Regioni, la mappa del benessere

Transcript

Regioni, la mappa del benessere
Regioni, la mappa del benessere...
Regioni, la mappa del benessere...
Chiara A. RicciDuccio Zola
... e del malessere. Le classifiche dell'ultimo Rapporto Quars, che dal 2003 ci dice come stanno
davvero le cose, con criteri e indicatori alternativi al Pil
Che il PIL sia uno strumento inservibile per misurare il benessere e la qualità della vita, è un fatto
acclarato. Lo si sapeva bene, in realtà, già alla fine degli anni '60, quando Bob Kennedy
dichiarava agli studenti dell'Università del Kansas che il PIL “misura tutto, eccetto ciò che rende
la vita veramente degna di essere vissuta”, e due illustri economisti, William D. Nordhaus e
James Tobin, davano alle stampe un saggio importante, provocatoriamente intitolato
Is Growth Obsolete? E lo si sa ancor meglio oggi, mentre assistiamo al fiorire di iniziative da parte
di governi, istituzioni internazionali, reti della società civile globale (per un'utile ed esaustiva
rassegna in merito, si veda il numero monografico dedicato a
Il benessere oltre il PIL de «La Rivista delle Politiche Sociali», n. 1, 2011) destinate a individuare
indicatori in grado di cogliere le molteplici dimensioni che concorrono a determinare la stato di
salute di un territorio e della popolazione che lo abita, partendo da ciò che per le persone
davvero conta: un ambiente pulito, la tutela del lavoro, dei diritti e della salute, servizi e istruzione
di qualità e per tutti, un tessuto sociale coeso, attivo e solidale.
Proprio su questi temi è impegnata la campagna Sbilanciamoci! Grazie alla pubblicazione del
Rapporto QUARS – Indice di qualità regionale dello sviluppo , Sbilanciamoci!, dal 2003, si pone
l'obiettivo di stimolare il dibattito nell'opinione pubblica e di catturare, ove e per quanto possibile,
l'attenzione e la sensibilità della politica, a partire dalla convinzione che la correlazione tra
ricchezza economica e qualità della vita non sia affatto scontata e che sia invece urgente
assumere un approccio scientifico e culturale
diverso per misurare questi fenomeni nella loro complessità. Il QUARS, giunto quest'anno alla
nona edizione, offre così un monitoraggio della qualità sociale e ambientale dello sviluppo nelle
regioni italiane, prendendo in esame sette dimensioni (Ambiente, Economia e lavoro, Salute,
Diritti e cittadinanza, Istruzione e cultura, Pari opportunità, Partecipazione) al cui interno sono
distribuiti 41 indicatori statistici. I dati raccolti vengono quindi elaborati allo scopo di stilare
classifiche di rendimento che sintetizzano i comportamenti più o meno virtuosi delle regioni
italiane nelle sette dimensioni considerate, e la media tra i risultati conseguiti all'interno di questi
domini dà luogo, infine, a una vera e propria graduatoria generale.
Con la crisi che stiamo attraversando, peraltro, la pubblicazione del QUARS assume un'attualità,
se così si può dire, ancora più stringente: di fronte a un sistema insostenibile dal punto di vista
economico (le continue crisi finanziarie, la dipendenza dalla volatilità dei mercati), sociale (a
pagare sono in primo luogo le categorie più deboli, giovani, donne, precari, immigrati, lavoratori a
basso reddito) e ambientale (si pensi agli effetti dei cambiamenti climatici), emergono con
chiarezza tanto i limiti di politiche indirizzate esclusivamente alla crescita economica quanto la
necessità di definire nuovi obiettivi di sviluppo e nuovi indicatori ad essi correlati. Il
Rapporto QUARS 2011 registra puntualmente le difficoltà che la crisi economica, con l'ingente
taglio dei trasferimenti, ha riversato sugli enti locali. Le riduzioni alla finanza locale hanno
significato meno investimenti, meno servizi, meno prestazioni per i cittadini, e tutto ciò ha
indubbiamente inciso sul benessere delle comunità locali. Questo vale in particolare per le
regioni del Mezzogiorno, incapaci – a causa di ritardi endogeni e strutturali, di una cronica
scarsità di risorse, di inefficienti gestioni politiche e amministrative – sia di sostenere i costi
sociali della crisi, sia di recuperare lo scarto che le distanzia da quelle del Centro e del Nord.
