Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!

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Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!
SECONDO CLASSIFICATO
SEZIONE TESINA BIENNIO
“Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco!”1
La funzione catartica della donna manzoniana
di Giulia Boccianti, Valerio Cerracchio, Ludovica Donato, Francesca Luglio, Giulia
Gallinella della classe VD e VA del Liceo Classico Dante Alighieri di Roma (RM)
Docente Referente: Gloria Vergantini
In tutte le opere di Manzoni la figura femminile ricopre un ruolo rilevante: è evidente la
contrapposizione tra donne molto ricche e donne molto povere che, a differenza delle
nobili, non possono disporre di beni e ricchezze materiali, ma si affidano esclusivamente
alla fede, confidando nell’azione della divina Provvidenza e per questo vengono citate
come esempi da seguire e imitare in quanto portatrici di moralità e virtù; le donne umili
rappresentate producono un effetto benefico e vivificatore sull’uomo. In questa concezione
di figura salvatrice si riflette la morale cristiana degli umili che, non trovando la felicità nella
vita terrena, confidano in un riscatto in quella ultraterrena. Secondo il Manzoni la Chiesa
(come la donna) ha il compito di redimere l’uomo, e la storia umana non è fatta da imprese
eroiche ma da piccoli progressi: sono gli oppressi a fare la storia.
Il susseguirsi di importanti avvenimenti storici durante la dominazione straniera su un’
Italia ancora indefinita che lotta per la sua unità, influisce molto sulle tematiche trattate dal
Manzoni.
Soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, infatti, erano evidenti i contrasti tra popolo
oppressore e popolo oppresso, fra ricchi che dominavano sui poveri, fra umili non degni di
considerazione e nobili che detenevano il monopolio di ogni avvenimento. Il poeta vive in
prima persona questo periodo di grandi disordini e cambiamenti politico-sociali,
partecipando attivamente al ritrovamento degli ideali patriottici, infondendo la speranza,
ormai perduta, per il processo di unificazione della penisola nei cuori degli Italiani.
Manzoni definisce, per bocca dell’Imbonati, nel Carme a lui dedicato, il suo programma di
vita e di arte: un programma insieme etico ed estetico. Scrisse a Fauriel “Io credo che la
1
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II.
meditazione di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere, e l’acerbo sentimento che nasce da
questo contrasto, io credo che questo meditare e questo sentire siano le sorgenti delle
migliori opere sì in verso che in prosa dei nostri tempi2”. Nel programma indicato nel
Carme erano così acquisiti e definiti i due termini fondamentali della poetica manzoniana:
la stimolante coscienza di “ciò che dovrebbe essere”, e, parallelamente, la costante
cognizione della realtà dell’uomo e della società in cui vive, di “ciò che è”.
Abbiamo pensato che la figura che rispecchia maggiormente le virtù espresse nel carme
sia quella di Lucia, per la creazione della quale Manzoni impegnò metà della sua vita
come scrittore nella lunga stesura de I Promessi Sposi.
Lucia … sentir o meditar?
Partendo dalla scelta del nome stesso si nota che Lucia deriva dal latino lux, luce; colei
che, come la Grazia Divina, dà il lume della ragione a tutti coloro che incontra, diffondendo
intorno a sé i valori cristiani più autentici. Lo stesso concetto di illuminazione divina si
ritroverà più volte, per esempio, parlando della fiamma dello Spirito Santo3 nella
Pentecoste.
Dai primi accenni descrittivi già si nota il suo carattere pio e devoto: “I neri e giovanili
capelli si ravvolgevan in cerchi molteplici di trecce che si dividevano all’intorno quasi a
guisa de raggi d’un’aureola”4. Lucia è descritta da Manzoni come una ragazza
apparentemente fragile e indifesa, ma in realtà fortissima perché sorretta da una profonda
fede nella Provvidenza. Questa apparente ambiguità viene espressa da Don Abbondio
che parlando di Lucia dirà “quest'acqua cheta, questa santerella, questa madonnina
infilzata”5 volendo descrivere un personaggio remissivo che non si oppone agli ordini
altrui, religiosa e fedele ma inattiva. In realtà Lucia è molto caparbia e perseverante nei
suoi obbiettivi (“de la meta mai non torcer gli occhi”6). La sua tenacia è espressa in
2
Lettera a Fauriel, 1806.
