Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival (San
Transcript
Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival (San
Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival (San Francisco, California, USA) A giugno di quest’anno si è tenuto a San Francisco il “City Centered, Festival on locative media and urban community”. Il Festival è stato la più recente occasione di confronto tra i protagonisti del panorama locative media ed è qui preso come occasione per approfondire alcune questioni legate all’emergere dei locative come esperienze tra le più creative e innovative della cultura digitale contemporanea. Partendo dalle giornate di San Francisco, questo articolo cerca di delineare un quadro generale dei locative media, analizzando in particolare come questi progetti interpretano i temi della creatività, del rapporto con le comunità e con la complessità dei luoghi, nell’ambito di un nuovo approccio tecnologico, incarnato e post desktop. Piuttosto che tentare di proporre etichette e definizioni per questo vasto panorama, si è cercato di collocarlo in relazione ad alcune tendenze e svolte significative che stanno caratterizzando i media digitali. L’analisi proposta fa riferimento a informazioni e dati raccolti attraverso l’osservazione diretta dei progetti presentati e l’analisi del materiale documentale inerente il Festival (schede dei progetti presentati, bando del Festival1, sito del Festival2). A integrazione e supporto di queste fonti, sono stati svolti colloqui personali con alcuni soggetti considerati testimoni privilegiati del panorama locative e scelti in base alla loro rappresentatività. In particolare: - Leslie Rule3, direttrice della divisione Digital Media, al KQED Center e organizzatrice del Festival, per gli aspetti legati al Festival, alla sua organizzazione e per un approfondimento del rapporto locative media / comunità; - Paula Levine4, professoressa all’Università di San Francisco e artista locative, per uno sguardo più accademico sulle implicazioni teoriche legate ai locative media, specie in riferimento alle pratiche narrative e di mappatura5: 1 La call del Festival è disponibile all’indirizzo: http://www.gaffta.org/wp/wp-uploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010] 2 Cfr.: http://www.citycentered.org e http://www.gaffta.org/ [ultimo accesso 2 agosto 2010] 3 Leslie Rule dirige la divisione Digital Media, al KQED center – il centro per i Public Media della California del Nord, occupandosi di educazione ai media, animazione delle comunità e digital storytelling. E’ inoltre co-direttrice del Center for Locative Media. Negli ultimi dieci anni ha sviluppato per l’American Film Institute un programma di educazione ai media digitali riconosciuto di rilevanza nazionale, ha insegnato multimedia storytelling in diversi scuole e università degli USA. Si occupa da anni di storytelling come strumento per l’attivazione delle comunità e sta ora sperimentando azioni di place based storytelling, trasferendo l’azione della narrazione dal chiuso del laboratorio o della classe, alla strada, per analizzare cosa capita quando le persone raccontano storie «of, for, by, about, and in their communities». Tra i suoi recenti progetti locative, incentrati sulle comunità e basati sul digital storytelling o sulla strumentazione mobile, si segnalano: “Tagging the Blues Trail” nel Delta del Missisipi (http://www.locativemedia.org/projects/C93/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]), “Scape the Hood”, un progetto sul paesaggio sonoro a San Francisco, basato sul GPS (http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]); un progetto su razzismo e giustizia sociale realizzato con gli studenti di Oakland. Leslie Rule ha lauree in Retorica e in Linguistica all’università di Berkeley, California e un Master in Scienza dell’educazione con indirizzo « Instructional Technology» (progettazione dell’apprendimento). 4 Paula Levine è professore associato di Arte alla San Francisco State University. Come artista e insegnante, la sua esperienza affonda le radici, oltre che nei locative media, nella narrativa sperimentale, nella “spatial theory and 1 - Jeremy Hight6, artista e teorico locative fondatore dell’archeologia narrativa, in particolare in relazione al rapporto locative media / tecnologia e complessità dello spazio. I dati e le informazioni raccolte sono utilizzate in questo articolo per una “perlustrazione ragionata” del Festival e dei suoi progetti, che può essere d’aiuto nella comprensione e nell’interpretazione del vasto ed eterogeneo panorama dei locative media. I colloqui con le persone intervistate sono inoltre serviti da stimolo per l’approfondimento di alcuni temi specifici legati al rapporto tra spazio e luogo e tra narrazione e dati, per la cui trattazione si rimanda al contributo xxx di questa rivista. 1. Locative media: definizioni, sviluppo, cornici di riferimento E’ difficile trovare una definizione per il termine locative media in grado di comprendere l’eterogeneità delle esperienze che si riconoscono sotto questa etichetta. Le persone intervistate nell’ambito di questa perlustrazione danno dell’espressione locative media definizioni molto allargate, sottolineando la problematicità del termine, a causa sia della molteplicità degli ambiti di ricerca che lo utilizzano con significati diversi, sia della “moda” che lo avrebbe investito recentemente («I hate how the term became so fetishizing and honestly minimizing in a lot of ways, as AR is already doing»7; «different groups understand them in different way… it’s a huge term, there are so many discipline in it…»8). practice”, nella geografia culturale, nel “radical mapping”. Attualmente il suo lavoro si concentra sull’uso della cartografia e dei locative media come strategie per connettere il locale e il globale, scardinando la «sicurezza della distanza» e traslando fisicamente l’impatto di eventi geopolitici traumatici accaduti in posti lontani, in spazi e contesti locali e vicini. Alcuni dei suoi ultimi progetti, come quelli della serie “Shadows from another place” (http://shadowsfromanotherplace.net/), che includono "San Francisco<->Baghdad" (http://paulalevine.net/projects/shadows%20from%20another%20place/shadows.html) e "TheWalll” (http://paulalevine.net/projects/TheWall/pages/TheWall.html) sono stati presentati all’HTMllES Festival, all’ IMAGE FESTIVAL's Transposing Geographies: Mapping on the internet, e all’ISEA. Ha tenuto discorsi al San Jose's Zer01 Festival, alla conferenza in Transition, presso il MIT, e alla conferenza per gli studi ebraici all’Università del Wisconsin. E’ stata keynote speaker all’Interactive Futures Conference in Vancouver (2009). I suoi video sono presenti a festival e gallerie negli USA, in Europa, in Canada e in Giappone. 5 Si veda a questo proposito il contributo «xxx» p.xxx in questa rivista 6 Jeremy Hight è un artista, scrittore, teorico dei novi media e dei locative media. I suoi principali interessi di studio e di ricerca riguardano le nuove forme di cartografia e mappatura (la mappa come rizoma, la mappa come «open source», le nuove forme di scrittura edi pubblicazione attraverso le mappe), il web geo-spaziale, la mappatura dei dati in tempo reale, la realtà aumentata. Ha collaborato al primo progetto di narrazione locative, “34 north 118 west” (http://34n118w.net/34N/). Il suo scritto “Narrative Archeology” (Hight, 2003) è considerato uno dei primi fondamentali contributi per la narrativa locative. Ha collaborato al Carrizo Parkfield Diaries (un’installazione che elabora in tempo reale dati provenienti dai sensori sismici della Faglia di Sant’Andrea, accostando i traumi del paesaggio fisico con quelli del paesaggio mentale della memoria) ed è co-autore della mostra on-line sui nuovi media Binary Katwalk (http://binarykatwalk.net/). Lavora su alcuni progetti a grande scala: uno di essi - che riguarda l’elaborazione di narrazioni locative utilizzando i dati provenienti dall’European Space Station - è stato selezionato per una possibile collaborazione con l’European Space Agency. Insegna Visual Communication e Inglese al Mission College di Los Angeles. 7 «Odio come il termine sia diventato un feticcio e come lo si stia sminuendo, come per la Realtà Aumentata». Dall’intervista con Jeremy Hight. 