Così, il quadro che emerge dalla classifica generale del QUARS (riportata nella tabella 1) attesta
l'approfondimento del divario tra le “due Italie”: medaglia d'oro al Trentino-Alto Adige, argento
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
1 di 5
all'Emilia-Romagna, bronzo all'Umbria. Seguono, nell'ordine, Valle d'Aosta, Toscana, Friuli
Venezia Giulia, Veneto, Marche, Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio. Nella parte bassa della
classifica compaiono tutte le regioni del centro-sud, Abruzzo, Molise, Sardegna, Basilicata,
Puglia; agli ultimi tre posti, Calabria, Sicilia e Campania.
Tabella 1. La classifica del QUARS 2011
REGIONE
QUARS
2011
Trentino-Alto
Adige
0,68
Emilia-Romagna
0,50
Umbria
0,45
Valle d'Aosta
0,43
Toscana
0,43
Friuli Venezia
Giulia
0,36
Veneto
0,33
Marche
0,32
Lombardia
0,31
Piemonte
0,26
Liguria
0,14
Lazio
0,02
Abruzzo
-0,02
Molise
-0,20
Sardegna
-0,25
Basilicata
-0,36
Puglia
-0,78
Calabria
-0,79
Sicilia
-0,90
Campania
-0,92
La figura 1 mostra il gap tra le regioni italiane. Lazio (con un punteggio nella classifica del
QUARS 2011 pari a 0,02) e Abruzzo (con un punteggio di -0,02) segnano lo spartiacque tra
territori al di sopra e al di sotto della media italiana. Colpisce in positivo, inoltre, il terzo posto
dell'Umbria: considerando anche il caso del Trentino-Alto Adige leader della classifica, è possibile
trarre come prima indicazione il fatto che le piccole regioni italiane appaiano meglio attrezzate –
e determinate – nel perseguire indirizzi di benessere equo e sostenibile.
Figura 1. Istogramma della classifica QUARS 2011
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
2 di 5
Le dimensioni in cui si registra con maggiore chiarezza la spaccatura tra Nord e Sud sono tre.
Innanzitutto, nella classifica relativa all'indicatore Economia e lavoro le ultime sette posizioni sono
tutte occupate dalle regioni del Mezzogiorno, con una spiccata polarizzazione dei redditi e un alto
tasso di povertà delle famiglie e di precarietà nel mercato occupazionale; in secondo luogo,
nell'ambito della Partecipazione, il coinvolgimento della cittadinanza alla vita civica e politica dei
territori appare molto più ampio e articolato al Centro e al Nord (fa eccezione l'Umbria, che
compare, insieme a quelle del Sud, tra le regioni con un punteggio al di sotto della media
italiana); la dimensione Pari opportunità, infine, evidenzia una marcata criticità da parte delle
regioni meridionali (e del Friuli Venezia Giulia, unica regione centro-settentrionale a manifestare
risultati negativi) nella realizzazione di politiche e servizi rivolti alla promozione di una vera
uguaglianza di genere, specialmente in merito alla presenza delle donne sul mercato del lavoro.
Rispetto al quadro appena descritto, le rimanenti dimensioni – Diritti e cittadinanza, Istruzione e
cultura, Salute, Ambiente – mostrano evidenze meno scontate. In particolare, nella dimensione
Diritti e cittadinanza, Lazio e Toscana aggiungono i propri risultati decisamente negativi a quelli di
Calabria, Puglia, Sicilia e Campania, a testimonianza del fatto che la tutela dei diritti e l'inclusione
sociale delle fasce sociali più deboli – in primo luogo i migranti – rappresenta un
vulnus che accomuna trasversalmente i territori italiani (tuttavia, è necessario rimarcare il quarto
e il quinto posto di altre due piccole regioni centro-meridionali, Abruzzo e Molise). Lo stesso
discorso vale per l'Ambiente, ambito in cui il divario tra Centro-Nord e Sud non solo si attenua,
ma sembra in alcuni casi rovesciarsi: regioni come Lombardia, Liguria e Lazio mostrano risultati
insoddisfacenti, soprattutto per quel che riguarda la promozione di orientamenti ecologicamente
sostenibili da parte delle amministrazioni locali; al contrario, fanno bene Abruzzo, terzo, e
Basilicata, sesta.
