Mattucci(non ancora corretti!)

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Mattucci(non ancora corretti!)
16 gennaio 2012 – Gattucci 5 I - Pagina 1 di 4
APPUNTI NN ANCORA CORRETTI !!
FAUVES (postimpressionismo)
Nel 1905 a Parigi, ricordiamo la terza edizione del Salon d’Automne, durante il quale, il giornalista Louis
Vauxcelles, si trovò circondato da dipinti di colori talmente violenti da fargli esclamare <<Donatello chez les
fauves>> (Donatello fra le belve) : talmente classica gli pareva quella sua statua in mezzo a tanta aggressività. Il
termine fu adottato dagli stessi artisti in questione.
Esso è il primo movimento espressionista europeo, che al contrario dei successivi non ha interesse per le questioni
politiche e sociali.
Sono evidenti alcune convenzioni pittoriche:
Il dipinto deve dare spazio al colore, bisogna dipingere in relazione ai proprio sentimenti interiori, la composizione
deve perciò essere istintiva e immediata, l’artista non deve mai cercare di rappresentare la realtà naturale. La
caratteristica principale è la violenza negli accostamenti cromatici caldi e freddi, l’utilizzo dunque di colori
luminosi che si scontrano sulla tela con furia selvaggia, con pennellate libere per far risaltare significativamente la
forza espressiva che l’artista vuole mettere in luce.
Ci troviamo così di fronte al primo vero sconvolgimento del linguaggio impressionista e alla rottura di ogni
rapporto con la realtà, non si raffigura più il frutto dell’impressione, ma ciò che si coglie tramite il proprio sentire
interiore.
I principali esponenti furono Matisse, Marquet, Vlamink e Derain.
HENRI MATISSE
Nacque nel 1869 a Caveau-Cambrésis, in Francia. Segui corsi di giurisprudenza a
Parigi, finché nel 1889, una malattia lo costrinse a letto. Fu questa l’occasione in cui
egli incominciò a dipingere per passatempo finché convintosi che quella fosse la sua
vocazione, decise di studiare presso accademie private.
Matisse trascorse diversi anni nel sud della Francia e visse la tragedia della guerra
mondiale, durante la quale vide l’arresto della figlia e della moglie.
Si potrebbe sintetizzare il suo percorso artistico utilizzando le sue stesse parole:
<<Come impressionista so dipinto direttamente dalla natura, poi ho aspirato a una
maggiore concentrazione e a un’espressività più intensa nelle linee e nei colori. Per
raggiungere questo obbiettivo ho dovuto sacrificare altri valori: la materia, la
tridimensionalità, la ricchezza di dettagli. Ora voglio riconciliare questi valori>>.
La sua arte fu inizialmente influenzata dall’Impressionismo, da Cézanne, fu poi
attratto in un secondo momento dal divisionismo; tuttavia il suo animo lo portava
verso il piacere del colore e alla pittura intesa come <<gioia di vivere>>.
Henri Matisse morì a Cimiez , nei pressi di Nizza nel 1954.
Donna con cappello
Autore: Henri Matisse
Data: 1905
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 80,65 x 59,69 cm
Ubicazione: San Francisco, Museum of Modern Art
L'opera fu esposta, assieme a nove altre opere d'arte, al Salon d'Automne del 1905.
Descritto come "una pentola di colori rovesciata in faccia al pubblico" il quadro
segna una pietra miliare nell'uso simbolistico del colore.
Il dipinto rappresenta l’autoritrarro della moglie dell’artista.
La donna, di tre quarti, volge lo sguardo all’osservatore mostrandosi nel suo ricco e
sovrabbondante abbigliamento borghese dominato da un fastoso e monumentale
cappello ornato da frutti e fiori.
Nell’opera riscontriamo le principali caratteristiche del fauvismo, ovvero le tinte
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violente, le pennellare immediate, l’accostamento di colori caldi e freddi (giallo/viola, rosso/verde, blu/arancio…),
il colore è assolutamente anti-naturalistico.
Matisse non cerca l’effettiva somiglianza cromatica, ogni tinta ha una precisa funzione nel modellare le masse e nel
creare ombre: quelle del viso, ad esempio, sono verdi, mentre quelle del collo sono arancio.
La donna è immersa in uno sfondo innaturale, creato accostando colori contrastanti con pennellate veloci.
Stanza rossa Matisse
Autore: Henri Matisse
Data: 1908
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 180,5 x 221 cm
Ubicazione: Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
In questa sua opera emblematica del periodo Fauves, Matisse
visualizza la scena in un interno borghese, una camera con una
finestra, in angolo a sinistra, attraverso la quale si intravede un
paesaggio.
