Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival (San

Transcript

Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival (San
Locative media: una perlustrazione al City Centered Festival
(San Francisco, California, USA)
A giugno di quest’anno si è tenuto a San Francisco il “City Centered, Festival on locative
media and urban community”. Il Festival è stato la più recente occasione di confronto tra i
protagonisti del panorama locative media ed è qui preso come occasione per approfondire
alcune questioni legate all’emergere dei locative come esperienze tra le più creative e
innovative della cultura digitale contemporanea.
Partendo dalle giornate di San Francisco, questo articolo cerca di delineare un quadro
generale dei locative media, analizzando in particolare come questi progetti interpretano i
temi della creatività, del rapporto con le comunità e con la complessità dei luoghi, nell’ambito
di un nuovo approccio tecnologico, incarnato e post desktop. Piuttosto che tentare di proporre
etichette e definizioni per questo vasto panorama, si è cercato di collocarlo in relazione ad
alcune tendenze e svolte significative che stanno caratterizzando i media digitali.
L’analisi proposta fa riferimento a informazioni e dati raccolti attraverso l’osservazione
diretta dei progetti presentati e l’analisi del materiale documentale inerente il Festival (schede
dei progetti presentati, bando del Festival1, sito del Festival2). A integrazione e supporto di
queste fonti, sono stati svolti colloqui personali con alcuni soggetti considerati testimoni
privilegiati del panorama locative e scelti in base alla loro rappresentatività. In particolare:
-
Leslie Rule3, direttrice della divisione Digital Media, al KQED Center e
organizzatrice
del
Festival, per
gli
aspetti
legati
al
Festival,
alla
sua
organizzazione e per un approfondimento del rapporto locative media /
comunità;
-
Paula Levine4, professoressa all’Università di San Francisco e artista locative,
per uno sguardo più accademico sulle implicazioni teoriche legate ai locative
media, specie in riferimento alle pratiche narrative e di mappatura5:
1
La call del Festival è disponibile all’indirizzo: http://www.gaffta.org/wp/wp-uploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf
[ultimo accesso: 25 agosto 2010]
2
Cfr.: http://www.citycentered.org e http://www.gaffta.org/ [ultimo accesso 2 agosto 2010]
3
Leslie Rule dirige la divisione Digital Media, al KQED center – il centro per i Public Media della California del Nord,
occupandosi di educazione ai media, animazione delle comunità e digital storytelling. E’ inoltre co-direttrice del
Center for Locative Media. Negli ultimi dieci anni ha sviluppato per l’American Film Institute un programma di
educazione ai media digitali riconosciuto di rilevanza nazionale, ha insegnato multimedia storytelling in diversi scuole
e università degli USA. Si occupa da anni di storytelling come strumento per l’attivazione delle comunità e sta ora
sperimentando azioni di place based storytelling, trasferendo l’azione della narrazione dal chiuso del laboratorio o
della classe, alla strada, per analizzare cosa capita quando le persone raccontano storie «of, for, by, about, and in
their communities». Tra i suoi recenti progetti locative, incentrati sulle comunità e basati sul digital storytelling o
sulla strumentazione mobile, si segnalano: “Tagging the Blues Trail” nel Delta del Missisipi (http://www.locativemedia.org/projects/C93/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]), “Scape the Hood”, un progetto sul paesaggio sonoro a
San Francisco, basato sul GPS (http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]); un
progetto su razzismo e giustizia sociale realizzato con gli studenti di Oakland. Leslie Rule ha lauree in Retorica e in
Linguistica all’università di Berkeley, California e un Master in Scienza dell’educazione con indirizzo « Instructional
Technology» (progettazione dell’apprendimento).
4
Paula Levine è professore associato di Arte alla San Francisco State University. Come artista e insegnante, la sua
esperienza affonda le radici, oltre che nei locative media, nella narrativa sperimentale, nella “spatial theory and
1
-
Jeremy Hight6, artista e teorico locative fondatore dell’archeologia narrativa, in
particolare in relazione al rapporto locative media / tecnologia e complessità
dello spazio.
I dati e le informazioni raccolte sono utilizzate in questo articolo per una “perlustrazione
ragionata” del Festival e dei suoi progetti, che può essere d’aiuto nella comprensione e
nell’interpretazione del vasto ed eterogeneo panorama dei locative media. I colloqui con le
persone intervistate sono inoltre serviti da stimolo per l’approfondimento di alcuni temi
specifici legati al rapporto tra spazio e luogo e tra narrazione e dati, per la cui trattazione si
rimanda al contributo xxx di questa rivista.
1. Locative media: definizioni, sviluppo, cornici di riferimento
E’ difficile trovare una definizione per il termine locative media in grado di comprendere
l’eterogeneità delle esperienze che si riconoscono sotto questa etichetta.
Le persone intervistate nell’ambito di questa perlustrazione danno dell’espressione locative
media definizioni molto allargate, sottolineando la problematicità del termine, a causa sia
della molteplicità degli ambiti di ricerca che lo utilizzano con significati diversi, sia della
“moda” che lo avrebbe investito recentemente («I hate how the term became so fetishizing
and honestly minimizing in a lot of ways, as AR is already doing»7; «different groups
understand them in different way… it’s a huge term, there are so many discipline in it…»8).
practice”, nella geografia culturale, nel “radical mapping”. Attualmente il suo lavoro si concentra sull’uso della
cartografia e dei locative media come strategie per connettere il locale e il globale, scardinando la «sicurezza della
distanza» e traslando fisicamente l’impatto di eventi geopolitici traumatici accaduti in posti lontani, in spazi e contesti
locali e vicini. Alcuni dei suoi ultimi progetti, come quelli della serie “Shadows from another place”
(http://shadowsfromanotherplace.net/), che includono "San Francisco<->Baghdad"
(http://paulalevine.net/projects/shadows%20from%20another%20place/shadows.html)
e
"TheWalll”
(http://paulalevine.net/projects/TheWall/pages/TheWall.html) sono stati presentati all’HTMllES Festival, all’ IMAGE
FESTIVAL's Transposing Geographies: Mapping on the internet, e all’ISEA. Ha tenuto discorsi al San Jose's Zer01
Festival, alla conferenza in Transition, presso il MIT, e alla conferenza per gli studi ebraici all’Università del
Wisconsin. E’ stata keynote speaker all’Interactive Futures Conference in Vancouver (2009). I suoi video sono
presenti a festival e gallerie negli USA, in Europa, in Canada e in Giappone.
5
Si veda a questo proposito il contributo «xxx» p.xxx in questa rivista
6
Jeremy Hight è un artista, scrittore, teorico dei novi media e dei locative media. I suoi principali interessi di studio e
di ricerca riguardano le nuove forme di cartografia e mappatura (la mappa come rizoma, la mappa come «open
source», le nuove forme di scrittura edi pubblicazione attraverso le mappe), il web geo-spaziale, la mappatura dei
dati in tempo reale, la realtà aumentata. Ha collaborato al primo progetto di narrazione locative, “34 north 118 west”
(http://34n118w.net/34N/). Il suo scritto “Narrative Archeology” (Hight, 2003) è considerato uno dei primi
fondamentali contributi per la narrativa locative. Ha collaborato al Carrizo Parkfield Diaries (un’installazione che
elabora in tempo reale dati provenienti dai sensori sismici della Faglia di Sant’Andrea, accostando i traumi del
paesaggio fisico con quelli del paesaggio mentale della memoria) ed è co-autore della mostra on-line sui nuovi media
Binary Katwalk (http://binarykatwalk.net/). Lavora su alcuni progetti a grande scala: uno di essi - che riguarda
l’elaborazione di narrazioni locative utilizzando i dati provenienti dall’European Space Station - è stato selezionato per
una possibile collaborazione con l’European Space Agency. Insegna Visual Communication e Inglese al Mission
College di Los Angeles.
7
«Odio come il termine sia diventato un feticcio e come lo si stia sminuendo, come per la Realtà Aumentata».
Dall’intervista con Jeremy Hight.
8
Differenti gruppi li intendono [i locative media] in differenti modi, è un termine vasto, comprende così tante
discipline…». Dall’intervista con Leslie Rule.
2
In termini molto generali, e rifacendosi alle definizioni che circolano in rete9, con il termine
locative media possiamo fare riferimento a un insieme di media location based che
permettono di collegare i contenuti digitali ai luoghi geografici, valorizzando il carattere
situato e geograficamente collocato dell’interazione.
Il ruolo di primo piano della localizzazione è quanto emerge anche dalle parole delle
persone intervistate, che definiscono i locative media come:
[…] media tied to place in a fundamental and essential way.10
[…] work that is location aware/location specific and in some way augments the space and
interaction therin. […]. Wearables got eaten by it. Ubiquitous computing floats along it. AR
crosses it. It is deeply problematic.11
Come suggerisce la seconda definizione, il paradigma tecnologico che fa da sfondo alle
sperimentazioni locative è quello del post desktop, che ci propone una visione della tecnologia
informatica svincolata dall’utilizzo delle interfacce tradizionali – schermo, mouse, tastiera – o
dalla metafora della scrivania/ufficio come luogo deputato alla produzione e fruizione di
contenuti, e che tenta di spostare l’interazione fuori dallo schermo, nel mondo reale, nel
mondo
“delle
cose”:
le
tecnologie
utilizzate
dai
progetti
locative
includono
GPS,
strumentazione mobile (portatili, registratori, microfoni), reti wireless, bluetooth, RFID, GSM,
spesso integrate in ambienti networked che permettono l’accesso a Internet, lo scambio di
dati e di informazioni da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento (ubiquitous computing),
attraverso dispositivi di interazione wereable, touchable, o ambient intelligent.
