Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!
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Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!
SECONDO CLASSIFICATO SEZIONE TESINA BIENNIO “Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!”1 La funzione catartica della donna manzoniana di Giulia Boccianti, Valerio Cerracchio, Ludovica Donato, Francesca Luglio, Giulia Gallinella della classe VD e VA del Liceo Classico Dante Alighieri di Roma (RM) Docente Referente: Gloria Vergantini In tutte le opere di Manzoni la figura femminile ricopre un ruolo rilevante: è evidente la contrapposizione tra donne molto ricche e donne molto povere che, a differenza delle nobili, non possono disporre di beni e ricchezze materiali, ma si affidano esclusivamente alla fede, confidando nell’azione della divina Provvidenza e per questo vengono citate come esempi da seguire e imitare in quanto portatrici di moralità e virtù; le donne umili rappresentate producono un effetto benefico e vivificatore sull’uomo. In questa concezione di figura salvatrice si riflette la morale cristiana degli umili che, non trovando la felicità nella vita terrena, confidano in un riscatto in quella ultraterrena. Secondo il Manzoni la Chiesa (come la donna) ha il compito di redimere l’uomo, e la storia umana non è fatta da imprese eroiche ma da piccoli progressi: sono gli oppressi a fare la storia. Il susseguirsi di importanti avvenimenti storici durante la dominazione straniera su un’ Italia ancora indefinita che lotta per la sua unità, influisce molto sulle tematiche trattate dal Manzoni. Soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, infatti, erano evidenti i contrasti tra popolo oppressore e popolo oppresso, fra ricchi che dominavano sui poveri, fra umili non degni di considerazione e nobili che detenevano il monopolio di ogni avvenimento. Il poeta vive in prima persona questo periodo di grandi disordini e cambiamenti politico-sociali, partecipando attivamente al ritrovamento degli ideali patriottici, infondendo la speranza, ormai perduta, per il processo di unificazione della penisola nei cuori degli Italiani. Manzoni definisce, per bocca dell’Imbonati, nel Carme a lui dedicato, il suo programma di vita e di arte: un programma insieme etico ed estetico. Scrisse a Fauriel “Io credo che la 1 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II. meditazione di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere, e l’acerbo sentimento che nasce da questo contrasto, io credo che questo meditare e questo sentire siano le sorgenti delle migliori opere sì in verso che in prosa dei nostri tempi2”. Nel programma indicato nel Carme erano così acquisiti e definiti i due termini fondamentali della poetica manzoniana: la stimolante coscienza di “ciò che dovrebbe essere”, e, parallelamente, la costante cognizione della realtà dell’uomo e della società in cui vive, di “ciò che è”. Abbiamo pensato che la figura che rispecchia maggiormente le virtù espresse nel carme sia quella di Lucia, per la creazione della quale Manzoni impegnò metà della sua vita come scrittore nella lunga stesura de I Promessi Sposi. Lucia … sentir o meditar? Partendo dalla scelta del nome stesso si nota che Lucia deriva dal latino lux, luce; colei che, come la Grazia Divina, dà il lume della ragione a tutti coloro che incontra, diffondendo intorno a sé i valori cristiani più autentici. Lo stesso concetto di illuminazione divina si ritroverà più volte, per esempio, parlando della fiamma dello Spirito Santo3 nella Pentecoste. Dai primi accenni descrittivi già si nota il suo carattere pio e devoto: “I neri e giovanili capelli si ravvolgevan in cerchi molteplici di trecce che si dividevano all’intorno quasi a guisa de raggi d’un’aureola”4. Lucia è descritta da Manzoni come una ragazza apparentemente fragile e indifesa, ma in realtà fortissima perché sorretta da una profonda fede nella Provvidenza. Questa apparente ambiguità viene espressa da Don Abbondio che parlando di Lucia dirà “quest'acqua cheta, questa santerella, questa madonnina infilzata”5 volendo descrivere un personaggio remissivo che non si oppone agli ordini altrui, religiosa e fedele ma inattiva. In realtà Lucia è molto caparbia e perseverante nei suoi obbiettivi (“de la meta mai non torcer gli occhi”6). La sua tenacia è espressa in 2 Lettera a Fauriel, 1806. 