Informazioni - Fisac Cgil Vicenza
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Informazioni - Fisac Cgil Vicenza
[email protected] Anno XXI - Giugno 2008 PERIODICO DELLA FISAC CGIL Contratti a Termine con diritto di precedenza Risparmio tradito? L a circolare del Ministero del Lavoro 13/2008 emanata il 2.5.2008 ha fornito alcune precisazioni relativamente all’applicazione delle norme contenute nel Protocollo sul Welfare del 23 luglio riguardanti i contratti di lavoro a termine. Ricordiamo che la nuova normativa, oltre a reintrodurre il principio che “normalmente” il contratto di lavoro subordinato debba essere a tempo indeterminato, prevede alcune misure maggiormente favorevoli per i contratti a tempo determinato. Si riconosce la possibilità di trasformazione degli stessi in tempi indeterminati dopo una serie di contratti, anche non consecutivi ma per mansioni equivalenti, la cui somma superi i 36 mesi di attività presso lo stesso datore di lavoro. Sono esclusi dalla normativa le attività stagionali, i contratti di apprendistato, quelli di somministrazione (ex interinali). Poiché vanno considerati anche periodi transitori, deroghe e norme particolari per identificare la durata dei contratti a tempo determinato, invitiamo gli interessati a contattare, in caso di necessità, le nostre Rappresentanze Sindacali. Di particolare significato anche le previsioni riguardanti il diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni, per la fruibilità del quale è necessaria una espressa manifestazione di volontà da parte Continua a pag. 3 Prodotti incomprensibili, spese elevate, rendimenti modesti. Le banche alla sbarra del mercato e i bancari tra incudine e martello! C hi ha qualche anno di banca ricorderà che un tempo i risparmiatori chiedevano con insistenza il rendimento di questo o quel titolo andando alla ricerca, com’è giusto che sia, di massimizzare il rendimento dei propri risparmi. I vari scandali che si sono succeduti, la crisi delle borse, i nuovi “prodotti” offerti (o inferti…) ai risparmiatori hanno mutato, almeno in parte, il tenore delle domande che i consulenti si vedono rivolgere. Pare ora che la domanda più frequente sia quella del capitale garantito. Un po’ insolito che un risparmiatore si rivolga alla banca non già per far fruttare i suoi denari ma per evitare che…si dissolvano. Anche i depliant pubblicitari, che le banche generosamente distribuiscono alla clientela, enfatizzano la garanzia del capitale a scadenza. Quello che dovrebbe essere un dovere istituzionale, il minimo da cui partire, viene reclamizzato quasi fosse una rara virtù. Insomma il cittadino medio, passato dalla fase in cui i titoli di Stato registravano rendimenti a due cifre, è precipitato in un periodo, complice la crisi delle borse, in cui le perdite sul capitale sono state massicce. E adesso la nuova frontiera della finanza di casa nostra parrebbe non già quella di far fruttare egregiamente i denari ma di garantire il capitale alla scadenza. Una metamorfosi che ha investito l’intero settore bancario nazionale arricchendo in modo straordinario, e straordinariamente rapido, banche e assicurazioni, con soldi provenienti direttamente dalle ta- sche dei risparmiatori che in buona parte dei casi si sono accontentati di investire i loro denari pensando soprattutto a non perdere, quasi identificando il sistema finanziario più con un casinò che con un mercato rispettabile... Cosa è accaduto dunque, e come è possibile, che anche in anni di recessione economica banche e assicurazioni abbiano comunque registrato utili record? Continua a pag. 2 Tra Budget, Mifid, Isvap e... coscienza! C ome vendere e cosa vendere? Il problema non è recente e non sembra in via di risoluzione. Gli operatori delle società di intermediazione finanziaria, siano banche od assicurazioni, addetti al settore commerciale, sono sempre più in difficoltà, stretti tra le pressioni (od oppressioni come argutamente sottolineato dai Sindacati di Unicredit in un loro volantino) delle aziende, le nuove normative e, non da ultima, la loro coscienza e correttezza professionale. Vendere è l’imperativo assoluto, collocare nuovi prodotti, piazzarne di propri o di altrui ed una volta finita una campagna richiamare i clienti perché cambino tutto, perché ci sono “altre opportunità” molto migliori delle precedenti in un vortice senza fine e con ogni probabilità senza senso. “Fare i numeri”, come si dice in gergo, spesso equivale a dare i numeri, come da linguaggio popolare. Purtroppo la questione è davvero troppo seria per poterci solamente scherzare su, poiché coinvolge decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori e milioni di clienti. Limitando l’analisi al settore bancario appare evidente come le banche Continua a pag. 2 informazioni FISAC CGIL informazioni 2 Banche più ricche e famiglie più povere! Ci si accontenta del capitale garantito... E ppure le banche, ricche da sempre perché monopoliste, si sono misurate in questi anni con una forte concorrenza, che, abbinata alla riduzione della forbice dei tassi, ha iniziato ad erodere i margini di profitto. Non basta più aspettare il cliente, bisogna cercarlo e non è più sufficiente guadagnare pochi centesimi sul collocamento di un titolo di Stato, occorre guadagnare di più e subito. Si taglia il personale, si vende