Il concetto di dispositivo e il suo uso in ambito pedagogico

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Il concetto di dispositivo e il suo uso in ambito pedagogico
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Formazione&Lavoro
Il concetto di dispositivo e il suo uso in ambito pedagogico
Il concetto di dispositivo, elaborato da Michel Foucault1 soprattutto ne La volontà di sapere2, è oggetto recentemente di
una rinnovata attenzione e di una serie di rielaborazioni teoriche costruttive.
Ripreso e teorizzato in pedagogia, per primo in Italia, da Riccardo Massa3 oggi viene usato genericamente per indicare
qualsiasi elemento normativo e istituzionale.
In Massa è riferito al sistema incorporeo delle procedure
in atto nell’istituzione scolastica e in qualunque situazione
educativa: è il dispositivo che “determina la forma-scuola e
il suo funzionamento”.
Il dispositivo pedagogico è stato anche definito come un insieme strutturato e solo parzialmente visibile di norme, oggetti, rituali, fantasmi, proiezioni, tecniche, metodologie, prescrizioni, soggetti; il dispositivo si sostanzia dunque sia nella
rete che si stabilisce tra elementi eterogenei, sia nella natura del legame tra gli elementi, sia nella funzione strategica cui
tale insieme risponde, sia infine nella reciproca interazione
funzionale tra gli elementi stessi..
Per chiarire concretamente il significato e l’impatto del concetto di dispositivo si presta bene una riflessione su quanto ha
prodotto l’irruzione nella nostra vita quotidiana del web e del
cellulare: l’avere irretito in breve tempo la popolazione del pianeta con i telefoni cellulari prima, e con le reti e i social network
poi, è una manifestazione visibile di ciò che si debba intendere
con il termine dispositivo e sulle relative potenzialità di modellamento del soggetto in nuovi meccanismi di “potere”.
Naturalmente gli oggetti (telefoni, computer, server, ipad,
ecc.) sono solo strumenti, parti tangibili di un sistema – ma
è a livello mentale, o meglio antropologico, che il dispositivo
agisce e dispiega tutta la sua potenza. In larghezza e profondità, fino a coprire tutti i corpi e le menti, e a produrne e riprodurne le rappresentazioni, i desideri, l’immaginario.
Non si tratta nemmeno di controllo sociale o di potere diffuso
(certo, ci sono anche questi aspetti), ma di automatica adesione al dato. Il dispositivo agisce cioè come il linguaggio: delinea il modo di essere profondo, ontologico e sociale di ciascun individuo.
Secondo Agamben4, che riprende Foucault, il dispositivo
è la rete che si costruisce fra gli elementi, ha una funzione
strategica, è l’incrocio fra relazioni di potere e di sapere dei
vari soggetti che lo popolano. L’autore approfondisce la sua
disamina presentando anche la funzione più direttiva che
può assumere il dispositivo.
“Comune a tutti questi termini è il rimando a una oikonomia,
cioè a un insieme di prassi, di saperi, di misure, di istituzioni il
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cui scopo è di gestire, governare, controllare e orientare, in un
senso che si pretende utile, i comportamenti, i gesti e i pensieri degli uomini”5.
Ampliando ulteriormente la già ampia classe dei dispositivi
foucaltiani, Agamben definisce dispositivo «qualunque cosa
abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi»6, rimarcandone la funzione orientativa verso le attività e i processi.
Considerando l’educazione in quanto dispositivo complesso in cui elementi cognitivi, affettivi e procedurali interagiscono a livello esistenziale, pragmatico e progettuale è
possibile procedere a una riprogettazione efficace della materialità del servizio, condizione essenziale perché la riflessione riesca davvero a incidere sulla qualità dell’esperienza
formativa garantendone al contempo autonomia e legami
con la vita di tutti i giorni.
«L’educazione è un dispositivo. Essa consiste cioè in un insieme strutturato di componenti dimensionali che svolge una propria azione rispetto a molteplici livelli di riferimento. L’educazione richiede pertanto di essere considerata
come un dispositivo complesso la cui efficacia risulta presente nell’ambito di ciascuno di tali livelli e delle loro dimensioni fondamentali, nell’ambito d’interdipendenza di essi, e
nell’ambito della propria struttura specifica e peculiare»7.
Per sintetizzare, si sottolineano alcuni passaggi che aiutano a ricostruire la trama che costituisce il dispositivo: è uno
spazio-tempo intenzionalmente predisposto per supportare un cambiamento soggettivo e dipende dalle prospettive
con cui, chi progetta, guarda a un problema. Al suo interno vi
sono strumenti e attività che danno vita a una partecipazione determinata da come il soggetto in formazione interpreta il dispositivo. Le azioni che attiva provocano la creazione di
nuove routine e di pratiche non tutte previste dal progettista,
sempre e comunque frutto di un’interazione attiva del soggetto con la tecnologia utilizzata. Il focus del dispositivo è nella gestione della mediazione fra uno prospettato dal progettista e uno realizzato dal soggetto che lo interpreta.
1 Paul Michel Foucault (Poitiers, 15 ottobre 1926 – Parigi, 26 giugno 1984)
è stato un sociologo, filosofo, psicologo e storico francese.
2 Foucault M., La volontà di sapere, tr. it. Feltrinelli, 1996.
3 Massa R., Educare o istruire? La fine della pedagogia nella cultura contemporanea, Unicopli, 1987; Idem, Cambiare la scuola, Laterza, 1998.
4 Agamben G., Che cos'è un dispositivo, Nottetempo, 2006.
5 Ibidem, p. 20.
6 Ibidem, p. 21.
7 Massa R., Educare o istruire?, cit., p. 17.