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ITALIA
Il servizio civile obbligatorio fa breccia
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VITA
17 FEBBRAIO 2012
Sempre più acceso il dibattito dopo l’intervista a Prodi pubblicata sullo scorso numero di VITA
Ha superato le 500 adesioni fra singoli cittadini e
associazioni il “Manifesto per un Servizio civile universale” lanciato la settimana scorsa da Vita. Fra queste
quella del sottosegretario al Welfare, Maria Cecilia
Guerra che riprendendo l’intervista a Romano Prodi,
pur precisando di parlare a titolo personale, ha detto
di «condividere – e non da oggi – l’idea di un servizio
civile obbligatorio che però dovrebbe essere organizzato bene» e quella del professore Gregorio Arena, anima del Laboratorio per la sussidiarietà. Adesioni che
si vanno ad aggiungere a quelle di Andrea Olivero (Forum terzo settore), Giuseppe Guerini (Federsolidarietà)
e del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini che già
questa estate si era speso su questo fronte.
Il Manifesto di Vita (che potete leggere integralmente qui a lato, a pagina 8) ha anche acceso i fari dell’opinione pubblica sul futuro di questo istituto oggi
in gravissima crisi. In questi giorni, non a caso, ne hanno parlato in diversi momenti economisti del calibro
di Giacomo Vaciago (sul prossimo numero di Vita po-
trete leggere una sua intervista) e giornalisti di fama
come Barbara Palombelli su Il Foglio. Scrive la Palombelli: «Da tempo penso all’obbligatorierà di un servizio
civile per tutti, maschi e femmine, dai 18 ai 25 anni.
Sei mesi fuori da casa in una regione diversa da quella
di residenza, una paga minima sui 200 euro mensili,
un’esperienza che darebbe loro un’educazione, una
formazione e anche l’idea che esiste qualcosa di altro
e di diverso fuori dal telefonino, dalla tv e dal pc».
Per aderire: www.vita.it/serviziocivilepertutti
Pd
Enrico Letta
Pdl
Maurizio Lupi
Nato a Pisa nel 1966, padre di tre figli, attualmente è il vicesegretario
e deputato del Partito
Democratico. Laureato
in Scienze politiche all’università della sua città, è
stato ministro delle Politiche comunitarie (19981999) e ministro dell’Industria (1999-2001). Fa
parte dell’Intergruppo
per la sussidiarietà.
Milanese, classe 1959,
laureato in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, prima
della carriera politica è
stato presidente Cusl Cooperativa Universitaria Studio e Lavoro e direttore marketing del
settimanale Il Sabato. È
deputato del Pdl e tra i
fondatori dell’Intergruppo per la sussidiarietà.
Letta: se gli è utile lo Stato investirà
Lupi: buona idea, ma senza Stato
«Il sistema va studiamo in modo che sia conveniente per le PA»
«Non è compito del pubblico promuovere progetti così»
di Stefano Arduini
di Giuseppe Frangi
Vicesegretario del Partito Democratico, ex ministro (a 32 anni sotto
D’Alema, il più giovane della storia repubblicana), protagonista dell’Intergruppo per la sussidiarietà, a Enrico Letta l’idea di un servizio civile
aperto a tutti, piace. E non poco. «Anche se», avverte fin da subito, «occorre alzare il tiro e fare le cose per bene: in passato qualche errore di
troppo è stato commesso».
Quindi avanti tutta con la proposta che Prodi ha lanciato da queste colonne?
Certamente io condivido l’idea di un servizio civile obbligatorio. Credo
che sia una proposta utile al Paese e ai giovani, soprattutto in un momento
in cui le funzioni dello Stato stanno cambiando. È ovvio che poi c’è un
problema di costo.
Come si affronta?
L’unica maniera per affrontarlo è fare in modo che il servizio civile non
sia, e non sia percepito, come inutile.
Nel concreto, cosa intende dire?