3
A. Manzoni, La Pentecoste, vv. 33-34
4
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II
5
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVIII
6
A. Manzoni, In morte di Carlo Imbonati, vv. 208-209
particolar modo nell’episodio di Fra Galdino7, quando decide di dare al Cappuccino più
noci, nonostante l’opposizione della madre, solo per raggiungere lo scopo di far arrivare
prima il suo messaggio a Fra Cristoforo; inoltre Lucia preferisce prendere i voti affidandosi
esclusivamente a Dio pur di non cadere nelle mani di Don Rodrigo (“Non far tregua coi vili
…”8). Si rivela forte d’animo di fronte al male, è sempre disposta a difendere i suoi principi
morali, senza distogliere lo sguardo dalla meta.
Le caratteristiche che appartengono alla sua personalità sono il pudore, la compassione,
l’innocenza, la bontà d’animo e la sensibilità. L’elemento distintivo di Lucia è la purezza
che, in varie occasioni, le fa comparire sul volto quella “casta porpora”9 delle vergini,
segno di un’innocenza che cela nel profondo i sentimenti più puri. Questo rossore è
accostato a quello di Gertrude (“Era verecondia? Chi avesse osservato una rapida
espressione di dispetto che accompagnava quel rossore, avrebbe potuto dubitarne; e
tanto più se l’avesse paragonato con quello che di tanto in tanto si spandeva sulle gote di
Lucia”10): spontaneo e verecondo quello che sorge incontrollato sulle guance di Lucia,
indispettito quello della nobile religiosa.
Influenza positiva di Lucia sui personaggi maschili del Romanzo
Lucia e l’Innominato
Il dramma dell’Innominato è quello di un uomo che ha avuto tra le mani il potere di
sottomettere la vita di molte persone, ma che, di fronte allo sguardo mite e forte di Lucia,
dà libero sfogo all’ansia di liberazione da sempre soppressa con la violenza.
L'Innominato scorge nell'incontro con Lucia un segno, una luce che lo porta alla
conversione. Si ritrovano infatti, eccezionalmente faccia a faccia, singolarmente uniti nelle
loro sorti, l’oppressore e l’oppressa.
L’Innominato, apparentemente il più forte, trae proprio da questo incontro la massima
7
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. III
8
A. Manzoni, In morte di Carlo Imbonati, vv. 213
9
A. Manzoni, La Pentcoste, vv. 131
10
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. IX
angoscia. La voce imperiosa di lui, negativa (“No”),11 si fonde con quella di Lucia, positiva
(“Dio perdona tante cose per un opera di misericordia”),12 e diventa il richiamo implacabile
della giustizia, la rivolta della coscienza.
I primi segni di un pentimento da parte dell’Innominato già si erano manifestati con una
prima crisi interiore, in cui gli stati d’animo rimangono indeterminati e non arrivano a
costituire ancora un pensiero consapevole: sente un’uggia, un rincrescimento della
memoria, un certo disprezzo e ripugnanza per le sue scelleratezze. Ma nel momento in cui
questo “sentire” diventa un “meditare” consapevole, egli inizia a porsi delle domande,
acquisendo consapevolezza attraverso una crisi esistenziale che lo porta ad avere una
nuova visione della vita (“Invecchiare! Morire! E poi?”).13 L’Innominato collega il pensiero
della morte all’immortalità dell’anima, rendendosi conto che la sua condotta durante la vita
terrena, determinerà le pene che dovrà scontare dopo il giudizio divino (“Quel Dio di cui
aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo non si curava né di negare né di
riconoscere, occupato a vivere soltanto come se non ci fosse, ora, in certi momenti di
abbattimento senza motivo, di terrore senza pericolo, gli pareva sentirlo gridar dentro di
sé: Io sono però”).14
Da ciò scaturisce l’inizio della sua conversione. Si attua così un capovolgimento
paradossale: Lucia che si trova in un momento di massima debolezza, risulta la più forte,
dotata di una forza non sua ma di Dio, mentre l’Innominato, che dispone della vita di lei, è
lo sconfitto.