8 Differenti gruppi li intendono [i locative media] in differenti modi, è un termine vasto, comprende così tante discipline…». Dall’intervista con Leslie Rule. 2 In termini molto generali, e rifacendosi alle definizioni che circolano in rete9, con il termine locative media possiamo fare riferimento a un insieme di media location based che permettono di collegare i contenuti digitali ai luoghi geografici, valorizzando il carattere situato e geograficamente collocato dell’interazione. Il ruolo di primo piano della localizzazione è quanto emerge anche dalle parole delle persone intervistate, che definiscono i locative media come: […] media tied to place in a fundamental and essential way.10 […] work that is location aware/location specific and in some way augments the space and interaction therin. […]. Wearables got eaten by it. Ubiquitous computing floats along it. AR crosses it. It is deeply problematic.11 Come suggerisce la seconda definizione, il paradigma tecnologico che fa da sfondo alle sperimentazioni locative è quello del post desktop, che ci propone una visione della tecnologia informatica svincolata dall’utilizzo delle interfacce tradizionali – schermo, mouse, tastiera – o dalla metafora della scrivania/ufficio come luogo deputato alla produzione e fruizione di contenuti, e che tenta di spostare l’interazione fuori dallo schermo, nel mondo reale, nel mondo “delle cose”: le tecnologie utilizzate dai progetti locative includono GPS, strumentazione mobile (portatili, registratori, microfoni), reti wireless, bluetooth, RFID, GSM, spesso integrate in ambienti networked che permettono l’accesso a Internet, lo scambio di dati e di informazioni da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento (ubiquitous computing), attraverso dispositivi di interazione wereable, touchable, o ambient intelligent. L’enfasi sul valore del luogo – fisico e geografico - colloca i locative media all’incrocio di due svolte epocali, tra di loro assolutamente connesse, che stanno interessando il mondo dei media. Da un lato, nell’ambito dell’interaction design si parla ormai da alcuni anni di embodiment, cioè del valore fondante dell’esperienza situata, incarnata e quotidiana in ogni contesto di interazione12 (Dourish, 2001). Dall’altro, assistiamo a una vera e propria esplosione dei luoghi nei media e nel web, che i media studies non esitato a definire come spatial turn (Thielmann, 2010, Falkheimer, Jasper & Jansson, 2007). La svolta è sotto gli occhi di tutti: da Google a Facebook a Yahoo, la geo-localizzazione è oggi la strada su cui i colossi informatici stanno puntando: si pensi non solo a Google Maps, o Google Eearth, ma anche alle funzionalità location aware integrate in Flickr, Picasa, Twitter, o agli innumerevoli servizi location based disponibili per gli smart phone e che si stanno progressivamente integrando con i socialnetwork (Foursquare, Buzz, Google Latitude, Facebook Places, …). La 9 Cfr. ad esempio: http://wiki.media-culture.org.au/index.php/Technologies_-_Locative_Media oppure: http://en.wikipedia.org/wiki/Locative_media [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 10 «Media legati a un luogo in modo essenziale e fondamentale». Dall’intervista con Leslie Rule. 11 «Un lavoro che è consapevole del luogo e specifico del luogo e in qualche modo aumenta lo spazio e l’interazione nei luoghi […] Le tecnologie wereable sono state fagocitate dai locative. L’ubiquitous computing scorre loro a fianco, la realtà aumentata li attraversa. E’ molto problematico». Dall’intervista con Jeremy Hight. 12 Paul Dourish (2001) definisce così l’embodiment: «Embodiment reflects both a physical presence in the world and a social embedding in a web of practices and purposes»; oppure: «Embodiment is the property of being manifest in and of the everyday world. Embodiment constitutes the transition from the realm of ideas to the realm of everyday experience». 3 georeferenziazione si sta confermando come una delle più promettenti chiavi di accesso ai contenuti digitali in rete13, portando qualcuno a parlare di “geosemantica” e a vedere nelle mappe la via dominante di organizzazione e delle informazioni nel web del futuro (o Web 3.0)14 (Thielmann 2010). Embodied e spatial turn caratterizzano la cornice tecnologica dei locative media. La natura di questi media non può tuttavia essere ricondotta solamente all’impiego di tecnologie location aware: la storia locative è anche la storia di una risposta critica a un impiego prima esclusivamente militare, di sorveglianza e di controllo, e poi marcatamente commerciale e orientato al profitto di queste tecnologie (si pensi, da un lato, al tradizionale impiego dei GIS, del GPS nella cartografia militare e, dall’altro, alla diffusione dei molti location based services che si stanno oggi diffondendo). A questo proposito è utile ricordare le loro radici artistiche, che affondano nel panorama delle avanguardie dei media di fine anni ’90. Nati in seno alla digital art, come reazione alla smaterializzazione della net art, le sperimentazioni locative si ispirano in modo diretto alle pratiche situazioniste e rivendicano con forza il ruolo dell’esperienza in situ «beyond either gallery or computer screen…» (Tuters and Varnelis 2006). L’impronta che gli artisti lasciano in questi progetti permette di inaugurare nuovi orizzonti interpretativi. Alcuni appuntamenti internazionali (il Locative Media Workshop, organizzato in Lettonia nel luglio del 200315 o il numero speciale che nel 2006 la rivista elettronica LEA16 dedica al tema) risultano a questo riguardo decisivi: sia nel sottolineare il potenziale di critica radicale che questi strumenti possiedono17, sia nell’affermare la loro capacità strategica di innovazione sociale. Nella pratica e nella teoria, i locative media si affermano come nuovi strumenti creativi, in grado di dare vita ed esprimere relazioni significanti tra le persone, le comunità e i luoghi, collegando il materiale all’immateriale, gli oggetti ai contesti, i luoghi alle pratiche e agli usi18. 13 Thielmann cita l’intervento di Haneke, direttore di Google Earth & Map alla conferenza O’Reilly Where 2.0, del 2008: secondo i dati di Google i contenuti georeferenziati nel web sono più che triplicati dal 2007 al 2008. 14 Di questa tendenza abbiamo già avvisaglie anche nel panorama dei media italiani: è da ormai qualche mese che il quotidiano Repubblica on-line organizza le informazioni contenute negli articoli di punta in vere e proprie mappe geografiche. 15 Cfr: http://locative.x-i.net/ [ultimo accesso 25 agosto 2010]. 16 Leonardo Electronic Almanac (ISSN No: 1071-4391), versione elettronica della rivista “Leonardo - Journal of Art, Science & Technology”. LEA è prodotta in modo congiunto da Leonardo, dall’International Society for the Arts, Sciences and Technology (ISAST), e pubblicata da MIT Press: http://leoalmanac.org/ Il numero dedicato ai locative media è: LEA Vol. 14, N. 3, July 2006 ed è raggiungibile all’indirizzo: http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/home.html [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 17 «Attendees to the workshop will explore the radically disorganizing potential (social, spatial & temporal) of ad-hoc wireless networking (for synchronization, interpersonal awareness & swarming), and use open-source mapping/positioning technologies to audioalize and visualize data in space» RIXC international workshop "Locative media." Available at: http://locative.x-i.net/. 18 «[locative media] is that made by those who create experiences that take into account the geographic locale of interest, typically by elevating that geographic locale beyond its instrumentalized status as a 'latitude longitude coordinated point on earth' to the level of existential, inhabited, experienced and lived place [...]. Locative media experiences may also cross space, connecting experiences across short or long geographic, experiential, or temporal distances. At its core, locative media is about creating a kind of geospatial experience whose aesthetics can be said to rely upon a range of characteristics ranging from the quotidian to the weighty semantics of lived experience, all latent within the ground upon which we traverse» (Breekley, Knowlton, 2006). 4 2. City Centered: temi, strumenti, progetti Il Festival City Centered si inserisce in questo filone creativo legato alla valorizzazione dei luoghi. Il Festival si è tenuto a San Francisco dall’11 al 19 giugno 2010 e ha visto la partecipazione di artisti, insegnanti ed educatori, studiosi, rappresentanti di organizzazioni per la promozione sociale e civica, architetti, urbanisti, new media designers, cittadini, impegnati insieme nel tentativo di capire come i locative media possono essere utilizzati per l’animazione delle comunità urbane e dei luoghi della città. L’organizzazione dell’evento è stata supportata da diversi enti e istituzioni: Access Now19 (associazione no-profit per l’alfabetizzazione informatica), Center for Locative Media20 (centro di studio e ricerca sui Locative Media), KQED Public Media21 (rete di media pubblici dell’area della California del nord), Gray Area Foundation for the Arts22 (galleria e fondazione per l’arte, in San Francisco), Conceptual Information Arts/SFSU23 (corso sperimentale dedicato a media, tecnologia e arte del Dipartimento di Arte dell’Università di San Francisco), UC Berkeley Center for New Media24 (il centro per i Nuovi Media dell’università di Berkeley). Nell’ambito del Festival, oltre alla presentazione dei progetti e delle installazioni locative, selezionate attraverso un bando di partecipazione, è stato organizzato un symposium della durata di due giorni (11 e 12 giugno) su alcuni temi “caldi”, al cuore del City Centered: - Sensing the City - Data Visualization and Urban Life, a proposito del quale sono stati invitati a intervenire, tra gli altri relatori, anche i rappresentanti del MIT SENSEable City Laboratory25, che da anni lavora su questi temi; - Location, Politics, and Community, che ha coinvolto, tra gli altri, relatori come Joel Slayton (Professor al San Jose State University, Chair ISEA 2006 e Editor-In-Chief della rivista Leonardo-MIT Press Book dal 1999 al 2008); Brooke Singer (Professor di New Media al Purchase College, State University of New York, e co-fondatrice del gruppo di artisti, tecnologi e attivsti “Preemptive Media” e Paula Levine26. Il City Centered si è concluso il 19 giugno con un “Workshop di comunità” che ha coinvolto i partecipanti in alcune tipiche pratiche locative: giornalismo di comunità, Community Capping, Place-based Digital Storytelling, utilizzo sul campo di tecnologie mobile. Il Festival ha proposto ai progettisti locative alcune sfide legate alla riqualificazione del Tenderloin, un quartiere particolarmente disagiato di San Francisco27, richiedendo ai progetti di lavorare in particolare su alcuni tipici temi locative: 19 http://www.computerhelpdays.org/ http://www.locative-media.org/ 21 http://www.kqed.org/ 22 http://www.gaffta.org/ 23 http://userwww.sfsu.edu/~infoarts/ 24 http://bcnm.berkeley.edu/ 25 Cfr.: http://senseable.mit.