L’enfasi sul valore del luogo – fisico e geografico - colloca i locative media all’incrocio di
due svolte epocali, tra di loro assolutamente connesse, che stanno interessando il mondo dei
media. Da un lato, nell’ambito dell’interaction design si parla ormai da alcuni anni di
embodiment, cioè del valore fondante dell’esperienza situata, incarnata e quotidiana in ogni
contesto di interazione12 (Dourish, 2001). Dall’altro, assistiamo a una vera e propria
esplosione dei luoghi nei media e nel web, che i media studies non esitato a definire come
spatial turn (Thielmann, 2010, Falkheimer, Jasper & Jansson, 2007). La svolta è sotto gli
occhi di tutti: da Google a Facebook a Yahoo, la geo-localizzazione è oggi la strada su cui i
colossi informatici stanno puntando:
si pensi non solo a Google Maps, o Google Eearth, ma
anche alle funzionalità location aware integrate in Flickr, Picasa, Twitter, o agli innumerevoli
servizi location based disponibili per gli smart phone e che si stanno progressivamente
integrando con i socialnetwork (Foursquare, Buzz, Google Latitude, Facebook Places, …). La
9
Cfr. ad esempio: http://wiki.media-culture.org.au/index.php/Technologies_-_Locative_Media oppure:
http://en.wikipedia.org/wiki/Locative_media [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
10
«Media legati a un luogo in modo essenziale e fondamentale». Dall’intervista con Leslie Rule.
11
«Un lavoro che è consapevole del luogo e specifico del luogo e in qualche modo aumenta lo spazio e l’interazione
nei luoghi […] Le tecnologie wereable sono state fagocitate dai locative. L’ubiquitous computing scorre loro a fianco,
la realtà aumentata li attraversa. E’ molto problematico». Dall’intervista con Jeremy Hight.
12
Paul Dourish (2001) definisce così l’embodiment: «Embodiment reflects both a physical presence in the world and
a social embedding in a web of practices and purposes»; oppure: «Embodiment is the property of being manifest in
and of the everyday world. Embodiment constitutes the transition from the realm of ideas to the realm of everyday
experience».
3
georeferenziazione si sta confermando come una delle più promettenti chiavi di accesso ai
contenuti digitali in rete13, portando qualcuno a parlare di “geosemantica” e a vedere nelle
mappe la via dominante di organizzazione e delle informazioni nel web del futuro (o Web
3.0)14 (Thielmann 2010).
Embodied e spatial turn caratterizzano la cornice tecnologica dei locative media. La natura
di questi media non può tuttavia essere ricondotta solamente all’impiego di tecnologie
location aware: la storia locative è anche la storia di una risposta critica a un impiego prima
esclusivamente militare, di sorveglianza e di controllo, e poi marcatamente commerciale e
orientato al profitto di queste tecnologie (si pensi, da un lato, al tradizionale impiego dei GIS,
del GPS nella cartografia militare e, dall’altro, alla diffusione dei molti location based services
che si stanno oggi diffondendo). A questo proposito è utile ricordare le loro radici artistiche,
che affondano nel panorama delle avanguardie dei media di fine anni ’90. Nati in seno alla
digital art, come reazione alla smaterializzazione della net art, le sperimentazioni locative si
ispirano in modo diretto alle pratiche situazioniste e rivendicano con forza il ruolo
dell’esperienza in situ «beyond either gallery or computer screen…» (Tuters and Varnelis
2006).
L’impronta che gli artisti lasciano in questi progetti permette di inaugurare nuovi orizzonti
interpretativi. Alcuni appuntamenti internazionali (il Locative Media Workshop, organizzato in
Lettonia nel luglio del 200315 o il numero speciale che nel 2006 la rivista elettronica LEA16
dedica al tema) risultano a questo riguardo decisivi: sia nel sottolineare il potenziale di critica
radicale che questi strumenti possiedono17, sia nell’affermare la loro capacità strategica di
innovazione sociale. Nella pratica e nella teoria, i locative media si affermano come nuovi
strumenti creativi, in grado di dare vita ed esprimere relazioni significanti tra le persone, le
comunità e i luoghi, collegando il materiale all’immateriale, gli oggetti ai contesti, i luoghi alle
pratiche e agli usi18.
13
Thielmann cita l’intervento di Haneke, direttore di Google Earth & Map alla conferenza O’Reilly Where 2.0, del
2008: secondo i dati di Google i contenuti georeferenziati nel web sono più che triplicati dal 2007 al 2008.
14
Di questa tendenza abbiamo già avvisaglie anche nel panorama dei media italiani: è da ormai qualche mese che il
quotidiano Repubblica on-line organizza le informazioni contenute negli articoli di punta in vere e proprie mappe
geografiche.
15
Cfr: http://locative.x-i.net/ [ultimo accesso 25 agosto 2010].
16
Leonardo Electronic Almanac (ISSN No: 1071-4391), versione elettronica della rivista “Leonardo - Journal of Art,
Science & Technology”. LEA è prodotta in modo congiunto da Leonardo, dall’International Society for the Arts,
Sciences and Technology (ISAST), e pubblicata da MIT Press: http://leoalmanac.org/ Il numero dedicato ai locative
media è: LEA Vol. 14, N. 3, July 2006 ed è raggiungibile all’indirizzo:
http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/home.html [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
17
«Attendees to the workshop will explore the radically disorganizing potential (social, spatial & temporal) of ad-hoc
wireless networking (for synchronization, interpersonal awareness & swarming), and use open-source
mapping/positioning technologies to audioalize and visualize data in space» RIXC international workshop "Locative
media." Available at: http://locative.x-i.net/.
18
«[locative media] is that made by those who create experiences that take into account the geographic locale of
interest, typically by elevating that geographic locale beyond its instrumentalized status as a 'latitude longitude
coordinated point on earth' to the level of existential, inhabited, experienced and lived place [...]. Locative media
experiences may also cross space, connecting experiences across short or long geographic, experiential, or temporal
distances. At its core, locative media is about creating a kind of geospatial experience whose aesthetics can be said
to rely upon a range of characteristics ranging from the quotidian to the weighty semantics of lived experience, all
latent within the ground upon which we traverse» (Breekley, Knowlton, 2006).
4
2. City Centered: temi, strumenti, progetti
Il Festival City Centered si inserisce in questo filone creativo legato alla valorizzazione dei
luoghi.
Il Festival si è tenuto a San Francisco dall’11 al 19 giugno 2010 e ha visto la
partecipazione di artisti, insegnanti ed educatori, studiosi, rappresentanti di organizzazioni
per la promozione sociale e civica, architetti, urbanisti, new media designers, cittadini,
impegnati insieme nel tentativo di capire come i locative media possono essere utilizzati per
l’animazione delle comunità urbane e dei luoghi della città.
L’organizzazione dell’evento è stata supportata da diversi enti e istituzioni: Access Now19
(associazione no-profit per l’alfabetizzazione informatica), Center for Locative Media20 (centro
di studio e ricerca sui Locative Media), KQED Public Media21 (rete di media pubblici dell’area
della California del nord), Gray Area Foundation for the Arts22 (galleria e fondazione per
l’arte, in San Francisco), Conceptual Information Arts/SFSU23 (corso sperimentale dedicato a
media, tecnologia e arte del Dipartimento di Arte dell’Università di San Francisco), UC
Berkeley Center for New Media24 (il centro per i Nuovi Media dell’università di Berkeley).
Nell’ambito del Festival, oltre alla presentazione dei progetti e delle installazioni locative,
selezionate attraverso un bando di partecipazione, è stato organizzato un symposium della
durata di due giorni (11 e 12 giugno) su alcuni temi “caldi”, al cuore del City Centered:
-
Sensing the City - Data Visualization and Urban Life, a proposito del quale sono stati
invitati a intervenire, tra gli altri relatori, anche i rappresentanti del MIT SENSEable
City Laboratory25, che da anni lavora su questi temi;
-
Location, Politics, and Community, che ha coinvolto, tra gli altri, relatori come Joel
Slayton (Professor al
San Jose State University, Chair ISEA 2006 e Editor-In-Chief
della rivista Leonardo-MIT Press Book dal 1999 al 2008); Brooke Singer (Professor di
New Media al Purchase College, State University of New York, e co-fondatrice del
gruppo di artisti, tecnologi e attivsti “Preemptive Media” e Paula Levine26.
Il City Centered si è concluso il 19 giugno con un “Workshop di comunità” che ha coinvolto
i partecipanti in alcune tipiche pratiche locative: giornalismo di comunità, Community
Capping, Place-based Digital Storytelling, utilizzo sul campo di tecnologie mobile.