qualche gioiello di famiglia e nascono nuovi prodotti dai connotati sempre più misteriosi e indecifrabili, collegati ai più strani panieri azionari. Dai titoli della moda, ai titoli energetici, dalle blue chips ai mercati asiatici: centinaia di prodotti spesso incomprensibili non solo per il risparmiatore ma anche per il bancario che diligentemente li propone allo sportello. Questi prodotti confezionati da società specializzate sono valutabili nei loro effetti solo ed esclusivamente da chi li ha confezionati o da specialisti assoluti della materia. E, nella quasi totalità dei casi, le simulazioni fatte ( generalmente oltre 50 mila per prodotto) confermano che il “banco” è destinato a vincere e il “giocatore” irrepa- rabilmente a perdere. Chi poi in questi anni ha avuto la sventura di aver bisogno del suo denaro prima della scadenza ha lasciato sul terreno cifre davvero consistenti. Forse è meglio un BTP…. termine bandito dal vocabolario dei bancari assieme a CCT e alla sacrilega parola BOT, un tempo delizia dei risparmiatori. Che fare allora per rendere maggiormente trasparente la vendita dei prodotti?…. Magari una classifica a punti del rischio? O forse un bollino colorato che ne indichi il livello di “pericolo”? Oppure prevedere penalità a carico delle aziende qualora non raggiungano ( ed è un caso molto molto frequente) i risultati di rendimento prefissati, i famosi benchmark? O addirittura un nuovo intervento legislativo più severo a favore del risparmio? Certo è che non ci si può sottrarre a cercare di aumentare la tutela del risparmio, così come sancisce la stessa Costituzione repubblicana. Il lavoro da fare è molto e forse, per quel che ci riguarda, non si dovrà badare solo ai prodotti ma anche alla formazione del personale e alle modalità di retribuzione e di incentivazione del personale addetto alla vendita di prodotti assicurativi e finanziari. A meno che non ci si convinca che è corretto anche pagare i chirurghi in base ai punti di sutura applicati o i medici di famiglia per la quantità di medicine prescritte. Banche: il difficile compito dei venditori! L'instabile equilibro tra coscienza, premi e pressioni aziendali stiano diventando niente più che degli enormi negozi in cui quella che è l’attività tradizionale di intermediazione tende a divenire residuale, tanto è vero che in alcune aziende si differenzia ormai anche ufficialmente l’attività “da banca” rispetto a quella di vendita vera e propria. La struttura dei ricavi delle banche ormai da tempo vede la netta prevalenza delle commissioni e delle revenues da vendita prodotti rispetto ai margini sugli impieghi e la tendenza continua a rafforzarsi nonostante la forte espansione del credito al consumo che, di per sé, rappresenta comunque un altro problema dal momento che la propensione all’indebitamento delle famiglie ha risvolti sociali e necessita di analisi ed attenzioni almeno pari a quelle che si hanno per la tutela del risparmio. La composizione degli organici privilegia sempre più la rete commerciale, che vive comunque situazioni di profondo disagio visto che, in ragione del risparmio dei costi, risulta comunque sempre sottodimensionata rispetto ai compiti richiesti. Solo un accenno poi alle penose questioni riguardanti scandali e speculazioni finite male (ma chi sono questi “fenomeni” della finanza e da dove saltano fuori e soprattutto, pagheranno mai per la loro incapacità o malafede?) che hanno coinvolto negli ultimi tempi le più grandi banche internazionali e che si concluderanno come sempre con danni per i clienti e riduzione dei posti di lavoro. Tornando alla questione nostrana, risulta interessante anche fare qualche riflessione sulle recenti normative introdotte nell’ambito della intermediazione finanziaria quali i nuovi regolamenti ISVAP e la Direttiva Mifid. Si tratta di provvedimenti che hanno fondamentalmente lo scopo di migliorare la tutela dei clienti e di porre in capo alle aziende obblighi che vadano in questa direzione. Le intenzioni sono delle migliori, quindi, tuttavia qualche “rischio” per gli addetti ai lavori probabilmente esiste. L’estrema complessità delle nuove procedure comporta da un lato un ulteriore fardello amministrativo per i lavoratori e dall’altro difficoltà di comprensione e di consapevolezza per i clienti poiché non sempre molte regole si traducono in effettive maggiori garanzie. Ciò nonostante esiste il rischio che le aziende approfittino della situazione per traslare surrettiziamente parte delle loro responsabilità in capo ai dipendenti dal momento che il rispetto delle procedure è comunque demandato al personale. Oltre alla necessità di sottolineare il doveroso e indispensabile ruolo del Sindacato nel gestire tutte queste tematiche e pur riconoscendo le obiettive difficoltà a tradurre in pratica anche le intese raggiunte al riguardo (un accordo di grande valore sulla Responsabilità sociale delle banche risale al 2004 ma a poco è valso sino ad ora), un ragionamento va anche fatto sul ruolo dei lavoratori e sulla necessità che anche i loro comportamenti contribuiscano a mutare uno scenario altrimenti difficile da sostenere a lungo. Le pressioni commerciali sono spesso accompagnate da sistemi di incentivazione economica e tutto questo crea un circolo vizioso difficile da superare. Ogni dipendente deve però cercare di