Al colore dato per strisce e chiazze dirompenti in molteplici tonalità,
si sono sostituite la grande superficie di colore pieno e la
bidimensionalità decorativa.
I colori primari rosso, brlu e giallo. sono le tinte dominanti.
La costruzione prospettica, accennata dalla sottile linea nera del bordo del tavolo, è annullata dalla scelta dello
stesso rosso e dell’identico motivo floreale blu e nero.
L’aspetto piatto, che esalta i colori e i decori, è confermato anche dal paesaggio olte la finestra, dove sintetici alberi
fioriti, si stagliano contro un finto prato verde e un innaturale cielo azzurro.
ESPRESSIONISMO
Il termine deriva dal verbo “esprimere”, che letteralmente significa “espellere, portare ala luce”, sarà questo il fine
ultimo dell’arte espressionista, intesa come mezzo per esprimere stati d’animo e idee.
Tale corrente artistica, si sviluppò in Europa centro-settentrionale, principalmente in Germania, tra il 1905 e il
1925, in opposizione all’eleganza dell’art-nouveau.
L’Espressionismo tedesco è un fenomeno culturale estremamente eterogeneo e articolato, che si manifesta, oltre
che nella pitture, anche nell’architettura, nella letteratura, nel teatro e nel cinema.
Come l’Impressionismo manifestava un moto dall’esterno verso l’interno, l’Espressionismo, al contrario,
costituisce il moto inverso, dall’anima dell’artista, alla realtà.
la natura, è intesa come proiezione immediata di sentimenti, di stati d’animo estremamente soggettivi, è ricca di
contenuti sociali, di spunti dialettici, di drammatica testimonianza della realtà.
Ma la realtà tedesca dei primi anni del ‘900, è costituita dalla crudità della guerra, dalle
dispute politiche, dalla perdita di valori, dalle aspre lotte tra le classi, dalla reazione al
rapido sviluppo comportato dalla seconda Rivoluzione Industriale. Saranno dunque questi i
temi attorno ai quali ruoterà questa corrente artistica.
In altre parole: quella che per un pittore ralista è una vecchia casa di campagna, con
intonaci scrostati e infissi scoloriti, per un espressionista diventa una sorta di volto
sgangherato, nel quale l’intonaco si fa pelle rugosa, le finestre torbidi occhi spalancati, la
porta un’orrida bocca digrignata.
I dipinti sono caratterizzati da colori violenti, forme sommarie e spigolose, deformazione
della figure, distorsione dello spazio e della prospettiva, perdendo così qualsiasi rapporto di
equilibrio. Inizierà una lotta furiosa che tingerà i cieli di rosso, rappresenterà uomini e
donne di scheletrica angolosità, distruggerà ogni sentimento positivo, soffocherà ogni
anelito di amore nell’abbraccio della morte.
EDVARD MUNCH
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Edvard Munch fu uno dei principali esponenti della pittura espressionista europea.
Nacque in Norvegia nel 1863, ebbe una vita travagliata, segnata dalla morte della madre, della sorella e del padre.
Tutto questo contribuisce nell’alimentare in lui un forte pessimismo e una visione tragica della realtà, ingredienti
fondamentali nel suo percorso.
Intraprese un percorso di studi artistici alla Scuola Reale di Pittura di Oslo, con insegnanti di impostazione
naturalistica che influenzeranno la sua arte.
Entrò in contatto con gli impressionisti parigini, ma non fu particolarmente attratto da tale corrente. Egli affermò,
infatti, <<non dipingo mai ciò che vedo, ma ciò che ho visto>>.
Nel corso della sua vita, prese parte a moltissime esposizione d’avanguardia europee. Morì nel 1944 ad Oslo.
In lui si ritrovano tutti i grandi temi sociali e psicologici del tempo: dall’incertezza del futuro alla disumanizzazione
della società borghese, dalla solitudine umana al tragico incombere della morte, dall’angoscia esistenziale alla crisi
dei valori etici e religiosi.
Egli ha una visione della realtà profondamente permeata dal senso incombente e angoscioso della morte e vede
l’amore come l’affiorare di un’animalità primitiva e insopprimibile.
La sua pittura vede l’abbandono di ogni tradizionalismo, abolisce il disegno e il chiaroscuro.
La pubertà
Autore: Edvard Munch
Data: 1894-1895
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 151,5 x 110 cm
Ubicazione: Galleria nazionale, Oslo
Il soggetto raffigurato, è un adolescente nuda, seduta di traverso di un
letto appena rifatti, simbolo di una verginità ancora intatta. Il corpo della
ragazza appare ancora sessualmente acerbo, ai fianchi già di donna si
contrappone un seno e delle spalle da fanciulla.
