Un viaggio, tre mostre e un grande museo

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Un viaggio, tre mostre e un grande museo
Un viaggio, tre mostre e un grande museo
Brescia, 24 marzo
Questo appuntamento propone innanzitutto l’occasione di scoprire una importante mostra di archeologia, L’Età
del Rame, una significativa iniziativa alla scoperta di un periodo molto importante per l’Italia settentrionale e
non solo. Facendo riferimento ad una serie di recenti scoperte e coinvolgendo anche il personaggio più famoso
di questo periodo, Otzi, questa mostra rappresenta il punto di arrivo di significative ricerche e studi.
Fa da contorno l’occasione di scoprire due importanti raccolte d’arte. L’una, le opere di proprietà civica di
Brescia, in Novecento mai visto, e la collezione d’arte della Mercedes _ Benz, con NOVECENTO MAI VISTO.
Capolavori dalla Daimler Art Collection. FROM ALBERS TO WARHOL TO (NOW). Le due mostre sono ospitate
nel Museo di Santa Giulia, lo straordinario complesso museale dedicato alla storia della città.
L’età del Rame
La pianura padana e le Alpi al tempo di Ötzi
Brescia, Museo Diocesano
3400-2200 a.C.: un millennio fondamentale per l’umanità: “nascono” l’aratro, la
ruota, l’aggiogamento degli animali per la trazione, il carro a quattro ruote, lo
sviluppo della metallurgia del rame, l’agricoltura e l’allevamento. Tutto questo
favorisce nuovi assetti economici e sociali. Il periodo è considerato la tappa di
transizione tra la tarda Preistoria e la Protostoria, ovvero tra le più antiche civiltà
di agricoltori e allevatori (Neolitico) e le prime civiltà urbane. La mostra di Brescia
è l’occasione per fare il punto di tutte le nuove scoperte in Italia settentrionale,
ambito fondamentale per questa civiltà.
Proprio nel bresciano sono tornate alla luce le testimonianze più rilevanti di
insediamenti dell’età del rame in Italia. La necropoli di Remedello Sotto, dopo 128
anni dalla sua scoperta costituisce ancora la documentazione principale per la
ricostruzione dell’età del Rame in area padana. Nuove scoperte sono
documentate a Volongo in provincia di Brescia, Fontanella Mantovana, Cumarola
e Spilamberto in provincia di Modena, Bologna, Forlì e Cesena e in altre località
della pianura padana e dei primi contrafforti che la circondano. Si tratta di
necropoli, talvolta molto ricche di manufatti.
La mostra da conto anche di un altre suggestive testimonianze: le notissime
statue-menhir che, insieme alle incisioni rupestri della Valcamonica, forniscono
una iconografia fondamentale per la comprensione del periodo: opere legate a
nuove concezioni religiose, al culto degli antenati fondatori dei clan, al
manifestarsi dell’ideologia indoeuropea o rappresentazione antropomorfica delle
divinità. Il fenomeno non è circoscritto alla regione alpina, ma presenta una vasta
diffusione dalle steppe a nord del Mar Nero fino alla penisola iberica.
C’è anche Otzi
Nella mostra è illustrato il complesso dei ritrovamenti avvenuti nel 1991 e 1992 al
giogo di Tisa, al confine tra Italia e Austria attraverso copie, pannelli didattici e la
ricostruzione a grandezza naturale dell’uomo del Similaun con tutto il suo
abbigliamento ed equipaggiamento. Sono forniti i risultati delle ricerche più recenti
condotte sulla mummia: analisi del DNA, suo inquadramento negli attuali
aplogruppi delle popolazioni europee, aspetti paleopatologici, stato di salute,
cause che ne determinarono la morte a 3150 m di quota. Particolare attenzione
sarà posta nel confronto tra i materiali posseduti da Ötzi (ascia in rame, cuspidi di
freccia, pugnale in selce) e quelli relativi alla cultura di Remedello.
