[nazionale - 29] stampa/spettacoli/01 11/06/05

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[nazionale - 29] stampa/spettacoli/01 11/06/05
R
LA STAMPA
SABATO 11 GIUGNO 2005
29 CULTURA E SPETTACOLI
LA BAND HA APERTO IL TOUR EUROPEO A BRUXELLES: AL LIVE8 CANTERÀ CON MCCARTNEY. BONO FRA STELLA DI DAVID E MEZZALUNA: «COESISTETE!»
I re del metallo I re dell’elettronica
OGGI TOCCA AI REM
Sono i REM, (Rapid Eye Movement),
il gruppo di punta della seconda
giornata all'«Heineken Jammin'
Festival». La band americana guidata
da Michael Stipe chiuderà la serie dei
gruppi in programma oggi sul grande
palco di Imola dopo i set di Green
Day, Garbage, I Am Kloot, Miura,
Succo Marcio e Melon Rouge. I REM
sbarcano al Jammin' con un carico di
successi accumulati durante una
carriera ultraventennale. Il carisma
del cantante, un gusto particolare per
la melodia e l'appartenenza all'élite
della musica mondiale fanno del
gruppo formatosi in Georgia nell'81
un punto di forza del cartellone del
festival. Il loro album d'esordio,
«Murmur», dell'83, venne subito
definito «disco dell'anno» dalla rivista
Rolling Stone. «Green», nell'88, ha
segnato la consacrazione di Stipe
come autore di grande livello. Tre
anni più tardi la pubblicazione di
«Out of time» e l'affermazione
mondiale grazie anche a singoli come
«Losing my religion». Nel '97, il
trauma della separazione dal
batterista. L'ultimo disco di inediti,
«Around the sun» è stato pubblicato
lo scorso ottobre ed è segnato da un
forte impegno politico.
[f. g.]
Marinella Venegoni
inviata a BRUXELLES
Gli Iron Maiden Kraftwerk, ora sì
Viva la pesantezza che sono robots
Bono, leader degli U2, in concerto. Prima dello spettacolo ha avuto incontri legati alla campagna per la cancellazione del debito ai Paesi del Terzo Mondo
U2
C'è sempre fibrillazione, un'atmosfera un po' epica e un po' mistica
quando i Quattro salgono a mostrarsi al pubblico provato dalle infinite
ole. La notte non vuol saperne di
scendere, e Bono è evidentemente
tirato in viso per dover creare da sé
la magia. Capelli più corti, occhiali
neri e in nero lui come gli altri,
incita «everyone» a battere le mani.
Si parte con «Vertigo», e sarà un
viaggio tiratissimo di ritmo, come
ormai tutte le grandi band son tenute a viaggiare per una legge non
scritta. The Edge è poderoso come
una macina per «Until The End of
The World», con un dialogo serrato
con la batteria. «Cry» è una cavalcata perfino un po' western, ed «Elevation» fa cantare il pubblico in falsetto prima che la musica esploda. Solo
dopo, arriverà una manciata di brani dal nuovo album, e risalterà la
dolcezza di «Miracle Drug». Ma di
tregua ce n'è poca. Durante «Sunday
bloody sunday» Bono indossa una
bandana con la stella di David e la
mezzaluna e invita ripetutamente:
«Coesistete!»
Il palco è tutto nuovo per il tour
europeo negli stadi dell'estate, cominciato con un freddo cane ieri
Trionfo e comizio
sul Terzo Mondo
inattesadeiBeatles
sera qui a Bruxelles. Un enorme
schermo a parete è lo sfondo dei Fab
Four irlandesi, incorniciati da due
altrettanto enormi schermi che sovrastano due torri di altoparlanti a
righe rosse e nere, come da copertina del disco «How to Dismantle an
Atomic Bomb», ultima ispirata fatica che gli U2 stanno portando in giro
per il mondo. Ben quattro passerelle
stanno a bordo della scena: due più
brevi corrono verso i lati, due lunghe e maestose, rosse e nere pure
loro, finiscono con una pedana rotonda a ricciolo, quasi a metà del
prato, per consentire l'abituale ba-
gno di folla durante le canzoni.
Circa 25, per due ore molto abbondanti di concerto.