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010] 26 Cfr. nota 4 27 «Tenderloin district is a densely populated, rapidly changing, loosely defined district with apartment buildings, singleroom occupancy hotels, nightclubs, bars, galleries and restaurants. Located near San Francisco's cable car 20 5 - Creative mapping: le mappe creative, personali e collaborative, la loro importanza geopolitica e il loro ruolo nel produrre e dare forma allo spazio urbano e all’identità delle comunità che lo abitano («What is cartography? What is mapped identity? How can groups and populations better see themselves, their history and their futures in the realm of maps?28»); - urban storytelling: i racconti urbani e l’attività narrativa come strumento per favorire la coesione sociale delle comunità presenti nel quartiere («Stories of the distant past or recent memory help hold groups together29»); - sentient space: gli spazi intelligenti e il ruolo che l’informazione digitale e in rete può avere nel decostruire e ricostruire I luoghi della città («How might we imagine and make debatable the ways in which networked information processing animates, invades, enables or undermines urban places?30»); - body awareness: la consapevolezza del sè e della relazione tra con gli altri soggetti – umani e non umani - che popolano il paesaggio urbano («What kinds of awareness of other humans—or non-humans such as animals, plants and trees—remind us of liminal and subliminal arenas of urban growth and transformation? How do embodied experiences — of crowds and solitude, of comfort and anxiety — relate to awareness of self and others?31»); - local history: l’importanza di integrare vari livelli di storie locali – la storia dell’architettura, la storia economica, la storia del cambiamento della città, ma anche il folklore e i flussi di dati eterogenei – per riuscire a interpretare e comprendere lo spazio di vita di oggi («How can local history be mapped? Is it collaborative or authorial? What kinds of stories constitute the history of a place? What kinds of data are place-based?32»); - contested spaces: gli spazi contestati e gli spazi del conflitto, l’importanza degli approcci situati e non neutrali, l’importanza della partecipazione civica («Art projects are never neutral. Even in evading explicit discussion of politics or controversies they tourist attractions, downtown convention center hotel district and Union Square, it is a flourishing, multilingual and multiethnic neighborhood home to many artists and galleries. Yet the Tenderloin is also notorious as a concentrated site of misery, known for violent crime, prostitution, drug addiction, and homelessness. Recently, the city has devoted considerable attention and resources to redevelopment in the Tenderloin, making engagement with locally led organizations a priority. There are numerous multilingual, multicultural organizations with substantial art programs --Glide Memorial Church, Hospitality House, the YMCA and The Boys and Girls Club. It is also site of the Main Library, the center of San Francisco’s public library system. The festival’s close proximity to San Francisco’s administrative buildings and historic Market Street make it an especially intriguing arena for urban artmaking and location based creative practice». Cfr. la call del Festival, disponibile all’indirizzo http://www.gaffta.org/wp/wpuploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 28 «Che cos’è una cartografia? Che cos’è un’identità mappata? Come possono i gruppi e le popolazioni vedere meglio se stessi, la loro storia e il loro futuro nel reame delle mappe?» (Dalla call del Festival). 29 «Le storie del lontano passato o della memoria recente aiutano i gruppi a rimanere uniti». 30 «Come possiamo immaginare e discutere i modi con cui l’informazione in rete anima, invade attiva e riconfigura i luoghi urbani?». 31 «Che tipo di consapevolezza degli altri attori - umani o non umani, come gli animali, le piante e gli alberi – ci suggeriscono gli spazi liminali e subliminali dello sviluppo e della trasformazione urbana? Come si relazionano le esperienze incarnate di folla e di solitudine, di comfort e di ansietà con la consapevolezza di sé e degli altri?». 32 « Come è possibile mappare la storia locale? E’ un’operazione collaborativa o autoriale? Che tipo di storie costituiscono la storia di un luogo? Che tipo di dati sono localizzati?». 6 take a stand with respect to a community of makers and audience of participants, listeners, or seers33»); - gaming: il gioco come strategia per il coinvolgimento dei giovani e per attivare connessioni tra comunità e quartiere in trasformazione («What kinds of narratives are appropriate in challenging neighborhoods? How can games be used to deal with social ills or help inhabitants navigate through periods of urban change?34»). A queste sfide il bando City Centered ha chiesto di dare risposta attraverso progetti che si collocassero all’interno di cinque fondamentali settori di pratica locative: - la visualizzazione dei dati relativi all’area del Tenderloin: «Data visualizations - What data is relevant to Tenderloin inhabitants? How can visualization expose previously unrecognized patterns of exchange and which change the experience of familiar locations?35». - La produzione di mappe: «Mapping and cartography - Maps produce and represent information about the meaning of place. Locative practices often engage the locationaware/context aware aspects of tools/networks, pinpointing and demarcating places according to creative interpretation36». - L’impiego di media per la partecipazione: «Participatory media - How can projects weave diverse groups and foster conditions for increased civic engagement, learning, and questioning? What barriers to civic engagement and participation are there and how might they be overcome?37». - Il tracciamento dei movimenti e dei flussi di persone e oggetti: «Location tracking Tracking the movement of people and objects can also record and augment experiences often unrecognized or culturally invisible. What kinds of movements of people and goods combine to form the economies and exchanges of a neighborhood? What kinds of human movement alters the way we might think or conceive of a place and its changing milieus?38». 33 «I progetti artistici non sono mai neutrali. Anche quando evitano discussioni o esplicite controversie politiche, essi si posizionano rispetto a una comunità e ai suoi attori, ai sui partecipanti». 34 «Quale tipo di narrazioni sono appropriate per le sfide dei quartieri? Come possono essere usati i giochi per affrontare il disagio sociale o per aiutare gli abitanti a orientarsi in periodi di cambiamento della città?». 35 «Quali dati sono rilevanti per gli abitanti del Tenderloin? Come può la visualizzazione dei dati rivelare pattern di cambiamento altrimenti non visibili e in grado di cambiare il senso dell’esperienza di luoghi famigliari?». 36 «Le mappe producono e rappresentano informazione sul significato di un luogo. Le pratiche locative coinvolgono spesso gli spetti location aware / context aware degli strumenti e dei network, definendo e demarcando i luoghi attraverso l’interpretazione critica». 37 «Come possono i progetti coinvolgere diversi gruppi di persone e migliorare le possibilità per una maggiore partecipazione civica, fornendo strumenti educativi e di discussione? Quali sono le barriere al coinvolgimento civico e alla partecipazione e come possono essere abbattute?». 38 «Tracciare il movimento delle persone e degli oggetti può servire anche a registrare e ad “aumentare” esperienze spesso non riconosciute o culturalmente invisibili. Che tipi di movimento di persone e di oggetti si combinano nelle economie e negli scambi di un quartiere? Che tipi di movimenti umani alterano il modo in cui pensiamo un luogo e l’evoluzione delle sue risorse?». 7 - I giochi urbani: «Games and playful interventions Introducing ideas of competition, speed, and fantasy into city streets may help engage local inhabitants, young people, kids and onlookers in experiences they see as new, surprising or special39». 39 «Introducendo l’idea della competizione, della velocità e della fantasia nelle strade della città si può aiutare il coinvolgimento degli abitanti locali, dei giovani, dei ragazzi e degli spettatori in esperienze che essi possono vedere come nuove, sorprendenti speciali». 