L`oratorio della Madonna del Buon Consiglio
Transcript
L`oratorio della Madonna del Buon Consiglio
AGOSTO 2003 pagina 8 IL GIOIELLO NASCOSTO L’oratorio della Madonna del Buon Consiglio Q ualche tempo fa Bruno Grassi, noto pittore piacentino, già proprietario del duecentesco romitorio francescano di san Corrado a Calendasco, ha acquistato, in un piccolo borgo sulle colline presso Bettola, un antico convento di origine benedettina ormai disabitato da anni. Nei giorni scorsi mi ha invitato alla suggestiva funzione religiosa in occasione dell’inaugurazione della cappelletta-oratorio dedicata alla Madonna del Buon Consiglio, prima parte recuperata dell’intero complesso di sua proprietà. Il piccolo borgo è composto da case di pietra e sassi, con i tetti in ardesia e le strade acciottolate. Entrando sulla sinistra si trova la severa costruzione in pietra del XVI secolo, che era il convento. Di fronte a quello, la piccola cappella settecentesca, fondata da don Tommaso Negri e mai, nonostante non fosse più stata utilizzata da anni, sconsacrata. Il restauro non ha snaturato la costruzione: si nota che l’oratorio è stato recuperato e rimesso in ordine, ma non si notano gli interventi che, in fondo, si sono limitati al suo consolidamento, al rifacimento del tetto e alla sua ripulitura. Una facciata insieme semplice ed elegante nelle sue perfette proporzioni e nelle sue linee neoclassiche e nel contempo rustiche. All’interno della cappella gli intonaci scrostati sono stati recuperati con materiali naturali, poi ridipinti rispettando i colori originali: bianco vela, giallo ocra e blu, elegantissimi nella loro semplicità. Si nota la ricercatezza dei materiali utilizzati nei lavori di restauro, eseguiti anche personalmente da Bruno e dai suoi figli, aiutati con entusiasmo dagli altri abitanti del borgo. Il semplice altare sul fondo poggia su una serie di gradini in cotto, dalle linee elegantissime pur nella rusticità del materiale di costruzione. Si nota ancora una volta come il tardo XVIII secolo sia caratterizzato da un ineguagliato gusto per le proporzioni e per l’eleganza delle forme in tutti i suoi aspetti, anche i più umili, semplici e rustici. A destra la piccola sagrestia con ancora i suoi semplici arredi originali. Nei cassetti sono tuttora conservati (e religiosamente custoditi da Bruno) i paramenti di don Negri, i cui discendenti ancora abitano nel borgo. Nel convento i lavori di restauro non sono ancora iniziati: nell’androne la botola che conduce alla cripta (non ancora liberata dai detriti con cui è stata riempita), la grande cantina dal soffitto con volta a botte, sale e cucina a pian terreno e diverse stanze, probabilmente le celle dei monaci, al primo piano. In una sala, un camino con la scritta ”ora et labora”. Il convento e tutta la zona intorno dipendevano dalla diocesi di Pavia, quasi un’enclave all’interno di quella di Piacenza, dove i vescovi pavesi potevano trovare un ritiro tranquillo per i loro esercizi spirituali e un rifugio sicuro quando la loro città sembrava non gradirli troppo. Così, con semplicità e senza bisogno di grossi capitali, potrebbero essere recuperate tantissime realtà, non solo piacevoli come luoghi da vivere e visitare, ma anche preziose come testimonianze storiche, sparse sulle nostre colline e sui nostri monti. F.S. Veduta frontale dell’oratorio