Il percorso della mostra si conclude con l’età del Vaso Campaniforme,
documentata in provincia di Brescia dalle due importanti sepolture di S. Cristina di
Fiesse e di Ca’ di Marco, a cui saranno affiancate le tombe di recente scoperta a
Parma.
Con l’inizio dell’antica età del Bronzo, tra 2200 e 2070 a.C. si stabilizza
l’insediamento e vengono fondati i primi abitati palafitticoli lungo le rive meridionali
del lago di Garda e nei bacini dell’anfiteatro benacense: ceramiche e manufatti di
metallo, in osso, corno, selce e fayence del Bronzo Antico I dal Lavagnone di
Desenzano del Garda, e da Polada, in comune di Lonato, nonché dai ripostigli di
asce a margini rialzati di Remedello Sopra e di Torbole Casaglia (BS). Dopo
l’esposizione di archeologia bresciana del 1875 promossa dall’Ateneo di Brescia
sarà la prima volta che materiali di Polada della collezione Rambotti ritornano a
essere esposti a Brescia.
Masso inciso da Malegno (Valcamonica. Le
incisioni riguardano un simbolo solare associato a
due asce e due pugnali di tipo Remedello. Al centro
è posto un fascio di linee a U chiuso da un
pendaglio a doppia spirale. Intorno si dispongono
alcuni animali e sotto una scena di aratura. Stile III
A1 (2900-2500 a.C.).
Necropoli di Remedello Sotto (Brescia), tomba 83.
Sepoltura a inumazione di un personaggio maschile
rannicchiato e accompagnato da un pugnale a lama
triangolare in rame, numerose punte di freccia in
selce, un pendaglio di pietra e alcune piastrine
rettangolari di Cardium rusticum, originariamente
cucite su un mantello o un abito (età del Rame 2,
2900-2500 a.C.).
Brescia, Santa Giulia museo della città
NOVECENTO MAI VISTO Opere dalle collezioni bresciane. Da De Chirico a
Cattelan e oltre.
Ecco le opere della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea che Santa Giulia ritrova e che qui
furono esposte dal 1964 al 1972, per lasciare spazio alle collezioni archeologiche e medievali che
hanno reso celebre il museo bresciano. E’ l’occasione di poter ammirare una raccolta giustamente
famosa, tra le maggiori collezioni pubbliche del settore in Italia, che da 40 anni era inaccessibile al
pubblico. Con altre, non meno rilevanti, concesse dalle notevoli collezioni private della città. Si
potrà così spaziare su artisti fondamentali della storia dell’arte
italiana e internazionale del Novecento, giungendo ai
contemporanei. Di qui il titolo emblematico della rassegna
“NOVECENTO MAI VISTO. Da De Chirico a Cattelan e oltre”.
La parte più rilevante di tale patrimonio è costituita dalle opere,
sorprendentemente anticipatrici in senso astratto, del bresciano
Romolo Romani, dai numerosi dipinti di ambito futurista (Dottori,
Evola, Depero, Lega, tutti datati entro il 1919) e dalle opere di
orientamento informale (Chighine, Paolucci). Importanti testimonianze
dell’arte del Novecento (De Chirico, Morandi, Sironi) arricchirono poi le raccolte civiche tramite il
lascito della famiglia bresciana Scalvini. La Galleria esibiva inoltre un centinaio di opere provenienti
dalla straordinaria collezione depositata da Guglielmo Achille Cavellini che, caso unico in Italia,
comprendeva quanto di meglio e di nuovo proponeva l’arte italiana e internazionale (da Klein a
Warhol, da Hartung a Mathieu, da Burri a Fontana). Attraverso i fondamentali prestiti, è stato ora possibile delineare un percorso
nell’arte italiana dal primo Novecento agli anni Settanta con opere di rilevante interesse storico, variamente riferibili ancora all’informale
(Crippa, Birolli, Morlotti, Vedova, Turcato) e al movimento spazialista (Fontana, Manzoni, Castellani, Bonalumi, Melotti). L’esposizione
si chiude con i protagonisti delle tendenze concettuali e della cosiddetta “arte povera” degli anni Settanta (Pistoletto, Mattiacci,
Anselmo, Paolini, Mertz, Fabro, Parmiggiani, Penone, Zorio, Calzolari).
NOVECENTO MAI VISTO. Capolavori dalla Daimler Art Collection. FROM
ALBERS TO WARHOL TO (NOW) By Mercedes-Benz Italy
Occasione unica in Italia per ammirare i capolavori accolti dalla Daimler Art Collection di
Stoccarda, per la prima volta concessi al nostro Paese. La celebre Collezione tedesca è il frutto
di 35 anni di attenti investimenti in arte contemporanea. E’ ricca di oltre duemila opere di quasi
settecento artisti internazionali.
A Brescia, per questa mostra, giungerà il fior fiore della Collezione: circa 150 opere,
appositamente individuate per il pubblico italiano.
Costola artistica della Mercedes Benz, la Collezione, oltre al ricco patrimonio dedicato alle idee astratto-costruttive,
concettuali o minimaliste del XX secolo, comprende anche alcune significative opere su commissione dedicate all’
“automobile”, che vanno da Warhol a Robert Longo, da Szarek a Silvye Fleury. Proprio questa sezione cars related,
opportunamente contestualizzata in un ricco e coerente percorso, sarà visibile a Brescia, dove spiccano le opere di
Warhol di inizio anni settanta dedicate al famoso modello automobilistico “Ali di Gabbiano”.
I chiostri e gli ambienti museali di Santa Giulia accoglieranno un suggestivo confronto con le architetture rinascimentali e le
testimonianze archeologiche. Oltre alle opere della collezione Daimler, saranno presentati lavori di
più recente esecuzione di artisti non solo italiani, ancora concessi dalle collezioni bresciane (Kapoor,
Dan Graham, Cattelan, Paladino, Mainolfi, Tavernari, Picco e Ranzanici). Sarà davvero affascinante
osservare l’arte degli ultimi decenni dialogare con i reperti millenari esposti in Santa Giulia e ancor
più con le strutture architettoniche di un complesso monumentale che, non a caso, è dal 2010
“Patrimonio dell’Umanità” per le sue memorie e per la sua straordinaria bellezza.
IL MUSEO DI SANTA GIULIA: un viaggio attraverso la storia, l’arte e la
spiritualità di Brescia
Unico in Italia e in Europa per concezione espositiva e per sede, il Museo della Città, allestito in un
complesso monastico di origine longobarda, consente un viaggio attraverso la storia, l’arte e la
spiritualità di Brescia dall’età preistorica ad oggi in un’area espositiva di circa 14.000 metri quadrati.
Monastero femminile di regola benedettina, voluto dall’ ultimo re longobardo Desiderio e dalla moglie Ansa nel 753 , San SalvatoreSanta Giulia ricoprì un ruolo di primo piano - religioso, politico ed economico - anche dopo la sconfitta inferta ai longobardi da Carlo
Magno. La tradizione, ripresa dal Manzoni, vuole che in Santa Giulia si consumasse la drammatica vicenda
di Ermengarda, figlia del re Desiderio e sposa ripudiata dell’imperatore franco.
Luogo di memorie storiche stratificate nel corso dei secoli e fonte continua di sorprendenti scoperte, il
complesso monastico è un intreccio visibile di epoche. Edificato su un’area già occupata in età romana da
importanti Domus, comprende la basilica longobarda di San Salvatore e la sua cripta, l’oratorio romanico
di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la cinquecentesca chiesa di Santa Giulia e i chiostri.
Un’area destinata, dunque, quasi per vocazione, ad accogliere il Museo della Città, che a buon diritto si
propone ormai come il fulcro dell’itinerario di visita a Brescia.
L’elemento che caratterizza e rende così particolare il museo è lo strettissimo legame tra “contenitore” ed
oggetti esposti. Attualmente lo “scrigno” di Santa Giulia consta di circa 11.000 pezzi: reperti celtici come
elmi e falere, ritratti e bronzi romani, testimonianze longobarde, corredi funerari, mosaici e affreschi.