8 I PROGETTI (SCHEDE) Sulla base di queste indicazioni, sono stati selezionati per il Festival dieci progetti di cui proponiamo di seguito una descrizione sintetica40. Beyond Boundaries (IMG 1; IMG 2) Attraverso l’utilizzo di media digitali, Beyond Boundaries esplora le diverse comunità del quartiere Tenderloin. Il progetto sottolinea le dinamiche esistenti tra spazi pubblici e contesto urbano, utilizzan do la mappatura visuale dell’area del Tenderloin effettuata con il coinvolgimento dei membri della comunità del Hospitality House, del Vietnamese Youth Development Center e di altri gruppi locali. L’obiettivo è interpretare le comunità residenti nel Tenderloin nell’ambito del più vasto contesto urbano di San Francisco. Se il quartiere può essere facilmente associato a caratteristiche negative, quest’area si riconosce anche per la sua urbanizzazione unica e la sua complessità. Il principale obiettivo di Beyond Boundaries è capire come questa comunità si sta sviluppando in modo fiorente. Le mappe digitali e le immagini fotografiche testimoniano l’interazione di differenti livelli urbani, riconoscendo l’ambiente urbano come un organismo vivente formato da aspetti tangibili e intangibili. Il progetto compone immagini e mappe, visualizzate attraverso una proiezione video all’aperto nel quartiere, partendo dall’elaborazione dei dati GIS e dei dati geospaziali, normalmente utilizzati dai software per gli studi urbani: dati relativi alle diverse attività della città, relativi all’utilizzo del suolo, alla densità demografica, all’utilizzo degli spazi pubblici e alle caratteristiche delle diverse etnie. Lavorando con i gruppi locali, Beyond Boundaries vede nel Tenderloin i segni di una cultura urbana flessibile. Il progetto è realizzato da J. Lee Stickles, urbanista e artista di San Francisco e fondatrice di una società no-profit di ricerca e progettazione urbana, e da Wright Yang, artista e progettista. TenderVoice / TenderNoise (TVTN) 41 (IMG 3, IMG 4) E’ un progetto web based che lavora su due fronti: quello dell’ecologia acustica (TenderNoise) e quello del giornalismo di comunità (TenderVoice). TenderNoise raccoglie, mappa e dispone su diversi livelli campioni di suono e dati relativi al rumore nel quartiere Tenderloin. Il progetto esplora la qualità sonora delle strade attraverso registrazioni di decibel, sia in tempo reale, che storiche e propone una loro visualizzazione sul web. TenderVoice raccoglie i racconti orali basati sulle interviste fatte a più di una dozzina di referenti di organizzazioni che offrono servizi nell’area del Tenderloin, in un sito interattivo, per evidenziare i servizi e le attrazioni del quartiere utili alle comunità. Nel suo insieme TVTN dà una visione unica del paesaggio sonoro del Tenderloin e si indirizza a un pubblico vasto che spazia da chi ha ancora poca dimestichezza con il computer, fino ai designer esperti, dai residenti locali, ai cittadini globali. Attraverso la visualizzazione su livelli, il progetto integra in un’unica piattaforma dati di diversa provenienza e tipologia (qualitativi e quantitativi, relativi a sorgenti differenti come gli edifici o le strade…), connotati in maniera differenziata (legati a impressioni positive – i racconti - o negative – i rumori), per diverse tipologie di utenti (esperti o principianti). In questo modo TVTN sviluppa un linguaggio unico per esplorare una quartiere molto denso di San Francisco, in modo coinvolgente. La prima versione dei siti TenderVoice and TenderNoise è stata presentata al Tenderloin Tch Lab durante il Festival ed è ora disponbile on-line. Sulla base delle reazioni dei partecipanti al Festival, gli sviluppatori del progetto stanno considerando di implementare ulteriormente l’applicazione, ad esempio incrementando le registrazioni realtime dei rumori o sviluppando un’istallazione artistica nel Tenderloin. TVTN è sviluppato da un gruppo di designer, urbanisti, ingegneri del suono, esperti di sostenibilità ambientale, esperti di interaction design, sviluppatori web, provenienti da diverse organizzazioni (Arup, società multidisciplinare di architetti, urbanisti, designer, fondata sui principi del integrated design; Stamen Design, una società specializzata in interactive design e data visualization; Movity.com un’impresa start up che si occupa di raccogliere dati georeferenziati (su rumore e crimine, 40 La descrizione dei progetti è liberamente tradotta dalle schede di presentazione disponibili on-line all’indirizzo: http://www.citycentered.org/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 41 Il progetti TVTN sono accessibili agli indirizzi: http://tendernoise.movity.com/ e http://www.tendervoice.org/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 9 ad esempio) per le valutazioni immobiliari; Tenderloin Technology Lab, il laboratorio cittadino per l’alfabetizzazione informatica nel Tenderloin). Tender Secrets – un’esperienza interattiva di narrazione collettiva e confessione urbana dal quartiere più [diverso, sporco, in evoluzione, squallido, frainteso, proletario, interessante, drammatico, abbandonato, vietnamita, senzatetto] di San Francisco (IMG 5) Tender Secrets pone ai cittadini del Tenderloin, ai membri della comunità, ai passanti, ai visitatori e ai frequentatori della galleria GAFTA una semplice domanda: “Qual è il tuo segreto?”. Le risposte sono lasciate come messaggi audio anonimi attraverso un telefono antico situato nel Tenderloin, o attraverso qualsiasi cellulare in grado di telefonare a una segreteria telefonica. Rappresentazioni visive dei messaggi sono create in modo dinamico in tempo reale e proiettate sulla facciata di un negozio o su una finestra. I visitatori dell’interno della facciata possono ascoltare i segreti della comunità alzando la cornetta del telefono adiacente alla proiezione. L’archivio visivo è aggiornato in tempo reale. Quando non ci sono messaggi recenti, l’archivio visivo è animato da tutti i messaggi segreti raccolti precedentemente. Gli ascoltatori sentono messaggi casuali e anonimi che i membri della comunità hanno lasciato. Infine, è virtualmente impossibile avere due volte la stessa esperienza per più di una volta. Tender Secrets funziona 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana ed è sempre aperto ad ascoltare i tuoi segreti. Come supporto tecnico all’interazione, Tender Secrets utilizza dispositivi incredibilmente semplici. Tutti hanno segreti e la maggior parte delle persone sanno come usare un telefono o come parlare a un microfono: praticamente tutti possono interagire e più i partecipanti sono diversi, più l’installazione diventa coinvolgente. Lo spazio-finestra "Tendorama", presso la Gray Area Foundation, è l’interfaccia ideale per questi segreti di vicinato. Qui c’è la possibilità di valorizzare la diversità della comunità – il proprietario del negozio di sandwich vietnamita, lo studente e i frequentatori della galleria, i bambini di una famiglia che va a teatro, un ex-tossicodipendente – ed è possibile anche valorizzare lo spazio visivo interno e la location della galleria. L’installazione crea un’esperienza unica sia dall’interno che dall’esterno, incoraggiando la partecipazione della comunità. Il progetto è realizzato da Kevin Collins, interaction designer, Scott Doorley, direttore del Environments Lab alla d.school di Stanford, Bjoern Hartmann, Assistant Professor di Computer Science a Berkeley, Dan Maynes-Aminzade, Software Engineer per Google, Parul Vora, designer, ricercatrice, tecnologa, specializzata in user experience, hacker e artista. The Wireless Landscape – Visualizzare l’invisibile. Ritrovamenti dal paesaggio wireless. (IMG 6) Il progetto The Wireless Landscape crea una mappa del paesaggio wireless attraverso un’esplorazione delle strade con uno strumento che rileva i punti di accesso delle reti wifi. Le informazioni raccolte sono poi rappresentate digitalmente su una mappa online, o stampate fisicamente su mappe fisiche. Il progetto si fonda sull’idea che diventando più consapevoli delle reti wireless che costituiscono il nostro attuale paesaggio wireless, possiamo prepararci meglio alla possibilità di crearne di nuovi. Questi nuovi paesaggi possono essere creati ad hoc, o essere ispirati dalla moda, o essere creati da istituzioni pubbliche come l’amministrazione cittadina. Le reti wireless metropolitane si stanno sempre di più diffondendo, anche se molti tentativi di fondazione di questi network sono falliti a causa di una mancanza di consenso nella fase di implementazione. È importante essere preparati all’inevitabilità di nuovi paesaggi wireless, acquisendo consapevolezza di ciò che già esiste e comprendendo quello che si desidera per il futuro. Il progetto mira a raccogliere dati, esperienze, storie come strumenti per costruire un dialogo sulle reti wireless metropolitane al fine di guidare il consenso popolare verso l’implementazione di nuovi network. L’ideatore del progetto è Robert Damphousse, artista, programmatore e «a builder of electronics». Il suo lavoro studia la tecnologia per quello che è: il nostro nuovo ambiente naturale, rendendolo più facilmente accessibile e comprensibile. 10 No where now here (IMG 7) No where now here è un’installazione artistica immersiva 3D. Sbattendo le braccia e muovendo il tuo corpo sarai un uccello che vola su una versione onirica di San Francisco, dove gli alberi hanno preso il posto delle auto e dove essere libero di volare è la tua condizione di vita normale. L’esperienza immersiva è costruita attraverso una videocamera time-of-flight e un algoritmo che traccia i movimenti di tutto il corpo, fornendo dati del movimento catturati in tempo reale. Un proiettore 3D permette ai partecipanti di vedere il mondo virtuale nel quale stanno volando in tre dimensioni, per una completa esperienza immersiva. Il progetto è ideato e realizzato da Stefano Corazza, ingegnere meccanico con un Master in design e dottore di ricerca in bioingegneria Computer Vision. Transborder Immigrant Tool42 (IMG 8) The Transborder Immigrant Tool è progettato per riconvertire, attraverso l’aggiunta di un software sviluppato ad hoc, cellulari GPS usati e a basso costo in strumenti in grado di fornire assistenza per la navigazione personale: Transborder Immigrant Tool guida gli immigrati assetati ai punti di ristoro forniti di acqua, allestiti da volontari e fornisce loro anche un poetico nutrimento sonoro. Transborder Immigrant Tool, uno dei molti progetti che utilizzano le API sviluppate da walkingtools.net43, si presenta come un progetto di cultura pubblica e di attivismo sociale. Si focalizza sui problemi di pubblica sicurezza creati dall’interruzione delle politiche per l’immigrazione degli Stati Uniti, un tema di grande interesse per molte comunità presenti nella città-asilo di San Francisco. Al Festival City Centered gli artisti del progetto Transborder Immigrant Tool installano cellulari montati su dei muri. I telefoni visualizzano sullo schermo un loop continuo di immagini che si alternano tra la simulazione dell’interfaccia-bussola dello