agire con grande professionalità e senso etico sapendo che il denaro non può costituire compensazione di ogni situazione. Lavorare correttamente non significa rischiare la vita, ed anzi Leggi e contratti tutelano ancora, per fortuna, i comportamenti virtuosi. Le pressioni commerciali ingenerano conseguenze negative non solo nei confronti della clientela, talvolta vista come limone da spremere piuttosto che patrimonio dell’azienda, ma anche nei rapporti tra i colleghi con vessazioni degli uni sugli altri, svilimento dei rapporti personali e del clima lavorativo. I budget individuali, oltrettutto di dubbia liceità, comportano l’isolamento del dipendente, frustrazioni ed abbassamento del livello etico e consegnano al singolo la gestione dei portafogli clienti e la loro mercificazione. Ce n’è ad abbondanza per capire che ognuno, nel proprio piccolo, debba compiere uno sforzo per cambiare le cose sapendo che non sarà mai lasciato solo dalle Organizzazioni Sindacali perché, come recita il titolo di un altro volantino della Fisac Cgil, “Eroi no, onesti sì!” informazioni FISAC CGIL informazioni Mifid: come dire difesa del risparmio Una direttiva europea per tutelare il risparmio. Sarà davvero efficace? Obiettivi della normativa europea in oggetto sono: 1) fornire a tutte le imprese di investimento una sorta di passaporto europeo rilasciato dal solo Paese di origine, con il quale sarà possibile prestare i loro servizi in tutto il mercato dell’UE; 2) rafforzare il sistema di garanzie per gli investitori, in special modo privati, a prescindere dalla localizzazione dell’investimento; 3) assicurare un sistema di esecuzione dei servizi di investimento all’interno del mercato UE in un contesto di elevata trasparenza, anche in termini di costi, qualità e conflitti di interesse. Al fine di perseguire tali obiettivi, la direttiva MiFID impone alle imprese di investimento una serie di obblighi e procedure che impattano sulla loro struttura organizzativa e sul comportamento da tenere nei confronti della clientela. Le Aziende di credito, Assicurative e Finanziarie devono mettere in atto tutte le procedure necessarie a rispondere ai principi dettati dalle norme di attuazione della normativa Europea Per svolgere l’attività di consulenza gli intermediari devono ottenere informazioni riguardo il profilo del cliente in materia di investimenti; l’investitore viene quindi collocato in una delle tre macro categorie previste, ognuna delle quali con diverse necessità di tutela: a) cliente al dettaglio b) cliente professionale; c) controparte qualificata. La prima, che ricomprende la stragrande maggioranza dei soggetti, è quella che necessita di maggiori garanzie e viene a sua volta suddivisa in base al profilo di rischio (prudente, moderato e dinamico). Per giungere alla corretta classificazione del cliente bisogna completare un questionario che riguarda : 1) nel caso di gestione portafogli e consulenza la conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, rilevante per il tipo di strumento o di servizio proposto, nonché situazione ed obiettivi finanziari (valutazione di adeguatezza); 2) nel caso si provveda solamente alla ricezione, trasmissione o esecuzione degli ordini per il collocamento di strumenti finanziari, sarà sufficiente valutare le conoscenze e l’esperienza (valutazione di appropriatezza); Se gli intermediari non acquisiscono tali informazioni non possono svolgere il servizio di consulenza in materia di investimenti o di gestione dei portafogli. Da tutto ciò che precede si può desumere con molta chiarezza che gli operatori hanno il dovere di svolgere correttamente l’intervista al cliente e di fornire adeguata informativa all’investitore qualora egli non voglia rispondere alle domande (impossibilità di valutare adeguatezza e\o appropriatezza del servizio proposto). Le funzioni di controllo interne alle aziende sono demandate a procedure di “compliance”, ossia a valutazione da parte di organi di vigilanza interni agli intermediari stessi che hanno il compito di verificare il rispetto della normativa in concorso con i soggetti istituzionali (Banca d’Italia e Consob). Precedenza per i contratti a termine dell’interessato. Di seguito riportiamo il testo della circolare riguardante questo aspetto sottolineandone i passaggi più significativi: “Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali. I diritti di precedenza così individuati possono essere eserci- tati a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro, rispettivamente, sei mesi o tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro e si estinguono entro un anno dalla stessa data” . Anche in questo caso invitiamo gli interessati a mettersi in contatto con i nostri Rappresentanti Sindacali per ogni esigenza di consulenza o rappresentanza. 