Avevano aperto Thrills e Snow
Patrol (in Italia ci saranno Feeder e
Ash). Nello stadio intitolato a Re
Baldovino erano in 60 mila, fra i 20 e
i 50 anni. Certo, è una gran fatica
essere la più grande rock band al
mondo, e per giunta con il cuore
buono. Perché per gli U2 non c'è solo
l'impatto artistico: un cuore buono
ha sempre da fare, e mentre per
esempio Mick e Keith in agosto si
limiteranno a far shopping a Boston
prima del debutto, qui la vigilia di
Bono è stata in gran parte occupata
da impegni politici. Il presidente
della Commissione Europea, Barroso, è stato ben felice di assistere
giovedì alle prove del concerto. Ma
non si sa se poi Barroso sia stato
contento di incontrare Bono anche
nella sua altra veste di Presidente
del Comitato per la cancellazione
dei debiti del Terzo Mondo: proprio
il suo Portogallo, insieme con Italia
e Germania, ha appena espresso
riserve contro l'aumento del contributo europeo per lo sviluppo africano, adducendo la crisi economica
che ben conosciamo.
Bono però è cocciuto, tira dritto
per la sua strada e non perde
l'occasione per incontrare chiunque gli possa dare istituzionalmente una mano nella Grande Causa.
Tra l'altro, gli U2 saranno fra i
protagonisti principali del Live8 di
Bob Geldof: da Hyde Park a Londra dovrebbero anzi aprire la serata, facendo simpaticamente da
band di accompagnamento a Sir
Paul McCartney con una canzone
dei Beatles: si parla di «All You
Need Is Love».
Gli U2 avevano terminato il 27
maggio scorso la prima parte del
tour in Usa, in spazi chiusi e
produzione diversa. A Bruxelles,
per le prove generali di giovedì, la
band ha chiesto scusa agli abitanti
del quartiere intorno allo stadio
per doverli bombardare per due
sere di seguito.
I concerti in Italia: 20 e 21
luglio a San Siro di Milano, 23
all'Olimpico di Roma (tutti esauriti).
BISHOP E BILLINGTON SCOMPARSI A POCHI GIORNI DI DISTANZA L’UNO DALL’ALTRO
Addio ai due protagonisti di «UFO»
Marco Raffa
LONDRA
Il mondo degli appassionati di fantascienza è in lutto. A pochi giorni di
distanza l'uno dall'altro, uniti da un
singolare destino, sono deceduti in
ospedale, stroncati da un male incurabile, i due attori principali della serie tv
«UFO», uno dei capisaldi della fantascienza televisiva britannica, un mito
per i fan di tutto il mondo. Ed Bishop, il
biondo e glaciale comandante Straker,
e Michael Billington, il colonnello Foster considerato il «bello» della serie, se
ne sono andati insieme, come insieme
avevano decretato, in soli 26 episodi, il
successo planetario di «UFO». In realtà
i due attori - Bishop avrebbe compiuto
oggi 73 anni, Billington era nato la
vigilia di Natale del 1941 - avevano alle
spalle una solida carriera di attori
drammatici e di teatro, con esperienze
registiche per Michael e recenti piece
teatrali e radiofoniche per Ed.
In Italia sia Ed Bishop che Mike
Billington erano venuti più volte, ospiti
del fan club Italian Section of Shado
(www.isoshado.org) che nel 2002 riunì
per la prima volta in una convention la
«catena di comand» di UFO, per la gioia
dei fans. Racconta Paolo Malaguti,
responsabile del club, che insieme ad
altri fans italiani parteciperà in Inghilterra ai funerali dei due attori».
Bishop, newyorchese di Brooklyn,
aveva frequentato i corsi di teatro
dell'Università di Boston vincendo nel
'59 una borsa di studio per la London
Academy of Music and Dramatic Art. E
dall'Inghilterra non si era più mosso
mantenendo, però, il caratteristico accento americano che affascinava il
pubblico inglese. Aveva avuto una
parte anche in 2001: Odissea nello
Spazio (era il pilota della navetta che si
vede nelle prime inquadrature «moderne» del capolavoro di Kubrick), ancora
di recente aveva calcato i palcoscenici
londinesi come interprete di drammi di
Arthur Miller (dal primo successo di
Broadway, al più recente «Broken
Glass»). Alla tv inglese una delle sue
ultime apparizioni da protagonista era
stata in un film insieme ad Angela
Lansbury. Ma per i cinquantenni inglesi resterà un mito per due interpretazioni: la voce di Captain Blue nella popolarissima serie a pupazzi animati «Captain Scarlet» e, soprattutto, UFO: due
Michael Billington e Ed Bishop di «UFO», morti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro
successi del «guru» Gerry Anderson.