Lucia e Renzo
Renzo, pur essendo il protagonista maschile del Romanzo, ricopre un ruolo secondario,
tanto che il suo nome non era ancora definito nella Ventisettana. Anche Renzo è
considerato un umile, un oppresso, ma affronta i problemi in maniera molto diversa da
Lucia; il suo è un temperamento risentito, non disposto a subire soprusi, è impulsivo, pur
non lasciandosi accecare completamente dall’ira. La sua forza ed esperienza giovanile
11
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI
12
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI
13
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XX
14
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XX
viene accompagnata da un ingegno ineducato ma perspicace, pieno di spontaneità e di
originalità nei suoi giudizi e nelle sue mosse improvvise.
Sebbene apparentemente sembri l’opposto di Lucia, egli presenta comunque alcune
somiglianze con quest’ultima: è sorretto da una profonda fede nella Divina Provvidenza e
lotta contro le ingiustizie subite dagli umili. Tuttavia affronta i problemi istintivamente,
risultando a volte maleducato e aggressivo. Lucia, come annunciata dal suo nome,
costituisce una vera e propri luce nella confusione mentale di Renzo.
Già nel secondo capitolo dei Promessi Sposi, quando Renzo è preda dei sogni di vendetta
nei confronti di don Rodrigo, il pensiero di lei (“E Lucia?”)15 imprime una svolta ai suoi
proponimenti, disperdendo le “bieche fantasie” di enunciati contrastanti, sempre più estesi
e drammatici.
Forse se da una parte l’indole di Renzo avrebbe potuto indurlo ad avere come primo
impulso l’omicidio, dall’altra la sua bontà d’animo lo trattiene causandogli una crisi
interiore, ma è grazie al pensiero di Lucia che rinuncia alla sua vendetta, formulata con
tanta ricchezza di particolari ma con altrettanti dubbi; Lucia, infatti, gli ricorda la sua fede
religiosa e infonde in lui la speranza che lo aiuta a superare le avversità.
Possiamo dunque dire che Renzo rappresenta il “sentire” e Lucia il “meditare” che si
contrastano e, allo stesso tempo, si completano.
15
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. II: “Si figurava allora di prendere il suo schioppo,
d'appiattarsi dietro una siepe, aspettando se mai, se mai colui venisse a passar solo; e,
internandosi, con feroce compiacenza, in quell'immaginazione, si figurava di sentire una pedata,
quella pedata, d'alzar chetamente la testa; riconosceva lo scellerato, spianava lo schioppo,
prendeva la mira, sparava, lo vedeva cadere e dare i tratti, gli lanciava una maledizione, e correva
sulla strada del confine a mettersi in salvo. "E Lucia?" Appena questa parola si fu gettata a
traverso di quelle bieche fantasie, i migliori pensieri a cui era avvezza la mente di Renzo,
v'entrarono in folla. Si rammentò degli ultimi ricordi de' suoi parenti, si rammentò di Dio, della
Madonna e de' santi, pensò alla consolazione che aveva tante volte provata di trovarsi senza delitti,
all'orrore che aveva tante volte provato al racconto d'un omicidio; e si risvegliò da quel sogno di
sangue, con ispavento, con rimorso, e insieme con una specie di gioia di non aver fatto altro che
immaginare.”