3 UNICREDIT Tra pressioni e oppressioni il disagio dei lavoratori Le lavoratrici ed i lavoratori di Unicredito sono scesi in sciopero nel Triveneto. Alte le adesioni perché altrettanto alte erano tensione e disagio tra i lavoratori. Si comincia dal problema sicurezza visto l’elevato numero di rapine che ogni giorno subiscono le banche, per passare al disagio di molte lavoratrici e lavoratori che invano da anni attendono il part-time. Ed ancora il problema degli organici generalmente carenti in tutta la rete; l’azienda non opera sostituzioni e quando lo fa si tratta di misure parziali e insoddisfacenti. Ma tra i tanti disagi manifestati dai lavoratori Unicredit spicca il problema delle pressioni commerciali, pesante fardello e spina nel fianco che accomuna quantomeno tutti i lavoratori addetti alla vendita nei principali istituti nazionali. Budget sempre più spinti per prodotti che non sempre mirano a soddisfare le reali esigenze dei clienti e che non sempre il sindacato ritiene “genuini”. Motivazioni oltremodo valide che hanno visto scioperare un paio di anni fa per due giorni, con una clamorosa adesione, anche i colleghi di Banca Intesa altro colosso del credito nazionale. Un segnale che i problemi sono assolutamente comuni e le voci che li denunciano sono sempre più forti. Che vengano dunque presto ascoltate per il bene dei lavoratori ma anche e soprattutto per quello dei risparmiatori. informazioni FISAC CGIL informazioni 4 Condannati per truffa! S Un precedente che fa riflettere i può essere condannati in sede penale per aver venduto prodotti offerti dalla banca alla clientela? Sembra proprio di si! Un Giudice di Oristano, con sentenza di primo grado emessa a fine febbraio, ha infatti condannato ad una pena di nove mesi il Direttore di una filiale del MPS ed una impiegata dello stesso sportello per truffa ai danni di alcune decine di clienti indotti all’acquisto del famigerato “4You”, presentato come piano di investimento sicuro e rivelatosi tutt’altra cosa con ingenti danni patrimoniali per i sottoscrittori. Lo stesso Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione dei due impiegati ma il Giudice ha recepito le istanze della Parte Civile procedendo a comminare la pena. A prescindere dagli esiti di eventuali ricorsi che verranno opposti dai condannati, non è ovviamente detto che questo precedente possa costituire elemento giurisprudenziale in giudizi analoghi. Trattandosi tuttavia del primo caso di questo genere, vale la pena fare alcune riflessioni al riguardo . Fino ad oggi condanne per procedimenti come quello di Oristano avevano interessato, e stanno interessando, la Dirigenza delle aziende bancarie coinvolte lasciando fuori le figure professionali di livello inferiore le quali si è sempre ritenuto non dovessero rispondere circa l’esecuzione di disposizioni impartite dai loro superiori. Oggi invece viene messa in discussione la “neutralità” dei comportamenti professionali dei bancari con la giustificazione che gli stessi impiegati hanno beneficiato di vantaggi derivanti dalla vendita di quei prodotti specifici. Nella fattispecie si fa riferimento addirittura a progressioni di carriera ma è possibile che un assunto come quello fornito dal Giudice potrebbe essere avvalorato in futuro anche, per esempio, dalla corresponsione di premi, incentivi o bonus individuali. E’ noto quante siano le campagne commerciali e quante offerte vengano continuamente proposte per la vendita, ed è altrettanto noto che spesso l’effettivo contenuto di molti prodotti risulti oscuro anche a chi li commercializza. E’ altrettanto evidente che le pressioni commerciali sono enormi e che spesso si induce il venditore a non andare troppo per il sottile perché quello che conta è il risultato per l’azienda e poi magari ci scappa qualcosa anche per chi vende… Comunque finisca la vicenda giudiziaria che ha coinvolto i due colleghi sardi, chi opera a contatto con la clientela ha un motivo in più per fare stare attento a quello che fa ed a non lasciarsi intimidire da capi e capetti interessati o farsi ingolosire da qualche Euro in più a fine anno. Rimane del tutto insoluta nel settore bancario la questione della Responsabilità delle imprese e dell’etica della vendita, problemi rispetto ai quali abbiamo raggiunto accordi illuminati con le aziende che devono però ancora produrre risultati tangibili sul piano pratico. Oggi più di ieri si vende di tutto e di più e le difficoltà per le aziende a mantenere gli eccezionali livelli di redditività degli anni scorsi potrebbero far peggiorare ulteriormente la situazione. Sono state inoltre introdotte novità legislative e regolamentari (Isvap, Mifid) che, concepite per migliorare la tutela dei risparmiatori e la trasparenza dei prodotti, potrebbero anche finire, talvolta, per dirottare responsabilità aziendali in capo ai singoli dipendenti. Servono quindi grande attenzione professionale e massimo sostegno delle lavoratrici e dei lavoratori alle iniziative sindacali nei confronti delle banche, che vedono la Fisac Cgil particolarmente impegnata, affinchè le pressioni commerciali non prevalgano sul buon senso e sull’onestà arrivando addirittura a mettere in discussione la salute dei dipendenti e la situazione economica dei clienti. Abbonamento per trasporti in detrazione Abbonarsi al trasporto pubblico da oggi è ancora più conveniente all’acquisto del biglietto. Grazie alle detrazioni fiscali previste dalla legge finanziaria, sarà possibile detrarre dall’Irpef il 19% delle spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti a bus, tram, metropolitane e qualsiasi altro mezzo di trasporto pubblico. La detrazione vale esclusivamente per le spese sostenute nel 2008, e per un importo non superiore a 250 euro. Potranno esser fatti valere gli abbonamenti anche dei familiari a carico sempre per un importo massimo cumulativo di 250 