fosse qualcosa di meglio la fuori, per ognuna di loro. E lei faceva
parte di quelle anime.
Anche lei vagava senza meta, assente in ogni emozione, arresa al tempo che, con la sua rabbia,
lambiva inesorabilmente il mondo.
Ogni mattina, quando andava a scuola, si guardava attorno, gli occhi bianchi persi in
quell’immensità.
Come cominciò tutto a cambiare non riuscì mai a spiegarselo. Ricordava bene quel pomeriggio
quando, invece di vagare per le solite strade in cerca di qualcosa di ignoto, aveva deciso che voleva
vedere il mare. Quando imboccò il viale d’alberi che costeggiava la spiaggia rimase senza fiato. Per
lei era uno spettacolo unico, una distesa grigia infinita, immobile ma allo stesso tempo pieno di
quella vita, irrequieta e pulsante, che nessun essere umano trovava più.
Ammirare il mare le dava l’impressione di vedere sprazzi di un colore indefinito, un colore del
quale avrebbe dipinto il cielo e anche i muri della sua stanza, per potersene riempire gli occhi ogni
volta che ne sentiva il bisogno.
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Quel pomeriggio però c’era qualcosa che la attirava ancor più verso quel luogo: il desiderio di
riempirsi l’anima di quell’immensità le bruciava quasi il petto ed inconsciamente si fermò a
guardare l’acqua e l’orizzonte finché non ebbe l’impressione di caderci dentro.
- Succede anche a me, ogni volta che lo guardo. Le si era avvicinato un uomo, prendendola alla sprovvista e lei non poté fare a meno di guardarsi
attorno e chiedersi da dove fosse spuntato, quindi lo guardò di nuovo, ed i suoi occhi si puntarono
in quelli dell’uomo. Erano gli occhi di un’anima che aveva visto gli orrori e la cattiveria del mondo,
che era sola, sconsolata e miserabile, ma non come tutte le altre. Per un attimo le parve di
intravvedere ciò che una volta chiamavano serenità, amore e speranza, ma erano sprazzi di
sentimenti da molto tempo perduti che ormai si leggevano solo nei libri e lei distolse lo sguardo,
afflitta da quel che il suo mondo era diventato: spento.
Si riscosse dai suoi pensieri quando l’uomo fece qualche passo lento lungo il viale, si appoggiò con
le braccia esili al bastone da passeggio e si girò a guardarla, gli occhi guizzanti, le labbra raggrinzite
dal freddo e dall’età tirate in un sorriso quasi nervoso, la voce flebile contro il vento pungente.
- Sai che cosa significa?
Lei guardò il punto che l’uomo le indicava, una lastra incastonata nel terreno in mezzo a due enormi
alberi che stagliavano verso il cielo i rami come artigli, e scosse la testa.
- Non l’ ho mai letta.
- “Ode la voce che viene dalle cose e dal profondo.” – recitò l’uomo.
- Che cosa significa? – chiese rileggendo le parole.
L’uomo aspettò a rispondere, come se la risposta fosse più che ovvia. Nel frattempo, il mare e il
vento sembravano avessero dato inizio ad un danza, fatta di sussurri e crepitii che portavano da
lontano odori e ricordi.
- Tocca a te scoprirlo. Hai tutto qui dentro. – le rispose toccandogli il petto e guardandola negli
occhi come se riponesse in lei tutti gli anni che gli gravavano sulle spalle. La ragazza scosse la testa
guardando l’iscrizione con una tale intensità che le fecero male gli occhi.
- Non riesco a capire. Cosa significa? – chiese di nuovo ma quando si girò, l’uomo di stava già
allontanando verso la città, stagliata davanti a lui come fantasma.
- Aspetti! – cercò di fermarlo, invasa da una sensazione di tormento. – Almeno mi dica chi l’ha
scritto.
L’uomo si girò, le rughe intorno agli occhi sorrisero insieme alla sua bocca.
- Io. – disse e mentre chinava la testa, agli occhi della ragazza apparve qualcosa che non aveva mai
visto: appuntato alla giacca dell’uomo c’era un fazzoletto, brillante di un colore intenso che le fece
ricordare il sole ed il tramonto, con il loro calore travolgente. Avrebbe voluto correre dietro a quel
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vecchio, vestito elegantemente, dall’andatura lenta e ricurva, ma rimase immobile, con il fuoco che
le ardeva davanti agli occhi, vivo.
Ritornò in quel posto per tanti giorni, ma senza più incontrare quell’uomo misterioso.
Rilesse tante volte le parole sulla lastra, fino a quando queste perdevano il loro significato, ma ad
ogni lettura le capiva meno. Eppure ogni volta qualcosa mutava. Una mattina, mentre si
preparavano per uscire insieme nel freddo dell’inverno, si sorprese ad ammirare il volto di sua
madre schiarito dal colore vivido delle sue labbra e riflessi che danzavano nei capelli del suo
fratellino. Non riusciva nemmeno a ricordare di cosa stessero parlando, il calore che i colori
sembravano emanare quasi la ipnotizzarono e sua madre le sventolò la mano davanti agli occhi, per
poi ammonirla per la sua distrazione. Eppure il sorriso accondiscende che le rivolse pochi attimi
dopo se lo ricordava vividamente, sembrava quasi che sua madre vedesse quei colori sempre e che
avesse intuito tutto, eppure non ebbe il coraggio di chiedergli se così fosse, quasi con la paura di
essere presa per pazza.