Anche Michael Billington aveva
cominciato con il teatro, con un ruolo
in «Incident at Vichy» con Alec Guinness and Anthony Quayle. Poi la tv,
con serie di successo come «Hadleigh»
e soprattutto lo sceneggiato storico
della Bbc in cui era il protagonista
Daniel Fogarty. Per qualche tempo si
parlò di lui come di un possibile James
Bond dopo il forfait George Lazenby
nell'era post Connery. Un film di 007,
in realtà, Billington lo interpretò davvero: è Sergei Barsov in «La Spia che
mi amava»: l'ufficiale russo amante di
Barbara Bach.
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Le vie del rock si incrociano fra Imola e
Bologna per un week-end di fuoco: ieri
la prima giornata dell'Heineken Jammin' Festival, col concertone di Vasco
Rossi e i relativi intasamenti in autostrada per l'arrivo di circa 100 mila fans, e
oggi l'inizio del «Gods of metal», la
rassegna che porterà a Bologna la crème
del metallo pesante. L'anno scorso, per
la prima edizione, erano venute band
del calibro di Judas Priest, Motorhead
ed Alice Cooper, quest'anno il programma prevede nuovo miele per le orecchie
d'acciaio dei metallari: il gruppo più
importante di oggi, gli Iron Maiden, è
entrato nell'olimpo del rock pesante
negli Anni ‘80 con «The number of the
beast», guadagnandosi un posto di riguardo nell'immaginario degli amanti
del genere grazie alla figura orripilante
di «Ed», da sempre la loro icona. Coerenti con la vena horror della tradizione
heavy metal, gli Iron Maiden durante i
loro show sono soliti issarlo sul palco
sotto forma di grande pupazzo dal volto
scarnificato e dalle mani scheletriche.
D'altra parte il «Gods of metal», al di là
del valore musicale delle band, anche
quest'anno di tutto rispetto, èun'occasione imperdibile per farsi un bel tuffo
nelle fantasie kitsch degli ultimi alfieri
del rock più duro: un trionfo di demonismo di cartapesta che continua a fare i
suoi adepti, tanto che per l'edizione
2005 le prevendite hanno già abbontantemente superato quota 35mila e si
avviano verso i 40mila biglietti per le
due giornate. L'arena allora si riempirà
di ragazzi dalle lunghe chiome, borchiati e vestiti preferibilmente di nero, come
impone il look d'ordinanza, che alzeranno le corna verso il palco in un clima di
perfetta simbiosi con le scatenate performance dei loro gruppi del cuore. Prima
degli Iron Maiden, che stanno per far
uscire un doppio album dal vivo e un
dvd, suoneranno gli Slayer: sulle scene
da più di vent'anni, la band di Tom
Araya pratica un genere ancora più
intransigente, strettamente imparentato con l'hard-core.
Negli Anni Novanta gli Slayer hanno
seguito un percorso particolare, che li
ha portati a collaborare col rapper Ice-T,
a comporre un disco prettamente punk
come «Undisputed Attitude», fino a bazzicare territori musicali vicini all'elettronica. Con l'ultimo «God hates us all» (Dio
ci odia tutti) sono tornati a una miscela
durissima di hard-core e trash metal.
Altri protagonisti della prima giornata
sono Lacuna Coil, Obituary e Strapping
Young Lad, mentre domani, al calar
della sera, a infiammare l'arena del Gods
of Metal ci penseranno i Motley Crue,
un altro gruppo storico del variegato
universo metallico: nati anche loro negli
Anni Ottanta, hanno interpretato fino in
fondo il copione della band maledetta
dedita al sesso estremo, alle droghe
pesanti e, naturalmente, al rock'n'roll,
comestereotipo esige. Sono sopravvissuti senza troppi danni e adesso eccoli qua,
a godersi una reunion su cui nessuno
avrebbe scommesso un centesimo dopo
che i Motley Crue sembravano essersi
dissolti, sei anni fa. «Better live than
dead», meglio dal vivo che morti, così
s'intitola il loro tour, e va preso sul serio,
stando agli eccessi che ne hanno segnato
la carriera.