euro. Il beneficio fiscale sarà dunque di 47,50 euro. Per fruire della detrazione Irpef i contribuenti evono conservare gli abbonamenti che vanno esibiti in copia alla dichiarazione dei redditi, oppure consegnati al proprio datore di lavoro in occasione del conguaglio di fine anno. Polizze più leggere col decreto Bersani Nel nuovo regolamento viene stabilito che nel caso di una polizza Rc auto per il secondo veicolo, l’assicurato (o un familiare convivente) ha diritto di mantenere la medesima classe di merito maturata sul primo veicolo. Questo vale anche se ci si assicura con un’altra compagnia. informazioni FISAC CGIL informazioni Diritti sindacali a rischio in Europa Stesso lavoro ma diritti e stipendi diversi oltre il confine, un pericolo per l'Europa D ue recenti sentenze della Corte di Giustizia europea (Viking – Laval) hanno destato seria preoccupazione negli ambienti sindacali di tutto il continente. Si sta parlando di due società operanti nel settore marittimo che hanno insediato loro unità produttive in paesi baltici confinanti, procedendo quindi all’assunzione del relativo personale secondo le previsioni del contratto di lavoro locale, salvo poi distaccare questi dipendenti oltre confine, presso le loro sedi scandinave, accanto a colleghi con tutt’altra condizione lavorativa. Poiché, come è facilmente intuibile, i contenuti economici e normativi dei contratti di lavoro baltici sono assai meno tutelanti di quelli svedesi o norvegesi, tale comportamento ha di fatto consentito una sorta di “dumping sociale” fortemente contestato dalle Organizzazioni Sindacali scandinave ed europee tanto che si è giunti anche a scioperi locali contro queste iniziative. Se si va un po’ indietro con la memoria, questa vicenda ricorda quanto avvenuto con la cosiddetta “Direttiva Bolkenstein” con la quale si intendeva introdurre sostanzialmente questo principio (del “Paese di Origine”) poi fortunatamente venuto meno grazie proprio all’azione delle forze progressiste di tutta Europa. Le due sentenze sembrano purtroppo far rientrare dalla finestra quello uscito dalla porta con in più ulteriori aggravanti che potrebbero mettere a rischio alcuni importanti diritti sindacali tra cui anche quello di sciopero. I giudici hanno infatti stabilito una precisa gerarchia delle fonti di disciplina assegnando il primato all’ordinamento comunitario che quindi sarebbe certamente preminente non solo sui contratti collettivi ma addirittura sulle Costituzioni nazionali. Lo stesso diritto di sciopero, che deve comunque essere riconosciuto da tutte le fonti preordinate, dovrebbe poi comunque tenere conto degli effetti su quanto stabilito a livello comunitario in termini di concorrenza tra le imprese e diritto di stabilimento in area UE. Le azioni di sciopero non devono quindi essere “eccessive”, e comunque legate alla”realistica” tutela dei lavoratori (?) ed anzi in caso di abusi le Organizzazioni Sindacali sarebbero tenute al risarcimento dei danni prodotti alle aziende (!). Passerebbe in secondo piano la necessità di difendere i lavoratori dal dumping e dal garantire parità di trattamento a fronte di uguale attività presso lo stesso insediamento produttivo. Vale la pena sottolineare come le conseguenze che deriverebbero qualora queste sentenze costituissero giurisprudenza andrebbero a ledere anche il principio di concorrenza leale tra le imprese. Le Organizzazioni sindacali si stanno ovviamente già muovendo per agire nelle opportune sedi comunitarie per contrastare l’ennesimo, ma forse in questo caso inaspettato, attentato alle libertà sindacali ed ai diritti collettivi. Se l’Europa non sempre viene vista in modo positivo dai cittadini forse è anche per sentenze come questa….. Mail: attenti alle ingiurie Cassazione: la carta è una prova! A ttenzione a sparlare via mail di colleghi o di superiori, ammonisce la Cassazione. Si rischia la querela. Lo spirito della sentenza poggia sulla certezza che, prima o poi, qualcuno girerà la mail calunniosa al diretto interessato. Il reato dunque è paragonabile all’ingiuria, e chi si sentisse offeso può querelare il collega che ha iniziato la catena delle missive. Forte di questa convinzione la Cassazio- ne ha accolto il ricorso di una impiegata di Bassano del Grappa accusata da alcuni colleghi di una presunta disinvoltura nell’uso dei congedi parentali. Qualcuno si è premurato di far scivolare nel cassetto della malcapitata copia delle mail che circolavano ed ecco la denuncia e… il corpo del reato. Le parole “volano” ma la carta è una prova! Per i giudici dunque ” trattandosi di ingiuria epistolare, anche se lo scritto è stato inviato a persone diverse dall’offeso, il delitto si perfeziona a condizione che l’agente, all’atto dell’invio, abbia avuto indubbia consapevolezza che lo stesso sarebbe stato comunicato all’offeso”. Adesso anche una mail, scritta a volte sopra pensiero, a volte quasi per gioco, potrebbe diventare una prova di cui potremmo essere chiamati a rispondere penalmente. 