Lucia e il Nibbio
Il Nibbio, come tutti i bravi, rappresenta il prodotto naturale, logico, delle ingiustizie, delle
sopraffazioni, delle violenze del governo debole ed oppressore del secolo in cui Manzoni
ambienta I Promessi Sposi. Ma, per la vita del bravo, l'incontro con Lucia costituisce una
vera e propria rivoluzione. Per la prima volta prova tenerezza, pietà, compassione per un
altro essere umano (“M'ha fatto troppa compassione… piangere, pregare, e far cert'occhi,
e diventar bianca bianca come morta, e poi singhiozzare, e pregar di nuovo, e certe
parole”).16
Lucia, con le sue paure e la sua fede incrollabile, si pone come un essere fragile e riesce
a stimolare l'istinto di protezione anche in un assassino come lui. La compassione è un
sentimento talmente nuovo che il Nibbio non lo sa spiegare (“è una storia la compassione
un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo”),17 sa solo
che in qualche modo lo fa sentire più vulnerabile. Il paragone con la paura non è casuale,
perché probabilmente questo è l'unico sentimento che, proprio come la compassione, è
capace di privare il freddo e spietato Nibbio della sua lucidità. Il Nibbio, pur essendo un
assassino, ha un animo capace di ricorrere alle maniere più dolci, perché Lucia, l'infelice
vittima, si metta tranquilla nella carrozza che la conduce al castello.
L’influenza positiva di Lucia sui personaggi femminili
La capacità illuminante di Lucia si manifesta anche verso alcuni personaggi femminili; la
stessa monaca di Monza, ad esempio, seppur apparentemente immune al fascino di
Lucia, resta colpita dalla purezza della ragazza e si compiace di parlare con lei, pensando
di espiare le proprie colpe facendole del bene (“Gertrude quasi s'indispettiva di quello star
così sulle difese (…) ma tutto si perdeva nella soavità d'un pensiero che le tornava ogni
momento, guardando Lucia: ‘a questa fo del bene’”).18
Anche la vecchia serva dell’Innominato, nel momento in cui vede Lucia pregare in nome
della Madonna, resta colpita da questa invocazione “quel nome santo e soave (…) faceva
16
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI
17
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI
18
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XVIII
nella mente della sciagurata (…) un’impressine confusa, strana, lenta, come la
rimembranza della luce, in un vecchione accecato da bambino”19.
Maria
La donna a cui si ispira Manzoni per la formazione del personaggio di Lucia è Maria, la
madre di Gesù.
Le prime analogie tra le due donne si riscontrano già nella loro classe sociale, infatti
entrambe sono di umili origini. Inoltre sono pure di cuore e senza peccato. Entrambe le
donne infondono coraggio e speranza negli uomini mediante la fede20. Ciò che le
accomuna maggiormente è, però, il loro totale affidamento alla Provvidenza, quindi ad un
essere superiore e misericordioso: Dio. Infatti è evidente nella teoria pessimistica
manzoniana che l’uomo sia destinato ad agire male, cadendo nel peccato. Maria e Lucia
rappresentano quel barlume di speranza per la serenità dell’anima di ogni uomo.
Così come Maria costituisce un modello da seguire per tutti i cristiani, nella limitata realtà
de I Promessi Sposi Lucia racchiude in sé tutti i valori cristiani dai quali ognuno dovrebbe
trarre insegnamento.
Enrichetta Blondel
“Giovinetta di eccellente cuore, non nobile, protestante, gradita a Giulia Beccaria”21.
Alessandro Manzoni vede sua moglie Enrichetta Blondel come l’incarnazione della donna
ideale e da essa trae ispirazione per il personaggio di Lucia. Come Lucia o Maria, anche
Enrichetta esercita un’influenza positiva sull’uomo, in tal caso su Manzoni, in quanto lo
guida e lo accompagna nel corso della sua vita, infondendogli il coraggio e quella fede
nella quale troverà sempre conforto. In particolar modo ricopre un ruolo fondamentale
nella conversione del’autore: cambiamento che segnerà tutta la filosofia e la produzione
poetica dello scrittore dando maggiore risalto ed un nuovo ruolo alla donna. L’influenza
positiva, benefica e purificatrice di Enrichetta si evince dal diverso stile con cui è scritto il
Natale del’33: subito dopo la morte della moglie, infatti, Manzoni assume un tono più cupo
19
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXI
20
A. Manzoni, Il nome di Maria, vv. 37-56
21
Lettera a Fauriel
che esprime la sua morale pessimistica.
