in ricordo di mario onofri

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in ricordo di mario onofri
20 giugno 2015 delle ore 07:09
IN RICORDO DI MARIO ONOFRI
Ciao Mario
di Marcello Carriero
È passata una settimana dalla morte del
fotografo Mario Onofri e spetta a me ricordarlo.
Troppo tempo, direte, per la fragranza
dell’evento, troppo poco , dico io, per elaborare
il lutto. Non si trovano facilmente le parole per
ricordare un amico scomparso, per descrivere
dove lui non è, senza cadere alla tristezza
dell’encomio o cedere all’elenco burocratico
del necrologio, c’è voluto un poco per uscire
dallo sgomento della sua assenza e farlo
nuovamente presente come se fosse ancora qui
a raccontarmi dei suoi viaggi, a parlarmi del
passato spiegandomi amorevolmente il futuro.
Di Mario ho visto le prime foto, quelle degli
anni Sessanta, scorci di una città di provincia
dove era nato la cui realtà dura e arcigna era
ritratta in modo erotico. Poi gli anni Settanta,
gli scontri tra polizia e manifestanti, i concerti,
c’è un’immagine di un giovanissimo capelluto
Franco Battiato che suona il pianoforte
indossando degli zoccoli. Mario fu il fotografo
della galleria L’Attico di Fabio Sargentini.
Memorabili gli scatti delle 24 ore di Luigi
Ontani, che per farli dovette passare sui tetti di
Roma, e le foto delle mostre della mitica
galleria. Con Sargentini ricordavano tempo fa
quando fece da assistente a Jack Smith per il
lavoro sulla "pinguina” in Capitalismo in
Pastacrosta , il loro rocambolesco incontro e
l’esperienza con le vere pecore protagoniste sul
set dell’artista americano. Infine, "L’attico in
viaggio” dove fa parte dello straordinario
equipaggio del barcone di Fabio in una storica
navigazione urbana sul Tevere. Ecco, tutto
questo mi raccontava Mario, mentre studiavo
sui libri di storia dell’arte contemporanea lui
me la raccontava dal libro della via, inserendoci
sporadicamente aneddoti divertenti a tratti
surreali, L’albergo Lunetta con il lavoro di
Kounellis, la fidanzata cinese con la gamba
ingessata che condivideva con Francesco
Clemente, i viaggi per Roma, compressi nelle
utilitarie con Ontani e Clemente, il fotografo
Figurelli o il popolo della "sinistra
psichedelica” tra via del Paradiso e la Chiesa
Nuova, tra scimmie in galleria e il pianoforte di
La Monte Young, insomma tutto quello che non
si può certo apprendere dalla depurata
storiografia ufficiale. Mario in viaggio ci
andava spesso, spesso in India, sua patria
elettiva, l’Oriente era la sua meta. A metà degli
anni Novanta produsse My Friend of Bangkok
un eccezionale reportage sui lady boys
thailandesi alle prese con uno spettacolo di
varietà, poi i Sadu ritratti più simili al
Domenichino che a documenti di viaggio, e il
Kashmir nelle pericolosissime zone di guerra,
infine i meeting di danza a Goa. Si, l’occhio
fotografico di Mario riusciva a carpire la grazia
del mondo non solo quando innanzi
all’obiettivo aveva una delle sue stupende
modelle, ma anche quando scattava brani di
vita, le feste, gli incontri. Persino quando,
insieme, al museo della strage di Ustica a
Bologna, produsse un ciclo di immagini
impressionanti, fredde e, al tempo stesso, colme
di pietà, di rispettoso silenzio. Mario era questo
e tanto altro. Era un sorriso bello e geniale
davanti e dietro la macchina, chiave d’accesso
a un mondo diverso, altro, forse migliore. Mario
Onofri è morto il 13 giugno in seguito
all'aggravarsi di un tumore al cervello.
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