Svolgimento del processo Motivi della decisione 1

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Svolgimento del processo Motivi della decisione 1
Svolgimento del processo Motivi della decisione
1- Con sentenza del giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Salerno del 16/7/2008,
pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, M.G. e Me.Gi. venivano dichiarati colpevoli del reato
di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1, 1 bis e 6 - D.P.R. n. 309
del 1990, art. 80, comma 1, lett. e), riconosciuto il fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del
1990, art. 73, comma 5, riconosciute a Me.Gi. le attenuanti generiche equivalenti alle contestate
aggravanti, condannava M.G. alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro dodicimila di multa;
Me.
G. alla pena di anni due, mesi dieci di reclusione ed Euro seimila di multa.
Agli imputati era stato contestato di aver detenuto quantitativi di sostanze l stupefacenti del tipo
eroina, cocaina, hashish, oltre ad un preparato di eroina e cocaina, noto ai consumatori con il
termine "speedball", nonchè di aver venduto parte di tali quantitativi a terzi acquirenti, che si
portavano nei pressi dell'abitazione della M.G., ed utilizzata dalla stessa M., dal nipote Me.Gi. e da
tale S.C. (non ricorrente) per la cessione di stupefacenti. Con le aggravanti del fatto commesso da
tre persone e di aver detenuto per la ulteriore messa in circolazione un prodotto stupefacente,
costituito da un miscuglio di cocaina ed eroina, la cui preparazione ne accentuava le potenzialità
lesive. Fatti accertati in (OMISSIS).
2- Avverso la sentenza del G.U.P. hanno proposto appello il Pubblico Ministero- che chiedeva
l'esclusione del fatto di lieve entità - e gli imputati.
3- Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Salerno dichiarava preliminarmente
inammissibile il gravame proposto dal P.M., non potendo questi proporre appello contro le sentenze
di condanna pronunciate seguito di giudizio abbreviato, salvo che si tratti di sentenza che modifica
il titolo del reato. Nel caso di specie, l'appello concerneva soltanto la sussistenza di un'attenuante e,
come tale, doveva ritenersi inammissibile. La Corte territoriale riteneva, per contro, condivisibile la
richiesta dei prevenuti relativa alla prevalenza dell'attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art.
73, comma 5, già applicata dal primo giudice.
4- Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per Cassazione il difensore di
M.G. e Me.Gi., con motivi in larga parte sovrapponibili, denunciando la pronuncia per violazione di
legge e vizi della motivazione.
4.1- Con il primo motivo è stata dedotta l'inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale
con riferimento alla ritenuta sussistenza della continuazione tra la detenzione e la cessione delle
medesime sostanze stupefacenti. Al contrario, la detenzione e la cessione di una medesima quantità
di stupefacente costituivano un'unica violazione di legge, trattandosi di un unico fatto concreto,
integrante entrambe le previsioni normative di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1
bis. A tale riguardo, la difesa richiamava una recente pronuncia giurisprudenziale (Cass. Sez. 6,
sent. n. 9874/ 2009);
4.2- erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R.
n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, in quanto la presenza di Me.Gi. in casa della zia M.G. era da
considerarsi del tutto occasionale e, pertanto, non idonea ad integrare l'aggravante contestata;
4.3- inosservanza della legge penale avuto riguardo alla contestata aggravante di cui al D.P.R. n.
309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. e), in quanto la maggiore potenzialità lesiva della
combinazione cocaina - eroina, nel caso di specie, si fondava sulla sola relazione del consulente
tecnico del P.M.;
4.4- difetto di motivazione in ordine alla pena irrogata, che si era attestata in prossimità del
massimo edittale, pur in presenza del riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui al comma 5;
4.5- la M.G. ha dedotto anche difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche.
5- I ricorsi vanno rigettati, poggiando su censure destituite di fondamento.