Il Festival ha proposto ai progettisti locative alcune sfide legate alla riqualificazione del
Tenderloin, un quartiere particolarmente disagiato di San Francisco27, richiedendo ai progetti
di lavorare in particolare su alcuni tipici temi locative:
19
http://www.computerhelpdays.org/
http://www.locative-media.org/
21
http://www.kqed.org/
22
http://www.gaffta.org/
23
http://userwww.sfsu.edu/~infoarts/
24
http://bcnm.berkeley.edu/
25
Cfr.: http://senseable.mit.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010]
26
Cfr. nota 4
27
«Tenderloin district is a densely populated, rapidly changing, loosely defined district with apartment buildings,
singleroom occupancy hotels, nightclubs, bars, galleries and restaurants. Located near San Francisco's cable car
20
5
-
Creative mapping: le mappe creative, personali e collaborative, la loro importanza
geopolitica e il loro ruolo nel produrre e dare forma allo spazio urbano e all’identità
delle comunità che lo abitano («What is cartography? What is mapped identity? How
can groups and populations better see themselves, their history and their futures in
the realm of maps?28»);
-
urban storytelling: i racconti urbani e l’attività narrativa come strumento per favorire
la coesione sociale delle comunità presenti nel quartiere («Stories of the distant past
or recent memory help hold groups together29»);
-
sentient space: gli spazi intelligenti e il ruolo che l’informazione digitale e in rete può
avere nel decostruire e ricostruire I luoghi della città («How might we imagine and
make debatable the ways in which networked information processing animates,
invades, enables or undermines urban places?30»);
-
body awareness: la consapevolezza del sè e della relazione tra con gli altri soggetti –
umani e non umani - che popolano il paesaggio urbano («What kinds of awareness of
other humans—or non-humans such as animals, plants and trees—remind us of
liminal and subliminal arenas of urban growth and transformation? How do embodied
experiences — of crowds and solitude, of comfort and anxiety — relate to awareness
of self and others?31»);
-
local history: l’importanza di integrare vari livelli di storie locali – la storia
dell’architettura, la storia economica, la storia del cambiamento della città, ma anche
il folklore e i flussi di dati eterogenei – per riuscire a interpretare e comprendere lo
spazio di vita di oggi («How can local history be mapped? Is it collaborative or
authorial? What kinds of stories constitute the history of a place? What kinds of data
are place-based?32»);
-
contested spaces: gli spazi contestati e gli spazi del conflitto, l’importanza degli
approcci situati e non neutrali, l’importanza della partecipazione civica («Art projects
are never neutral. Even in evading explicit discussion of politics or controversies they
tourist attractions, downtown convention center hotel district and Union Square, it is a flourishing, multilingual and
multiethnic neighborhood home to many artists and galleries. Yet the Tenderloin is also notorious as a concentrated
site of misery, known for violent crime, prostitution, drug addiction, and homelessness. Recently, the city has
devoted considerable attention and resources to redevelopment in the Tenderloin, making engagement with locally
led organizations a priority. There are numerous multilingual, multicultural organizations with substantial art
programs --Glide Memorial Church, Hospitality House, the YMCA and The Boys and Girls Club. It is also site of the
Main Library, the center of San Francisco’s public library system. The festival’s close proximity to San Francisco’s
administrative buildings and historic Market Street make it an especially intriguing arena for urban artmaking and
location based creative practice». Cfr. la call del Festival, disponibile all’indirizzo http://www.gaffta.org/wp/wpuploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
28
«Che cos’è una cartografia? Che cos’è un’identità mappata? Come possono i gruppi e le popolazioni vedere meglio
se stessi, la loro storia e il loro futuro nel reame delle mappe?» (Dalla call del Festival).
29
«Le storie del lontano passato o della memoria recente aiutano i gruppi a rimanere uniti».
30
«Come possiamo immaginare e discutere i modi con cui l’informazione in rete anima, invade attiva e riconfigura i
luoghi urbani?».
31
«Che tipo di consapevolezza degli altri attori - umani o non umani, come gli animali, le piante e gli alberi – ci
suggeriscono gli spazi liminali e subliminali dello sviluppo e della trasformazione urbana? Come si relazionano le
esperienze incarnate di folla e di solitudine, di comfort e di ansietà con la consapevolezza di sé e degli altri?».
32
« Come è possibile mappare la storia locale? E’ un’operazione collaborativa o autoriale? Che tipo di storie
costituiscono la storia di un luogo? Che tipo di dati sono localizzati?».
6
take a stand with respect to a community of makers and audience of participants,
listeners, or seers33»);
-
gaming: il gioco come strategia per il coinvolgimento dei giovani e per attivare
connessioni tra comunità e quartiere in trasformazione («What kinds of narratives are
appropriate in challenging neighborhoods? How can games be used to deal with social
ills or help inhabitants navigate through periods of urban change?34»).
A queste sfide il bando City Centered ha chiesto di dare risposta attraverso progetti che si
collocassero all’interno di cinque fondamentali settori di pratica locative:
-
la visualizzazione dei dati relativi all’area del Tenderloin: «Data visualizations - What
data is relevant to Tenderloin inhabitants? How can visualization expose previously
unrecognized patterns of exchange and which change the experience of familiar
locations?35».
-
La produzione di mappe: «Mapping and cartography - Maps produce and represent
information about the meaning of place. Locative practices often engage the locationaware/context aware aspects of tools/networks, pinpointing and demarcating places
according to creative interpretation36».
-
L’impiego di media per la partecipazione: «Participatory media -
How can projects
weave diverse groups and foster conditions for increased civic engagement, learning,
and questioning? What barriers to civic engagement and participation are there and
how might they be overcome?37».
-
Il tracciamento dei movimenti e dei flussi di persone e oggetti: «Location tracking
Tracking the movement of people and objects can also record and augment
experiences often unrecognized or culturally invisible. What kinds of movements of
people and goods combine to form the economies and exchanges of a neighborhood?
What kinds of human movement alters the way we might think or conceive of a place
and its changing milieus?38».
33
«I progetti artistici non sono mai neutrali. Anche quando evitano discussioni o esplicite controversie politiche, essi
si posizionano rispetto a una comunità e ai suoi attori, ai sui partecipanti».
34
«Quale tipo di narrazioni sono appropriate per le sfide dei quartieri? Come possono essere usati i giochi per
affrontare il disagio sociale o per aiutare gli abitanti a orientarsi in periodi di cambiamento della città?».
35
«Quali dati sono rilevanti per gli abitanti del Tenderloin? Come può la visualizzazione dei dati rivelare pattern di
cambiamento altrimenti non visibili e in grado di cambiare il senso dell’esperienza di luoghi famigliari?».
36
«Le mappe producono e rappresentano informazione sul significato di un luogo. Le pratiche locative coinvolgono
spesso gli spetti location aware / context aware degli strumenti e dei network, definendo e demarcando i luoghi
attraverso l’interpretazione critica».
37
«Come possono i progetti coinvolgere diversi gruppi di persone e migliorare le possibilità per una maggiore
partecipazione civica, fornendo strumenti educativi e di discussione? Quali sono le barriere al coinvolgimento civico e
alla partecipazione e come possono essere abbattute?».
38
«Tracciare il movimento delle persone e degli oggetti può servire anche a registrare e ad “aumentare” esperienze
spesso non riconosciute o culturalmente invisibili. Che tipi di movimento di persone e di oggetti si combinano nelle
economie e negli scambi di un quartiere? Che tipi di movimenti umani alterano il modo in cui pensiamo un luogo e
l’evoluzione delle sue risorse?».
7
-
I giochi urbani: «Games and playful interventions Introducing ideas of competition,
speed, and fantasy into city streets may help engage local inhabitants, young people,
kids and onlookers in experiences they see as new, surprising or special39».
39
«Introducendo l’idea della competizione, della velocità e della fantasia nelle strade della città si può aiutare il
coinvolgimento degli abitanti locali, dei giovani, dei ragazzi e degli spettatori in esperienze che essi possono vedere
come nuove, sorprendenti speciali».
8
I PROGETTI (SCHEDE)
Sulla base di queste indicazioni, sono stati selezionati per il Festival dieci progetti di
cui proponiamo di seguito una descrizione sintetica40.
Beyond Boundaries
(IMG 1; IMG 2)
Attraverso l’utilizzo di media digitali, Beyond Boundaries esplora le diverse comunità del quartiere
Tenderloin. Il progetto sottolinea le dinamiche esistenti tra spazi pubblici e contesto urbano, utilizzan
do la mappatura visuale dell’area del Tenderloin effettuata con il coinvolgimento dei membri della
comunità del Hospitality House, del Vietnamese Youth Development Center e di altri gruppi locali.
L’obiettivo è interpretare le comunità residenti nel Tenderloin nell’ambito del più vasto contesto urbano
di San Francisco. Se il quartiere può essere facilmente associato a caratteristiche negative, quest’area
si riconosce anche per la sua urbanizzazione unica e la sua complessità. Il principale obiettivo di
Beyond Boundaries è capire come questa comunità si sta sviluppando in modo fiorente. Le mappe
digitali e le immagini fotografiche testimoniano l’interazione di differenti livelli urbani, riconoscendo
l’ambiente urbano come un organismo vivente formato da aspetti tangibili e intangibili. Il progetto
compone immagini e mappe, visualizzate attraverso una proiezione video all’aperto nel quartiere,
partendo dall’elaborazione dei dati GIS e dei dati geospaziali, normalmente utilizzati dai software per
gli studi urbani: dati relativi alle diverse attività della città, relativi all’utilizzo del suolo, alla densità
demografica, all’utilizzo degli spazi pubblici e alle caratteristiche delle diverse etnie. Lavorando con i
gruppi locali, Beyond Boundaries vede nel Tenderloin i segni di una cultura urbana flessibile.
Il progetto è realizzato da J. Lee Stickles, urbanista e artista di San Francisco e fondatrice di una
società no-profit di ricerca e progettazione urbana, e da Wright Yang, artista e progettista.
TenderVoice / TenderNoise (TVTN) 41
(IMG 3, IMG 4)
E’ un progetto web based che lavora su due fronti: quello dell’ecologia acustica (TenderNoise) e
quello del giornalismo di comunità (TenderVoice).