Inveceper iMegadeth, che li precederanno sul palco, questo di Bologna dovrebbe essere l'addio al loro pubblico.
Fondati dall'ex chitarrista dei Metallica
Dave Mustaine, i Megadeth hanno fondato le loro fortune sul trash metal e
hanno alle spalle anche una cover di
«Anarchy in the UK» dei Sex Pistols.
Infine gli Anthrax, autoironici ma devastanti nella loro miscela di hard-core e
metal. E che il metallo sia con voi. [f. g.]
LIVORNO
CONVIENE
Ace & Flanaghan - Genova
Bruno Ruffilli
BOLOGNA
Dal 1964 navighiamo per chi viaggia.
VENEZIA
«Ya tvoi sluga, ya tvoi rabotnik».
«Sono il tuo servo, sono il tuo
lavoratore». I versi in russo di «The
Robots» sono registrati a Mosca, il
ritornello in giapponese di «Dentaku» a Tokio, le melodie di «Tour
de France» a Parigi. Chissà se stasera a Venezia i Kraftwerk s'inventeranno un brano in italiano per il
loro concerto al Palagalileo, nell'
ambito della Biennale, che inaugura il tour europeo del 2005 e promuove il live «Minimum Maximum». E' il primo album dal vivo
in trentacinque anni di carriera ed
è disponibile da qualche giorno
come doppio cd (prossimamente
anche box di due dvd e quadruplo
cofanetto in vinile). Ventidue brani
registrati nel corso della lunga
tournée che ha segnato il ritorno
all'attività della band tedesca dopo
«Tour de France Soundtracks»,
uscito nel 2003, interrompendo
diciassette anni di silenzio.
Quello dei Kraftwerk è uno
show multimediale di teutonica
precisione e complessità, il sogno
dell'«opera d'arte totale» wagneriana costruito con computer e tecnologie digitali. Due ore e mezza di
musica e immagini che oggi nessuno dei loro tanti epigoni è capace di
realizzare: non i Chemical
Brothers, non i Prodigy né gli Orb, e
nemmeno band della generazione
precedente, come Depeche Mode o
Pet Shop Boys, ormai più spostati
sul rock che sull’elettronica.
«Molti mi dicono che "Radioactivity" è il momento più bello dello
show - rivela Ralf Hütter, uno dei
membri fondatori della band - ma
per noi è più divertente vedere in
scena i robot che suonano al nostro
posto». Accade nei bis: il sipario si
apre e le postazioni dei musicisti
sono occupate da quattro manichini con le loro sembianze, che si
producono in una danza surreale
sulle note di «The Robots», anno
1978. Sembra uguale all'originale e
non lo è: tutti i suoni sono digitali,
campionati da quelli usati all'epoca
o ricreati con maniacale precisione
sui computer portatili che costituiscono tutta la strumentazione della band di Düsseldorf.
Il loro immaginario è una sorta
di futurismo retrò, molto estetizzante, fatto di abiti color antracite,
camicie rosse e cravatte nere, dove
il cielo è sempre azzurro e il progresso arriva sulle rotaie di un
treno («Trans Europe Express»).
Rumori che diventano musica, percussioni sintetiche, loop che si
scompongono e si moltiplicano, linee melodiche minimali rubate alla tradizione sinfonica tedesca. E
però, proprio su questo brano, Africa Bambaataa inventò l’hip hop.
Molto spazio, nella scaletta del
concerto come nel disco live, alle
composizioni più recenti: la lunga
suite composta da «Etape 1»,
«Etape 3» e «Chrono», più «Vitamin», «Elektrokardiogramm», «Aerodynamik». Parecchi anche i classici, come «Pocket Calculator»: e
qui, prevedibilmente, Hütter declamerà «Sono l'operatore / del mio
piccolo calcolatore / Se schiaccio
un bottone / lui fa una canzone»,
come successe lo scorso anno nei
due concerti italiani di Roma e
Torino.
Prossime date:
5 Luglio - Milano
6 Luglio - Ferrara
7 Luglio - Napoli