3 A. Manzoni, La Pentecoste, vv. 33-34 4 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II 5 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVIII 6 A. Manzoni, In morte di Carlo Imbonati, vv. 208-209 particolar modo nell’episodio di Fra Galdino7, quando decide di dare al Cappuccino più noci, nonostante l’opposizione della madre, solo per raggiungere lo scopo di far arrivare prima il suo messaggio a Fra Cristoforo; inoltre Lucia preferisce prendere i voti affidandosi esclusivamente a Dio pur di non cadere nelle mani di Don Rodrigo (“Non far tregua coi vili …”8). Si rivela forte d’animo di fronte al male, è sempre disposta a difendere i suoi principi morali, senza distogliere lo sguardo dalla meta. Le caratteristiche che appartengono alla sua personalità sono il pudore, la compassione, l’innocenza, la bontà d’animo e la sensibilità. L’elemento distintivo di Lucia è la purezza che, in varie occasioni, le fa comparire sul volto quella “casta porpora”9 delle vergini, segno di un’innocenza che cela nel profondo i sentimenti più puri. Questo rossore è accostato a quello di Gertrude (“Era verecondia? Chi avesse osservato una rapida espressione di dispetto che accompagnava quel rossore, avrebbe potuto dubitarne; e tanto più se l’avesse paragonato con quello che di tanto in tanto si spandeva sulle gote di Lucia”10): spontaneo e verecondo quello che sorge incontrollato sulle guance di Lucia, indispettito quello della nobile religiosa. Influenza positiva di Lucia sui personaggi maschili del Romanzo Lucia e l’Innominato Il dramma dell’Innominato è quello di un uomo che ha avuto tra le mani il potere di sottomettere la vita di molte persone, ma che, di fronte allo sguardo mite e forte di Lucia, dà libero sfogo all’ansia di liberazione da sempre soppressa con la violenza. L'Innominato scorge nell'incontro con Lucia un segno, una luce che lo porta alla conversione. Si ritrovano infatti, eccezionalmente faccia a faccia, singolarmente uniti nelle loro sorti, l’oppressore e l’oppressa. L’Innominato, apparentemente il più forte, trae proprio da questo incontro la massima 7 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. III 8 A. Manzoni, In morte di Carlo Imbonati, vv. 213 9 A. Manzoni, La Pentcoste, vv. 131 10 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. IX angoscia. La voce imperiosa di lui, negativa (“No”),11 si fonde con quella di Lucia, positiva (“Dio perdona tante cose per un opera di misericordia”),12 e diventa il richiamo implacabile della giustizia, la rivolta della coscienza. I primi segni di un pentimento da parte dell’Innominato già si erano manifestati con una prima crisi interiore, in cui gli stati d’animo rimangono indeterminati e non arrivano a costituire ancora un pensiero consapevole: sente un’uggia, un rincrescimento della memoria, un certo disprezzo e ripugnanza per le sue scelleratezze. Ma nel momento in cui questo “sentire” diventa un “meditare” consapevole, egli inizia a porsi delle domande, acquisendo consapevolezza attraverso una crisi esistenziale che lo porta ad avere una nuova visione della vita (“Invecchiare! Morire! E poi?”).13 L’Innominato collega il pensiero della morte all’immortalità dell’anima, rendendosi conto che la sua condotta durante la vita terrena, determinerà le pene che dovrà scontare dopo il giudizio divino (“Quel Dio di cui aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo non si curava né di negare né di riconoscere, occupato a vivere soltanto come se non ci fosse, ora, in certi momenti di abbattimento senza motivo, di terrore senza pericolo, gli pareva sentirlo gridar dentro di sé: Io sono però”).14 Da ciò scaturisce l’inizio della sua conversione. Si