TenderNoise raccoglie, mappa e dispone su diversi livelli campioni di suono e dati relativi al rumore
nel quartiere Tenderloin. Il progetto esplora la qualità sonora delle strade attraverso registrazioni di
decibel, sia in tempo reale, che storiche e propone una loro visualizzazione sul web. TenderVoice
raccoglie i racconti orali basati sulle interviste fatte a più di una dozzina di referenti di organizzazioni
che offrono servizi nell’area del Tenderloin, in un sito interattivo, per evidenziare i servizi e le
attrazioni del quartiere utili alle comunità. Nel suo insieme TVTN dà una visione unica del paesaggio
sonoro del Tenderloin e si indirizza a un pubblico vasto che spazia da chi ha ancora poca
dimestichezza con il computer, fino ai designer esperti, dai residenti locali, ai cittadini globali.
Attraverso la visualizzazione su livelli, il progetto integra in un’unica piattaforma dati di diversa
provenienza e tipologia (qualitativi e quantitativi, relativi a sorgenti differenti come gli edifici o le
strade…), connotati in maniera differenziata (legati a impressioni positive – i racconti - o negative – i
rumori), per diverse tipologie di utenti (esperti o principianti). In questo modo TVTN sviluppa un
linguaggio unico per esplorare una quartiere molto denso di San Francisco, in modo coinvolgente. La
prima versione dei siti TenderVoice and TenderNoise è stata presentata al Tenderloin Tch Lab durante
il Festival ed è ora disponbile on-line. Sulla base delle reazioni dei partecipanti al Festival, gli
sviluppatori del progetto stanno considerando di implementare ulteriormente l’applicazione, ad
esempio incrementando le registrazioni realtime dei rumori o sviluppando un’istallazione artistica nel
Tenderloin. TVTN è sviluppato da un gruppo di designer, urbanisti, ingegneri del suono, esperti di
sostenibilità ambientale, esperti di interaction design, sviluppatori web, provenienti da diverse
organizzazioni (Arup, società multidisciplinare di architetti, urbanisti, designer, fondata sui principi del
integrated design; Stamen Design, una società specializzata in interactive design e data visualization;
Movity.com un’impresa start up che si occupa di raccogliere dati georeferenziati (su rumore e crimine,
40
La descrizione dei progetti è liberamente tradotta dalle schede di presentazione disponibili on-line all’indirizzo:
http://www.citycentered.org/ [ultimo accesso 28 agosto 2010].
41
Il progetti TVTN sono accessibili agli indirizzi: http://tendernoise.movity.com/ e http://www.tendervoice.org/
[ultimo accesso 28 agosto 2010].
9
ad esempio) per le valutazioni immobiliari; Tenderloin Technology Lab, il laboratorio cittadino per
l’alfabetizzazione informatica nel Tenderloin).
Tender Secrets – un’esperienza interattiva di narrazione collettiva e confessione urbana dal
quartiere più [diverso, sporco, in evoluzione, squallido, frainteso, proletario, interessante,
drammatico, abbandonato, vietnamita, senzatetto] di San Francisco
(IMG 5)
Tender Secrets pone ai cittadini del Tenderloin, ai membri della comunità, ai passanti, ai visitatori e ai
frequentatori della galleria GAFTA una semplice domanda: “Qual è il tuo segreto?”. Le risposte sono
lasciate come messaggi audio anonimi attraverso un telefono antico situato nel Tenderloin, o attraverso
qualsiasi cellulare in grado di telefonare a una segreteria telefonica. Rappresentazioni visive dei
messaggi sono create in modo dinamico in tempo reale e proiettate sulla facciata di un negozio o su una
finestra. I visitatori dell’interno della facciata possono ascoltare i segreti della comunità alzando la
cornetta del telefono adiacente alla proiezione. L’archivio visivo è aggiornato in tempo reale. Quando
non ci sono messaggi recenti, l’archivio visivo è animato da tutti i messaggi segreti raccolti
precedentemente. Gli ascoltatori sentono messaggi casuali e anonimi che i membri della comunità
hanno lasciato. Infine, è virtualmente impossibile avere due volte la stessa esperienza per più di una
volta. Tender Secrets funziona 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana ed è sempre aperto ad ascoltare
i tuoi segreti. Come supporto tecnico all’interazione, Tender Secrets utilizza dispositivi incredibilmente
semplici. Tutti hanno segreti e la maggior parte delle persone sanno come usare un telefono o come
parlare a un microfono: praticamente tutti possono interagire e più i partecipanti sono diversi, più
l’installazione diventa coinvolgente. Lo spazio-finestra "Tendorama", presso la Gray Area Foundation, è
l’interfaccia ideale per questi segreti di vicinato. Qui c’è la possibilità di valorizzare la diversità della
comunità – il proprietario del negozio di sandwich vietnamita, lo studente e i frequentatori della galleria,
i bambini di una famiglia che va a teatro, un ex-tossicodipendente – ed è possibile anche valorizzare lo
spazio visivo interno e la location della galleria. L’installazione crea un’esperienza unica sia dall’interno
che dall’esterno, incoraggiando la partecipazione della comunità. Il progetto è realizzato da Kevin
Collins, interaction designer,
Scott Doorley, direttore del Environments Lab alla d.school di Stanford,
Bjoern Hartmann, Assistant Professor di Computer Science a Berkeley, Dan Maynes-Aminzade, Software
Engineer per Google, Parul Vora, designer, ricercatrice, tecnologa, specializzata in user experience,
hacker e artista.
The Wireless Landscape – Visualizzare l’invisibile. Ritrovamenti dal paesaggio wireless.
(IMG 6)
Il progetto The Wireless Landscape crea una mappa del paesaggio wireless attraverso un’esplorazione
delle strade con uno strumento che rileva i punti di accesso delle reti wifi. Le informazioni raccolte sono
poi rappresentate digitalmente su una mappa online, o stampate fisicamente su mappe fisiche. Il
progetto si fonda sull’idea che diventando più consapevoli delle reti wireless che costituiscono il nostro
attuale paesaggio wireless, possiamo prepararci meglio alla possibilità di crearne di nuovi. Questi nuovi
paesaggi possono essere creati ad hoc, o essere ispirati dalla moda, o essere creati da istituzioni
pubbliche come l’amministrazione cittadina. Le reti wireless metropolitane si stanno sempre di più
diffondendo, anche se molti tentativi di fondazione di questi network sono falliti a causa di una
mancanza di consenso nella fase di implementazione. È importante essere preparati all’inevitabilità di
nuovi paesaggi wireless, acquisendo consapevolezza di ciò che già esiste e comprendendo quello che si
desidera per il futuro. Il progetto mira a raccogliere dati, esperienze, storie come strumenti per
costruire un dialogo sulle reti wireless metropolitane al fine di guidare il consenso popolare verso
l’implementazione di nuovi network. L’ideatore del progetto è Robert Damphousse, artista,
programmatore e «a builder of electronics». Il suo lavoro studia la tecnologia per quello che è: il nostro
nuovo ambiente naturale, rendendolo più facilmente accessibile e comprensibile.
10
No where now here
(IMG 7)
No where now here è un’installazione artistica immersiva 3D. Sbattendo le braccia e muovendo il tuo
corpo sarai un uccello che vola su una versione onirica di San Francisco, dove gli alberi hanno preso il
posto delle auto e dove essere libero di volare è la tua condizione di vita normale. L’esperienza
immersiva è costruita attraverso una videocamera time-of-flight e un algoritmo che traccia i movimenti
di tutto il corpo, fornendo dati del movimento catturati in tempo reale. Un proiettore 3D permette ai
partecipanti di vedere il mondo virtuale nel quale stanno volando in tre dimensioni, per una completa
esperienza immersiva.
Il progetto è ideato e realizzato da Stefano Corazza, ingegnere meccanico con un
Master in design e dottore di ricerca in bioingegneria Computer Vision.
Transborder Immigrant Tool42
(IMG 8)
The Transborder Immigrant Tool è progettato per riconvertire, attraverso l’aggiunta di un software
sviluppato ad hoc, cellulari GPS usati e a basso costo in strumenti in grado di fornire assistenza per la
navigazione personale: Transborder Immigrant Tool guida gli immigrati assetati ai punti di ristoro forniti
di acqua, allestiti da volontari e fornisce loro anche un poetico nutrimento sonoro. Transborder
Immigrant Tool, uno dei molti progetti che utilizzano le API sviluppate da walkingtools.net43, si presenta
come un progetto di cultura pubblica e di attivismo sociale. Si focalizza sui problemi di pubblica
sicurezza creati dall’interruzione delle politiche per l’immigrazione degli Stati Uniti, un tema di grande
interesse per molte comunità presenti nella città-asilo di San Francisco. Al Festival City Centered gli
artisti del progetto Transborder Immigrant Tool installano cellulari montati su dei muri. I telefoni
visualizzano sullo schermo un loop continuo di immagini che si alternano tra la simulazione
dell’interfaccia-bussola dello strumento di navigazione, a immagini del paesaggio del deserto, il luogo in
cui esso è progettato per essere utilizzato. Il progetto TBtool, sviluppato al B.A.N.G. Lab all’Università
della California, San Diego, fornisce il software (sia per i cellulari, sia per le ONG che coordinano la
distribuzione dello strumento) che permette a questi cellulari usa e getta abbandonati di funzionare
come sistemi di navigazione e sicurezza personale per gli immigrati. Il progetto è dunque un progetto di
intervento e attivismo sociale, tanto quanto (se non di più) di un progetto di sviluppo software. Più
significativo è inoltre il modo in cui esso riconverte e rivitalizza il modo comune di intendere l’ospitalità,
il supporto, la libertà e la giustizia. Il progetto è presentato da Micha Cárdenas / Azdel Slade, artista
peformer e teorico queer, Amy Sara Carroll, Assistant Professor di studi e cultura dell’America Latina e
di Inglese all’università Michigan, Ricardo Dominguez, cofondatore dell’ Electronic Disturbance Theater
(EDT), un gruppo che sviluppa tecnologie Virtual-Sit-In in solidarietà con le comunità zapatiste del
Chiapas, Elle Mehrmand artista new media e performer, Brett Stalbaum studioso e ricercatore
specializzato in teoria dell’informazione, database e sviluppo software.