5 Sanzioni disciplinari Sempre i soliti a pagare! Ritmi di lavoro forsennati, pressioni commerciali e carenze di organico costringono, sempre più spesso, i lavoratori bancari ad operare in condizioni che rendono, di fatto, difficoltoso il rispetto integrale delle normative aziendali. Le aziende ne sono a conoscenza, come sanno che l’osservanza integrale delle normative, che essi stessi emanano, bloccherebbe l’operatività. Sta di fatto che chi opera rischia di suo e le cose filano lisce fino al primo incidente di percorso, anche banale. E’ in questo caso che partono le verifiche aziendali e la “visita” dei servizi ispettivi. Quando ci troviamo in una situazione di questo tipo è consigliabile avvisare subito il proprio sindacalista e farsi consigliare sulla condotta da tenere: sempre più spesso scambi di opinioni o dichiarazioni rilasciate in buona fede diventano, nelle lettere di contestazione comminate dalle aziende, frasi di questo tipo: “come da dichiarazione da lei stessa rilasciata o come da sua stessa ammissione”. Nel caso dovessimo ricevere una contestazione di addebito, prevista dalla Legge 300/1970 all’art.7, l’eventuale sanzione non potrà essere applicata prima che siano trascorsi cinque giorni dal ricevimento della stessa. Prima della scadenza di suddetti cinque giorni siamo tenuti a giustificare quanto ci viene contestato. Molte azienda applicano la tolleranza zero comminando sanzioni disciplinari che arrivano fino alla sospensione dal lavoro anche quando le inosservanze alle disposizioni impartite sono di lieve entità. Ci permettiamo di darvi alcuni consigli: s Operiamo sempre nel rispetto della normativa; sSe riceviamo una contestazione di addebito informiamo subito il nostro rappresentante sindacale; sNon rilasciamo dichiarazioni che possono essere usate come prova contro di noi; sNon diamo alcuna risposta scritta all’azienda prima di avere consultato il nostro sindacalista; sRispondiamo alla contestazione, rigorosamente entro i cinque giorni previsti, chiedendo un incontro all’azienda, assieme al nostro rappresentante sindacale, per chiarire quanto ci viene contestato. informazioni FISAC CGIL informazioni 6 Gli stipendi d'oro dei manager Aumenti del 70% per gli amministratori dei primi 10 gruppi nazionali P er sottolineare la necessità di garantire l’obiettività dell’informazione, un vecchio slogan giornalistico recitava “I fatti separati dalle opinioni”. Una recente inchiesta del quotidiano “la Repubblica” sembra evidenziare come nel mondo dei Manager italiani valga invece il detto “i fatti separati dalle retribuzioni”. L’indagine citata prende in considerazione gli stipendi pagati l’anno scorso ai 50 principali dirigenti di società italiane quotate in borsa ed il quadro complessivo che ne deriva è quantomeno singolare. A fronte di risultati economici e di borsa tutt’altro che brillanti ottenuti dalle aziende che dirigono, i Manager hanno visto incrementati i loro compensi di ben il 29% rispetto al 2006. Se questo dato viene poi rapportato agli aumenti medi ottenuti nello stesso periodo dai lavoratori dipendenti (2,3%), la cosa risulta ancora più indigesta. Oltretutto i compensi dei manager italiani sono mediamente molto più elevati degli omologhi europei che pure gestiscono società ben più importanti e che conseguono risultati più significativi. Attenzione però: anche a livello continentale non è che si facciano mancare nulla….stipendi e bonus sono stratosferici anche altrove. I settori bancario ed assicurativo non si sottraggono certamente a questo andazzo registrando “ingaggi” da capogiro per i loro dirigenti : Profumo (Unicredit) 9,4milioni di Euro (comunque un indigente rispetto ai 13,9 erogati allo svizzero Josef Ackermann di Deutsche Bank, azienda che a causa dei sub prime ha appena svalutato il proprio patrimonio per svariati miliardi di Euro…), Bizzocchi (Credito Emiliano) 4,7 milioni di Euro, Bernheim (Generali) 5,2 milioni di Euro, Ligresti (Fondiaria) 5 milioni di Euro, Marchionni (Fondiaria) 7,1 milioni di Euro,Geronzi (ex Capitalia), 23,65 milioni di euro, Bazoli (Intesasanpaolo) 11,36 milioni di euro, Faissola (presidente Abi e Ad di Banca Lombarda) 3,03 milioni di euro e così via…. Correlare le retribuzioni ai risultati aziendali è un bel concetto ma pare che, come tanti altri, debba valere solo per i lavoratori e tra l’altro nemmeno in tutte le circostanze. Forse il principio della “moderazione salariale” invocato dalla BCE per affrontare le difficoltà economiche dovrebbe essere esteso anche ai manager e non solo limitato a chi col proprio stipendio ci campa magari con difficoltà. I concetti di sacrificio e dedizione al lavoro hanno evidentemente declinazioni diverse a seconda dei casi…. Davvero si può pensare che le cose possano andare avanti così? Veramente crediamo che la divaricazione tra lavoratori (e soprattutto lavoratrici) e loro dirigenti possa ampliarsi ancora? Questa non è solo una questione economica, bensì soprattutto morale e sociale. Sarà bene non sottovalutarla. Anche Bankitalia frena sulle stock options Con una circolare si pongono limiti e divieti L a circolare della Banca d’Italia sulla governance del 4 marzo 2008 impone una serie di limitazioni e divieti. Di particolare rilievo sono le limitazioni sulle remunerazioni degli esponenti aziendali e del management che prevedono il coinvolgimento dell’Assemblea nonché articolate prescrizioni. I meccanismi di retribuzione non devono essere in contrasto con le politiche di lungo periodo e con la prudente gestione dei rischi. E’ evidente il riferimento alle stock options, che tante critiche hanno destato negli ultimi anni. Si stabilisce che sia l’Assemblea