Le braccia si incrociano pudicamente sul pube in un gesto di vergogna,
mente lo sguardo timoroso e fisso, descrivono il rimpianto della
fanciullezza perduta e l’angoscia per una maturità incombente alla quale
non si sente pronta.
Il senso di angoscia e di smarrimento che emerge, è tipico di ogni
adolescente, spaventato dalle incognite del futuro e dalle sofferenze che
deriveranno dall’amore e dalla sessualità. In prospettiva, l’ombra stessa
della morte, quella che tormenta estremamente l’artista.
La fanciulla malata
Autore: Edvard Munch
Data: 1885-1886
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 119,5 x 118,5 cm
Ubicazione: Galleria nazionale, Oslo
In questo dipinto, l’artista ricorda l’agonia e la prematura scomparsa
della sorellina Sophie.
È raffigurata una fanciulla coi capelli rossi su di un letto appoggiata ad
un grosso cuscino bianco. Affianco a lei, una donna inginocchiata, col
capo reclinato. Tra i due personaggi vi è un dialogo muto, essi si
stringono vicendevolmente le mani, delineate don pochi, rapidi e
imprecisi colpi di pennello, posizionate al centro del dipinto.
La prospettiva della stanza è angusta, il letto pare compresso tra il
comodino e la parete, sulla quale vi è un tendaggio verdastro.
Munch sembra volerci far respirae l’aria pesante, quasi viziata, presente
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nella stanza, l’odore di malattia, di sciroppi e medicinali vari. L’atmosfera è cupa e buia, le uniche fonti di luce,
sono il cuscino e il viso pallido della ragazza.
La sera nel corso di Karl Johan
Autore: Edvard Munch
Data: 1892
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 85,5 x 121 cm
Ubicazione: Comune Rasmus Meters Collection
La scena rappresenta il passeggio serale nella principale arteria
dell’antica Christiàna, centro animato e pulsante della vita
economica e politica della città.
Munch interpreta il rito del passeggio, tipico di un certo ambiente
borghese, come un’orrida processione di spettri dagli occhi sbarrati.
Essi non comunicano fra loro e appaiono estremamente
spersonalizzati (vestiti tutti allo stesso modo), i volti sono machere scheletriche, oscure incarnazioni di forze
misteriose e spaventevoli.
Munch con questo dipinto sferra un feroce attacco alla borghesia e alle sue vuote ritualità.
La figura che si incammina sulla destra, ombra incerta e solitaria, rappresenta l’artista stesso, colui che, incurante
del consenso della massa, rema comunque contro corrente. Di lui non vediamo il volto, ma possiamo dedurre che
esso avrà le sembianze di un uomo e non di uno scheletro.
L’Urlo
Autore: Edvard Munch
Data: 1893
Tecnica: olio, tempera, pastello su cartone
Dimensioni: 83,5 x 66 cm
Ubicazione: Galleria nazionale, Oslo
Il dipinto, faceva parte di un’opera più complessa, una sorta di narrazione,
intitolata Fregio della vita.
La composizione autobiografica, è ricca di riferimenti simbolici. L’uomo in
primo piano rappresenta la solitudine, l’individualità, il dramma dell’umanità. Il
ponte, la cui prospettiva si perde nell’orizzonte, richiama i mille ostacoli che
ciascuno di noi deve superare nel corso della propria esistenza. I presunti amici
che continuano a camminare, incuranti di ciò che si sta verificando,
simbolizzano la vanità e la falsità dei rapporti umani.
I contenuti dell’intera composizione, sono strettamente connessi alla forma, difatti, nell’opera si perde qualsiasi
residuo naturalistico, per lasciare spazio alle più profonde angosce e allo sgomento dell’artista stesso.
L’uomo che leva, alto e inascoltato, l’urlo, è un essere serpentinato, quasi senza scheletro, fatto della stessa materia
filamentosa con cui sono realizzati il cielo infuocato e il mare oleoso. Al posto della testa, vi è un enorme cranio
deforme senza capelli, il naso è ridotto alle sole narici, le labbra nere, ricordano la putrescenza di un cadavere, gli
occhi sono fissi e sbarrati. L’urlo straziato, esce dalle labbra putride e si diffonde nelle convulse pieghe che
caratterizzano tutto il dipinto.
Il senso più profondo dell’opera lo troviamo descritto dallo stesso artista in alcune pagine del suo diario:
<<Camminavo lungo la strada con due miei amici – quando il sole tramontò – il cielo si tinse all’improvviso di
rosso sangue – mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto – sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano
sangue e lingue di fuoco – i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura – e sentivo che un
grande urlo infinito prevadeva la natura>>.