strumento di navigazione, a immagini del paesaggio del deserto, il luogo in cui esso è progettato per essere utilizzato. Il progetto TBtool, sviluppato al B.A.N.G. Lab all’Università della California, San Diego, fornisce il software (sia per i cellulari, sia per le ONG che coordinano la distribuzione dello strumento) che permette a questi cellulari usa e getta abbandonati di funzionare come sistemi di navigazione e sicurezza personale per gli immigrati. Il progetto è dunque un progetto di intervento e attivismo sociale, tanto quanto (se non di più) di un progetto di sviluppo software. Più significativo è inoltre il modo in cui esso riconverte e rivitalizza il modo comune di intendere l’ospitalità, il supporto, la libertà e la giustizia. Il progetto è presentato da Micha Cárdenas / Azdel Slade, artista peformer e teorico queer, Amy Sara Carroll, Assistant Professor di studi e cultura dell’America Latina e di Inglese all’università Michigan, Ricardo Dominguez, cofondatore dell’ Electronic Disturbance Theater (EDT), un gruppo che sviluppa tecnologie Virtual-Sit-In in solidarietà con le comunità zapatiste del Chiapas, Elle Mehrmand artista new media e performer, Brett Stalbaum studioso e ricercatore specializzato in teoria dell’informazione, database e sviluppo software. Every step44 (IMG 9) Every step permette alle persone di creare brevi animazioni sperimentali durante il loro cammino. Ad ogni partecipante viene fornita una macchina fotografica montata su un bracciale con integrato un contatori di passi (pedometro). La macchina fotografica è orientata verso il cielo. Il contatore di passi innesca la macchina fotografica che riprende ad ogni passo qualsiasi cosa ci sia sopra la testa della persona che sta camminando. Per creare l’animazione, i partecipanti indossano semplicemente il bracciale e iniziano a camminare dove vogliono. Di ritorno dalla passeggiata, le immagini vengono trasferite dalla memoria della macchina fotografica e caricate in un programma software che crea un’animazione frame by frame accompagnata da una colonna sonora. Ad animazione completata, viene 42 Cfr. i video di presentazione del progetto: http://vimeo.com/6109723 http://vimeo.com/6108522 http://vimeo.com/6108310 [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 43 Cfr. http://www.walkingtools.net/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 44 Cfr. il video di presentazione del progetto http://vimeo.com/1022550 [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 11 creato un DVD che è consegnato al partecipante. Il progetto è realizzato da Matthew Roberts, new media artist specializzato in real-time video performance. Block of Time: O'Farrell Street45 (IMG 10) L’autrice del progetto è Krissy Clark, giornalista, radio reporter, scrittrice e autrice di documentari, che così descrive il suo progetto: «Block of Time è un esperimento di audio tour nell’isolato 900 di O'Farrell Street, basato sul giornalismo radio documentario locative […] Immaginate uno di quegli audio tour tradizionali utilizzati nei musei, o nelle zone storiche della città, dove ci sono piccoli numeri accanto a dipinti o edifici di rilievo che è possibile chiamare per avere maggiore informazioni su ciò che si sta vedendo. Block of Time funziona così, con una differenza: il posto che si sta visitando non ha nessun evidente valore artistico o storico. E questo è il punto. l’isolato 900 di O'Farrell Street manca completamente di descrizioni. Ma ogni luogo ha una storia, bisogna solo sapere dove cercarla… Giornalista compulsiva quale sono, ho cercato documenti storici e mappe, e intervistato dozzine di persone che hanno vissuto e lavorato nell’isolato nel corso degli anni, per trovare materiale interessante. Alcune delle storie sono state ispirate dalle memorie di Harriet Lane, autrice di 920 O'Farrell Street, in cui descrive la sua infanzia nel quartiere a fine Ottocento, ripercorrendo la sua vita fino al terremoto del 1906. Ma ho anche scandagliato le strade, bussato alle porte, suonato a caso citofoni, fermato persone che ritornavano dal lavoro e messo il naso nei loro affari per trovare storie interessanti da poter condividere. Alla fine ho raccolto e preparato più di venti storie, tutte di durata inferiore ai due minuti, collegate a differenti punti e edifici della strada, che spaziano dal 1870 fino ai giorni nostri […] Dei palloni rossi indicano i punti sulla strada in cui è “incarnata” ogni storia e in prossimità di essi dei cartellini forniscono un numero telefonico da chiamare. Ogni numero chiamato riporta a un racconto diverso, inerente al luogo che si sta guardando (i numeri telefonici e il sistema di messaggio audio sono stati generosamente concessi da MobileCommons). E’ come se i fantasmi della strada, della storia passata, del presente e del futuro, parlassero attraverso la linea telefonica […]» Insights, the Tenderloin (IMG 11, IMG 12) Insights, the Tenderloin invita il pubblico a esplorare come il luogo può ispirare il progetto. L’installazione di una mappa interattiva, creata come parte di un progetto sviluppato alla d.school di Standford, invita le persone a esplorare Tenderloin e a esprimere le proprie originali suggestioni su uno dei quartieri più complessi di San Francisco. Nell’aprile del 2010 il progetto dMedia propose ad alcuni studenti di creare un gioco ispirato al quartiere Tenderloin di San Francisco. Un gioco? Il Tenderloin? Questa proposta non sminuiva la gravità dei problemi che caratterizzano quell’area? Tuttavia, dopo alcune ricerche sul game design e sui processi motivazionali che fondano la partecipazione e il gioco, gli studenti affrontarono questa sfida complessa e passarono una settimana alla scoperta di storie, persone, oggetti nel Tenderloin. Catturarono suggestioni attraverso immagini, disegni e testi, che hanno geo-localizzato in una mappa collaborativa multimediale. Gli studenti hanno lavorato su queste prime suggestioni per progettare cinque format di gioco46 – alcuni specifici per il Tenderloin, altri adattati per il contesto del Tenderloin da esperienze precedenti. I giochi sollevano alcune domane, quali ad esempio: come possono le persone creare in modo collaborativo delle storie utilizzando gli oggetti del contesto locale con cui entrano in contatto? Può un gioco stimolare i giocatori ad aprire gli occhi e vedere un luogo in modi nuovi? Come possono brevi incontri favorire le connessioni e le relazioni interpersonali? Il nostro mondo sta cambiando, in qualsiasi modo si decida di descriverlo - come slittamento dalla cultura del consumo alla società creativa, come tendenza verso una comunicazione sempre più mediata e sempre meno faccia a faccia, come l’alba dei social media e il collasso delle istituzioni – i media non sono più solo strumenti di comunicazione. Sono veicoli per la partecipazione creativa delle comunità e, quindi, sono veicolo di cambiamento sociale. I media 45 Il testo della presentazione è liberamente tradotto dal blog dell’autrice del progetto, Krissy Klarck: http://storieseverywhere.org/2010/06/16/block-of-time-ofarrell-street/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 46 Per maggiori informazioni sui format di gioco, cfr.: http://www.dmediaproject.com/can-you-design-games-for-thesf-tenderloin/ [ultimo accesso 28 agosto 2008]. 12 designers hanno l’opportunità e la responsabilità di rendere questo cambiamento positivo. Il progetto d.Media sta creando una comunità di persone e progetti presso l’Hasso Plattner Institute of Design, presso l’Università di Stanford, dove gli studenti e i professori lavorano insieme per scoprire e evidenziare nuovi contesti mediali e applicare questi insegnamenti nella progettazione di esperienze di interazione che abbiano un impatto sociale positivo. UrbanRemix47 (IMG 13) UrbanRemix è un progetto local e collaborativo. E’ incentrato sulla progettazione di una piattaforma e sulla realizzazione di workshop pubblici finalizzati a fornire ai partecipanti gli strumenti per raccogliere e esprimere l’identità sonora delle loro comunità e agli utenti web la possibilità di esplorare e fare esperienza dei paesaggi sonori della città in modo innovativo. La piattaforma UrbanRemix è costituita da un sistema di cellulari e un’interfaccia web per registrare, navigare e mixare l’audio. Ciò permette agli utenti di documentare e esplorare i suoni ovvi, dimenticati, privati o pubblici dell’ambiente urbano. I partecipanti ai workshop di UrbanRemix diventano creatori attivi di paesaggi sonori condivisi, esplorando la città alla ricerca di indizi acustici. I suoni raccolti, le voci, i rumori forniscono le tracce originali per remixaggi musicali che riflettono la natura specifica e l’identità sonora della comunità. Il progetto si fonda su pratiche estetiche con una lunga storia alle spalle, che utilizzano i suoni del mondo reale combianndoli in composizioni elettroniche: la musique concrète, l’ecologia acustica, i lavori di John Cage, o le pratiche di arte pubblica e di design che strutturano nuove forme di coinvolgimento e collaborazione tra artisti, designer e cittadini. Il progetto è stato creato e diretto da Jason Freeman, Michael Nitsche, e Carl Disalvo, professori al Georgia Institute of Technology, Atlanta, Georgia. E’ stato realizzato grazie al lavoro volontario di numerosi studenti e designer, e supportato in parte dal Music Technology Program, the Digital Media Program, e il centro GVU presso il Georgia Tech. SENSEable Cities: Exploring Urban Futures 48 (IMG 14) Nell’ambito del Festival è stata inaugurata una retrospettiva dedicata ai progetti del MIT’s SENSEable City Laboratory. Dal 2003 MIT’s SENSEable City Laboratory studia come le nuove tecnologie digitali possono rendere le città più vivibili, sostenibili ed efficienti. La rivoluzione digitale ha fornito alle nostre città un nuovo livello di funzionalità e ora è tempo di esplorare come i sensori, i cellulari, i microcontroller e i network di altri strumenti portatili possono essere usati per gestire in modo migliore le infrastrutture della città, ottimizzare i trasporti, analizzare il nostro impatto sull’ambiente e far nascere nuove comunità. I 15 progetti scelti rappresentano le potenzialità di questo nuovo mondo del pervasive computing. Il lavoro spazia dall’arredo urbano ai nuovi sistemi di trasporto, dai metodi per l’integrazione dei dati al pervasive data mining e alla visualizzazione dei dati in tempo reale […]. Di seguito sono riportate le presentazione di alcuni progetti presenti alla mostra. 