Esercizio – Dialogue Walk
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Esercizio – Dialogue Walk
Esercizio – Dialogue Walk La camminata dialogica, dialogue walk, è un altro strumento proposto dal Presencing Institute per la fase sensing e la curva discendente della U. La pratica del dialogo può però essere utilizzata anche durante altre fasi, ad es. la cristallizzazione, dopo il presencing e prima della fase di creazione dei prototipi, per esplorare le possibilità emergenti e riaffermare la propria visione e intenzione. Nel progetto Nuove vie verso l’inclUsione i dialogue walk sono stati uno degli strumenti usati con maggiore frequenza, generalmente accolto con favore dalla maggior parte dei partecipanti. In numerosi casi le persone hanno ribadito di considerare il dialogue walk un mezzo davvero semplice ed efficace per chiarire i propri pensieri, avente per giunta come “effetto collaterale” quello di stimolare nuove intuizioni e idee. Intenzione Il dialogue walk intende portare i partecipanti a un livello più attento di ascolto e a prendere coscienza delle cose, comprendendole da un’altra prospettiva. Il ruolo di chi ascolta è concentrarsi appieno sulle parole dell’interlocutore, senza interromperlo in alcun modo, osservando il proprio ascolto: “Sto facendo attenzione? Quando mi accorgo che mi viene in mente qualcosa? Quando sento il bisogno di intervenire con un commento?”. Come in qualsiasi altro tipo di pratica della consapevolezza, tali reazioni vengono considerate il nostro normale modo di prestare attenzione. Il senso dell’esercizio consiste nel notarle, senza giudicarle, lasciandole andare immediatamente, riportando la piena attenzione sulla persona che sta parlando. In taluni casi abbiamo trovato utile ammettere, come unica eccezione a questa regola, quei commenti che servono a incoraggiare chi parla, perché approfondisca quanto sta dicendo – ma anche questa è in effetti un’eccezione e la si può consigliare solo per quei gruppi che hanno già fatto esperienza di dialogue walk in passato. Il ruolo di chi parla consiste nell’essere completamente immerso nei propri pensieri e verbalizzare il proprio pensiero attuale per raggiungere una comprensione più profonda. Se utilizzate i dialogue walk in un contesto aziendale, vi raccomandiamo di prevedere che gli interlocutori, che dialogano tra loro, rappresentino prospettive differenti in seno all’organizzazione. Processo Un dialogue walk richiede circa 45-60 minuti. Non è consigliabile ridurre tale lasso di tempo. Alle volte i partecipanti lo considerano eccessivo, per un’attività che consiste essenzialmente nel camminare, ascoltare e parlare. La nostra esperienza è che risulta utile inquadrare chiaramente l’intenzione dell’esercizio e spiegare che occorre abbastanza tempo per andare oltre la mera comunicazione di informazioni e raggiungere un livello più profondo di riflessione. Tenete conto anche del tempo necessario per un debriefing finale del gruppo al termine dell’esercizio. Quando si presenta l’attività a un gruppo per la prima volta, è altresì consigliabile prevedere una breve introduzione ai quattro livelli di ascolto. A questo proposito abbiamo notato che è più opportuno che questa segua il dialogue walk e il debriefing nel gruppo, così da consentire alle persone di rapportarsi direttamente alle esperienze concrete che hanno fatto. Come facilitatori presentate l’intenzione e i diversi ruoli di chi ascolta e di chi parla. Le coppie dovrebbero lavorare a turni, ovvero ciascun membro della coppia ha circa 1520 minuti a disposizione (a seconda del tempo complessivo che decidete di prevedere – raccomandiamo lo stesso tempo per ogni persona più un debriefing/dialogo tra i due interlocutori), durante i quali parla o ascolta solamente e viceversa. Prima che i due interlocutori si scambino i ruoli, consigliate loro di continuare a camminare insieme per due o tre minuti in silenzio, fino a che non comincerà a parlare la seconda persona. Questo momento di silenzio è un passaggio cruciale di cui non si dovrebbe fare a meno. Un’altra “regola” dell’esercizio è raccomandare alle coppie che, per dialogare, vadano a fare una passeggiata – di qui il termine dialogue walk – e che, per quanto possibile, i membri della coppia evitino di guardarsi. In genere questo è uno degli elementi dell’esercizio che i partecipanti trovano più strani, perché rompe rispetto ai modelli comportamentali abituali, secondo cui guardarsi negli occhi è un segno di rispetto reciproco. L’intenzione che si cela dietro questa regola è duplice: per chi ascolta il fatto di non essere distratto da segnali di comunicazione non verbali provenienti da chi parla (ricordiamo il famoso detto di Watzlawick: “Non si può non comunicare”) e concentrarsi esclusivamente su ciò che si ascolta. Per la persona che parla questa regola dovrebbe invece creare uno spazio più sicuro, per presentare il proprio pensiero nella maniera meno filtrata possibile. Ciò consente una forma più aperta di comunicazione, che spesso sfocia in intuizioni più profonde. Una volta che i due interlocutori hanno interpretato entrambi i ruoli, potete consigliare loro di parlare apertamente di tutto ciò che emerge per loro in quel particolare momento – per entrare in un vero dialogo condiviso. In qualità di facilitatori potete (re)inquadrare le problematiche da affrontare nel dialogue walk, per garantire la coerenza dell’intenzione che sottende l’intero processo del seminario. Le domande dovrebbero incoraggiare i partecipanti a condividere le loro storie personali. A seconda del contesto potrebbe essere consigliabile fare un commento sulla riservatezza di ciò che si ascolta e affermare il fermo diritto di ciascun partecipante a non condividere informazioni che ritiene non siano di pertinenza di quel particolare setting, impostando pertanto anche questo esercizio – come già altri strumenti della teoria U – come un invito aperto. Le domande del dialogo possono variare e varieranno certamente, ma dovrebbero essere concepite in modo tale da permettere ai partecipanti di sviluppare e illustrare la propria storia secondo una progressione naturale, di riflettere sulla propria situazione lavorativa e sui risultati cui ambiscono. Idealmente le 3-4 domande riflettono una mini U e guidano chi parla in un processo di riflessione sul proprio passato, presente, nonché future ambizioni, osservazioni, intenzioni, ecc. I tre quesiti seguenti sono stati utilizzati nel seminario per moltiplicatori: Che cosa ti ha portato a fare questo lavoro? Che cosa è cambiato per te da quando hai iniziato questo lavoro? Guardando alla mia situazione ora: Se potessi cambiare un particolare aspetto del mio lavoro di sostegno alle persone con disabilità intellettuali, quale sarebbe e perché? Prima di iniziare il debriefing dell’intero gruppo, si consiglia di prevedere un paio di minuti in uno spazio indisturbato, in cui invitare i partecipanti, di ritorno dall’esercizio, a prendere nota di qualsiasi intuizione significativa, esperienze e osservazioni varie sul proprio diario e/o su un foglio appositamente predisposto. Per il debriefing del gruppo invitate liberamente i partecipanti, senza obbligare nessuno, a condividere le loro intuizioni e riflessioni, indicando ciò che è stato importante per loro e come si sono sentiti nei rispettivi ruoli.