Se il servizio civile diventa un
Non so se il governo Monti
mezzo imboscamento è ovvio
si spenderà, ma il tema giovani va che non c’è un interesse, da parte
messo all’ordine del giornon
della pubblica amministrazione,
a spendere soldi. Se viceversa il
servizio civile viene costruito con regole molto efficienti e si crea un meccanismo che effettivamente funziona, allora l’idea di spendere una percentuale dello zero virgola qualcosa del bilancio delle pubbliche amministrazioni finisce per avere una convenienza tangibile. Ovviamente inserire per sei mesi dentro una struttura delle persone che poi se ne andranno, comporta dei tempi e dei costi di formazione non irrilevanti. Per
questo occorre che il sistema sia standardizzato, che abbia numeri importanti, perché se in un certo ufficio arriva un volontario ogni due o tre
anni è chiaro che diventa un problema e non una risorsa, e che si possa
contare su figure ad hoc che dentro le organizzazioni accompagnino i volontari. Il servizio civile obbligatorio non è una passeggiata.
Accennando alla PA e ai finanziamenti ha parlato al plurale. Fino ad oggi però
proprio su questo nodo l’amministrazione centrale e gli enti locali non hanno
mai trovato un accordo…
Il punto d’incontro si trova a patto che, come dicevo poc’anzi, sia evidente
a tutti che il servizio civile conviene. E, ribadisco, se i numeri sono significativi. Se ogni anno nelle realtà che si occupano di servizi pubblici, e mi
riferisco alle pubbliche amministrazioni ma anche agli enti del terzo settore, entrano 100mila persone, si creano le aspettative, i posti e le condizioni adeguate alle esigenze di efficienza degli enti e di crescita dei ragazzi.
Questo è un tema che può sfondare con un governo tecnico?
Non so. Quello che so è che una riflessione pubblica sul futuro del servizio
civile in relazione al cambiamento del rapporto fra Stato e cittadino deve
partire subito proprio da una maggiore partecipazione dei giovani.
«Ho fatto anch’io il servizio civile in una cooperativa e lo ricordo come
un’esperienza educativa straordinaria. Dare un pezzo del proprio tempo
al proprio Paese è un fattore di crescita civile». Maurizio Lupi, promotore
dell’Intergruppo per la sussidiarietà, raccoglie volentieri la sfida lanciata
da Vita. «È il momento di investire su idee come queste, tenendo sempre
presente che realisticamente non ci si può attendere nulla dallo Stato. Del
resto non penso che tocchi allo Stato farsi promotore di un progetto così».
Anche perché lo Stato sembra orientato a smobilitare l’impegno verso il terzo
settore….
Non credo che questo possa avvenire, lo riterrei un errore gravissimo.
Questo è un governo tecnico e quindi deve attenersi al suo ruolo, come
del resto sta facendo. Il terzo settore è la risorsa più importante che l’Italia
ha a disposizione. Risorsa proprio in senso economico: il suo effetto moltiplicatore è dimostrato dalla realtà e dagli studi.
Eppure sul 5 per mille ci sono stati segnali che non fanno ben sperare…
Non voglio entrare nel merito delle dichiarazioni fatte. Per me e per la
maggioranza a cui appartengo il 5 per mille non solo non va messo in discussione ma deve diventare finalmente legge stabile. C’è un consenso
larghissimo e bipartisan. Quindi bisognerebbe che da parte del governo ci
si attenesse a questo punto fermo. Certe uscite fanno solo danni: diffondono l’idea che il 5 per mille sia una misura inutile e che in fondo sia uno
spreco. Non è così, come dimostrano numeri e fatti. Sul terzo settore non
c’è da smobilitare ma da investire.
Anche per quel che riguarda l’Agenzia per il terzo settore?
Certamente. È stata un’uscita affrettata quella del ministro ForHo fatto il servizio civile
nero. Il criterio deve essere un’alin una coop: un’esperienza
tro: capire se l’ente ha una sua raeducativa straordinarian
gione d’essere.
E l’Agenzia ha ragion d’essere?
Certamente. È un grande segnale che dice come si consideri strategico
questo settore. Smobilitarla vorrebbe dire che non si crede più in quella
strategicità. Evidentemente sarebbe un errore.
Si parla di portare le sue competenze nella direzione Terzo settore del ministero…
Non sono d’accordo. Sarebbe solo un processo di burocratizzazione. Si
parla tanto, e giustamente, di alleggerire lo Stato: un’operazione così sarebbe un controsenso. Meglio affidarsi a soggetti terzi e competenti. Poi
ne verifichiamo l’efficienza e il funzionamento. Comunque mi auguro che
su questi temi il governo tenga come riferimento il lavoro dell’Interguppo
per la sussidiarietà. È successo nei giorni scorsi ad esempio con il ministro
Severino, con la quale abbiamo messo a punto una legge per rilanciare il
lavoro nelle carceri. È un buon metodo, perché l’Intergruppo è trasversale
ed aperto a idee e istanze della società civile.