attua così un capovolgimento paradossale: Lucia che si trova in un momento di massima debolezza, risulta la più forte, dotata di una forza non sua ma di Dio, mentre l’Innominato, che dispone della vita di lei, è lo sconfitto. Lucia e Renzo Renzo, pur essendo il protagonista maschile del Romanzo, ricopre un ruolo secondario, tanto che il suo nome non era ancora definito nella Ventisettana. Anche Renzo è considerato un umile, un oppresso, ma affronta i problemi in maniera molto diversa da Lucia; il suo è un temperamento risentito, non disposto a subire soprusi, è impulsivo, pur non lasciandosi accecare completamente dall’ira. La sua forza ed esperienza giovanile 11 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI 12 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI 13 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XX 14 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XX viene accompagnata da un ingegno ineducato ma perspicace, pieno di spontaneità e di originalità nei suoi giudizi e nelle sue mosse improvvise. Sebbene apparentemente sembri l’opposto di Lucia, egli presenta comunque alcune somiglianze con quest’ultima: è sorretto da una profonda fede nella Divina Provvidenza e lotta contro le ingiustizie subite dagli umili. Tuttavia affronta i problemi istintivamente, risultando a volte maleducato e aggressivo. Lucia, come annunciata dal suo nome, costituisce una vera e propri luce nella confusione mentale di Renzo. Già nel secondo capitolo dei Promessi Sposi, quando Renzo è preda dei sogni di vendetta nei confronti di don Rodrigo, il pensiero di lei (“E Lucia?”)15 imprime una svolta ai suoi proponimenti, disperdendo le “bieche fantasie” di enunciati contrastanti, sempre più estesi e drammatici. Forse se da una parte l’indole di Renzo avrebbe potuto indurlo ad avere come primo impulso l’omicidio, dall’altra la sua bontà d’animo lo trattiene causandogli una crisi interiore, ma è grazie al pensiero di Lucia che rinuncia alla sua vendetta, formulata con tanta ricchezza di particolari ma con altrettanti dubbi; Lucia, infatti, gli ricorda la sua fede religiosa e infonde in lui la speranza che lo aiuta a superare le avversità. Possiamo dunque dire che Renzo rappresenta il “sentire” e Lucia il “meditare” che si contrastano e, allo stesso tempo, si completano. 15 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II: “Si figurava allora di prendere il suo schioppo, d'appiattarsi dietro una siepe, aspettando se mai, se mai colui venisse a passar solo; e, internandosi, con feroce compiacenza, in quell'immaginazione, si figurava di sentire una pedata, quella pedata, d'alzar chetamente la testa; riconosceva lo scellerato, spianava lo schioppo, prendeva la mira, sparava, lo vedeva cadere e dare i tratti, gli lanciava una maledizione, e correva sulla strada del confine a mettersi in salvo. "E Lucia?" Appena questa parola si fu gettata a traverso di quelle bieche fantasie, i migliori pensieri a cui era avvezza la mente di Renzo, v'entrarono in folla. Si rammentò degli ultimi ricordi de' suoi parenti, si rammentò di Dio, della Madonna e de' santi, pensò alla consolazione che aveva tante volte provata di trovarsi senza delitti, all'orrore che aveva tante volte provato al racconto d'un omicidio; e si risvegliò da quel sogno di sangue, con ispavento, con rimorso, e insieme con una specie di gioia di non aver fatto altro che immaginare.” Lucia e il Nibbio Il Nibbio, come tutti i bravi, rappresenta il prodotto naturale, logico, delle ingiustizie, delle sopraffazioni, delle violenze del governo debole ed oppressore del secolo in cui Manzoni ambienta I Promessi Sposi. Ma, per la vita del bravo, l'incontro con Lucia costituisce una vera e propria rivoluzione. Per la prima volta prova tenerezza, pietà, compassione per un altro essere umano (“M'ha fatto troppa compassione… piangere, pregare, e far cert'occhi, e diventar bianca bianca come morta, e poi singhiozzare, e pregar di nuovo, e certe parole”).16 Lucia, con le sue paure e la sua fede