Every step44
(IMG 9)
Every step permette alle persone di creare brevi animazioni sperimentali durante il loro cammino. Ad
ogni partecipante viene fornita una macchina fotografica montata su un bracciale con integrato un
contatori di passi (pedometro). La macchina fotografica è orientata verso il cielo. Il contatore di passi
innesca la macchina fotografica che riprende ad ogni passo qualsiasi cosa ci sia sopra la testa della
persona che sta camminando. Per creare l’animazione, i partecipanti indossano semplicemente il
bracciale e iniziano a camminare dove vogliono. Di ritorno dalla passeggiata, le immagini vengono
trasferite dalla memoria della macchina fotografica e caricate in un programma software che crea
un’animazione frame by frame accompagnata da una colonna sonora. Ad animazione completata, viene
42
Cfr. i video di presentazione del progetto: http://vimeo.com/6109723 http://vimeo.com/6108522
http://vimeo.com/6108310 [ultimo accesso 28 agosto 2010].
43
Cfr. http://www.walkingtools.net/ [ultimo accesso 28 agosto 2010].
44
Cfr. il video di presentazione del progetto http://vimeo.com/1022550 [ultimo accesso 28 agosto 2010].
11
creato un DVD che è consegnato al partecipante. Il progetto è realizzato da Matthew Roberts, new
media artist specializzato in real-time video performance.
Block of Time: O'Farrell Street45
(IMG 10)
L’autrice del progetto è Krissy Clark, giornalista, radio reporter, scrittrice e autrice di documentari, che
così descrive il suo progetto: «Block of Time è un esperimento di audio tour nell’isolato 900 di O'Farrell
Street, basato sul giornalismo radio documentario locative […] Immaginate uno di quegli audio tour
tradizionali utilizzati nei musei, o nelle zone storiche della città, dove ci sono piccoli numeri accanto a
dipinti o edifici di rilievo che è possibile chiamare per avere maggiore informazioni su ciò che si sta
vedendo. Block of Time funziona così, con una differenza: il posto che si sta visitando non ha nessun
evidente valore artistico o storico. E questo è il punto. l’isolato 900 di O'Farrell Street manca
completamente di descrizioni. Ma ogni luogo ha una storia, bisogna solo sapere dove cercarla…
Giornalista compulsiva quale sono, ho cercato documenti storici e mappe, e intervistato dozzine di
persone che hanno vissuto e lavorato nell’isolato nel corso degli anni, per trovare materiale
interessante. Alcune delle storie sono state ispirate dalle memorie di Harriet Lane, autrice di 920
O'Farrell Street, in cui descrive la sua infanzia nel quartiere a fine Ottocento, ripercorrendo la sua vita
fino al terremoto del 1906. Ma ho anche scandagliato le strade, bussato alle porte, suonato a caso
citofoni, fermato persone che ritornavano dal lavoro e messo il naso nei loro affari per trovare storie
interessanti da poter condividere. Alla fine ho raccolto e preparato più di venti storie, tutte di durata
inferiore ai due minuti, collegate a differenti punti e edifici della strada, che spaziano dal 1870 fino ai
giorni nostri […] Dei palloni rossi indicano i punti sulla strada in cui è “incarnata” ogni storia e in
prossimità di essi dei cartellini forniscono un numero telefonico da chiamare. Ogni numero chiamato
riporta a un racconto diverso, inerente al luogo che si sta guardando (i numeri telefonici e il sistema di
messaggio audio sono stati generosamente concessi da MobileCommons). E’ come se i fantasmi della
strada, della storia passata, del presente e del futuro, parlassero attraverso la linea telefonica […]»
Insights, the Tenderloin
(IMG 11, IMG 12)
Insights, the Tenderloin invita il pubblico a esplorare come il luogo può ispirare il progetto.
L’installazione di una mappa interattiva, creata come parte di un progetto sviluppato alla d.school di
Standford, invita le persone a esplorare Tenderloin e a esprimere le proprie originali suggestioni su
uno dei quartieri più complessi di San Francisco. Nell’aprile del 2010 il progetto dMedia propose ad
alcuni studenti di creare un gioco ispirato al quartiere Tenderloin di San Francisco.
Un gioco? Il Tenderloin? Questa proposta non sminuiva la gravità dei problemi che caratterizzano
quell’area? Tuttavia, dopo alcune ricerche sul game design e sui processi motivazionali che fondano la
partecipazione e il gioco, gli studenti affrontarono questa sfida complessa e passarono una settimana
alla scoperta di storie, persone, oggetti nel Tenderloin. Catturarono suggestioni attraverso immagini,
disegni e testi, che hanno geo-localizzato in una mappa collaborativa multimediale. Gli studenti hanno
lavorato su queste prime suggestioni per progettare cinque format di gioco46 – alcuni specifici per il
Tenderloin, altri adattati per il contesto del Tenderloin da esperienze precedenti. I giochi sollevano
alcune domane, quali ad esempio: come possono le persone creare in modo collaborativo delle storie
utilizzando gli oggetti del contesto locale con cui entrano in contatto? Può un gioco stimolare i
giocatori ad aprire gli occhi e vedere un luogo in modi nuovi? Come possono brevi incontri favorire le
connessioni e le relazioni interpersonali? Il nostro mondo sta cambiando, in qualsiasi modo si decida di
descriverlo - come slittamento dalla cultura del consumo alla società creativa, come tendenza verso
una comunicazione sempre più mediata e sempre meno faccia a faccia, come l’alba dei social media e
il collasso delle istituzioni – i media non sono più solo strumenti di comunicazione. Sono veicoli per la
partecipazione creativa delle comunità e, quindi, sono veicolo di cambiamento sociale. I media
45
Il testo della presentazione è liberamente tradotto dal blog dell’autrice del progetto, Krissy Klarck:
http://storieseverywhere.org/2010/06/16/block-of-time-ofarrell-street/ [ultimo accesso 28 agosto 2010].
46
Per maggiori informazioni sui format di gioco, cfr.: http://www.dmediaproject.com/can-you-design-games-for-thesf-tenderloin/ [ultimo accesso 28 agosto 2008].
12
designers hanno l’opportunità e la responsabilità di rendere questo cambiamento positivo. Il progetto
d.Media sta creando una comunità di persone e progetti presso l’Hasso Plattner Institute of Design,
presso l’Università di Stanford, dove gli studenti e i professori lavorano insieme per scoprire e
evidenziare nuovi contesti mediali e applicare questi insegnamenti nella progettazione di esperienze di
interazione che abbiano un impatto sociale positivo.
UrbanRemix47
(IMG 13)
UrbanRemix è un progetto local e collaborativo. E’ incentrato sulla progettazione di una piattaforma e
sulla realizzazione di workshop pubblici finalizzati a fornire ai partecipanti gli strumenti per raccogliere e
esprimere l’identità sonora delle loro comunità e agli utenti web la possibilità di esplorare e fare
esperienza dei paesaggi sonori della città in modo innovativo. La piattaforma UrbanRemix è costituita da
un sistema di cellulari e un’interfaccia web per registrare, navigare e mixare l’audio. Ciò permette agli
utenti di documentare e esplorare i suoni ovvi, dimenticati, privati o pubblici dell’ambiente urbano. I
partecipanti ai workshop di UrbanRemix diventano creatori attivi di paesaggi sonori condivisi,
esplorando la città alla ricerca di indizi acustici. I suoni raccolti, le voci, i rumori forniscono le tracce
originali per remixaggi musicali che riflettono la natura specifica e l’identità sonora della comunità. Il
progetto si fonda su pratiche estetiche con una lunga storia alle spalle, che utilizzano i suoni del mondo
reale combianndoli in composizioni elettroniche: la musique concrète, l’ecologia acustica, i lavori di John
Cage, o le pratiche di arte pubblica e di design che strutturano nuove forme di coinvolgimento e
collaborazione tra artisti, designer e cittadini. Il progetto è stato creato e diretto da Jason Freeman,
Michael Nitsche, e Carl Disalvo, professori al Georgia Institute of Technology, Atlanta, Georgia. E’ stato
realizzato grazie al lavoro volontario di numerosi studenti e designer, e supportato in parte dal Music
Technology Program, the Digital Media Program, e il centro GVU presso il Georgia Tech.
SENSEable Cities: Exploring Urban Futures
48
(IMG 14)
Nell’ambito del Festival è stata inaugurata una retrospettiva dedicata ai progetti del MIT’s SENSEable
City Laboratory. Dal 2003 MIT’s SENSEable City Laboratory studia come le nuove tecnologie digitali
possono rendere le città più vivibili, sostenibili ed efficienti. La rivoluzione digitale ha fornito alle nostre
città un nuovo livello di funzionalità e ora è tempo di esplorare come i sensori, i cellulari, i microcontroller e i network di altri strumenti portatili possono essere usati per gestire in modo migliore le
infrastrutture della città, ottimizzare i trasporti, analizzare il nostro impatto sull’ambiente e far nascere
nuove comunità. I 15 progetti scelti rappresentano le potenzialità di questo nuovo mondo del pervasive
computing. Il lavoro spazia dall’arredo urbano ai nuovi sistemi di trasporto, dai metodi per l’integrazione
dei dati al pervasive data mining e alla visualizzazione dei dati in tempo reale […].