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scrivete a...
LETTERE
Azzardo/1
Ci vogliono regole
anche per il gioco
Caro Bonacina, la cover story di Vita “Gratta e spera” ha aperto un
vaso di Pandora. Che tutti conoscono ma che ognuno ignora.
In molti Paesi gli indicatori del gioco d’azzardo costituiscono i segnali principali dello stato di disagio sociale e in particolare della sfiducia, non meno del consumo di
alcol e droghe. Dal servizio di Vita
il nostro Paese sembra non sull’orlo, ma già precipitato nel baratro.
La sfiducia si avvita in una spirale:
sei sfiduciato e quindi sfidi la sorte, se ogni tanto vinci sei incoraggiato a proseguire, se perdi sei indotto ad accanirti sperando che la
dea Fortuna finalmente si accorga
di te, e aumenti le puntate; così la
sfiducia aumenta, come aumenta
l’illusione: e sprofondi sempre più.
Ma ciò che è più grave è che la spirale viene accelerata da tante forze che ne fanno un business. Un
business che – lo dico con dolore –
purtroppo è in linea con la logica
del liberalismo sfrenato che caratterizza la nostra “civiltà”.
Ma ciò che è paradossale (e a
quanto avete dimostrato non è un
paradosso involontario) viene forzato in modo ancor più efficiente
da forze, come lo Stato, che dovrebbero invece combattere il disagio sociale. Rimuovendo le cause, non drogando i disagiati. In
realtà propongono e propagandano senza scrupoli una pratica mortifera come attraente e liberante.
Ricorrendo senza scrupoli ai più
avanzati sviluppi teleinformatici
rendendo così ancor più facili e
diffusi i comportamenti devianti
che sollecitano.
Non capisco perché sia proibita la
pubblicità alle sigarette (come
d’altronde all’alcol) ma non al gioco, che invece sta scalando la classifica dei maggiori inserzionisti su
carta e tv e internet. Siamo tutti
convinti che il tabacco fa male, ma
che il gioco fa bene? Riconosciamo invece che distrae dalla responsabilità, impoverisce materialmente e intellettualmente, allontana dall’impegno, appiattisce
sulle illusioni. Crea cittadini inebetiti e quindi facili da condizionare o
comunque disattenti a quello che
viene loro somministrato. Bisogna
che pensino ad altro: panem et circenses altro che cittadinanza attiva!
Consapevoli, se non sconvolti,
molti cittadini si chiedono ora chi
può frenare questo “Casinò Italia”.
Molti aspettano prese di posizione
non timide dalle autorità morali. E
visto che le istituzioni sembrano
aver dimenticato questo loro
compito costituzionale, almeno alzi la voce l’autorità religiosa. Dopo
tutto la dea bendata non risiede in
paradiso, anzi è dimostrato che
porta all’inferno. Non lasciamo ancora una volta sole le famiglie e le
associazioni di volontariato a far
LA PROSSIMA
SETTIMANA
Perché lo Stato non paga?
I ritardi nei pagamenti della pubblica
amministrazione a imprese e coop sociali
Pascal Lamy
«La crisi? Per l’Africa è un’opportunità».
A tu per tu con il direttore generale del WTO
Reportage
Lojane, piccolo villaggio della Macedonia
diventato crocevia dei nuovi migranti
abbonati a Vita su: www.vita.it
fronte a questo vero e proprio tsunami.
Paolo Bonfanti
Azzardo/2
Se ora anche Poste
promuove la “fortuna”
Da quando Poste Italiane ha deciso di vendere i “Gratta e Vinci”
l’Associazione And - Azzardo e
nuove dipendenze, che da anni si
batte contro il gioco d’azzardo, ha
deliberato l’incompatibilità di tenere il proprio conto corrente
presso questo ente, un tempo tra i
luoghi più vicini ai cittadini e ai loro interessi, vera e propria istituzione sociale del territorio, e oggi
invece pronto a prendere d’assalto le tasche sempre più vuote di
pensionati e casalinghe che fiduciosamente ancora si recano agli
sportelli per compiere operazioni
in denaro.
