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DIAGNOSI E TERAPIA
Introduzione
Un problema di alto rilievo clinico nella pratica odontoiatrica e nell’ambito della chirurgia orale è rappresentato dalla lesione del
nervo linguale (LN).
Il nervo linguale è un ramo sensitivo della
terza branca trigeminale, il cui decorso a
livello del cavo orale lo rende particolarmente vulnerabile a traumatismi nel corso di
manovre chirurgiche. In generale, una lesione a carico di un nervo sensitivo può comportare diversi tipi di disturbi postraumatici
quali disestesia, anestesia, ipoestesia, iperestesia e dolore.
Per disestesia si intende l’alterazione generale della sensibilità somatica dell’area che
riceve innervazione dai rami danneggiati; l’anestesia è l’assenza completa di sensibilità;
l’ipoestesia è la riduzione quantitativa della
sensibilità; l’iperestesia è intesa invece
come incremento patologico della sensibilità. Il dolore tuttavia rimane una delle conseguenze postraumatiche peggio tollerate e
più debilitanti per il paziente e richiede un
adeguato e tempestivo trattamento (1).
Il deficit sensitivo e le sgradevoli alterazioni
funzionali conseguenti alla lesione nervosa
sono percepiti dal paziente come vero e proprio disagio fisico e psicologico e diventano
conseguentemente un problema stressante
anche per il professionista che si trova a
doverle affrontare. Le consistenti lacune
nella gestione del paziente con lesione iatrogena del LN incrementano l’insoddisfazione
nei confronti della prestazione ricevuta e
peggiorano la già scarsa accettazione del
deficit, a fronte della sempre meno remota
possibilità per l’odontoiatra di incorrere in
controversie medico-legali.
Il presente lavoro tenta di fornire delle
linee comportamentali per la gestione del
paziente con lesione del LN. La tempistica
con la quale il paziente deve essere indirizzato alla terapia chirurgica è un fondamento di delicata importanza, il cui rispetto
le lesioni
del nervo linguale
in chirurgia orale
Federico Biglioli*, Valeria Colombo**
*Specialista in Chirurgia Maxillo-Facciale e Microchirurgia. Professore Associato di Chirurgia
Maxillo-Facciale, Università degli Studi di Milano. Direttore U.O. di Chirurgia Maxillo-Facciale,
IRCCS Galeazzi di Milano
** MD, U.O. di Chirurgia Maxillo-Facciale, Ospedale S. Paolo di Milano
n Premessa: la lesione del nervo linguale (LN) è una delle più comuni complicanze nell’ambito della chirurgia orale e determina deficit funzionali debilitanti per il paziente che ne è affetto. Nella maggior parte dei casi ne consegue
l’ipoanestesia dell’emilingua omolaterale; in altri sintomatologia algica che può
portare allo sviluppo di una sindrome depressiva reattiva.
n Intervento: l’indicazione terapeutica è l’indirizzo del paziente al
microchirurgo per l’eventuale confezionamento della neurorrafia dei monconi nervosi lesionati. L’intervento, pur non restituendo completamente la
sensibilità, implementa la funzionalità nervosa ed è tanto più vantaggioso
quanto più precocemente viene impostato.
n ConClusIonI: nel caso in cui la lesione sia insorta da più di 24 mesi
o abbia causato algia cronica, l’alternativa è il ricorso alla terapia farmacologica e al supporto psicologico.
permette di evitare il cronicizzarsi del deficit sensitivo e il conseguente scadimento
della qualità della vita (2).
eziologia ed eziopatogenesi
delle lesioni
del nervo linguale
L’estrazione di ottavi inclusi (3) e il posizionamento di impianti mandibolari sono gli
interventi durante i quali più frequentemenAnno IV - n°4 - dicembre 2010
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te può verificarsi una lesione del LN. Anche
la rimozione di calcoli dal dotto di Wharton,
l’asportazione di cisti mandibolari, di elementi dentari inclusi o sovrannumerari, di
lesioni benigne odontogene e di granulomi
Figura 1 Decorso del nervo linguale (freccia) in prossimità dell'alveolo disabitato di 48.
Punto chiave
Lesioni del LN
definitive
spesso derivano
da errata incisione
della mucosa.
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Figura 2 Caso clinico di anestesia linguale a seguito
dell'estrazione di 48. La prima fase dell'intervento chirurgico prevede l'individuazione del LN (freccia).
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apicali sono trattamenti chirurgici che contemplano, tra le possibili conseguenze indesiderate, una lesione del LN. Anche l’esecuzione dell’anestesia tronculare prima di
molti interventi odontoiatrici è una possibile
causa di lesione, in genere temporanea (4,
5). La procedura chirurgica che più frequentemente pone a rischio il LN è l’estrazione
dell’ottavo inferiore. Il LN risulta essere danneggiato nello 0,6-2% delle estrazioni (6),
come testimoniano recenti dati statistici. La
letteratura riporta inoltre numerosi studi
relativi alla ricerca di condizioni predisponenti e di espedienti diagnostico-terapeutici
per ridurre al minimo il rischio di danno nervoso. Solo le lesioni del nervo alveolare inferiore (IAN) hanno incidenza maggiore rispetto a quelle del LN durante questo tipo di
trattamento.
La causa del frequente coinvolgimento traumatico del LN è da ricercarsi nel suo decorso, peraltro variabile da un individuo all’altro, che può essere immediatamente extraperiosteo, posteriormente all’alveolo dentario (figura 1). Lo scollamento periosteo troppo violento può lacerare questo piano, esponendo il nervo all’azione traumatizzante
degli strumenti chirurgici. Altra manovra che
può danneggiare temporaneamente il nervo
linguale è la compressione dello stesso a
opera dei divaricatori utilizzati per allontanare i tessuti molli dal sito estrattivo (7, 8).
Lesioni nervose definitive derivano invece
più facilmente dall’errata incisione della
mucosa seguendo la linea della cresta alveolare inferiore, senza effettuare lo scarico
distale verso il vestibolo orale. Sono stati
riportati rari casi in cui la lesione permanente del LN è diretta conseguenza della perdita
di controllo da parte dell’operatore di strumenti chirurgici affilati, come scollatori o
frese rotanti che producono danno traumatico diretto sul nervo (figure 2-7).
Come già sopra esposto, anche la rimozione
di un calcolo dal dotto della ghiandola sottomandibolare è un intervento che mette a
DIAGNOSI E TERAPIA
Punto chiave
La procedura
che più pone
a rischio il LN
è l’estrazione
dell’ottavo inferiore.
Figura 3 L'irregolarità macroscopica del LN (freccia)
depone per l'avvenuto trauma chirurgico.
Figura 4 Il neuroma traumatico viene reciso.
Punto chiave
L’anestesia
tronculare
è una possibile
causa di lesione.
Figura 5 La neurorrafia diretta del nervo (freccia) alla
fine del tempo microchirurgico.
rischio l’integrità del LN, soprattutto se
ripetuti episodi flogistici a carico della
ghiandola salivare siano esitati in tessuto
cicatriziale a livello della porzione posterolaterale del pavimento orale. In quest’ultimo caso, la formazione di ampie cicatrici di
colore bianco inglobanti la struttura nervosa e la ridotta visibilità caratteristica del
campo operatorio allestito per via endorale
rendono difficoltoso il reperimento del LN.
Gli stessi inconvenienti si possono riscontrare anche nel trattamento di ranule a
estensione postero-laterale del pavimento
orale ((figure 8-15).
Figura 6 Sutura dell'accesso chirurgico.
Figura 7 Immagine istologica: miscela di fibre assonali
e tessuto fibroso tipico di una lesione nervosa traumatica. (EE, 80.000 X).
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Figura 8 Caso clinico di lesione del nervo linguale conseguente a intervento per
asportazione di una ranula dal pavimento orale posteriore. Il test di soppressione esterocettiva che documenta l'avvenuta lesione del nervo linguale.
12
Nonostante la difficoltà nell’interpretare i
dati della letteratura, spesso imprecisi e
basati su studi retrospettivi, l’incidenza
delle lesioni temporanee a carico del LN
secondarie all’esecuzione di un’anestesia
tronculare si aggira tra lo 0,15% e lo 0,54%,
mentre quelle definitive attorno allo 0,01%
(9). Considerando l’elevato numero di anestesie tronculari effettuate ogni anno presso gli studi odontoiatrici, le percentuali
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sopra riportate rivelano che la morbosità
relativa a questa procedura non è affatto
trascurabile. Un’analisi critica dei dati a
nostra disposizione evidenzia inoltre la frequenza con cui i professionisti tendono a
misconoscere o a non dichiarare tali lesioni iatrogene, nella convinzione che i deficit
residui possano regredire con il passare
del tempo o, in ogni caso, possano essere
gradualmente accettati dal paziente (10).
Quest’ultima evenienza si verifica frequentemente per le lesioni dello IAN, ma raramente per quelle del LN, la cui ripresa
spontanea avviene solo se il danno non è
stato particolarmente grave.
Le ragioni per cui il LN è maggiormente
esposto al rischio di danno durante l’iniezione di anestetico è ancora una volta da
ricercarsi nell’anatomia: mentre lo IAN
risulta essere relativamente protetto all’interno del canale mandibolare, il LN è particolarmente esposto all’azione traumatizzante dell’ago, soprattutto caudalmente
alla lingula. In quest’ultimo caso, i meccanismi patogenetici del danno nervoso possono avvenire con diverse modalità: in
alcuni casi la lesione è legata al traumatismo diretto dell’ago tagliente, in altri
all’effetto neurotossico di anestetici come
l’articaina e la prilocaina. E’ infine possibile che il danno sia dovuto all’effetto ischemico legato all’aumento della pressione
all’interno dell’epinevrio per iniezione
diretta del liquido all’interno del nervo
(11).
Le modalità di lesione del LN in chirurgia
orale sono eterogenee e dipendono sia dal
tipo di intervento eseguito, che dagli strumenti utilizzati. In linea generale, i meccanismi lesivi possono essere categorizzati in
diverse classi: danno da compressione,
danno da stiramento e danno da sezione
(parziale o completa) del nervo.
La compressione del nervo linguale si presenta spesso nel caso di uso improprio di
strumenti chirurgici come divaricatori,
DIAGNOSI E TERAPIA
Punto chiave
La sezione parziale
avviene
per trauma
accidentale
con lo strumentario.
Figura 9 La cicatrice del precedente intervento (frecce) sita nel pavimento orale.
scollatori e protettori malleabili, impiegati
per scostare e salvaguardare il nervo da
strumenti taglienti utilizzati sul campo
operatorio. La prognosi relativa a tale
danno è generalmente ottima e la restitutio
ad integrum avviene in un intervallo compreso tra alcune settimane fino a un massimo
di due mesi.
La lesione da stiramento è determinata
dalla trazione del nervo lungo il suo asse
maggiore e dal conseguente allungamento
dello stesso nervo. Il danno è generalmente discreto, con risoluzione entro 3-6 mesi.
La sezione parziale del LN avviene in
seguito a trauma accidentale con strumenti taglienti o appuntiti come bisturi, scollatori, pinze bipolari o bisturi elettrico. La
prognosi in questo caso è più severa e la
ripresa funzionale, ancorché parziale,
richiede 6-12 mesi.
La sezione completa avviene per taglio o
strappo del nervo ed esita nella formazione
di due monconi, distale e prossimale. La
prognosi è pessima, non essendo possibile
una spontanea ripresa funzionale a causa
della retrazione dei due monconi: il gap
che si crea tra di essi non viene colmato
spontaneamente, nonostante il continuo
flusso assoplasmatico dal moncone prossimale verso quello distale. In corrispondenza del moncone prossimale è di comune
riscontro la formazione del neuroma d’am-
Figura 10 Il LN (frecce) isolato e trazionato delicatamente con una fettuccia di gomma.
Figura 11 Le due freccie indicano le sezioni nervose programmate al fine di asportare il tratto di LN lesionato.
Punto chiave
Il neuroma
d'amputazione
è causa di dolore
al tatto
nel 50% dei casi.
Figura 12 Il tratto di LN asportato (cerchio), e i due
monconi del LN residui: il prossimale (freccia piccola) e
il distale (freccia grande).
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Figura 13 La neurorrafia del LN (freccia).
Punto chiave
Neuroaprassia,
assonotmesi e
neurotmesi
sono le categorie
principali di lesione.
putazione, costituito da fibre nervose in
rigenerazione, cellule di Schwann e tessuto
cicatriziale. Il neuroma d’amputazione è
causa di dolore al tatto in circa il 50% dei
pazienti che hanno riportato una sezione
completa del LN. La soluzione è chirurgica:
in questi casi si deve provvedere alla ricostruzione microchirurgica del nervo linguale oppure, se ciò non è possibile, almeno
all’asportazione del neuroma e alla legatura del moncone prossimale per evitare la
recidiva del neuroma.
Classificazione
delle lesioni nervose
14
La classificazione maggiormente utilizzata
per discernere le lesioni nervose periferiche è quella proposta da Seddon nel 1943
(12), che distingue tre categorie principali
di lesione: la neuroaprassia, la assonotmesi e la neurotmesi. Nel 1951 Sunderland
(13) ha introdotto un’altrettanto valida
classificazione basata sulla suddivisione
delle lesioni nervose in cinque gradi che
corrispondono, il primo, alla neuroaprassia
di Seddon, il secondo, terzo e quarto alla
assonotmesi e il quinto alla neurotmesi.
Per la sua maggior immediatezza e semplicità generalmente si preferisce attenersi
alla classificazione di Seddon.
La neuroaprassia consiste in un deficit funAnno IV - n°4 - dicembre 2010
Figura 14 La sutura dell'accesso chirurgico.
Figura 15 Immagine istologica del tratto di nervo asportato. Si evidenzia il sovvertimento della normale struttura nervosa, con fibre nervose frammiste a tessuto fibroso, segno
di trauma avvenuto. (EE 20.000 X).
zionale transitorio del nervo causato generalmente da ischemia o demielinizzazione
acuta da compressione o trazione, senza
alterazioni anatomiche o discontinuità
della struttura nervosa. La prognosi è ottima, non è contemplata nessuna terapia (se
non la rimozione della causa della compressione, come le radici degli elementi
dentari) e la ripresa funzionale avviene
entro 2 mesi.
L’assonotmesi è una soluzione di continuo
delle fibre nervose con mantenimento dell’integrità delle strutture di sostegno circostanti, come le cellule di Schwann della
guaina mielinica, l’epinevrio e il perinevrio.
Ne consegue la degenerazione walleriana
del moncone distale seguita dalla rigenera-
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zione nervosa del moncone prossimale
sotto la guida delle strutture perineurali
rimaste integre. Generalmente il recupero è
completo, anche se devono essere menzionati sporadici deficit residui della sensibilità
in alcuni pazienti. Il tempo di recupero è
maggiore rispetto a quello osservato nella
neuroaprassia e, essendo la velocità di rigenerazione assonale di 1 mm al giorno, la
ripresa funzionale è prevista dopo 3-6 mesi.
La neurotmesi è la perdita della continuità
anatomica parziale o completa del tronco
nervoso, con conseguente deficit funzionale del nervo, che può essere accompagnato
o meno da dolore spontaneo.
Generalmente, questa lesione si accompagna a una retrazione dei monconi nervosi
che rende difficile, se non impossibile, la
rigenerazione spontanea delle fibre nervose e perciò ne giustifica l’indicazione al
trattamento chirurgico.
sintomatologia clinica
Le alterazioni funzionali conseguenti alla
lesione del LN sono eterogenee: nell’82,2%
dei pazienti il deficit si manifesta con ipoestesia o anestesia dell’emilingua omolaterale; l’8,7% dei pazienti presenta anestesia
dolorosa, mentre il rimanente 8,7% lamenta altre forme di dolore.
L’alterazione della sensibilità dell’emilingua coinvolta determina diversi inconvenienti per il paziente: il continuo morsicamento del margine linguale con conseguenti lesioni traumatiche e infezioni, la
minor consapevolezza della posizione della
lingua all’interno del cavo orale con alterata distribuzione del cibo tra le arcate dentarie, le difficoltà deglutitoria e fonatoria.
L’anestesia linguale è mal tollerata dai
pazienti soprattutto sotto il profilo psicologico: il profondo disagio avvertito inizialmente è successivamente accentuato dalla
mancata regressione della sintomatologia
con il passare del tempo (2).
Il debilitante deficit funzionale e l’insofferenza del paziente sono fattori determinanti nel porre indicazione alla chirurgia, fortemente consigliata in caso di lesione del
nervo linguale.
Il dolore si può manifestare come anestesia dolorosa, come iperalgesia (sensazione
dolorosa immediata in seguito a stimoli
normalmente non dolorosi), come iperpatia (sensazione dolorosa ritardata in risposta a stimoli pressori) o come dolore simpatico-mediato, ossia mantenuto dal tono
ortosimpatico, in risposta al freddo o a stimoli emotivi e alleviato da inibitori alfaadrenergici.
Quando l’espressione del deficit nervoso è
il dolore, la qualità della vita subisce notevoli modificazioni in termini negativi. La
persistenza di un dolore continuo di variabile intensità logora il paziente e può portare allo sviluppo di una sindrome depressiva reattiva. Pertanto, è necessario tener
presente che quanto più precoce e tempestiva è la correzione chirurgica della lesione nervosa, tanto maggiore è la probabilità
di ottenere risultati soddisfacenti in termini di recupero funzionale (3).
Punto chiave
Il dolore cronico
può portare
allo sviluppo
di sindrome
depressiva reattiva.
Punto chiave
Diagnosi e gestione
delle lesioni
del nervo linguale
Nel caso di lesione certa del nervo linguale, è ragionevole indirizzare il paziente al
microchirurgo. Tuttavia, nella maggior
parte dei casi, si percepisce una resistenza
nell’adottare questo provvedimento, sia
per la ritrosia del professionista ad ammettere l’eventuale errore, sia per la frequente
difficoltà nell’indicare con certezza la sezione del nervo da parte dell’operatore. Tale
difficoltà dipende dal fatto che spesso la
lesione avviene a cielo coperto (senza cioè
Accertato
il danno nervoso
il paziente
va seguito
nei mesi successivi
all’intervento lesivo.
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
Punto chiave
I test diagnostici
di soppressione
esterocettiva
documentano
il deficit
nervoso.
Punto chiave
La microchirurgia
ricostruttiva
va eseguita
precocemente
per dare risultati
soddisfacenti.
16
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diretta visione del nervo interessato); in
altri casi, il dolore provocato dall’interruzione del nervo è scambiato per quello
dovuto a insufficiente anestesia nel corso
di un trattamento odontoiatrico; è inoltre
complesso stabilire l’esatto momento in
cui è avvenuta la lesione durante l’intervento, e di conseguenza anche la modalità
con cui il danno è stato arrecato (compressione, stiramento ecc.).
Una volta accertato il danno nervoso, il
paziente deve essere sottoposto a follow-up
clinico regolare e attento nei tre mesi successivi l’evento lesivo. La valutazione della
sensibilità in ambulatorio consiste nel sottoporre il paziente a diverse prove diagnostiche, quali il test della pressione delicata,
dello strofinamento e della discriminazione tra due punti. Il paziente deve mantenere la posizione semiseduta in poltrona, con
gli occhi chiusi. Il primo test, che teoricamente si avvale dell’utilizzo di strumenti
appositi, può essere eseguito mediante stimolazione dell’area ipoestesica con un piccolo batuffolo. Il secondo test si effettua
strofinando il batuffolo di cotone a livello
dell’emilingua colpita, chiedendo al
paziente di descrivere la direzione dello
strofinamento.
Il terzo può essere eseguito mediante utilizzo di due aghi sottili a distanza prestabilita (compasso) appoggiati all’area ipoestesica; si procede al progressivo allontanamento degli aghi, chiedendo al paziente di
indicare il momento in cui riesce a identificare i due aghi (due stimoli) come distinti.
Sotto il profilo strumentale, il test di soppressione esterocettiva documenta il deficit funzionale nervoso. Questo test è relativamente fastidioso per il paziente e viene
effettuato da un neurologo esperto di
sistema nervoso periferico. L’anestesia
completa del LN a 3 mesi dall’evento lesivo o la ipoestesia marcata ancora presente
dopo 8 mesi rafforza notevolmente la presunta ipotesi dell’avvenuta lesione.
Tenendo presente che i risultati sono tanto
più soddisfacenti quanto più precoce è la
riparazione nervosa, l’intervento ricostruttivo deve essere eseguito sollecitamente,
soprattutto per porre rimedio alla sintomatologia algica (14).
Biglioli e coll. suggeriscono che il momento ideale per la riparazione microchirurgica
di una lesione nervosa sia immediatamente successivo al verificarsi della lesione
stessa (15). Il paziente dovrebbe essere
inviato al microchirurgo il prima possibile,
non appena vi sia la consapevolezza di una
possibile neurotmesi o quando non vi sia
segno di regressione della sintomatologia
al terzo mese di follow-up. Anche nel caso in
cui il paziente mostri soltanto minimi
segni di ripresa funzionale dopo 8 mesi è
indicato effettuare un intervento esplorativo. Le possibilità di significativa ripresa
spontanea sono infatti remotissime in questi casi.
trattamento chirurgico
delle lesioni recenti
e di lunga data
Nel caso in cui il danno a carico del LN
non causi sintomatologia algica, il gold
standard per le lesioni recenti consiste
nella riparazione immediata della soluzione di continuo del nervo nell’ambito dello
stesso intervento chirurgico: ciò è possibile
nel caso in cui il microchirurgo sia l’operatore stesso che ha danneggiato il LN o se il
microchirurgo e lo strumentario microchirurgico sono presenti nella struttura sanitaria in cui viene effettuato l’intervento.
La microchirurgia ricostruttiva deve essere
eseguita in anestesia generale per garantire la completa anestesia del nervo interessato, la possibilità di ampliare il campo
operatorio se necessario, l’immobilità
assoluta del paziente (impossibile da ottenere in anestesia locale) per tutta la dura-
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ta dell’intervento, che può raggiungere le
2-3 ore.
L’accesso chirurgico utilizzato per le lesioni
del LN è situato a livello del pavimento
orale. Generalmente l’incisione segue il
decorso della preesistente cicatrice mucosa, attraverso la quale è stata determinata
la lesione nervosa. In profondità, è quasi
sempre rilevabile una cicatrice interna resistente, difficile da scollare, che ingloba in
un tessuto fibroso di colore bianco un
nervo o i suoi monconi, di colore altrettanto bianco.
Prima dell’incisione mucosa, si procede
all’infiltrazione del campo operatorio con
adrenalina 1:200.000 al fine di ridurre al
massimo il sanguinamento che potrebbe
inficiare la visibilità del campo operatorio
già ridotto.
L’incisione viene sempre estesa sia nel
pavimento laterale della bocca, per individuare il LN distalmente alla lesione sia
medialmente al ramo mandibolare per
identificare il moncone nervoso craniale al
danno. A livello dei tessuti non modificati
dal pregresso intervento chirurgico, il
nervo è facilmente individuato come una
struttura bianca e lucida, del diametro di 23 mm.
È necessario ricercare entrambi i monconi
nervosi, se presenti; questa manovra è
meno indaginosa e difficile se è presente
un neuroma d’amputazione o se il nervo
non è completamente discontinuato. Dopo
la rimozione del neuroma o del tratto nervoso lesionato, è necessario inviare il
materiale per l’analisi anatomopatologica,
conformemente alle direttive medico-legali. Generalmente, i due monconi del LN
vengono approssimati direttamente tra
loro. Infatti, lo scorrimento degli stessi
monconi all’interno dei tessuti circostanti
consente l’esecuzione di una neurorrafia
diretta anche per perdite di sostanza che
misurino al massimo 2 centimetri.
Nell’esperienza dell’autore non è mai stato
necessario il ricorso a un innesto nervoso
di interposizione; tuttavia, nel caso in cui
quest’ultimo si rendesse necessario, previo
consenso firmato dal paziente, si procede a
colmare il gap tra i due monconi nervosi
mediante innesto di nervo grande auricolare. Il deficit sensitivo dell’area donatrice
(dopo prelievo del nervo grande auricolare)
consiste nell’anestesia cutanea del lobo
auricolare ed è accettabile rispetto alle
alterazioni funzionali secondarie al deficit
del LN (16). Inoltre, la cicatrice cutanea
risulta essere estremamente estetica e
nascosta, corrispondendo alla porzione
posteriore dell’accesso tipo lifting.
La neurorrafia del LN è eseguita su una
struttura relativamente robusta e di dimensioni discrete rispetto ad altri rami nervosi
(come lo IAN). La relativa ampiezza del
campo operatorio permette di posizionare
uno sfondo di gomma sotto i monconi nervosi, per meglio contrastare il nervo rispetto ai tessuti circostanti durante l’anastomosi microchirugica. Poiché i monconi
tendono a retrarsi (sia per l’asportazione di
parte del tessuto nervoso, sia per l’azione
traente dei tessuti del pavimento orale),
due punti di sutura di polipropilene 8/0
opposti, a 180° l’uno rispetto all’altro, vengono confezionati preliminarmente.
Questo accorgimento offre maggior stabilità alla neurorrafia, che viene completata
con alcuni altri punti di sutura con filo di
10/0 areattivo, affinchè la sutura stessa non
interferisca con il processo di rigenerazione assonale. La rigenerazione è basata sul
flusso assoplasmatico anterogrado che
dagli assoni contenuti nel moncone prossimale prosegue nel moncone distale, sulla
guida delle strutture perineurali. Dopo
un’anastomosi chirurgica eseguita correttamente, non più del 50% delle fibre nervose presenti nel moncone prossimale raggiungono il moncone distale, poichè difficilmente ogni struttura assonale prossimale riesce a trovare la sua corrispettiva
Punto chiave
La rigenerazione
nervosa è basata
sul flusso
assoplasmatico
dal moncone
prossimale al distale.
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Punto chiave
La rigenerazione
aberrante
degli assoni
inficia
la discriminazione
degli stimoli nervosi.
Punto chiave
L’intervento
chirurgico
non è più indicato
dopo 24 mesi
dal danno nervoso.
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distale. Inoltre, se la sutura è confezionata
con un filo di sutura troppo grosso o se i
nodi sono troppo stretti, oppure se il filo
passa all’interno della struttura nervosa
anziché attraversare il solo epinevrio, o se
viene usato un filo assorbibile che stimola
una reazione granulomatosa perineurale,
la conta assonale a livello del moncone
distale può decrescere ulteriormente. È per
questo motivo che si privilegia l’utilizzo di
un materiale non riassorbibile inerte come
il poliammide o il polipropilene.
È doveroso sottolineare che, dal punto di
vista tecnico, il nervo viene suturato
mediante neurorrafia con punti di sutura
epineurale, in modo circonferenziale. Le
suture perineurali (eseguite a livello degli
strati più interni del nervo) o fascicolari,
applicabili a nervi e plessi di notevoli
dimensioni con fasci ben definiti, non sono
adeguate per le ricostruzioni nervose del
cavo orale. Il diametro del LN varia tra 1 e
3 mm e i fascicoli nervosi non sono distinguibili al suo interno: queste considerazioni escludono a priori la possibilità di eseguire neurorrafie perineurali del nervo linguale.
La conta assonale media del nervo linguale
è di 3200 fibre: gli assoni che riescono a
ricostituirsi nel moncone distale molto
raramente vengono nuovamente indirizzati
nel tubulo assonale a loro corrispondente
prima del trauma. Più facilmente seguiranno la traccia di un assone contiguo o anche
molto distante da quello originario, a
causa dell’involontaria rotazione dei monconi nervosi su se stessi che il chirurgo
determina durante l’anastomosi. Tale rigenerazione aberrante si traduce clinicamente con una ridotta discriminazione spaziale
degli stimoli che il paziente riceve. Per
esempio, stimolando la punta della lingua,
il paziente potrebbe percepire lo stimolo
come proveniente dal margine linguale, lo
stimolo sul dorso può essere avvertito sul
margine, e così via. La sensibilità gustativa
viene ripristinata, sebbene non completamente. In caso di sintomatologia dolorosa,
viene spesso individuata in sede operatoria una cicatrice inglobante il LN, la quale
deve essere rimossa delicatamente; anche
l’epinevrio deve essere decompresso
mediante microincisioni di scarico longitudinali. Tali manovre promuovono una riduzione della tensione di superficie del
nervo, responsabile dell’algia.
La ricostruzione microchirurgica del nervo
linguale offre risultati positivi nel 75-86%
dei casi (17), con risultati ancora più soddisfacenti se il paziente è sottoposto a intervento chirurgico entro tre mesi dall’insorgenza del danno nervoso. Trascorsi 24
mesi dal trauma a carico del LN, la lesione
diventa inveterata e una buona ripresa funzionale è difficilmente ottenibile. I primi
segni di ripresa funzionale si registrano in
media 6 mesi dopo l’intervento chirurgico.
Il recupero funzionale non è mai completo,
ma sicuramente gratificante e molto superiore rispetto alla condizione di ipoanestesia di partenza. I dati clinici dimostrano
inoltre che la neurorrafia che segue l’asportazione del neuroma d’amputazione determina una ripresa leggermente inferiore
rispetto alla sola sezione del nervo.
L’intervento ricostruttivo volto a trattare
lesioni nervose che comportano spiccata
sintomatologia algica genera risultati più
sconfortanti: miglioramento del 14-20%
della sintomatologia nei casi di algia dolorosa e dolore simpatico-mediato e del 5060% in caso di iperalgesia-iperpatia (3).
Anche nei casi di algia, l’indicazione al trattamento chirurgico deve essere il più precoce possibile; dopo 12 mesi dal danno
nervoso e dall’insorgenza della sintomatologia dolorosa, non sussiste più l’indicazione alla chirurgia, data la scarsa possibilità
di ottenere risultati positivi.
Nel caso di lesioni inveterate che durano
da più di 24 mesi, determinanti ipoanestesia, il trattamento chirurgico non è indica-
DIAGNOSI E TERAPIA
to. Dopo questo lasso di tempo la persistenza del deficit sensitivo determina
accettazione e abitudine da parte del
paziente, che impara a convivere con il
difetto sensoriale, fino quasi a dimenticarsene. Tuttavia, quando l’attenzione viene
nuovamente focalizzata sulla lesione, il
dolore si riacutizza, rimanendo sempre a
livelli inferiori rispetto a quello avvertito
subito dopo il trauma. Nei casi di dolore
cronico che dura da più di 12 mesi o di
insuccesso della ricostruzione microchirurgica del LN, la terapia è farmacologica e si
basa sull’impiego di medicinali a base di
carbamazepina, difenilidantoina, baclofen,
clonazepam e di recente anche il gabapentin (18). La classe di farmaci più efficace è
rappresentata dagli antiepilettici, con però
il rischio concreto di sviluppare effetti collaterali mal tollerati dai pazienti. Il dosaggio e l’associazione dei farmaci deve essere
gestita da neurologi e terapisti del dolore,
per raggiungere la maggior efficacia terapeutica.
In alcuni casi, i pazienti non rispondono
nemmeno alla terapia farmacologica, non
riuscendo a controllare adeguatamente il
dolore. Per questi pazienti, la soluzione
estrema è rappresentata dall’impianto di
neuromodulatori, posizionati con procedura neurochirurgica.
Non deve essere sottovalutata infine la
terapia psicologica, da affiancare alla terapia farmacologica nei pazienti in cui la
convivenza con il dolore cronico porta a
una sindrome depressiva reattiva (19).
Conclusioni
Uno dei rischi preponderanti contemplati
dalla chirurgia orale è la lesione del LN. Le
conseguenze più frequenti sono rappresentate dall’ipoestesia-anestesia dell’emilingua coinvolta e da deficit funzionali debilitanti per il paziente. La probabilità di resti-
tuito ad integrum spontanea sono pressoché
nulle, perciò il paziente deve essere indirizzato al microchirurgo per la ricostruzione
del nervo; tale trattamento può incrementare significativamente la ripresa funzionale del nervo lesionato.
Nei più rari casi di algia, il trattamento chirurgico ha minori possibilità di successo,
che si riducono in modo proporzionale al
tempo trascorso dall’insorgere della sintomatologia dolorosa. Il deterioramento
della qualità di vita legato alla cronicizzazione delle algie è comunque tale da giustificare per la maggior parte dei pazienti
l’esecuzione di un intervento chirurgico.
Nei casi in cui il dolore cronico non sia
stato corretto chirurgicamente o siano trascorsi più di 12 mesi dalla sua insorgenza,
è opportuno che il paziente venga sottoposto a terapia farmacologica e a supporto
psicologico.
Punto chiave
In caso di dolore
cronico
si utilizza una terapia
farmacologica o
con neuromodulatori.
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