47 Cfr. il sito del progetto: http://urbanremix.gatech.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. Maggiori informazioni sui progetti del MIT’s SENSEable City Laboratory, incluse alcune presentazioni video, sono disponibili al sito: http://senseable.mit.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]. 48 13 New York Talk Exchange: presentato al Museum of Modern Art di New York, New York Talk, Exchange pone una domanda: “Come si connette la città di New York al flusso di conversazione globale?” Usando i dati dei telefoni e delle IT, le immagini rivelano le connessioni in tempo reale tra le varie zone delle città e i paesi nel mondo con i quali sono in comunicazione. (IMG 15) iSpots: il progetto iSpots mappa le dinamiche delle reti wireless presenti al campus MIT, rilevando il flusso e riflusso della vita di ogni giorno. (IMG 16) Obama One People: in occasione del centesimo giorno del mandato del presidente Obama, il MIT SENSEable City Lab ha creato la visualizzazione dell’attività dei cellulari della folla di persone che hanno partecipato all’evento, rispondendo alle domande: “Chi era a iWashington, D.C. quel giorno? Quando sono arrivate, quando sono partite e per quanto tempo sono rimaste in città le persone? Le immagini che visualizzano i dati mostrano che l’evento è stato un fenomeno globale. (IMG 17) Current Cities - Amsterdam: grazie a una partnership con gli operatori della telefonia mobile, il progetto rileva l’attività della città attraverso gli sms inviati dalle persone. In questo caso, le immagini rappresentano il volume e l’intensità degli sms ad Amsterdam il giorno di Capodanno. (IMG 18) Trash Track: attaccato dei sono smaltiti Trash Track presentato in vi siete mai chiesti dove finisce la vostra spazzatura? I ricercatori del MIT hanno tag alla spazzatura per monitorarne il percorso. Alcuni tipi di rifiuti sono “provinciali” e non lontano da casa, mentre altri oggetti viaggiano a lungo prima di essere distrutti. ha ricevuto enorme attenzione dalla stampa nazionale e internazionale ed è stato diverse città degli Stati Uniti, incluse Seattle e New York. (IMG 19) Copenhagen Wheel: le automobili hanno il GPS e sensori per il trafico; ora anche le bicclette. Ma Copenhagen Wheel ha anche alcune caratteristiche in più: può monitorare l’inquinamento dell’aria in tempo reale. Questa bicicletta ibrida immagazzina energia mentre si pedala per renderla disponibile quando si è stanchi di pedalare. Copenhagen Wheel è un esempio del dialogo tra città e dati, portato al massimo livello: oltre il dialogo, verso un processo interattivo di decision making. (IMG 20) Strategie di innovazione creativa nei progetti locative L’obiettivo comune dei lavori presentati è quello di ricostituire un senso positivo dell’abitare, incentrato sulla progettualità, sulla relazione e sulla coesione sociale. I progetti presentati sperimentano a questo fine alcune strategie di innovazione incentrate a mio parere su quattro fondamentali ingredienti: la creatività e la critica; l’attenzione alle comunità; la valorizzazione della complessità; l’approccio incarnato alla tecnologie. Creatività, critica, arte I progetti locative guardano alla creatività come risorsa fondamentale su cui puntare per il cambiamento. Il focus sulla creatività è spesso legato all’obiettivo di ricercare e proporre nuovi punti di vista e nuovi usi dei luoghi. L’utilizzo creativo degli spazi è considerato una strategia fondamentale, così come l’utilizzo dello spazio pubblico come luogo di intervento e di critica. E infatti la call del Festival recita: site-specific locative media art […] imaginative responses to the district and critical interpretations of place are strongly desired49. 49 «Sono fortemente incoraggiate proposte di arte locative legata alla città […] risposte creative per il quartiere e interpretazioni critiche del luogo». Cfr. la call del Festival, disponibile all’indirizzo http://www.gaffta.org/wp/wpuploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 14 Il discorso sulla creatività si lega alla critica degli usi convenzionali/dominanti dello spazio e della tecnologia. I progetti locative sono progetti che danno voce a interpretazioni minoritarie, normalmente invisibili, per permettere loro di emergere come nuove pratiche alternative e arricchenti. Si veda a questo proposito il progetto Tender Secret, che utilizza i muri di un edificio come una tela su cui proiettare i segreti “invisibili” degli abitanti del quartiere; o Tender Voice, che mappa in modo non convenzionale lo spazio del quartiere rendendo visibile la presenza di servizi utili alle comunità più fragili; oppure the Transborder Immigrant Tool, sicuramente il progetto più “politico”50, che cerca di rifunzionalizzare cellulari in disuso come strumenti di salvezza per emigranti illegali in fuga. L’approccio critico-creativo dei locative media è connesso in modo evidente alle radici artistiche d’avanguardia del movimento. Si è già accennato al legame che i locative intessono con l’arte sperimentale, ma vale la pena richiamare qui alcune parole delle persone intervistate. Da tutti viene riconosciuto il ruolo determinante degli artisti nel dare avvio alle sperimentazioni locative. Sia perché gli artisti sono i primi a intravedere la possibilità di utilizzo creativo dello spazio: the artists were the first to breakdown with locative. There were also GIS and GPS people but the artists were the first ones to really break open and start use place as a canvas […] artist started to really do this in the early 2000, nobody else was doing it… storytellers weren’t doing locative […] artists were doing that, especially conceptual artists… because they wanted to talk about place and they are used to... you know… just struggling through.. […]. They were the first ones to really do locative anything…51 sia perché sono i primi a rifunzionalizzare tecnologie militari in tecnologie creative: a lot of things artist use […] things like videos and GPS … they all came from military, so GPS has its deep roots in military, defense, and similarly with videos… video is a military technology. Lots of things that we use […] have a kind of roots in military and I think artists generally repurpose things, they attempt to grab all the somethings and try to forget what the original purpose was and try to make other things…52 Ma, come rileva Jeremy Hight, l’approccio artistico non esaurisce l’eterogeneità del panorama locative, che vede una sempre maggiore presenza di altri attori (architetti, urbanisti, storici, imprese,…): Location aware projects are not always artworks. Architects, city planners, historians, businesses etc. do locative studies more and more and this is bleeding quickly into commercial augmentations with GPS and location aware data and graphical augmentation and text. […] Locative media art is honestly the little brother of all this, always has been. In 2002 and years after we were seen as eccentrics following the long lineage of the “avant garde” messing with 50 Cfr. a questo proposito il commento fatto da Fox News allo strumento: http://video.foxnews.com/v/3955297/transborder-immigrant-tool [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 51 Gli artisti furono i primi a sfondare con i locative. C’era anche chi lavorava con i GIS e i GPS ma gli artisti furono i primi a inaugurare davvero la possibilità di utilizzare lo spazio come una tela […] gli artisti cominciarono a farlo nei primi anni del 2000, nessun altro lo stava facendo, chi si occupava di narrazione non lo faceva in modo locative […] lo fecero specialmente gli artisti concettuali… perché volevano parlare dello spazio che utilizzavano e perché erano abituati a… sai… combattere… […]. Furono i primi a localizzare davvero ogni cosa…» Dall’intervista a Leslie Rule. 52 « molte delle cose che gli artisti usano […] come i video e i GPS … provengono dall’ambito militare. Il GPS ha le sue radici nell’esercito, così come i video… i video sono una tecnologia militare. Molte delle cose che usiamo hanno radici militari e penso che gli artisti in genere propongano nuovi usi delle cose, essi cercano di prendere le cose e di dimenticare quale fosse il loro originario scopo, per fare nuove cose…» Dall’intervista a Paula Levine. 