Il colmo è stato raggiunto alcuni
mesi fa quando una ignara e solerte impiegata di un ufficio postale
della provincia varesina ha offerto
insistentemente un tagliando di
lotteria istantanea al tesoriere
dell’associazione proprio al termine di una operazione bancaria.
Ne è seguita una riflessione in
consiglio direttivo culminata con
la decisione di recidere il rapporto
fiduciario con Poste Italiane ormai
venuti meno i presupposti dello
stesso, al fine di aprire un nuovo
conto presso un altro istituto con
più idonei requisiti etici.
L’associazione si augura che Poste
Italiane si attivi celermente ad
espletare tale operazione, dal momento che risulta per And assai
imbarazzante che il proprio nome
sia associato ad un ente che tratta
parimenti quali suoi prodotti servizi postali, finanziari e “gratta e
vinci”.
Daniela Capitanucci
presidente Associazione And Azzardo e nuove dipendenze
Servizio civile, il punto è:
guardare indietro o avanti?
DITE
LA
VOS
TRA
Riccardo Bonacina
risponde ai lettori
[ [email protected] ]
N
on è la prima volta che si parla di servizio civile obbligatorio e questa
ipotesi mi ha sempre trovato contrario, ma questa volta la proposta mi
preoccupa maggiormente.
Ai tempi della leva obbligatoria, quando ho svolto il servizio civile, l’idea che s’invertissero i fattori mi entusiasmava: obbligatorio il servizio civile e chi obiettava
andava a fare il servizio militare, ma la realtà è diversa. Anche all’epoca il servizio
civile era obbligatorio per chi obiettava al servizio militare ed infatti non tutte le
esperienze sono state positive e costruttive come la mia. Infatti, specialmente
quando crescevano i numeri, aumentavano le esperienze negative di servizio civile. L’obbligo non automaticamente porta alla crescita di certi valori tra i giovani, perché i giovani non sono una massa tutta uguale ed indistinta.
Si potrebbe obiettare che l’esperienza del servizio civile può far crescere certi
valori, ma ammesso teoricamente che fosse un assunto valido vorrebbe dire
che dovremmo essere in grado di offrire almeno 250mila posizioni di servizio civile l’anno tutte di alto livello. Penso sia impossibile, ma soprattutto penso che
sia costoso e faticoso. Oltre al rimborso spese per 250mila giovani, occorre mettere in piedi una struttura che li accolga, che scriva progetti, che li segua ecc.
ecc. Voi dite che le spese devono essere a carico di chi “utilizza” i giovani. Temo
che questa proposta faccia cadere il servizio civile obbligatorio in contrapposizione con l’articolo 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, che vieta il “lavoro forzato”, in questo caso anche sottopagato. Questo aspetto, oltretutto, farebbe sì che qualora un ente debba sostenere la spesa di una persona assunta regolarmente per avere tre
giovani da formare e che non è scontato che siano motivati, probabilmente non
investirebbe per la seconda ipotesi! Oggi questa proposta mi preoccupa maggiormente perché parte dall’assunto che l’attuale servizio civile nazionale è
morto.
Vorrei ricordare che qualsiasi ipotesi, volontario o obbligatorio, senza fondi e
senza finalità chiare, come ci ricorda il professor Rossi dalle vostre stesse pagine, è destinata a morire o a non nascere. Il servizio civile, come ricorda la Corte
Costituzionale, è una forma di difesa della Patria, però quest’anno a quella in armi vanno 23 miliardi di euro, a quella civile 68 milioni di euro. Se penso che il
maggiore sponsor della proposta è Romano Prodi, che con il suo secondo governo ha iniziato i tagli al fondo del servizio civile ed ha aumentato in due anni del
20% le spese militari, mi vengono i brividi. Grazie per l’ospitalità.
Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione Obiettori nonviolenti
~~
Carissimo Massimo, non rabbrividire per Prodi, io sinceramente rabbrividisco
nel constatare che l’unica seria politica per i giovani nel nostro Paese è in stato
comatoso e vergognoso da ormai due anni, almeno. Si può far finta di nulla
e continuare a guardare indietro, oppure si deve fare una discussione seria.
17 FEBBRAIO 2012
VITA
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VITA
numero 7 - 17 febbraio 2012
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