Nutrire l`anima - Regolare il cibo, ordinare la vita

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Nutrire l`anima - Regolare il cibo, ordinare la vita
Nutrire l'anima - Regolare il cibo, ordinare la vita.
di Piero Stefani
Cominciamo con il trascrivere un passo del profeta Ezechiele
44,23: «(I
sacerdoti) istruirono il mio popolo a distinguere tra sacro (qodesh) e profano (chol),
tra impuro (tame') e puro (tahor)» (cfr. Levitico 10,10). Paolo Sacchi, in un suo
studio fondamentale al riguardo1, si chiede se in questa frase la struttura vada intesa
in modo parallelo o chiastico. La risposta è che si deve optare per il parallelismo; la
proporzione è la seguente, sacro: impuro = profano: puro. A livello più antico il
sacro fu concepito come se fosse dotato di una forza intrinseca che, appunto come fa
l'impurità, opera in virtù propria. Con il passare del tempo le cose mutarono e la
fondazione del puro e dell'impuro divenne eteronoma. A Yochanan ben Zakkay, il
"mitico" fondatore del giudaismo rabbinico, è attribuita la sentenza: «Né il cadavere
contamina, né la cenere della vacca rossa purifica (cfr. Numeri 19,1-16); è Dio che ha
ordinato di fare ciò».
Nell'ambito biblico (specie nella cosiddetta fonte sacerdotale) si manifesta una
profonda istanza classificatoria. Classificare significa distinguere: «questo è diverso
da quello». Si costruiscono quindi "gruppi" o "classi". Si tratta non già di stabilire
differenze tra individui ma tra collettività. Un singolo frutto può essere sano o guasto;
mentre è tutta una famiglia di cibi a essere pura o impura. In base a quali criteri si
stabiliscono le divisioni? Simbolici? Cosmologici in quanto conformi all'ordine del
mondo (l'undicesimo capitolo del Levitico divide gli animali tra cielo, terra e acqua)?
Ci sono criteri dichiarati dal testo e dalla tradizione? E se sì, essi sono una copertura
di altri motivi che stanno dietro (per esempio le famose ragioni igieniche, cavallo di
battaglia dei positivisti)? Tutte queste alternative hanno avuto dei sostenitori.
In relazione al cibo il termine più noto è kashèr (o kòsher). Le regole che
presiedono a questa sfera sono espresse dal termie kasherut o, per essere più precisi,
kashrut. La parola ha però un ambito di riferimento più esteso di quello alimentare.
1
Cfr. P. Sacchi, Sacro/profano impuro/puro nella Bibbia e dintorni, Morcelliana, Brescia 2007.
Il suo senso base è «valido», «adatto». Quindi si applica a ogni persona, cosa o
oggetto conforme a un determinato fine. Per i nostri scopi l'osservazione lessicale è
significativa: un cibo puro non è ipso facto kashèr, non lo è, per esempio, se è
cucinato in modo improprio. Con qualche semplificazione si può sostenere che la
purità o l'impurità dipendono dalle classificazioni bibliche, mentre la kashrut deriva
dalle norme elaborate dalla cosiddetta Torah orale (tradizione).
Tocchiamo un punto cruciale. La concreta definizione dell'osservanza a partire da
un modello di classificazione della realtà presente nella Bibbia si trasforma, in virtù
della tradizione, in una via per distinguere sempre più fortemente la propria comunità
dalle altre. L'ordine cosmico (per definizione uguale per tutti) si riflette, in virtù degli
apporti della tradizione, in quello sociale e simbolico proprio di un gruppo distinto da
altri. Ciò comporta che quanto è lecito per gli uni non lo sia per gli altri e viceversa. I
cibi proibiti a «noi» ma permessi a «loro» divengono un mezzo rituale per mantenere
una specifica identità collettiva. All'interno della comunità essi invece operano al fine
di introdurre una contrapposizione tra osservanti e non osservanti. «Sarete santi per
me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separato dagli altri popoli perché siate
miei» (Levitico 20,26). Proprio in relazione a questo passo, un antico rabbi trae
conseguenze precise sulle motivazioni che stanno alle spalle di un determinato
comportamento alimentare. Per giustificare il fatto che ci si astiene dal mangiare
carne suina, non si dovrebbe infatti dire «il maiale mi fa schifo» bensì «il maiale mi
piacerebbe ma non lo mangio perché è proibito».
I criteri scelti per stabilire la liceità dei cibi sono molteplici: a) distinzione tra
animali leciti e proibiti (cfr. Levitico 11,1-30); b) regole della shekhitah (vale a dire
della modalità di uccisione degli animali leciti); c) divieto di cibarsi di sangue
(rafforzamento della shekhitah con ulteriori prescrizioni); d) divieto di consumare
alcune parti di grasso (Levitico 3,17): e) proibizione di consumare un membro
strappato da un animale vivo; f) divieto di mangiare il nervo sciatico (cfr. Genesi
32,33); b) obbligo di scegliere tra gli animali permessi quelli senza difetti o malattie
(appunto quelli kashèr); h) divieto di mescolare carne e latticini; i) divieto di
consumare sostanze pericolose alla salute; l) proibizione di consumare in certi periodi
dell'anno cibi normalmente leciti; caso tipico è la proibizione dello chamez (sostanze
lievitate) durante il tempo pasquale (in questo caso si parla di prodotti kasher lePesach).
Nell'impossibilità di articolare l'intero discorso scegliamo due esempi di diverse
tipologie fondative.
a) In relazione ai quadrupedi il Levitico (11,3-4) afferma che sono leciti i
ruminanti dotati di unghia fessa. Il cavallo è perciò proibito perché rumina ma ha lo
zoccolo; il maiale invece ha l'unghia divisa ma non rumina; il primo, a differenza del
secondo, è immediatamente riconoscibile dall'esterno. Il particolare è dotato di
ripercussioni anche a livello simbolico; per esempio il maiale, lungi dall'essere
associato alla sporcizia e alla smodatezza, è assunto come immagine dell'ipocrisia
tipica di chi si presenta in un modo per poi rivelarsi di tutt'altra pasta (è il caso di
Roma, amica degli ebrei all'epoca maccabaica e in seguito dura dominatrice).
b) Il divieto di consumare il nervo sciatico non è collegabile ad alcuna
spiegazione cosmologica di portata generale. La proibizione dipende fin dall'origine
solo da un motivo storico-mitico peculiare al proprio gruppo. Esso infatti si rifà alla
mitica zoppia di Giacobbe, conseguenza della lotta sostenuta dal patriarca con l'essere
divino (Genesi 32,23-33). La norma biblica resta incancellabile. Essa inoltre
comporta un'operazione tecnicamente complessa e decisamente antieconomica. Nell'
«ordine del mondo» non c'è nulla capace di giustificare il ruolo antigenico del nervo
sciatico (si rassegnino i positivisti); il divieto è solo espressione di un tratto di storia
peculiarmente ebraica che, a differenza di quanto avvenuto per Pasqua, non ha mai
avuto ricadute su altre tradizioni religiose.