15 cool new toys. The technology was the star and now that is the case more and more even as the “field” (multiple fields really) has grown as it has.53 Nonostante la preoccupazione che si può intravedere tra le righe di questa dichiarazione, la presenza di altri soggetti garantisce che i progetti locative non si riducano a sperimentazioni narcisistiche chiuse in se stesse, che rischierebbero di dimenticare la la complessità dei luoghi. Una delle strategie vincenti è proprio quella di puntare sulla collaborazione tra diverse figure e diversi professionisti, per assicurare che la linfa creativa degli artisti venga incanalata in progetti concreti, attuabili e utili per le comunità e i luoghi in cui esse vivono. L’attivazione delle comunità I progetti locative sono progetti di partecipazione comunitaria: in essi è centrale l’attivazione dei residenti nell’interpretazione creativa dello spazio. I progetti seguono la via della partecipazione, dell’attivazione bottom-up tipici della tradizione dei processi partecipati. Tra gli intervistati, è soprattutto Leslie Rule che si sofferma su questo aspetto, descrivendo la sua esperienza di lavoro con scuole, insegnanti, educatori informali e responsabili di servizi di comunità, in progetti di educazione mediale, soprattutto incentrati sul digital storytelling: about seven years ago I came into work here and with the technological tools that were becoming available we realized that there was a segment where we did not need to tell people stories, that we should be teaching people how to tell their own stories. We started showing people how to use digital media to create these emotional little pieces about their experiences. There were 4 steps: 1) […] understand your experience and find the experience you wanna talk about; 2) […] tell your story: learn how to tell the experience, the story, in a multimedia environment; 3) create the piece. We wanted to teach people how to use the tools, the software […]; 4) distribute it: once you have these pieces, what can you do with them? put on a cd, you tube, e mail…54 L’esperienza di Leslie cambia radicalmente con l’introduzione dei locative media nei suoi progetti, quando cioè si capisce che i racconti della comunità possono essere geo-localizzati, favorendo emergere una maggiore consapevolezza delle esperienze e delle relazioni che le persone intessono con i luoghi: 53 «I progetti Location aware non sono sempre progetti artistici. Anche gli architetti, gli urbanisti, gli storici, le imprese ecc… realizzano sempre più spesso studi locative e i locative si stanno rapidamente dissanguando nell’utilizzo commerciale del GPS e dei dati Location aware e della grafica aumentata […] L’arte locative media è in realtà la sorella minore di tutto ciò, lo è sempre stata. Nel 2002 e negli anni successivi eravamo visti come eccentrici avanguardisti, che si divertivano con giocattoli tecnologici alla moda. La tecnologia era la star e lo è ancora, sempre di più, anche se il campo (i molti campi) si sono evoluti come sappiamo». Dall’intervista a Jeremy Hight. 54 «Circa sette anni fa venni a lavorare qui e realizzammo che, con gli strumenti tecnologici che stavano diventando sempre più disponibili, non c’era tanto bisogno di raccontare le storie alle persone, ma che avremmo dovuto insegnare alle persone come raccontare le loro storie. Iniziammo a mostrare alla gente come utilizzare i media digitali per creare piccoli racconti emotivi inerenti le loro esperienze. C’erano 4 fasi: 1) […] comprendere la propria esperienza e trovare un’esperienza di cui si voleva parlare; 2) […] raccontare la storia: imparare come raccontare l‘esperienza in un ambiente multimediale; 3) creare il pezzo. Volevamo insegnare alla gente come usare gli strumenti, il software […]; 4) distribuire la storia: una volta in possesso dei pezzi narrativi, cosa è possibile fare? metterli su un cd, su you tube, spedirli via e-mail…» Dall’intervista a Leslie Rule. 16 What happened to stories when they suddenly are place based? When the fifth component is place? The process was now located, we started locating stories, and then we realized that stories could enter places55. Al Festival l’attenzione alle comunità è evidente sia nella decisione di dedicare gli interveti al quartiere Tenderloin e ai suoi abitanti, sia nella stessa natura della call, che invita esplicitamente a presentare progetti che prevedano il diretto coinvolgimento della comunità. Si vedano a questo proposito progetti come Beyond Boundaries, che propone una mappatura visuale del quartiere realizzata insieme ai residenti; o TenderVoice / TenderNoise che fa esplicito riferimento al giornalismo di comunità; o, infine, Urban Remix, che propone strumenti per rimixare in modo creativo i rumori del quartiere raccolti dai sui abitanti, creando le occasioni per riflettere «sulla la natura specifica e l’identità sonora della comunità». Valorizzare la complessità I progetti locative sono progetti che enfatizzano la complessità: l’attenzione al carattere complesso dei luoghi si esplicita in un’interpretazione dello spazio a livelli, sia da un punto di vista sincronico (quello che diverse persone o gruppi di persone vedono oggi nello stesso luogo), sia diacronico (che cosa un luogo è stato nel passato). La possibilità offerta dalle tecnologie digitali di fare esplodere la complessità dei luoghi in interpretazioni e rappresentazioni multi-livello è un fattore chiave anche per le persone intervistate: the idea was to understand that is just a position of time and space. Is not to recreate what it was many years ago, but it’s to understand what it was first of what it is and what you can make of that. So you see what is it here, but you hear what it was in a previous age. […] people understand places in a very different way […] It just has to do with the way you understood places, your personality, your psychology. People interact with places in a very different way, depending on who the are56. L’idea di catturare i livelli in cui è stratificato un luogo rimanda direttamente al lavoro di Jeremy Hight, padre dell’archeologia narrativa (Hight 2003)57, una metodologia che punta a far emergere gli strati significanti dei luoghi, facendo parlare direttamente gli oggetti e la materialità dello spazio, attraverso la narrazione: “Narrative Archaeology” came that day to me as I stood in the middle of a busy street heading to my car. With g.p.s and signal to location places can have a voice. History and information can move from books somewhere else or texts online to their place of origin and the place can “speak” these layers of itself. The possibilities were limitless to me58. 55 «Che cosa accade alle storie quando sono improvvisamente localizzate? quando il quinto passo è il luogo? Il processo era ora localizzato, iniziammo a localizzare le storie e realizzammo che le storie potevano entrare nei luoghi». Dall’intervista a Leslie Rule, 56 «L’idea era capire che è solo una questione di posizionamento nello spazio e nel tempo. Non vuol dire ricreare quello che c’era molti anni prima, ma capire cosa c’era prima di quello ch c’è ora e cosa poterne fare. Così è possibile vedere cosa c’è lì, ma sentire cosa c’era in un’epoca precedente […] le persone interpretano i luoghi in modi molto diversi […] in relazione alla personalità, alla psicologia. Le persone interagiscono con i luoghi in modi differenti, in relazione a ciò che esse sono». Dall’intervista a Leslie Rule. 57 Sull’affinità tra archeologia e locative media si veda: Galloway (2006) 58 «L’idea della archeologia narrativa mi venne un giorno mentre ero in auto nel mezzo di una strada trafficata. Con i segnali g.p.s. e di localizzazione i luoghi potevano avere una voce. La storia dell’informazione può muoversi dai libri a qualche altro luogo, o dai testi on-line al luogo di origine e il luogo stesso può “parlare” con questi livelli. Le possibilità mi sembravano illimitate». Dall’intervista a Jeremy Hight. 17 La valorizzazione della complessità è presente nella maggioranza dei progetti: da Block of Time: O'Farrell Street, che lavora in modo specifico sulla stratificazione di livelli storici, a progetti in cui la tecnologia digitale supporta una visualizzazione multilivello di diverse tipologie di dati, informazioni, narrazioni. Si veda, ad esempio Beyond Bounderies che valorizza la complessità del Tenderloin utilizzando la fotografia e le mappe digitali per testimoniare «l’interazione di differenti livelli urbani», o TenderVoice TenderNoise: «by layering various data sources (buildings/streets), data types (qualitative/quantitative), data impressions (positive narratives/negative noise) and audience (novice/expert) on a common platform, TVTN develops a unique language to explore a very dense neighborhood in San Francisco in an engaging way». Tecnologie incarnate per l’innovazione sociale I progetti locative credono nella tecnologia e nei media come strumenti di azione e di cambiamento sociale. Il legame con lo spirito rivoluzionario della logica hacker59, dei movimenti free networks e free wireless e della cultura punk «Do-It-Yourself» (Tuters e Varnelis 2006) si rinnova al City Centered in progetti come The Wireless Landscape, Transborder Immigrant Tool, e in modo esplicito nelle parole dei progettisti di Insights, the Tenderloin: «I media sono veicoli per la partecipazione creativa delle comunità e, quindi sono veicolo di cambiamento sociale. Crediamo che i media designer abbiano l’opportunità e la responsabilità di rendere questo cambiamento positivo». L’utilizzo pubblico e creativo dei network e delle tecnologie quali il WIFI è peraltro uno dei degli obiettivi esplicitati dalla call, così come l’utilizzo “incarnato” e “locale” delle tecnologie ubiquitous: «All proposed projects should address the theme of ‘urban community’ and utilize wireless technologies in some relation to ‘location’ and ‘place’60». L’enfasi sulla dimensione incarnata della tecnologia porta i progetti locative a valorizzare l’ibridazione tra materiale e digitale, tra reale e virtuale. La prospettiva non è più quella della realtà virtuale, o della visione mainstream disincarnata e dislocata del cyberspazio come opposto alla realtà fisica, ma quella della realtà aumentata, che, come è stato sottolineato (Manovich, 2006), permette di lavorare sulla stratificazione multilivello dei luoghi, combinando insieme diversi spazi semantici. In questo spazio ibrido i bit si sovrappongono agli atomi e i media diventano l’interfaccia tra luoghi, esperienza e informazione (Ratti 2009). L’embodiment tecnologico è l’orizzonte di riferimento anche dei protagonisti intervistati. Jeremy Hight sottolinea come esso rappresenti il superamento di un paradigma che viene da 59 «Locative media practitioners are keeping the technologies close to the ground, available for hacking, re-wiring and re-deployment in non-authoritarian ways» (Albert, 2004). 