I sussurri di cui non ti accorgi
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I sussurri di cui non ti accorgi
Titolo della tesina: La realtà come specchio del proprio dolore _____________________________________ Sezione narrativa: racconto I sussurri di cui non ti accorgi Ogni mattina, quando andava a scuola, si guardava attorno. Le piaceva il modo in cui quel lieve accenno di mistero scendeva sui palazzi, sulle finestre sbarrate, sui negozi chiusi e sui volti perennemente ostili dei passanti. Osservare la città che cercava di svegliarsi le dava l’impressione di sentire qualcosa: i passi affrettati e martellanti sull’asfalto, il fumo delle sigarette e delle macchine che in spire si innalzava sinuoso verso il cielo plumbeo, il vento che penetrava ogni spiraglio e le ombre della notte che come corvi aleggiavano ancora sui rami spogli degli alberi. Eppure quella desolazione e quel perenne grigiore e persino la pesante sensazione di assenza le sfuggivano subito via, come se ogni cosa che la circondava fosse destinata a passare inosservata. Ci pensava sempre, persino quando la mattina si svegliava nel buio della sua stanza. C’era qualcosa di irrimediabilmente sbagliato nel modo in cui tutte quelle anime vagavano nel grigiore e nella desolazione senza chiedersi se ci fosse qualcosa di meglio la fuori, per ognuna di loro. E lei faceva parte di quelle anime. Anche lei vagava senza meta, assente in ogni emozione, arresa al tempo che, con la sua rabbia, lambiva inesorabilmente il mondo. Ogni mattina, quando andava a scuola, si guardava attorno, gli occhi bianchi persi in quell’immensità. Come cominciò tutto a cambiare non riuscì mai a spiegarselo. Ricordava bene quel pomeriggio quando, invece di vagare per le solite strade in cerca di qualcosa di ignoto, aveva deciso che voleva vedere il mare. Quando imboccò il viale d’alberi che costeggiava la spiaggia rimase senza fiato. Per lei era uno spettacolo unico, una distesa grigia infinita, immobile ma allo stesso tempo pieno di quella vita, irrequieta e pulsante, che nessun essere umano trovava più. Ammirare il mare le dava l’impressione di vedere sprazzi di un colore indefinito, un colore del quale avrebbe dipinto il cielo e anche i muri della sua stanza, per potersene riempire gli occhi ogni volta che ne sentiva il bisogno. 1 Quel pomeriggio però c’era qualcosa che la attirava ancor più verso quel luogo: il desiderio di riempirsi l’anima di quell’immensità le bruciava quasi il petto ed inconsciamente si fermò a guardare l’acqua e l’orizzonte finché non ebbe l’impressione di caderci dentro. - Succede anche a me, ogni volta che lo guardo. Le si era avvicinato un uomo, prendendola alla sprovvista e lei non poté fare a meno di guardarsi attorno e chiedersi da dove fosse spuntato, quindi lo guardò di nuovo, ed i suoi occhi si puntarono in quelli dell’uomo. Erano gli occhi di un’anima che aveva visto gli orrori e la cattiveria del mondo, che era sola, sconsolata e miserabile, ma non come tutte le altre. Per un attimo le parve di intravvedere ciò che una volta chiamavano serenità, amore e speranza, ma erano sprazzi di sentimenti da molto tempo perduti che ormai si leggevano solo nei libri e lei distolse lo sguardo, afflitta da quel che il suo mondo era diventato: spento. Si riscosse dai suoi pensieri quando l’uomo fece qualche passo lento lungo il viale, si appoggiò con le braccia esili al bastone da passeggio e si girò a guardarla, gli occhi guizzanti, le labbra raggrinzite dal freddo e dall’età tirate in un sorriso quasi nervoso, la voce flebile contro il vento pungente. - Sai che cosa significa? Lei guardò il punto che l’uomo le indicava, una lastra incastonata nel terreno in mezzo a due enormi alberi che stagliavano verso il cielo i rami come artigli, e scosse la testa. - Non l’ ho mai letta. - “Ode la voce che viene dalle cose e dal profondo.” – recitò l’uomo. - Che cosa significa? – chiese rileggendo le parole. L’uomo aspettò a rispondere, come se la risposta fosse più che ovvia. Nel frattempo, il mare e il vento sembravano avessero dato inizio ad un danza, fatta di sussurri e crepitii che portavano da lontano odori e ricordi. - Tocca a te scoprirlo. Hai tutto qui dentro. – le rispose toccandogli il petto e guardandola negli occhi come se riponesse in lei tutti gli anni che gli gravavano sulle spalle. La ragazza scosse la testa guardando l’iscrizione con una tale intensità che le fecero male gli occhi. - Non riesco a capire. Cosa significa? – chiese di nuovo ma quando si girò, l’uomo di stava già allontanando verso la città, stagliata davanti a lui come fantasma. - Aspetti! – cercò di fermarlo, invasa da una sensazione di tormento. – Almeno mi dica chi l’ha scritto. L’uomo si girò, le rughe intorno agli occhi sorrisero insieme alla sua bocca. - Io. – disse e mentre chinava la testa, agli occhi della ragazza apparve qualcosa che non aveva mai visto: appuntato alla giacca dell’uomo c’era un fazzoletto, brillante di un colore intenso che le fece ricordare il sole ed il tramonto, con il loro calore travolgente. Avrebbe voluto correre dietro a quel 2 vecchio, vestito elegantemente, dall’andatura lenta e ricurva, ma rimase immobile, con il fuoco che le ardeva davanti agli occhi, vivo. Ritornò in quel posto per tanti giorni, ma senza più incontrare quell’uomo misterioso. Rilesse tante