Tuttavia lo scrittore prosegue con essa il cammino della fede: la sua onestà intellettuale e
l’umile forza che vede in sua moglie si saldano in un pensiero che ancora oggi appare
come un sistema razionale e un’attitudine morale di altissimo profilo.
Rebecca, “così impavida davanti alla morte!”22
Manzoni si è ispirato molto nello scrivere I Promessi Sposi all’unico romanzo storico
esistente prima: Ivanhoe di Walter Scott. Si contano molte somiglianze tra i due romanzi
non solo riguardanti la struttura, ma anche i personaggi, in particolare il personaggio di
Rebecca.
Rebecca è una giovane fanciulla ebrea (“figlia di una razza maledetta”)23 con “gli occhi
brillanti, le sopracciglia superbamente arcuate, il naso aquilino e ben disegnato, i denti
bianchi come perle, le folte trecce nere che, avvolte in piccole spirali di riccioli scendevano
su un corpo delizioso”24.
Come Lucia, Rebecca è molto devota alla sua religione ed è disposta a morire per essa e
per i suoi ideali (“così giovane, così bella, così impavida davanti alla morte!”).25 Anche lei,
come Lucia davanti all’Innominato, dimostra coraggio e coerenza di fronte il suo rapitore
Brian de Bois-Guilbert.
L’influenza positiva di Rebecca influisce in particolar modo sul padre, che senza di lei
sarebbe perduto e sul protagonista Ivanhoe, che guarisce grazie alle sue medicazioni su
una ferita che si era procurato in un duello. Si può dire che anche il suo rapitore Brian de
Bois-Guilbert, innamorandosi di lei, migliori, poiché comprende il suo valore morale e la
giudica senza considerare i pregiudizi relativi agli ebrei.
Rebecca, per essendo umile d’animo come Lucia, a differenza di lei è ricca, ma
nonostante ciò ignora cosa sia l’avarizia e l’avidità. Infatti nell’epoca in cui vive l’unica
difesa che gli ebrei avevano contro i soprusi era proprio la ricchezza e l’aiuto delle
22
Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXIX
23
Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXV
24
Walter Scott, Ivanhoe, cap. VII
25
Walter Scott, Ivanhoe, cap. XXXIX
persone della propria comunità.
Confronto con le altre donne manzoniane
Altre figure femminili rappresentate dal Manzoni non hanno la stessa rilevanza di Lucia,
ma presentano rispetto ad essa numerose differenze che ne determineranno le diverse
sorti. Ne I Promessi Sposi l’autore riserva un intero capitolo alla descrizione di Gertrude,
come a volerne evidenziare i contrasti con Lucia rendendo ancora più netto il loro essere
l’una l’opposto dell’altra. Infatti Gertrude mostra una personalità complicata e ambigua,
dalla quale si percepisce molta sofferenza; il suo carattere così volubile e aggressivo è il
risultato delle pressioni psicologiche dei parenti e dell’ambiente corrotto in cui è vissuta. Le
sofferenze che ha patito l’hanno portata a chiudersi in sé e a dubitare della stessa fede
per la quale avrebbe dovuto prendere i voti, sulla quale Lucia, invece, non ha mai
tentennato. Gertrude appartiene alla classe sociale dei nobili ma, nonostante ciò, non è
riuscita ad ottenere la felicità nel corso della sua vita. Invece Lucia con la sua povertà e le
sue umili pretese riuscirà a raggiungere i suoi obbiettivi.
Un altro personaggio che, come le figure umili delle opere manzoniane, confida nella
felicità eterna dopo la morte, è Ermengarda. Essa, al contrario di Lucia, è di nobile origine,
essendo la figlia del re dei Longobardi ma, esattamente come lei, si ritrova a soffrire non
per sua colpa; discende da una stirpe di oppressori, ma è considerata oppressa,
devastata dal dolore per il rifiuto dell’uomo che tanto ama. L’amore che prova per Carlo, il
marito che l’ha ripudiata, è devoto, struggente, quasi logorante, mentre quello di Lucia per
Renzo è meno percepibile, appena accennato, più quieto, anche se altrettanto forte.