Nell'indicatore Salute emerge l'ottimo rendimento dell'Emilia-Romagna che guida la relativa
classifica davanti a Friuli Venezia Giulia e Umbria, ma è altrettanto evidente il ritardo di regioni
come Lazio e Valle d'Aosta, rispettivamente in dodicesima e tredicesima posizione, precedute
dalla Basilicata. Nella dimensione Istruzione e cultura, subito dopo il Lazio capolista, compare
nuovamente l'Umbria, seguita dall'Emilia-Romagna. Il Molise occupa invece la sesta posizione, le
Marche la settima; risultati negativi per il Veneto (quattordicesimo, dietro a Sardegna e Abruzzo)
e molto negativi per la Valle d'Aosta, penultima, seguita soltanto dalla Sicilia.
È poi interessante confrontare – come fa la tabella 2 – la classifica generale del QUARS con
quella costruita in base al PIL procapite: Lazio e Lombardia perdono, rispettivamente, sette e sei
posizioni nella prima rispetto alla seconda graduatoria; opposto è invece il caso dell'Umbria, che
guadagna ben nove posizioni. Alla ricchezza economica, evidentemente, non sempre
corrispondono competenze, culture e investimenti in grado di promuovere qualità della vita e
benessere sociale e ambientale, e viceversa. Il PIL, del resto, riflette un certo modello di
produzione (e di società), e solo cambiando questo modello – produttivistico, quantitativo,
energivoro, consumistico – nuovi indicatori potranno affermarsi, sostituendosi ad esso.
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
3 di 5
Tabella 2. Posizionamento delle regioni nelle classifiche del PIL e del QUARS e differenza
REGIONE
Classifica PIL
Classifica
Differenza
procapite
QUARS
PIL – QUARS
Piemonte
9
10
-1
Valle d'Aosta
1
4
-3
Lombardia
3
9
-6
Trentino-Alto
Adige
2
1
1
Veneto
6
7
-1
Friuli Venezia
Giulia
7
6
1
Liguria
10
11
-1
Emilia-Romagna
4
2
2
Toscana
8
5
3
Umbria
12
3
9
Marche
11
8
3
Lazio
5
12
-7
Abruzzo
13
13
0
Molise
14
14
0
Campania
20
20
0
Puglia
19
17
2
Basilicata
16
16
0
Calabria
18
18
0
Sicilia
17
19
-2
Sardegna
15
15
0
Tutto ciò attesta la necessità e l'urgenza di legare le iniziative per cambiare, qui e ora, le
politiche economiche e l'uso della spesa pubblica con l'impegno volto a modificare radicalmente il
nostro modello di sviluppo, il
cosa e
come produrre e consumare. Attraverso il QUARS e le altre sue pubblicazioni e iniziative,
Sbilanciamoci! prospetta un'economia fondata sulla sostenibilità ambientale, la qualità e l'equità
sociale, la conoscenza e la sobrietà e guidata da un'idea alternativa di benessere in cui si trovino
al centro i beni comuni e relazionali, i diritti e la coesione sociale, la tutela dell'ambiente. È questo
il paradigma di un'economia diversa ed è questa la sfida per le istituzioni e le politiche pubbliche.
In tal senso, gli indicatori di benessere non rappresentano solo un tema di dibattito scientifico e
culturale, ma – anche e soprattutto – un modo per orientare le politiche e le scelte istituzionali
verso un nuovo modello di sviluppo e di società. Si tratta di una partita da vincere, per costruire
un'“Italia capace di futuro”.
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
4 di 5
Sì
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
5 di 5