incrollabile, si pone come un essere fragile e riesce a stimolare l'istinto di protezione anche in un assassino come lui. La compassione è un sentimento talmente nuovo che il Nibbio non lo sa spiegare (“è una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”),17 sa solo che in qualche modo lo fa sentire più vulnerabile. Il paragone con la paura non è casuale, perché probabilmente questo è l'unico sentimento che, proprio come la compassione, è capace di privare il freddo e spietato Nibbio della sua lucidità. Il Nibbio, pur essendo un assassino, ha un animo capace di ricorrere alle maniere più dolci, perché Lucia, l'infelice vittima, si metta tranquilla nella carrozza che la conduce al castello. L’influenza positiva di Lucia sui personaggi femminili La capacità illuminante di Lucia si manifesta anche verso alcuni personaggi femminili; la stessa monaca di Monza, ad esempio, seppur apparentemente immune al fascino di Lucia, resta colpita dalla purezza della ragazza e si compiace di parlare con lei, pensando di espiare le proprie colpe facendole del bene (“Gertrude quasi s'indispettiva di quello star così sulle difese (…) ma tutto si perdeva nella soavità d'un pensiero che le tornava ogni momento, guardando Lucia: ‘a questa fo del bene’”).18 Anche la vecchia serva dell’Innominato, nel momento in cui vede Lucia pregare in nome della Madonna, resta colpita da questa invocazione “quel nome santo e soave (…) faceva 16 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI 17 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI 18 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XVIII nella mente della sciagurata (…) un’impressine confusa, strana, lenta, come la rimembranza della luce, in un vecchione accecato da bambino”19. Maria La donna a cui si ispira Manzoni per la formazione del personaggio di Lucia è Maria, la madre di Gesù. Le prime analogie tra le due donne si riscontrano già nella loro classe sociale, infatti entrambe sono di umili origini. Inoltre sono pure di cuore e senza peccato. Entrambe le donne infondono coraggio e speranza negli uomini mediante la fede20. Ciò che le accomuna maggiormente è, però, il loro totale affidamento alla Provvidenza, quindi ad un essere superiore e misericordioso: Dio. Infatti è evidente nella teoria pessimistica manzoniana che l’uomo sia destinato ad agire male, cadendo nel peccato. Maria e Lucia rappresentano quel barlume di speranza per la serenità dell’anima di ogni uomo. Così come Maria costituisce un modello da seguire per tutti i cristiani, nella limitata realtà de I Promessi Sposi Lucia racchiude in sé tutti i valori cristiani dai quali ognuno dovrebbe trarre insegnamento. Enrichetta Blondel “Giovinetta di eccellente cuore, non nobile, protestante, gradita a Giulia Beccaria”21. Alessandro Manzoni vede sua moglie Enrichetta Blondel come l’incarnazione della donna ideale e da essa trae ispirazione per il personaggio di Lucia. Come Lucia o Maria, anche Enrichetta esercita un’influenza positiva sull’uomo, in tal caso su Manzoni, in quanto lo guida e lo accompagna nel corso della sua vita, infondendogli il coraggio e quella fede nella quale troverà sempre conforto. In particolar modo ricopre un ruolo fondamentale nella conversione del’autore: cambiamento che segnerà tutta la filosofia e la produzione poetica dello scrittore dando maggiore risalto ed un nuovo ruolo alla donna. L’influenza positiva, benefica e purificatrice di Enrichetta si evince dal diverso stile con cui è scritto il Natale del’33: subito dopo la morte della moglie, infatti, Manzoni assume un tono più cupo 19 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI 20 A. Manzoni, Il nome di Maria, vv. 37-56 21 Lettera a Fauriel che esprime la sua morale pessimistica. Tuttavia lo scrittore prosegue con essa il cammino della fede: la sua onestà intellettuale e l’umile forza che vede in sua moglie si saldano in un pensiero che ancora oggi appare come un sistema razionale e un’attitudine morale di altissimo profilo. Rebecca, “così impavida