5.1) In particolare, privo di valenza è il primo motivo - comune ad entrambi i ricorrenti - con il
quale si lamenta violazione di legge per la ritenuta sussistenza della continuazione tra il reato di
cessione e quello di detenzione di sostanze stupefacenti, dovendosi - ad avviso della difesa
ricorrente - ritenere l'assorbimento della condotta di cessione in quella di detenzione.
L'assunto è infondato. E' pur vero che il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 è norma a fattispecie tra
loro alternative, con la duplice conseguenza, da un lato, della configurabilità del reato allorchè il
soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste; dall'altro, della esclusione
del concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni
tipiche alternative, nel qual caso le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono
assorbite nell'ipotesi più grave, (cfr., ex multis, Cass. Sez. 4, 19/11/2008 n. 6203, Canu ed altri; Sez.
4, 7/4/2005 n. 22588, Volpi ed altro; Sez. 4, 26/6/2008 n. 36523, Baire). Perchè ciò ricorra, è, però,
necessario: 1) che si tratti dello stesso oggetto materiale; 2) che le attività illecite minori siano
compiute dallo stesso soggetto che ha commesso quelle maggiori ovvero dagli stessi soggetti che ne
rispondano a titolo di concorso; 3) che le condotte siano contestuali e, cioè, si verifichi il susseguirsi
di vari atti, sorretti da un unico fine, senza apprezzabili soluzioni di continuità. Qualora, per contro,
le differenti azioni tipiche siano distinte sul piano ontologico e cronologico, esse costituiscono,
conseguentemente, più violazioni della stessa disposizione di legge e, dunque, reati distinti,
eventualmente unificabili per continuazione, se commessi dagli stessi soggetti in concorso tra loro
ed in presenza di un disegno criminoso unitario. La ricostruzione fattuale operata dalla Corte
territoriale dell'episodio sub iudice depone per una collocazione temporale distinta delle condotte di
detenzione e cessione, in quanto i vari tipi di sostanza stupefacente erano già in possesso degli
imputati nell'abitazione di M.G., occultati nei luoghi più disparati dell'abitazione, come accertato
dai verbalizzanti nel corso delle perquisizioni personali e domiciliari eseguite nella notte del
2/4/2008. Di tali sostanze, soltanto una parte (già detenuta) veniva ceduta dai prevenuti, che si
alternavano alla finestra attraverso la quale avveniva la consegna dello stupefacente richiesto di
volta in volta dagli avventori. Orbene, proprio la rilevata distinzione cronologica tra la detenzione e
la cessione depone per l'esatta contestazione di entrambe le condotte, unificate sotto il vincolo della
continuazione.
Ad abundantiam, va aggiunto che, in ogni caso, la continuazione dovrebbe essere ravvisata in
relazione alla pluralità delle cessioni.
La sentenza di questa Corte, citata dai ricorrenti, non si attaglia al caso di specie. Con la sentenza n.
9874/2009, citata nei ricorsi, questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla applicabilità della
continuazione nel caso di simultanea detenzione tra droghe "pesanti" e "leggere" (cocaina, hashish e
metadone), ha affermato il principio di diritto secondo cui, a seguito delle profonde modifiche
apportate dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, deve ritenersi
soppressa la distinzione tabellare tra droghe "leggere" e droghe "pesanti", con conseguente modifica
del trattamento sanzionatorio da riservarsi a chi illegalmente detiene sostanze stupefacenti di tipo e
natura diversi. Infatti, prima della legge novellata, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, nei commi 1 e
4, prevedeva diverse figure di reato, in considerazione della diversità dell'oggetto materiale delle
condotte (rispettivamente, droghe "pesanti" e droghe " leggere"), con la conseguenza che, nel caso
di illegale detenzione di sostanze stupefacenti di tipo e natura diversi, il colpevole rispondeva di due
reati, generalmente unificati dal vincolo della continuazione. Per contro, l'avvenuta assimilazione
delle sostanze, impone - ora -di ritenere che, nel caso anzidetto, il reato sia unico, con la possibilità
che il concreto trattamento sanzionatorio sia più favorevole rispetto al passato. Com'è evidente, la
problematica affrontata dalla Corte nella pronuncia richiamata, è del tutto inconferente nella
fattispecie in esame.