ordinaria dei soci a definire le politiche retributive e ad approvare i piani di compenso basati su stock options per i dirigenti e amministratori di banca, secondo un’esplicita raccomandazione dell’U.E. per le società quotate. All’Assemblea, quando vige il sistema duale, è demandata anche la determinazione della remunerazione per particolari cariche dei componenti del consiglio di sorveglianza. Queste linee applicative costituiscono nei fatti un invito alle aziende di credito affinché individuino forme di incentivazione adeguate. Sta alle banche, dunque, scegliere in autonomia le modalità tecniche di compenso più opportune. Redditi On Line Privacy o trasparenza? La CGIL la pensa così... I contribuenti che noi rappresentiamo sono interessati alla trasparenza di dati che mostrano non solo l’urgenza e la cogenza della lotta all’evasione fiscale, sulla quale non bisogna assolutamente abbassare la guardia, ma anche l’abnorme divaricarsi della forbice della disuguaglianza, che da anni denunciamo e che costituisce l’asse strategico della nostra rivendicazione politica e contrattuale. Ci pare pretestuosa e strumentale la polemica innescata su privacy e trasparenza. Quello dell’Agenzia delle Entrate è stato dunque un atto dovuto, normale e civile per un Paese che intende emergere da una giungla di furbizie, pelosità, mezze verità. Assolutamente incomprensibile e non condivisibile appare, infine, la richiesta di risarcimento avanzata da alcune associazioni di consumatori, i cui aderenti avrebbero semmai tutto da guadagnare da scelte assunte in nome del rigore e della trasparenza. Fisac Veneto nuova nomina Con l’elezione di Chiara Canton alla Segreteria Generale delle FISAC di Padova ( buon lavoro Chiara!) prosegue il rinnovamento della Fisac Veneto. Ecco dunque il riepilogo dei responsabili delle nostre sette province: Venezia : Silvana Fanelli, Treviso : G.Franco Boscaro, Belluno: G.Antonio Gallina, Vicenza : Roberto Dal Lago, Verona: Lidia Marchiori, Padova : Chiara Canton, Rovigo: Cristian Tomasello informazioni FISAC CGIL informazioni Part-time una mamma scrive... Viviamo così poco coi figli che non ci accorgiamo neppure che crescono! P art time…questo sconosciuto….tema tabù, tanto temuto dall’azienda quanto indispensabile per noi mamme. Si sente parlare tanto dell’importanza delle nascite in Italia tanto che con una legge vengono invitate le Aziende ad intraprendere azioni atte ad agevolare le mamme nell’accudimento quotidiano dei loro figli. Da una parte le necessità dell’azienda che non riesce ad assicurare tale diritto e dall’altra le mamme che, lavorando a tempo pieno, si chiedono ogni giorno come riuscire a gestire la famiglia. Mettiamo al mondo un figlio e poi dobbiamo rinunciare al secondo perché non abbiamo altra scelta. Mandiamo i nostri bimbi piccolissimi per 8-9 ore al giorno all’asilo nido (pagando anche fior fior di rette) o, per chi ha la fortuna, ci sono i tanto indispensabili nonni …ma noi trascorriamo con i nostri figli 2 ore al giorno. Vediamo così poco i nostri figli che non ci rendiamo nemmeno conto che crescono. Non viviamo le loro prime scoperte, le loro prime parole, i loro primi passi … ce lo raccontano i nonni o le insegnanti dell’asilo. E’ vita questa? E’ giusto rinunciare ad essere o, peggio ancora, diventare mamme, perché abbiamo paura di non poter assicurare una buona crescita ai nostri bambini? E’ giusto delegare totalmente la formazione dei figli? Come creare con loro un rapporto edificante e soprattutto unico? E queste sono considerazioni e domande che ogni giorno ci poniamo, ma a cui non troviamo risposta, purtroppo, creando una situazione non facile né da affrontare né da gestire. E il lavoro? Viviamo le nostre 7 ore e 30 di lavoro dando il massimo, cercando di lavorare con impegno e professionalità, facendo tutto il possibile per riuscire ad uscire dalla banca alle 16.45 e pensiamo continuamente ai nostri figli. Certo, se avessimo il part time, lavoreremmo molto più volentieri e sicuramente anche con risultati migliori. Un dipendente contento lavora meglio in quanto si sente tenuto in considerazione dall’azienda … ora invece ci sentiamo veramente abbandonate e non cogliamo assolutamente interessamento da parte dei preposti alla gestione del personale. Ci sono colleghe che hanno chiesto un colloquio con l’ufficio personale da più di 8 mesi ma nessuno, e dico nessuno, si è mai interessato…stiamo ancora aspettando…. Ci viene da chiederci perché lavorare così tanto per un’azienda a cui non importa assolutamente niente delle esigenze del proprio personale. Ma quello che fa più male è vedere mamme disperate a tempo pieno con bimbi di un anno e mamme a part time con figli di 20 anni. E che non ci vengano a dire, come è successo più volte, che il part time a tempo indeterminato è una “conquista” del sindacato. Il sindacato ha solo preso atto di una situazione che era stata creata dalla banca a seguito della fusione. E sono queste ingiustizie che ci fanno male, non siamo mamme di serie B … ma questo, come al solito, all’azienda non importa. Ci sono mamme, tra di noi, che stanno seriamente cercando un altro lavoro, chi pensa di licenziarsi e chi rimarrà a casa perché l’istinto materno vince su tutto. Penso sia meglio per l’azienda avere una dipendente a part time che perderla del tutto…o sbaglio? Ma