Di seguito sono riportate le presentazione di alcuni progetti presenti alla mostra.
47
Cfr. il sito del progetto: http://urbanremix.gatech.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010].
Maggiori informazioni sui progetti del MIT’s SENSEable City Laboratory, incluse alcune presentazioni video, sono
disponibili al sito: http://senseable.mit.edu/ [ultimo accesso 28 agosto 2010].
48
13
New York Talk Exchange: presentato al Museum of Modern Art di New York, New York Talk, Exchange
pone una domanda: “Come si connette la città di New York al flusso di conversazione globale?”
Usando i dati dei telefoni e delle IT, le immagini rivelano le connessioni in tempo reale tra le varie
zone delle città e i paesi nel mondo con i quali sono in comunicazione.
(IMG 15)
iSpots: il progetto iSpots mappa le dinamiche delle reti wireless presenti al campus MIT, rilevando il
flusso e riflusso della vita di ogni giorno. (IMG 16)
Obama One People: in occasione del centesimo giorno del mandato del presidente Obama, il MIT
SENSEable City Lab ha creato la visualizzazione dell’attività dei cellulari della folla di persone che
hanno partecipato all’evento, rispondendo alle domande: “Chi era a iWashington, D.C. quel giorno?
Quando sono arrivate, quando sono partite e per quanto tempo sono rimaste in città le persone? Le
immagini che visualizzano i dati mostrano che l’evento è stato un fenomeno globale. (IMG 17)
Current Cities - Amsterdam: grazie a una partnership con gli operatori della telefonia mobile, il
progetto rileva l’attività della città attraverso gli sms inviati dalle persone. In questo caso, le immagini
rappresentano il volume e l’intensità degli sms ad Amsterdam il giorno di Capodanno. (IMG 18)
Trash Track:
attaccato dei
sono smaltiti
Trash Track
presentato in
vi siete mai chiesti dove finisce la vostra spazzatura? I ricercatori del MIT hanno
tag alla spazzatura per monitorarne il percorso. Alcuni tipi di rifiuti sono “provinciali” e
non lontano da casa, mentre altri oggetti viaggiano a lungo prima di essere distrutti.
ha ricevuto enorme attenzione dalla stampa nazionale e internazionale ed è stato
diverse città degli Stati Uniti, incluse Seattle e New York. (IMG 19)
Copenhagen Wheel: le automobili hanno il GPS e sensori per il trafico; ora anche le bicclette. Ma
Copenhagen Wheel ha anche alcune caratteristiche in più: può monitorare l’inquinamento dell’aria in
tempo reale. Questa bicicletta ibrida immagazzina energia mentre si pedala per renderla disponibile
quando si è stanchi di pedalare. Copenhagen Wheel è un esempio del dialogo tra città e dati, portato
al massimo livello: oltre il dialogo, verso un processo interattivo di decision making. (IMG 20)
Strategie di innovazione creativa nei progetti locative
L’obiettivo comune dei lavori presentati è quello di ricostituire un senso positivo
dell’abitare, incentrato sulla progettualità, sulla relazione e sulla coesione sociale. I progetti
presentati sperimentano a questo fine alcune strategie di innovazione incentrate a mio parere
su quattro fondamentali ingredienti: la creatività e la critica; l’attenzione alle comunità; la
valorizzazione della complessità; l’approccio incarnato alla tecnologie.
Creatività, critica, arte
I progetti locative guardano alla creatività come risorsa fondamentale su cui puntare per il
cambiamento. Il focus sulla creatività è spesso legato all’obiettivo di ricercare e proporre
nuovi punti di vista e nuovi usi dei luoghi. L’utilizzo creativo degli spazi è considerato una
strategia fondamentale, così come l’utilizzo dello spazio pubblico come luogo di intervento e
di critica. E infatti la call del Festival recita:
site-specific locative media art […] imaginative responses to the district and critical
interpretations of place are strongly desired49.
49
«Sono fortemente incoraggiate proposte di arte locative legata alla città […] risposte creative per il quartiere e
interpretazioni critiche del luogo». Cfr. la call del Festival, disponibile all’indirizzo http://www.gaffta.org/wp/wpuploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
14
Il discorso sulla creatività si lega alla critica degli usi convenzionali/dominanti dello spazio e
della tecnologia. I progetti locative sono progetti che danno voce a interpretazioni minoritarie,
normalmente invisibili, per permettere loro di emergere come nuove pratiche alternative e
arricchenti. Si veda a questo proposito il progetto Tender Secret, che utilizza i muri di un
edificio come una tela su cui proiettare i segreti “invisibili” degli abitanti del quartiere; o
Tender Voice, che mappa in modo non convenzionale lo spazio del quartiere rendendo visibile
la presenza di servizi utili alle comunità più fragili; oppure the Transborder Immigrant Tool,
sicuramente il progetto più “politico”50, che cerca di rifunzionalizzare cellulari in disuso come
strumenti di salvezza per emigranti illegali in fuga.
L’approccio critico-creativo dei locative media è connesso in modo evidente alle radici
artistiche d’avanguardia del movimento. Si è già accennato al legame che i locative intessono
con l’arte sperimentale, ma vale la pena richiamare qui alcune parole delle persone
intervistate. Da tutti viene riconosciuto il ruolo determinante degli artisti nel dare avvio alle
sperimentazioni locative. Sia perché gli artisti sono i primi a intravedere la possibilità di
utilizzo creativo dello spazio:
the artists were the first to breakdown with locative. There were also GIS and GPS people but
the artists were the first ones to really break open and start use place as a canvas […] artist
started to really do this in the early 2000, nobody else was doing it… storytellers weren’t doing
locative […] artists were doing that, especially conceptual artists… because they wanted to talk
about place and they are used to... you know… just struggling through.. […]. They were the
first ones to really do locative anything…51
sia perché sono i primi a rifunzionalizzare tecnologie militari in tecnologie creative:
a lot of things artist use […] things like videos and GPS … they all came from military, so GPS
has its deep roots in military, defense, and similarly with videos… video is a military
technology. Lots of things that we use […] have a kind of roots in military and I think artists
generally repurpose things, they attempt to grab all the somethings and try to forget what the
original purpose was and try to make other things…52
Ma, come rileva Jeremy Hight, l’approccio artistico non esaurisce l’eterogeneità del panorama
locative, che vede una sempre maggiore presenza di altri attori (architetti, urbanisti, storici,
imprese,…):
Location aware projects are not always artworks. Architects, city planners, historians,
businesses etc. do locative studies more and more and this is bleeding quickly into commercial
augmentations with GPS and location aware data and graphical augmentation and text. […]
Locative media art is honestly the little brother of all this, always has been. In 2002 and years
after we were seen as eccentrics following the long lineage of the “avant garde” messing with
50
Cfr.
a
questo
proposito
il
commento
fatto
da
Fox
News
allo
strumento:
http://video.foxnews.com/v/3955297/transborder-immigrant-tool [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
51
Gli artisti furono i primi a sfondare con i locative. C’era anche chi lavorava con i GIS e i GPS ma gli artisti furono i
primi a inaugurare davvero la possibilità di utilizzare lo spazio come una tela […] gli artisti cominciarono a farlo nei
primi anni del 2000, nessun altro lo stava facendo, chi si occupava di narrazione non lo faceva in modo locative […]
lo fecero specialmente gli artisti concettuali… perché volevano parlare dello spazio che utilizzavano e perché erano
abituati a… sai… combattere… […]. Furono i primi a localizzare davvero ogni cosa…» Dall’intervista a Leslie Rule.
52
« molte delle cose che gli artisti usano […] come i video e i GPS … provengono dall’ambito militare. Il GPS ha le
sue radici nell’esercito, così come i video… i video sono una tecnologia militare. Molte delle cose che usiamo hanno
radici militari e penso che gli artisti in genere propongano nuovi usi delle cose, essi cercano di prendere le cose e di
dimenticare quale fosse il loro originario scopo, per fare nuove cose…» Dall’intervista a Paula Levine.
15
cool new toys. The technology was the star and now that is the case more and more even as
the “field” (multiple fields really) has grown as it has.53
Nonostante la preoccupazione che si può intravedere tra le righe di questa dichiarazione, la
presenza di altri soggetti garantisce che i progetti locative non si riducano a sperimentazioni
narcisistiche chiuse in se stesse, che rischierebbero di dimenticare la la complessità dei
luoghi. Una delle strategie vincenti è proprio quella di puntare sulla collaborazione tra diverse
figure e diversi professionisti, per assicurare che la linfa creativa degli artisti venga incanalata
in progetti concreti, attuabili e utili per le comunità e i luoghi in cui esse vivono.
L’attivazione delle comunità
I progetti locative sono progetti di partecipazione comunitaria: in essi è centrale
l’attivazione dei residenti nell’interpretazione creativa dello spazio. I progetti seguono la via
della partecipazione, dell’attivazione bottom-up tipici della tradizione dei processi partecipati.
Tra gli intervistati, è soprattutto Leslie Rule che si sofferma su questo aspetto, descrivendo la
sua esperienza di lavoro con scuole, insegnanti, educatori informali e responsabili di servizi di
comunità, in progetti di educazione mediale, soprattutto incentrati sul digital storytelling:
about seven years ago I came into work here and with the technological tools that were
becoming available we realized that there was a segment where we did not need to tell people
stories, that we should be teaching people how to tell their own stories. We started showing
people how to use digital media to create these emotional little pieces about their experiences.
There were 4 steps: 1) […] understand your experience and find the experience you wanna
talk about; 2) […] tell your story: learn how to tell the experience, the story, in a multimedia
environment; 3) create the piece. We wanted to teach people how to use the tools, the
software […]; 4) distribute it: once you have these pieces, what can you do with them? put on
a cd, you tube, e mail…54
L’esperienza di Leslie cambia radicalmente con l’introduzione dei locative media nei suoi
progetti, quando cioè si capisce che i racconti della comunità possono essere geo-localizzati,
favorendo emergere una maggiore consapevolezza delle esperienze e delle relazioni che le
persone intessono con i luoghi:
53
«I progetti Location aware non sono sempre progetti artistici. Anche gli architetti, gli urbanisti, gli storici, le
imprese ecc… realizzano sempre più spesso studi locative e i locative si stanno rapidamente dissanguando
nell’utilizzo commerciale del GPS e dei dati Location aware e della grafica aumentata […] L’arte locative media è in
realtà la sorella minore di tutto ciò, lo è sempre stata. Nel 2002 e negli anni successivi eravamo visti come eccentrici
avanguardisti, che si divertivano con giocattoli tecnologici alla moda. La tecnologia era la star e lo è ancora, sempre
di più, anche se il campo (i molti campi) si sono evoluti come sappiamo». Dall’intervista a Jeremy Hight.
54
«Circa sette anni fa venni a lavorare qui e realizzammo che, con gli strumenti tecnologici che stavano diventando
sempre più disponibili, non c’era tanto bisogno di raccontare le storie alle persone, ma che avremmo dovuto
insegnare alle persone come raccontare le loro storie. Iniziammo a mostrare alla gente come utilizzare i media
digitali per creare piccoli racconti emotivi inerenti le loro esperienze. C’erano 4 fasi: 1) […] comprendere la propria
esperienza e trovare un’esperienza di cui si voleva parlare; 2) […] raccontare la storia: imparare come raccontare
l‘esperienza in un ambiente multimediale; 3) creare il pezzo. Volevamo insegnare alla gente come usare gli
strumenti, il software […]; 4) distribuire la storia: una volta in possesso dei pezzi narrativi, cosa è possibile fare?
metterli su un cd, su you tube, spedirli via e-mail…» Dall’intervista a Leslie Rule.
16
What happened to stories when they suddenly are place based? When the fifth component is
place? The process was now located, we started locating stories, and then we realized that
stories could enter places55.
Al Festival l’attenzione alle comunità è evidente sia nella decisione di dedicare gli interveti
al quartiere Tenderloin e ai suoi abitanti, sia nella stessa natura della call, che invita
esplicitamente a presentare progetti che prevedano il diretto coinvolgimento della comunità.
Si vedano a questo proposito progetti come Beyond Boundaries, che propone una mappatura
visuale del quartiere realizzata insieme ai residenti; o TenderVoice / TenderNoise che fa
esplicito riferimento al giornalismo di comunità; o, infine, Urban Remix, che propone
strumenti per rimixare in modo creativo i rumori del quartiere raccolti dai sui abitanti,
creando le occasioni per riflettere «sulla la natura specifica e l’identità sonora della
comunità».
Valorizzare la complessità
I progetti locative sono progetti che enfatizzano la complessità: l’attenzione al carattere
complesso dei luoghi si esplicita in un’interpretazione dello spazio a livelli, sia da un punto di
vista sincronico (quello che diverse persone o gruppi di persone vedono oggi nello stesso
luogo), sia diacronico (che cosa un luogo è stato nel passato). La possibilità offerta dalle
tecnologie
digitali
di
fare
esplodere
la
complessità
dei
luoghi
in
interpretazioni
e
rappresentazioni multi-livello è un fattore chiave anche per le persone intervistate:
the idea was to understand that is just a position of time and space. Is not to recreate what it
was many years ago, but it’s to understand what it was first of what it is and what you can
make of that. So you see what is it here, but you hear what it was in a previous age.
[…] people understand places in a very different way […] It just has to do with the way you
understood places, your personality, your psychology. People interact with places in a very
different way, depending on who the are56.
L’idea di catturare i livelli in cui è stratificato un luogo rimanda direttamente al lavoro di
Jeremy Hight, padre dell’archeologia narrativa (Hight 2003)57, una metodologia che punta a
far emergere gli strati significanti dei luoghi, facendo parlare direttamente gli oggetti e la
materialità dello spazio, attraverso la narrazione:
“Narrative Archaeology” came that day to me as I stood in the middle of a busy street
heading to my car. With g.p.s and signal to location places can have a voice. History and
information can move from books somewhere else or texts online to their place of origin and
the place can “speak” these layers of itself. The possibilities were limitless to me58.
55
«Che cosa accade alle storie quando sono improvvisamente localizzate? quando il quinto passo è il luogo? Il
processo era ora localizzato, iniziammo a localizzare le storie e realizzammo che le storie potevano entrare nei
luoghi». Dall’intervista a Leslie Rule,
56
«L’idea era capire che è solo una questione di posizionamento nello spazio e nel tempo. Non vuol dire ricreare
quello che c’era molti anni prima, ma capire cosa c’era prima di quello ch c’è ora e cosa poterne fare. Così è possibile
vedere cosa c’è lì, ma sentire cosa c’era in un’epoca precedente […] le persone interpretano i luoghi in modi molto
diversi […] in relazione alla personalità, alla psicologia. Le persone interagiscono con i luoghi in modi differenti, in
relazione a ciò che esse sono». Dall’intervista a Leslie Rule.
57
Sull’affinità tra archeologia e locative media si veda: Galloway (2006)
58
«L’idea della archeologia narrativa mi venne un giorno mentre ero in auto nel mezzo di una strada trafficata. Con i
segnali g.p.s. e di localizzazione i luoghi potevano avere una voce. La storia dell’informazione può muoversi dai libri a
qualche altro luogo, o dai testi on-line al luogo di origine e il luogo stesso può “parlare” con questi livelli. Le
possibilità mi sembravano illimitate». Dall’intervista a Jeremy Hight.
17
La valorizzazione della complessità è presente nella maggioranza dei progetti: da Block of
Time: O'Farrell Street, che lavora in modo specifico sulla stratificazione di livelli storici, a
progetti in cui la tecnologia digitale supporta una visualizzazione multilivello di diverse
tipologie di dati, informazioni, narrazioni. Si veda, ad esempio Beyond Bounderies che
valorizza la complessità del Tenderloin utilizzando la fotografia e le mappe digitali per
testimoniare «l’interazione di differenti livelli urbani», o TenderVoice TenderNoise: «by
layering various data sources (buildings/streets), data types (qualitative/quantitative), data
impressions (positive narratives/negative noise) and audience (novice/expert) on a common
platform, TVTN develops a unique language to explore a very dense neighborhood in San
Francisco in an engaging way».
Tecnologie incarnate per l’innovazione sociale
I progetti locative credono nella tecnologia e nei media come strumenti di azione e di
cambiamento sociale. Il legame con lo spirito rivoluzionario della logica hacker59, dei
movimenti free networks e free wireless
e della cultura punk «Do-It-Yourself» (Tuters e
Varnelis 2006) si rinnova al City Centered in progetti come The Wireless Landscape,
Transborder Immigrant Tool, e in modo esplicito nelle parole dei progettisti di Insights, the
Tenderloin: «I media sono veicoli per la partecipazione creativa delle comunità e, quindi sono
veicolo di cambiamento sociale. Crediamo che i media designer abbiano l’opportunità e la
responsabilità di rendere questo cambiamento positivo».
L’utilizzo pubblico e creativo dei
network e delle tecnologie quali il WIFI è peraltro uno dei degli obiettivi esplicitati dalla call,
così come l’utilizzo “incarnato” e “locale” delle tecnologie ubiquitous: «All proposed projects
should address the theme of ‘urban community’ and utilize wireless technologies in some
relation to ‘location’ and ‘place’60».
L’enfasi sulla dimensione incarnata della tecnologia porta i progetti locative a valorizzare
l’ibridazione tra materiale e digitale, tra reale e virtuale. La prospettiva non è più quella della
realtà virtuale, o della visione mainstream disincarnata e dislocata del cyberspazio come
opposto alla realtà fisica, ma quella della realtà aumentata, che, come è stato sottolineato
(Manovich,
2006),
permette
di
lavorare
sulla
stratificazione
multilivello
dei
luoghi,
combinando insieme diversi spazi semantici. In questo spazio ibrido i bit si sovrappongono
agli atomi
e i media diventano l’interfaccia tra luoghi, esperienza e informazione (Ratti
2009).
L’embodiment tecnologico è l’orizzonte di riferimento anche dei protagonisti intervistati.
Jeremy Hight sottolinea come esso rappresenti il superamento di un paradigma che viene da
59
«Locative media practitioners are keeping the technologies close to the ground, available for hacking, re-wiring
and re-deployment in non-authoritarian ways» (Albert, 2004).
60
«Tutti i progetti devono riguardare il tema delle comunità urbane e utilizzare le tecnologie wireless in modo
connesso
con
il
luogo
e
la
localizzazione»
Cfr.
la
call
del
Festival,
disponibile
all’indirizzo
http://www.gaffta.org/wp/wp-uploads/2009/11/city-centered-rfp.pdf [ultimo accesso: 25 agosto 2010].
18
lontano:
… you can take this back to cybernetics, man/machine dichotomy, 19th century utopic
drawings of 20th century technology, metropolis on up through sci fi to vr, lm and ar […] A lot
of my work deals with this […] All my information design does in fact, just in different facets,
contexts and under slightly different umbrellas if you will61.
Leslie Rule sottolinea le opportunità offerte dalla realtà aumentata e dalle tecnologie post
desktop, riconoscendo nella rivoluzione delle tecnologie mobile la chiave di tutto ciò:
locative media is placed, so this means not only that you are outside, but that you are in you
body, your boy is moving. Is a very physical kind of experience. You have cellphone, it
becomes a real part of your experience. You’re not taking you body and putting it in your
room, you’re actually taking you body outside and putting movement into it, and all your
senses become alive, and this is a very different kind of experience with technology […] and it
can happen because of mobile devices, because even with laptops and certainly with desktops,
you were chained to a desk, basically inside a place. Now with mobile devices you can actually
go outside and put your body into the process, you have to walk, you have to see, you have to
hear. And you have to engage with place… you an embodied person62.
L’approccio incarnato e post-desktop è presente in tutti i progetti del Festival, in particolare in
quelli che prevedono un’attivazione fisica nello spazio: da Tender Secret (che trasforma lo
spazio-finestra "Tendorama", presso la Gray Area Foundation, in un una interfaccia per
accedere ai ”segreti di vicinato”); al Transborder Immigrant Tool, che aumenta lo spazio del
deserto attraversato dai migranti con preziose informazioni relative ai punti d’acqua e con
narrazioni poetiche; a Block of Time: O'Farrell Street, che, utilizzando una tecnologia
rudimentale come il telefono, rende bene l’idea di come si possa “aumentare” la realtà fisica
attraverso contenuti che rimandano alla multidimensionalità del luogo, al suo “altrove” nel
tempo e nello spazio; a, infine, tutti i progetti sviluppati dal SENSEable City Laboratory.
Creatività e critica, attivazione delle comunità, valorizzazione della complessità dei luoghi e
approcci tecnologici incarnati sono ingredienti che, in misura differente, caratterizzano i
progetti locative media. Queste strategie convergono su due obiettivi principali: costruire o
ricostruire trame di senso significative tra persone e luoghi, attivando nuovi significati per gli
spazi in cui le comunità vivono o re-interpetandoli creativamente partendo dalle esperienze
nascoste, anche del passato; integrare dati e visioni di differente natura e scala, mettendo in
connessione la dimensione locale con quella globale, i racconti che parlano delle esperienze
soggettive e personali delle persone con dati di sistema scientifici e oggettivi.
61
«E’ possibile ricondurre tutto ciò alla cibernetica, alla dicotomia uomo/macchina, ai progetti tecno-utopici del XIX
secolo, dall alla metropoli fino alla Science Fiction, alla realtà virtuale, ai locative media e alla realtà aumentata […]
Molto del mio lavoro riguarda questo aspetto […] tutto la mia attività di information designer, in realtà, sotto vari
aspetti e in differenti contesti». Dall’intervista a Jeremy Hight.
62
«I locative media sono situati, questo significa non solo che tu sei fuori da una stanza, ma che sei nel tuo corpo,
che il tuo corpo si muove. E’ un tipo di esperienza molto fisica. Hai un cellulare che diventa una parte reale della tua
esperienza. Non prendi il tuo corpo e lo metti in una stanza, lo stai davvero portando fuori e stai mettendo
movimento in esso e tutti i tuoi sensi si attivano e questa è un tipo di esperienza tecnologica molto differente […] e
può accadere grazie alle tecnologie mobili, perché anche con i computer portatili, e sicuramente con quelli desktop,
eri invece incatenato alla scrivania, nel chiuso di un luogo. Ora con le tecnologie mobili puoi davvero uscire e mettere
il tuo corpo nel processo, devi camminare, devi vedere, devi ascoltare. E devi essere in relazione con il luogo.. tu una
persona incarnata». Dall’intervista a Leslie Rule.
19
SITOGRAFIA
Progetti Locative Media citati
Shadows from another place: http://shadowsfromanotherplace.net/
San Francisco<->Baghdad:
http://paulalevine.net/projects/shadows%20from%20another%20place/shadows.html
TheWalll: http://paulalevine.net/projects/TheWall/pages/TheWall.html
34 north 118 west: http://34n118w.net/34N/
Scape the Hood: http://dsi.kqed.org/index.php/situated/C59/
Tagging the Blues Trail: http://www.locative-media.org/projects/C93/
Beyond Boundaries: http://www.citycentered.org/#367136/Beyond-Boundaries
TenderVoice / TenderNoise (TVTN):
http://www.citycentered.org/#376082/TenderVoice/TenderNoise
http://tendernoise.movity.com/
http://www.tendervoice.org/
Tender Secrets: http://www.citycentered.org/#364674/Tender-Secrets
The Wireless Landscape:http://www.citycentered.org/#176476/The-Wireless-Landscape
No where now here: http://www.citycentered.org/#382443/-no-where-now-here
Transborder Immigrant Tool:
http://www.citycentered.org/#382288/City-Decentered-The-Transborder-Immigrant-Tool
http://vimeo.com/6109723
http://vimeo.com/6108522 http://vimeo.com/6108310
http://video.foxnews.com/v/3955297/transborder-immigrant-tool
Walkingtools: http://www.walkingtools.net/
Every step:
http://www.citycentered.org/#375865/Every-Step
http://vimeo.com/1022550
Block of Time: O'Farrell Street:
http://www.citycentered.org/#376009/Block-of-Time-O-Farrell-Street
http://storieseverywhere.org/2010/06/16/block-of-time-ofarrell-street/
Insights, the Tenderloin
http://www.citycentered.org/#432424/Insights-the-Tenderloin
http://www.dmediaproject.com/can-you-design-games-for-the-sf-tenderloin/
UrbanRemix
http://www.citycentered.org/filter/Michael-Nitsche#179858/Urban-Remix
http://urbanremix.gatech.edu/
New York Talk Exchange: http://senseable.mit.edu/nyte/
iSpots: http://senseable.mit.edu/ispots/
20
Obama One People: http://senseable.mit.edu/obama/
Current Cities - Amsterdam: http://www.currentcity.org/index.php
Trash Track: http://senseable.mit.edu/trashtrack/
Copenhagen Wheel
http://senseable.mit.edu/copenhagenwheel/
Altre pagine web /siti web citati
City Centered Festival: http://www.citycentered.org
International workshop "Locative media" (July 16 - 26, 2003, K@2 Culture and Information Centre):
http://locative.x-i.net/
Access Now: http://www.computerhelpdays.org/
Center for Locative Media: http://www.locative-media.org/
KQED Public Media: http://www.kqed.org/
Gray Area Foundation for the Arts: http://www.gaffta.org/
Conceptual Information Arts/SFSU: http://userwww.sfsu.edu/~infoarts/
UC Berkeley Center for New Media: http://bcnm.berkeley.edu/
MIT SENSEable City Laboratory http://senseable.mit.edu/
Binary Katwalk http://binarykatwalk.net/
BIBLIOLGRAFIA
Albert S. (2004) Locative literacy, mute magazine M28, Summer/Autumn, July (disponibile all’indirizzo
http://www.metamute.org/en/Locative-Literacy)
Bleecker J., Knowlton J. (2006) Locative Media: A Brief Bibliography And Taxonomy Of Gps-Enabled
Locative Media. LEA - Leonardo Electronic Almanac Volume 14, Nmero 3, Luglio (disponibile
all’indirizzo http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/jbleecker.html)
Dourish P. (2001) Where The Action Is: The Foundations of Embodied Interaction, Cambridge, Mass,
MIT Press
Falkheimer, Jasper & Andre Jansson (Eds.) (2006) Geographies of Communication: The Spatial Turn in
Media Studies. Goteborg, Nordicom
Galloway A. (2006), Locative Media As Socialising And Spatializing Practice: Learning From Archaeology, LEA Leonardo
Electronic
Almanac
Volume
14,
Numero
3,
Luglio
(disponibile
all’indirizzo
http://www.leoalmanac.org/journal/vol_14/lea_v14_n03-04/gallowayward.html)
Hight J. (2003) Narrative archaeology, Streetnotes, Summer (disponibile all’indirizzo:
http://www.xcp.bfn.org/hight.html)
Manovich L. (2006), The poetics of augmented space, Visual Communication, Giugno, 5: 219-240 (disponibile
all’indirizzo: www.noemalab.org/sections/ideas/ideas_articles/pdf/manovich_augmented_space.pdf)
Ratti
C.
(2009)
intervento
a
LIFT
Conference,
Ginevra,
febbraio
http://www.experientia.com/it/blog/carlo-ratti-dan-hill-e-anne-galloway-al-lift09)
(disponibile
all’indirizzo:
Thielmann T. (2010) Locative Media and Mediated Localities: an Introdution to Media Geograph, Aether.
The Journal of media geography, Volume 5A, Aprile, Northridge, California State University
(disponibile all’indirizzo: (http://130.166.124.2/~aether/volume_05a.html)
21
Tuters M., Varnelis K. (2006) Beyond Locative Media: Giving Shape to the Internet of Things. Leonardo,
Volume 39, Numero 4, Agosto, pp. 357-363 (una versione dell’articolo è disponibile all’indirizzo:
http://networkedpublics.org/locative_media/beyond_locative_media)
22