5.2) Infondato è anche il secondo motivo di gravame, con il quale i ricorrenti lamentano l'erronea
applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al
D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 6, non ravvisabile, a loro avviso, in considerazione della
presenza meramente occasionale del Me.Gi. nell'abitazione della zia.
A prescindere dal fatto che entrambe le sentenze di merito danno atto che la consegna della droga,
sotto la finestra dell'abitazione della M.G., avveniva in modo "alternato" ad opera delle tre persone
presenti nell'abitazione ( M.G., Me.
G., S.C.), va ribadito in questa sede che l'aggravante contestata sussiste in tutte le ipotesi di reato
commesso da tre o più persone e non presuppone, tra i concorrenti, un vincolo diverso o più intenso
del normale concorso nel reato, in quanto è proprio il concorso materiale e psicologico di tre o più
persone nel medesimo fatto, secondo lo schema logico-giuridico disciplinato dall'art. 110 c.p., ad
essere ritenuto - di per sè - indice di maggiore gravità del fatto e di maggiore pericolosità degli
imputati.
5.3) Infondato è altresì' il terzo motivo di ricorso con il quale si censura la sussistenza
dell'aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, comma 1, lett. e), ritenuta sulla base delle
argomentazioni svolte dal consulente tecnico del P.M La giurisprudenza di questa Corte ha
costantemente affermato che, per integrare la suddetta aggravante, è sufficiente una maggiore
potenzialità lesiva della commistione, idonea ad accentuare l'effetto stupefacente e tossico per
l'organismo, sia pure con la cooperazione del consumatore, chiamato ad eseguire alcune semplici
"istruzioni per l'uso", quali l'umidificazione o la diluizione nell'acqua del preparato.
Nel caso specifico, i giudici del merito hanno evidenziato: 1) che la sostanza combinata risultava di
pronta ed immediata assunzione, sia per via endovenosa che inalatoria, con un potenziale maggior
danno sul funzionamento di organi vitali rispetto alla assunzione delle singole sostanze; 2) che
nessuna obiezione era stata dagli imputati sollevata sui risultati cui era pervenuto il consulente
tecnico.
5.4) La sentenza impugnata non è censurabile neppure per il preteso difetto di motivazione in punto
di trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale, accogliendo l'appello sul punto, ha ritenuto la prevalenza dell'attenuante
D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5 sulle due aggravanti contestate ed ha congruamente
ridotto la pena, partendo da anni quattro, mesi nove di reclusione ed Euro ottomila di multa, nei
limiti dell'ipotesi attenuata. Tale pena è stata ritenuta proporzionata all'entità dei fatti, di "lieve
entità", ma non certo modestissimi, con una valutazione che si sottrae alle censure di legittimità in
quanto dimostrativa del fatto che i primi giudici si sono fatti carico delle obiezioni difensive,
riproposte in questa sede.
Va rammentato a tale riguardo che non è necessario scendere alla valutazione di ogni singola
deduzione della parte, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che il giudice indichi, nell'ambito del
potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante rilevanza che
orientano la sua decisione. Il preminente e decisivo rilievo accordato all'elemento considerato
implica, infatti, il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa
significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati. Sicchè, anche in sede di
impugnazione, il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni specificamente esposte nei
motivi di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui all'art. 133 c.p., quelli di
rilevanza decisiva.
5.5) Le stesse considerazioni valgono per la censura proposta dalla sola M.G. in punto di mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche. A tale proposito, la Corte territoriale ha congruamente
evidenziato i numerosi precedenti penali, anche specifici, dell'imputata, ritenuta soggetto di intensa
capacità a delinquere. Tale motivazione, fondata sulle ragioni preponderanti della decisione, e,
dunque, congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in questa sede di legittimità. 6- I
ricorsi vanno, conclusivamente, rigettati, con condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2010