Quando tornò ad ammirare il mare, scoprì che si sentiva diversa, traboccante di emozioni che non
riusciva a spiegarsi, tanto intense che le faceva male il petto e tutto intorno a lei tremava come se
dovesse scoppiare da un momento all’altro.
Un giorno decise persino che avrebbe detto a qualcuno ciò che sentiva, fosse stato anche il primo
che passava per strada, tale era la paura che da un momento all’altro sparisse tutto senza lasciare
alcuna traccia.
Successe una sera. Il sole era quasi completamente calato dentro il mare, lasciandosi dietro il cielo
striato di nuvole pesanti. Quel giorno aveva fatto tardi ma voleva rivedere il mare e quel viale sul
quale sentiva d’aver ritrovato qualcosa che non sapeva di cercare, la voglia di ribellarsi ed evadere
dall’apatia della quale il mondo era prigioniero. Ma c’era qualcuno nel solito posto dove lei si
fermava: le mani strette attorno al bastone da passeggio, le spalle strette fasciate in un vecchio
cappotto nero, in testa un cappello che sembrava modellato per coprire i capelli grigi più che per
tenere caldo. Riconobbe nella figura ricurva il vecchio, con lo sguardo perso nell’orizzonte pieno di
foschia. Gli si avvicinò piano, timorosa di riportarlo alla realtà troppo in fretta, eppure l’uomo le
parlò con l’immensità del mare che gli si rifletteva negli occhi.
- Quindi mia cara? Come va?
La ragazza ricacciò dentro l’urlo che le stava salendo su per la gola.
- Grazie. – disse semplicemente.
Il vecchio sorrise e solo allora si girò a guardarla.
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- Per cosa mia cara?
La ragazza sorrise a sua volta.
- Non so nemmeno come spiegarlo. C’era tutto questo grigio, e tutta questa tristezza, ed il freddo.
Sembrava che tutto fosse destinato a sfumare nel tempo. Credo che ci fosse già qualcosa che non mi
lasciava soccombere alla tristezza insieme agli altri, ma non riuscivo a capirlo e lei mi ha aiutata.
Non so come, ma l’ha fatto. Tutto ciò che sto scoprendo è sempre esistito, solo che siamo tutti
troppo concentrati sul nostro dolore per rendercene conto. Certo, è giusto preoccuparci per noi
stessi, ma non a tale livello da non guardarci intorno e dimenticare tutta la bellezza che ci circonda.
Ma adesso tutto attorno a me tremola come se fosse scosso dal vento e io non riesco a capire cosa
devo fare. - Hai tutto qui dentro. – le disse il vecchio portandosi la mano al cuore.
- Ho solo voglia di urlare tutto al vento.
- Oppure potresti semplicemente dirlo a qualcuno. – il vecchio le indicò qualcosa, o meglio
qualcuno, alle sue spalle. Lei si girò e vide un ragazzo che stava appoggiato alla balaustra,
sporgendosi verso le onde che si infrangevano sui muri del viale. Lo aveva già visto, e più volte lo
aveva sorpreso a guardarla e ogni volta pensava che forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa.
- Forse dovresti davvero. – le disse l’uomo come se le avesse letto nella mente, e le diede una
piccola spinta per incoraggiarla.
Si incamminò, i piedi congelati ed il cuore martellante. Non sapeva cosa stesse facendo, ma
sembrava tutto così giusto, tutto così bello, che non si fermò finché non fu abbastanza vicino da
poterlo osservare: i capelli castani rilucevano nei raggi morenti del sole, ricadendo sulla fronte e
adombrando due occhi azzurri come il mare, le spalle larghe tremavano dal freddo, eppure continuò
a tenerle ricurve su un blocco da disegno sul quale, con le mani che sembravano troppo fredde,
grandi e aspre tracciava sul foglio, con una penna rossa, linee e sfumature che fecero quasi
riprendere vita e luce al cielo.
Rimase a guardarlo in silenzio. C’era qualcosa dentro di lei in quell’istante che la faceva sentire
come se il cuore le dovesse scoppiare nel petto e dipingere di rosso tutto ciò che li circondava.
Quando ebbe finito alzò lo sguardo su di lei con un sorriso incerto e nei suoi occhi esplose il mare,
il cielo, il sole, il vento.
L’improvvisa esplosione di colori ed emozioni la travolsero in pieno. Ecco cosa intendeva l’uomo.
Guardare nel profondo, ascoltare ciò che dice il cuore e dargli retta, porterà sempre a qualcosa che
ci riporterà alla vita a cui tanto aspiriamo.
Cercò di dire qualcosa, eppure la voce le morì nella gola. In quel momento non ce n’era bisogno.
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In lontananza, il vecchio si incamminò verso la città fantasma con un sorriso dipinto sulle labbra
rugose: si stava lasciando dietro due cuori aperti e ne aveva davanti altri migliaia da riportare in
vita.
Dina Luminita Andronic
Classe 4LB
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