forse tali considerazioni sono al di fuori della nostra portata. Ci aspettiamo pertanto un’azione decisa da parte dell’Azienda, è ora che la Banca si prenda le sue responsabilità e risponda a noi mamme non tra un anno, nemmeno tra un mese ma adesso. Sta all’Azienda trovare ora una soluzione a quanto lei stessa ha deciso non più di 5 anni fa. 7 Un equlibrio tra vita e lavoro? Si puo! Trovare un positivo equilibrio vita-lavoro per donne e uomini è possibile. Gli strumenti di analisi e di intervento sono a portata di mano. L’U.E., nel porsi l’obiettivo di raggiungere nel 2010 un tasso di occupazione femminile del 60%, sottolinea come le politiche di genere e di pari opportunità siano strumenti essenziali per la crescita, la prosperità e la competitività. Si comincia a parlare di misurazione del valore economico del lavoro e di cura. In molti Paesi europei, efficaci investimenti in politiche di conciliazione e in servizi hanno fatto sì che l’occupazione femminile non fosse di ostacolo alla natalità (e viceversa). In Italia abbiamo un tasso di occupazione femminile inferiore di oltre 10 punti rispetto alla media europea e, insieme, un tasso di natalità tra i più bassi del mondo. Questo a causa della carenza di misure conciliative, sia sul versante dell’offerta pubblica (servizi per bambini e anziani, orari e tempi delle città, mobilità), sia sul versante dell’organizzazione del lavoro, che penalizza il part-time e la flessibilità oraria a richiesta delle lavoratrici e dei lavoratori mentre fa un utilizzo eccessivo della flessibilità contrattuale mantenendo per anni, soprattutto le donne, in condizioni di precarietà. Anche nel nostro Paese ci sono, però, ottimi strumenti normativi, come l’art. 9 della Legge 53 che prevede forme di vero e proprio “risarcimento” economico delle maggiori spese sostenute dalle aziende per concedere maggiore flessibilità ai dipendenti che si trovano di fronte a problemi di conciliazione lavoro-famiglia, dal telelavoro, alla flessibilità Continua a pag. 8 informazioni FISAC CGIL informazioni 8 Vita-lavoro, un equilibrio possibile in entrata/uscita, al part-time reversibile. Nelle Banche, poi, va ancora meglio. Il contratto riconosce il part-time anche per le figure a più alto contenuto professionale. Il “Protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile del sistema bancario” sostiene in più punti la “centralità delle risorse umane” parla di motivazione, partecipazione, realizzazione, della necessità di individuare “sintesi efficaci tra obiettivi delle aziende e attese dei lavoratori”, di miglioramento continuo della qualità dei rapporti tra le imprese creditizie ed il proprio personale, di work-life balance. Infine, c’è anche la ciliegina sulla torta: Unicredit è tra le 36 aziende che nel 2007, in via sperimentale, hanno aderito al progetto del ministero del lavoro “bollino rosa S.O.N.O. Stesse Opportunità Nuove Opportunità”. Si tratta, in pratica, di un sistema di certificazione della parità di genere nei luoghi di lavoro con 3 dimensioni chiave di rilevazione: differenze retributive e di carriera, tempo di stabilizzazione professionale per maschi e femmine, orari di lavoro e misure di conciliazione … per l’appunto. Viene spontaneo chiedersi cosa manca per risolvere il problema, manca poco e insieme tantissimo: LA VOLONTÀ DI PASSARE DALLE PAROLE AI FATTI. Il coraggio di andare oltre dichiarazioni di principio e buone intenzioni e di avventurarsi nel terreno del fare dimostrando così che non si tratta solo di una questione di immagine ma davvero, di un investimento sulla qualità dei rapporti tra aziende e lavoratori. Dai Dialoghi di Platone i r b i L La Fabbrica di Veleni di F.Casson 157 morti di tumore, 20 discariche abusive e 5 milioni di metri cubi di rifiuti tossici, un colosso dell’economia italiana sotto accusa: il processo al Petrolchimico di Porto Marghera, iniziato nel 1998, si è presto rivelato un caso clamoroso, concluso nel 2004 con la condanna di numerosi dirigenti di Enichem e Montedison. Felice Casson, pubblico ministero, ricostruisce la lunga inchiesta e lo scellerato “patto del silenzio” sottoscritto dalle maggiori industrie chimiche mondiali per tenere segreti i dati sulla pericolosità del cloruro di vinile. Il libro svela il complesso disegno del caso: le scoperte di un caparbio medico di fabbrica, le reazioni dei vertici aziendali, i sospetti degli operai, i ricatti politici, gli scontri della fase processuale. Edizioni Sperling & Kupfer Voi potete comperare il lavoro dell’uomo, la sua esperienza, i suoi consigli, ma non potrete mai comprare l’entusiasmo, la devozione del cuore, della mente e dell’anima. Queste cose le dovete meritare con la vostra lealtà verso di lui. Anno XXI - n. 3 - Giugno -2008- Reg. Tribunale di Vicenza al N. 543 del 19.2.87 - "Poste Italiane Spa Sped. in Abb.Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27-02-2004 n. 46 art. 1 comma 2 DCB Vicenza" - Direttore Responsabile: Mario Falisi - Redazione: Maurizio Bordini, Fabrizio Brattini, Annalisa Ometto, Gianfranco Boscaro, Massimo Mascolini, Mario Nalin, Elena Di Gregorio, Cesare Pace Stampa: Laboratorio Grafico BST - Amm.ne e redazione: Vicenza - Corso Fogazzaro, 21 - Chiuso in tipografia il 10/06/2008 La tiratura di questo numero è di 11000 copie informazioni FISAC CGIL informazioni