volte le parole sulla lastra, fino a quando queste perdevano il loro significato, ma ad ogni lettura le capiva meno. Eppure ogni volta qualcosa mutava. Una mattina, mentre si preparavano per uscire insieme nel freddo dell’inverno, si sorprese ad ammirare il volto di sua madre schiarito dal colore vivido delle sue labbra e riflessi che danzavano nei capelli del suo fratellino. Non riusciva nemmeno a ricordare di cosa stessero parlando, il calore che i colori sembravano emanare quasi la ipnotizzarono e sua madre le sventolò la mano davanti agli occhi, per poi ammonirla per la sua distrazione. Eppure il sorriso accondiscende che le rivolse pochi attimi dopo se lo ricordava vividamente, sembrava quasi che sua madre vedesse quei colori sempre e che avesse intuito tutto, eppure non ebbe il coraggio di chiedergli se così fosse, quasi con la paura di essere presa per pazza. Quando tornò ad ammirare il mare, scoprì che si sentiva diversa, traboccante di emozioni che non riusciva a spiegarsi, tanto intense che le faceva male il petto e tutto intorno a lei tremava come se dovesse scoppiare da un momento all’altro. Un giorno decise persino che avrebbe detto a qualcuno ciò che sentiva, fosse stato anche il primo che passava per strada, tale era la paura che da un momento all’altro sparisse tutto senza lasciare alcuna traccia. Successe una sera. Il sole era quasi completamente calato dentro il mare, lasciandosi dietro il cielo striato di nuvole pesanti. Quel giorno aveva fatto tardi ma voleva rivedere il mare e quel viale sul quale sentiva d’aver ritrovato qualcosa che non sapeva di cercare, la voglia di ribellarsi ed evadere dall’apatia della quale il mondo era prigioniero. Ma c’era qualcuno nel solito posto dove lei si fermava: le mani strette attorno al bastone da passeggio, le spalle strette fasciate in un vecchio cappotto nero, in testa un cappello che sembrava modellato per coprire i capelli grigi più che per tenere caldo. Riconobbe nella figura ricurva il vecchio, con lo sguardo perso nell’orizzonte pieno di foschia. Gli si avvicinò piano, timorosa di riportarlo alla realtà troppo in fretta, eppure l’uomo le parlò con l’immensità del mare che gli si rifletteva negli occhi. - Quindi mia cara? Come va? La ragazza ricacciò dentro l’urlo che le stava salendo su per la gola. - Grazie. – disse semplicemente. Il vecchio sorrise e solo allora si girò a guardarla. 3 - Per cosa mia cara? La ragazza sorrise a sua volta. - Non so nemmeno come spiegarlo. C’era tutto questo grigio, e tutta questa tristezza, ed il freddo. Sembrava che tutto fosse destinato a sfumare nel tempo. Credo che ci fosse già qualcosa che non mi lasciava soccombere alla tristezza insieme agli altri, ma non riuscivo a capirlo e lei mi ha aiutata. Non so come, ma l’ha fatto. Tutto ciò che sto scoprendo è sempre esistito, solo che siamo tutti troppo concentrati sul nostro dolore per rendercene conto. Certo, è giusto preoccuparci per noi stessi, ma non a tale livello da non guardarci intorno e dimenticare tutta la bellezza che ci circonda. Ma adesso tutto attorno a me tremola come se fosse scosso dal vento e io non riesco a capire cosa devo fare. - Hai tutto qui dentro. – le disse il vecchio portandosi la mano al cuore. - Ho solo voglia di urlare tutto al vento. - Oppure potresti semplicemente dirlo a qualcuno. – il vecchio le indicò qualcosa, o meglio qualcuno, alle sue spalle. Lei si girò e vide un ragazzo che stava appoggiato alla balaustra, sporgendosi verso le onde che si infrangevano sui muri del viale. Lo aveva già visto, e più volte lo aveva sorpreso a guardarla e ogni volta pensava che forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa. - Forse dovresti davvero. – le disse l’uomo come se le avesse letto nella mente, e le diede una piccola spinta per incoraggiarla. Si incamminò, i piedi congelati ed il cuore martellante. Non sapeva cosa stesse facendo, ma sembrava tutto così giusto, tutto così bello, che non si fermò finché non fu abbastanza vicino da poterlo osservare: i capelli castani rilucevano nei raggi morenti del sole, ricadendo sulla fronte e adombrando due occhi azzurri come il mare, le spalle larghe tremavano dal freddo, eppure continuò a tenerle ricurve su un blocco da disegno sul quale, con le mani che sembravano troppo fredde, grandi e aspre tracciava sul foglio, con una penna rossa, linee e sfumature che fecero quasi riprendere vita e luce al cielo. Rimase a guardarlo in silenzio. C’era qualcosa dentro di lei in quell’istante che la faceva sentire come se il cuore le dovesse scoppiare nel petto e dipingere di rosso tutto ciò che li circondava. Quando ebbe finito alzò lo sguardo su di lei con un sorriso incerto e nei suoi occhi esplose il mare, il cielo, il sole, il vento. L’improvvisa esplosione di colori ed emozioni la travolsero in pieno. Ecco cosa intendeva l’uomo. Guardare nel profondo, ascoltare ciò che dice il cuore e dargli retta, porterà sempre a qualcosa che ci riporterà alla vita a cui tanto aspiriamo. Cercò di dire qualcosa, eppure la voce le morì nella gola. In quel momento non ce n’era bisogno. 4 In lontananza, il vecchio si incamminò verso la città fantasma con un sorriso dipinto sulle labbra rugose: si stava lasciando dietro due cuori aperti e ne aveva davanti altri migliaia da riportare in vita. Dina Luminita Andronic Classe 4LB 5