davanti alla morte!”22 Manzoni si è ispirato molto nello scrivere I Promessi Sposi all’unico romanzo storico esistente prima: Ivanhoe di Walter Scott. Si contano molte somiglianze tra i due romanzi non solo riguardanti la struttura, ma anche i personaggi, in particolare il personaggio di Rebecca. Rebecca è una giovane fanciulla ebrea (“figlia di una razza maledetta”)23 con “gli occhi brillanti, le sopracciglia superbamente arcuate, il naso aquilino e ben disegnato, i denti bianchi come perle, le folte trecce nere che, avvolte in piccole spirali di riccioli scendevano su un corpo delizioso”24. Come Lucia, Rebecca è molto devota alla sua religione ed è disposta a morire per essa e per i suoi ideali (“così giovane, così bella, così impavida davanti alla morte!”).25 Anche lei, come Lucia davanti all’Innominato, dimostra coraggio e coerenza di fronte il suo rapitore Brian de Bois-Guilbert. L’influenza positiva di Rebecca influisce in particolar modo sul padre, che senza di lei sarebbe perduto e sul protagonista Ivanhoe, che guarisce grazie alle sue medicazioni su una ferita che si era procurato in un duello. Si può dire che anche il suo rapitore Brian de Bois-Guilbert, innamorandosi di lei, migliori, poiché comprende il suo valore morale e la giudica senza considerare i pregiudizi relativi agli ebrei. Rebecca, per essendo umile d’animo come Lucia, a differenza di lei è ricca, ma nonostante ciò ignora cosa sia l’avarizia e l’avidità. Infatti nell’epoca in cui vive l’unica difesa che gli ebrei avevano contro i soprusi era proprio la ricchezza e l’aiuto delle 22 Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXIX 23 Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXV 24 Walter Scott, Ivanhoe, cap. VII 25 Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXIX persone della propria comunità. Confronto con le altre donne manzoniane Altre figure femminili rappresentate dal Manzoni non hanno la stessa rilevanza di Lucia, ma presentano rispetto ad essa numerose differenze che ne determineranno le diverse sorti. Ne I Promessi Sposi l’autore riserva un intero capitolo alla descrizione di Gertrude, come a volerne evidenziare i contrasti con Lucia rendendo ancora più netto il loro essere l’una l’opposto dell’altra. Infatti Gertrude mostra una personalità complicata e ambigua, dalla quale si percepisce molta sofferenza; il suo carattere così volubile e aggressivo è il risultato delle pressioni psicologiche dei parenti e dell’ambiente corrotto in cui è vissuta. Le sofferenze che ha patito l’hanno portata a chiudersi in sé e a dubitare della stessa fede per la quale avrebbe dovuto prendere i voti, sulla quale Lucia, invece, non ha mai tentennato. Gertrude appartiene alla classe sociale dei nobili ma, nonostante ciò, non è riuscita ad ottenere la felicità nel corso della sua vita. Invece Lucia con la sua povertà e le sue umili pretese riuscirà a raggiungere i suoi obbiettivi. Un altro personaggio che, come le figure umili delle opere manzoniane, confida nella felicità eterna dopo la morte, è Ermengarda. Essa, al contrario di Lucia, è di nobile origine, essendo la figlia del re dei Longobardi ma, esattamente come lei, si ritrova a soffrire non per sua colpa; discende da una stirpe di oppressori, ma è considerata oppressa, devastata dal dolore per il rifiuto dell’uomo che tanto ama. L’amore che prova per Carlo, il marito che l’ha ripudiata, è devoto, struggente, quasi logorante, mentre quello di Lucia per Renzo è meno percepibile, appena accennato, più quieto, anche se altrettanto forte. Ermengarda può essere considerata quasi come una martire, perché muore per qualcosa in cui crede fermamente: resa folle dal dolore, essa infatti si lascia andare alla morte, con la mente invasa dai piacevoli ricordi di quando una volta era stata felice. Lucia, invece, sebbene anche lei sia costretta a sopportare tante difficili situazioni, le affronta, sacrificandosi, ma riuscendo sempre a vincere la sofferenza. In questo si dimostra più forte della protagonista dell’ Adelchi, che, invece, preferisce morire, rinunciando anche ad eventuali riscatti di tutti i mali subiti, perché confida nel fatto che nell’aldilà raggiungerà la purificazione e la felicità eterna. “Il sugo di tutta la storia”26 Manzoni ha introdotto nella nostra letteratura il romanzo storico con la finalità di dimostrare che anche le umili vicende domestiche di gente meccanica27 possano essere interessanti e istruttive. Nel romanzo gli umili hanno una miglior fortuna dei potenti. La forza degli oppressi è la fede nella Provvidenza e Lucia, colei che ha più fede, risulta infatti il personaggio più forte e determinato. Manzoni conseguì studi classici che davano un’immagine della donna ben diversa rispetto a quella che poi avrebbe descritto nelle sue opere. Nei poemi epici, infatti, la donna era considerata ingannevole e traditrice ed era l’uomo che aveva il compito di redimerla e di rimediare ai suoi errori. Perfino nell’Antico Testamento la colpa della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso viene attribuita ad Eva, cioè alla donna. Manzoni fu uno dei primi scrittori che scelsero come protagonista, come modello da seguire una donna umile; egli ne evidenzia i pregi e le virtù e rende le differenze con gli uomini un punto di forza e non di debolezza. Fa comprendere che la felicità non era dovuta dalla quantità di potere che si ha ma alla quantità di fede. Spesso le donne nei romanzi interpretavano ruoli di poca importanza e venivano esaltate per la loro bellezza e non per le loro qualità morali. Manzoni descrive la bellezza di Lucia modesta, che passa inosservata, e si sofferma molto sulle sue qualità morali, quali la fede, l'accortezza e la calma. Nel romanzo Lucia è rappresentata come portatrice di grazia, infatti tutte le persone che entrano in contatto con lei migliorano. Solamente la monaca di Monza e la vecchia serva dell' Innominato, sebbene rimangano comunque colpite positivamente da lei, non vengono redente. Nonostante la preferenza che Manzoni ha per la povera gente sia evidente, non bisogna dire che la storia possa essere fatta solo dagli umili. Per rendere vera la storia di un’età occorre considerare sia umili che potenti. Non sarebbe nata l’avventura di Renzo e Lucia e di conseguenza la stesura de I Promessi Sposi se non ci fosse stata la prepotenza di un 26 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVIII 27 A. Manzoni, I Promessi Sposi, Introduzione nobile come don Rodrigo. Manzoni attraverso l’esaltazione del personaggio di Lucia ha il coraggio di confutare la concezione maschilista, l’ideale di uomo eroico e protagonista contemporaneo alla sua epoca, per dare una diversa connotazione, positiva, alla figura femminile. La società in cui viviamo, pur affermando di considerare sullo stesso piano uomini e donne, pensa ancora che queste possano rivelarsi un ostacolo all’attività lavorativa o per l’apparente fragilità fisica o per un’eventuale gravidanza. Pensiamo invece che ogni donna possa essere la Lucia finora tanto lodata e quindi altrettanto degna di considerazione. Meravigliosa immagine delle donne Ora lasciamo parlare Manzoni che, in uno dei più commoventi passi de I Promessi Sposi, ci mostra come le donne danno la vita e aiutano a vivere: “Qua e là eran sedute balie con bambini al petto; alcune in tal atto d’amore, da far nascere dubbio nel riguardante (…) attirate da quella carità spontanea che va in cerca de’ bisogni e de’ dolori. Una di esse, tutta accorata, staccava dal suo petto esausto un meschinello piangente (…). Un’altra guardava con occhio di compiacenza quello che le si era addormentato nella poppa, e baciatolo mollemente, andava in una capanna a posarla sur una materassina (…). Una accorreva alle grida di un bambino affamato, lo prendeva, e lo portava vicino ad una capra, e glielo presentava alle poppe (…). Quella portava in qua e in là il suo, ninnandolo, cercando, ora d’addormentarlo col canto, ora d’acquietarlo con dolci parole”28. 28 A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXV