cloruro di vinile - Medicina del lavoro

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cloruro di vinile - Medicina del lavoro
CLORURO DI VINILE
Il cloruro di vinile è un gas (pm. 62.5) = CVM. Contiene 2 atomi di carbonio uniti fra loro da un
doppio legame, ed un atomo di cloro (Cl-CH=CH2)
Il PVC (cloruro di vinile polimero, polivinilcloruro) è una polvere, a pm. 60.000-90.00 circa.
Produzione: Il CVM, stoccato in apposite botti, viene fatto passare in una autoclave, in sospensione
acquosa e con opportuni catalizzatori che favoriscono l’apertura del doppio legame e la formazione
della catena del polimero PVC. Seguono una fase di recupero e una fase di essiccamento.
Il PVC sotto forma di granuli viene usato per fabbricare utensili: tubi, pannelli, tapparelle, sacchetti,
rivestimento di fili elettrici, etc.
Il CVM era ritenuto innocuo, tanto da essere proposto negli anni '30 come anestetico (abbandonato
perché sensibilizzava il miocardio alle catecolamine - morte improvvisa), ha odore dolciastro:
soglia olfattiva - 4000 parti / 1 milione
soglia anestetica - 10.000 parti / 1 milione.
La produzione annua di PVC è di 10 milioni di tonn. solo in Italia 2 mil. tonn., all'ANIC, SIR,
MONTECATINI, SOLVAY (5.000 addetti; 50.000 esposti al rischio di intossicazione).
Una categoria di lavoratori particolarmente esposti al rischio di mal da PVC è quella dei pulitori
d'autoclave, nella preparazione della polvere: le pale del miscelatore molto dure, si incrostano
facilmente, e devono essere pulite dall'interno della macchina. (300 pp/cc). Un altro rischio
professionale nella lavorazione è quello di saturnismo, infatti al PVC vengono abitualmente
aggiunti stabilizzanti a base di Pb (stearato di Pb); questo rischio può essere evitato meccanizzando
la pesatura dei sali di Pb, o meglio l'intero processo di stabilizzazione.
Segni: microemorragie, a tutti gli organi (2 morti improvvise, nel 1960, in Polonia).
Alterazioni del comportamento, in tutti i soggetti, anche dopo breve esposizione ma generalemente
reversibili, in seguito ad allontanamento dal lavoro pericoloso: astenia, sonnolenza, impotenza, etc.
Disturbi digestivi (75% dei casi): senso di replezione, nausea, etc.
Fegato: particolarmente colpito: epato- e spleno- megalie, maggior incidenza di cirrosi.
Lesioni cutanee e muscolari: cute di tipo sclerodermico e leucoplasico, cute marmorea,
notevolmente ispessita, con parestesie, e altre possibili alterazioni soprattutto a carico degli arti
superiori, nei "pulitori" i disturbi appaiono generalizzati, con miositi ossificanti e placche di
calcificazione gen. a livello delle fasce del quadricipite.
Un'altra categoria di lavoratori particolarmente colpita dalla malattia da PVC è quella degli operai
che sono addetti alla manutenzione del bunker di insilaggio: infatti essi devono entrare nel bunker,
per gli ugelli del gas, questi operai presentano la sintomatologia descritta dopo pochissimi anni di
esposizione.
Sono stati descritti gravi disturbi angioneurotici. Inoltre la comparsa di angiosarcomi epatici,
dapprima dimostrati in operai della "Goodrich".
Nei primi casi descritti di intossicazione da CVM molti erano intossicati dal riempimento di
bombole spray dove il CVM era una volta usato come propellente.
Il prof. Viola (Solvay), esponendo ratti a CVM ha dimostrato le sue proprietà carcinogenetiche a
carico di vari organi .
In Italia è stato descritto un caso d'intossicazione da CVM, in una fabbrica di imballaggi, sembra
che i sacchetti di cellophan liberino 0,10 pp./cc., tuttavia il rischio è esiguo: se la resina è stata ben
stoccata essa non libera monomeri.
Nella fase di finitura del PVC sono state documentate pneumoconiosi da PVC. La percentuale di
bronchiti croniche risulta inoltre maggiore di quella osservata nelle industrie siderurgiche, anche
dopo un'esposizione di soli 4-5 anni.
Lesione tipica dei pulitori di autoclave è l'acroosteolisi generalmente bilaterale, che si evidenzia a
volte in seguito ad incidenti sul lavoro, il paziente non riesce a reggersi alle funi, o alle scale a pioli
con cui scende nella macchina, e cade.
L'Acroosteolisi è una lisi delle ossa distali delle mani (99,9% dei casi), molto raramente dei piedi.
Talvolta si osservano rarefazioni ossee del bacino. In 1-2 anni si instaura una sindrome di Raynaud.
Se si opera un'arteriografia in pazienti con acroosteolisi le arterie digitali appaiono filiformi, e come
sfioccate, per la presenza di molti reticoli collaterali.
Le lesioni regrediscono, dopo sospensione del lavoro: se esiste un proc. immunitario, esso non è in
grado di automantenersi. Le lesioni non sembrano essere dovute a microtraumatismi ripetuti: infatti
le due mani sono colpite indifferentemente.
Sindrome di RAYNAUD: succedersi di crisi vasomotorie, generalmente ai vasi delle estremità
distali degli arti, su base funzionale con diverse fasi (ischemia, vasodilatazione e cianosi).
La sindrome di Raynaud professionale, che si osserva nella angioneurosi da strumenti vibranti,
differisce da quella delle malattie autoimmuni per l’assenza di necrosi.