60 «Tutti i progetti devono riguardare il tema delle comunità urbane e utilizzare le tecnologie wireless in modo connesso con il luogo e la localizzazione» Cfr. la call del Festival, disponibile all’indirizzo http://www.gaffta.org/wp/wp-uploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010]. 18 lontano: … you can take this back to cybernetics, man/machine dichotomy, 19th century utopic drawings of 20th century technology, metropolis on up through sci fi to vr, lm and ar […] A lot of my work deals with this […] All my information design does in fact, just in different facets, contexts and under slightly different umbrellas if you will61. Leslie Rule sottolinea le opportunità offerte dalla realtà aumentata e dalle tecnologie post desktop, riconoscendo nella rivoluzione delle tecnologie mobile la chiave di tutto ciò: locative media is placed, so this means not only that you are outside, but that you are in you body, your boy is moving. Is a very physical kind of experience. You have cellphone, it becomes a real part of your experience. You’re not taking you body and putting it in your room, you’re actually taking you body outside and putting movement into it, and all your senses become alive, and this is a very different kind of experience with technology […] and it can happen because of mobile devices, because even with laptops and certainly with desktops, you were chained to a desk, basically inside a place. Now with mobile devices you can actually go outside and put your body into the process, you have to walk, you have to see, you have to hear. And you have to engage with place… you an embodied person62. L’approccio incarnato e post-desktop è presente in tutti i progetti del Festival, in particolare in quelli che prevedono un’attivazione fisica nello spazio: da Tender Secret (che trasforma lo spazio-finestra "Tendorama", presso la Gray Area Foundation, in un una interfaccia per accedere ai ”segreti di vicinato”); al Transborder Immigrant Tool, che aumenta lo spazio del deserto attraversato dai migranti con preziose informazioni relative ai punti d’acqua e con narrazioni poetiche; a Block of Time: O'Farrell Street, che, utilizzando una tecnologia rudimentale come il telefono, rende bene l’idea di come si possa “aumentare” la realtà fisica attraverso contenuti che rimandano alla multidimensionalità del luogo, al suo “altrove” nel tempo e nello spazio; a, infine, tutti i progetti sviluppati dal SENSEable City Laboratory. Creatività e critica, attivazione delle comunità, valorizzazione della complessità dei luoghi e approcci tecnologici incarnati sono ingredienti che, in misura differente, caratterizzano i progetti locative media. Queste strategie convergono su due obiettivi principali: costruire o ricostruire trame di senso significative tra persone e luoghi, attivando nuovi significati per gli spazi in cui le comunità vivono o re-interpetandoli creativamente partendo dalle esperienze nascoste, anche del passato; integrare dati e visioni di differente natura e scala, mettendo in connessione la dimensione locale con quella globale, i racconti che parlano delle esperienze soggettive e personali delle persone con dati di sistema scientifici e oggettivi. 61 «E’ possibile ricondurre tutto ciò alla cibernetica, alla dicotomia uomo/macchina, ai progetti tecno-utopici del XIX secolo, dall alla metropoli fino alla Science Fiction, alla realtà virtuale, ai locative media e alla realtà aumentata […] Molto del mio lavoro riguarda questo aspetto […] tutto la mia attività di information designer, in realtà, sotto vari aspetti e in differenti contesti». Dall’intervista a Jeremy Hight. 62 «I locative media sono situati, questo significa non solo che tu sei fuori da una stanza, ma che sei nel tuo corpo, che il tuo corpo si muove. E’ un tipo di esperienza molto fisica. Hai un cellulare che diventa una parte reale della tua esperienza. Non prendi il tuo corpo e lo metti in una stanza, lo stai davvero portando fuori e stai mettendo movimento in esso e tutti i tuoi sensi si attivano e questa è un tipo di esperienza tecnologica molto differente […] e può accadere grazie alle tecnologie mobili, perché anche con i computer portatili, e sicuramente con quelli desktop, eri invece incatenato alla scrivania, nel chiuso di un luogo. Ora con le tecnologie mobili puoi davvero uscire e mettere il tuo corpo nel processo, devi camminare, devi vedere, devi ascoltare. E devi essere in relazione con il luogo.. tu una persona incarnata». Dall’intervista a Leslie Rule. 19 SITOGRAFIA Progetti Locative Media citati Shadows from another place: http://shadowsfromanotherplace.net/ San Francisco<->Baghdad: http://paulalevine.net/projects/shadows%20from%20another%20place/shadows.html TheWalll: http://paulalevine.net/projects/TheWall/pages/TheWall.html 34 north 118 west: http://34n118w.net/34N/ Scape the Hood: http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/ Tagging the Blues Trail: http://www.locative-media.org/projects/C93/ Beyond Boundaries: http://www.citycentered.org/#367136/Beyond-Boundaries TenderVoice / TenderNoise (TVTN): http://www.citycentered.org/#376082/TenderVoice/TenderNoise http://tendernoise.movity.com/ http://www.tendervoice.org/ Tender Secrets: http://www.citycentered.org/#364674/Tender-Secrets The Wireless Landscape:http://www.citycentered.org/#176476/The-Wireless-Landscape No where now here: http://www.citycentered.org/#382443/-no-where-now-here Transborder Immigrant Tool: http://www.citycentered.org/#382288/City-Decentered-The-Transborder-Immigrant-Tool http://vimeo.com/6109723 http://vimeo.com/6108522 http://vimeo.com/6108310 http://video.foxnews.com/v/3955297/transborder-immigrant-tool Walkingtools: http://www.walkingtools.net/ Every step: http://www.citycentered.org/#375865/Every-Step http://vimeo.com/1022550 Block of Time: O'Farrell Street: http://www.citycentered.org/#376009/Block-of-Time-O-Farrell-Street http://storieseverywhere.org/2010/06/16/block-of-time-ofarrell-street/ Insights, the Tenderloin http://www.citycentered.org/#432424/Insights-the-Tenderloin http://www.dmediaproject.com/can-you-design-games-for-the-sf-tenderloin/ UrbanRemix http://www.citycentered.org/filter/Michael-Nitsche#179858/Urban-Remix http://urbanremix.gatech.edu/ New York Talk Exchange: http://senseable.mit.edu/nyte/ iSpots: http://senseable.mit.edu/ispots/ 20 Obama One People: http://senseable.mit.edu/obama/ Current Cities - Amsterdam: http://www.currentcity.org/index.php Trash Track: http://senseable.mit.edu/trashtrack/ Copenhagen Wheel http://senseable.mit.edu/copenhagenwheel/ Altre pagine web /siti web citati City Centered Festival: http://www.citycentered.org International workshop "Locative media" (July 16 - 26, 2003, K@2 Culture and Information Centre): http://locative.x-i.net/ Access Now: http://www.computerhelpdays.org/ Center for Locative Media: http://www.locative-media.org/ KQED Public Media: http://www.kqed.org/ Gray Area Foundation for the Arts: http://www.gaffta.org/ Conceptual Information Arts/SFSU: http://userwww.sfsu.edu/~infoarts/ UC Berkeley Center for New Media: http://bcnm.berkeley.edu/ MIT SENSEable City Laboratory http://senseable.mit.edu/ Binary Katwalk http://binarykatwalk.net/ BIBLIOLGRAFIA Albert S. (2004) Locative literacy, mute magazine M28, Summer/Autumn, July (disponibile all’indirizzo http://www.metamute.org/en/Locative-Literacy) Bleecker J., Knowlton J. (2006) Locative Media: A Brief Bibliography And Taxonomy Of Gps-Enabled Locative Media. LEA - Leonardo Electronic Almanac Volume 14, Nmero 3, Luglio (disponibile all’indirizzo http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/jbleecker.html) Dourish P. (2001) Where The Action Is: The Foundations of Embodied Interaction, Cambridge, Mass, MIT Press Falkheimer, Jasper & Andre Jansson (Eds.) (2006) Geographies of Communication: The Spatial Turn in Media Studies. Goteborg, Nordicom Galloway A. (2006), Locative Media As Socialising And Spatializing Practice: Learning From Archaeology, LEA Leonardo Electronic Almanac Volume 14, Numero 3, Luglio (disponibile all’indirizzo http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/gallowayward.html) Hight J. (2003) Narrative archaeology, Streetnotes, Summer (disponibile all’indirizzo: http://www.xcp.bfn.org/hight.html) Manovich L. (2006), The poetics of augmented space, Visual Communication, Giugno, 5: 219-240 (disponibile all’indirizzo: www.noemalab.org/sections/ideas/ideas_articles/pdf/manovich_augmented_space.pdf) Ratti C. (2009) intervento a LIFT Conference, Ginevra, febbraio http://www.experientia.com/it/blog/carlo-ratti-dan-hill-e-anne-galloway-al-lift09) (disponibile all’indirizzo: Thielmann T. (2010) Locative Media and Mediated Localities: an Introdution to Media Geograph, Aether. The Journal of media geography, Volume 5A, Aprile, Northridge, California State University (disponibile all’indirizzo: (http://130.166.124.2/~aether/volume_05a.html) 21 Tuters M., Varnelis K. (2006) Beyond Locative Media: Giving Shape to the Internet of Things. Leonardo, Volume 39, Numero 4, Agosto, pp. 357-363 (una versione dell’articolo è disponibile all’indirizzo: http://networkedpublics.org/locative_media/beyond_locative_media) 22