Ermengarda può essere considerata quasi come una martire, perché muore per qualcosa
in cui crede fermamente: resa folle dal dolore, essa infatti si lascia andare alla morte, con
la mente invasa dai piacevoli ricordi di quando una volta era stata felice. Lucia, invece,
sebbene anche lei sia costretta a sopportare tante difficili situazioni, le affronta,
sacrificandosi, ma riuscendo sempre a vincere la sofferenza. In questo si dimostra più
forte della protagonista dell’ Adelchi, che, invece, preferisce morire, rinunciando anche ad
eventuali riscatti di tutti i mali subiti, perché confida nel fatto che nell’aldilà raggiungerà la
purificazione e la felicità eterna.
“Il sugo di tutta la storia”26
Manzoni ha introdotto nella nostra letteratura il romanzo storico con la finalità di dimostrare
che anche le umili vicende domestiche di gente meccanica27 possano essere interessanti
e istruttive.
Nel romanzo gli umili hanno una miglior fortuna dei potenti. La forza degli oppressi è la
fede nella Provvidenza e Lucia, colei che ha più fede, risulta infatti il personaggio più forte
e determinato.
Manzoni conseguì studi classici che davano un’immagine della donna ben diversa rispetto
a quella che poi avrebbe descritto nelle sue opere.
Nei poemi epici, infatti, la donna era considerata ingannevole e traditrice ed era l’uomo
che aveva il compito di redimerla e di rimediare ai suoi errori. Perfino nell’Antico
Testamento la colpa della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso viene attribuita ad Eva,
cioè alla donna.
Manzoni fu uno dei primi scrittori che scelsero come protagonista, come modello da
seguire una donna umile; egli ne evidenzia i pregi e le virtù e rende le differenze con gli
uomini un punto di forza e non di debolezza. Fa comprendere che la felicità non era
dovuta dalla quantità di potere che si ha ma alla quantità di fede.
Spesso le donne nei romanzi interpretavano ruoli di poca importanza e venivano esaltate
per la loro bellezza e non per le loro qualità morali.
Manzoni descrive la bellezza di Lucia modesta, che passa inosservata, e si sofferma molto
sulle sue qualità morali, quali la fede, l'accortezza e la calma.
Nel romanzo Lucia è rappresentata come portatrice di grazia, infatti tutte le persone che
entrano in contatto con lei migliorano. Solamente la monaca di Monza e la vecchia serva
dell' Innominato, sebbene rimangano comunque colpite positivamente da lei, non vengono
redente.
Nonostante la preferenza che Manzoni ha per la povera gente sia evidente, non bisogna
dire che la storia possa essere fatta solo dagli umili. Per rendere vera la storia di un’età
occorre considerare sia umili che potenti. Non sarebbe nata l’avventura di Renzo e Lucia e
di conseguenza la stesura de I Promessi Sposi se non ci fosse stata la prepotenza di un
26
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXVIII
27
A. Manzoni, I Promessi Sposi, Introduzione
nobile come don Rodrigo.
Manzoni attraverso l’esaltazione del personaggio di Lucia ha il coraggio di confutare la
concezione maschilista, l’ideale di uomo eroico e protagonista contemporaneo alla sua
epoca, per dare una diversa connotazione, positiva, alla figura femminile.
La società in cui viviamo, pur affermando di considerare sullo stesso piano uomini e
donne, pensa ancora che queste possano rivelarsi un ostacolo all’attività lavorativa o per
l’apparente fragilità fisica o per un’eventuale gravidanza.
Pensiamo invece che ogni donna possa essere la Lucia finora tanto lodata e quindi
altrettanto degna di considerazione.
Meravigliosa immagine delle donne
Ora lasciamo parlare Manzoni che, in uno dei più commoventi passi de I Promessi Sposi,
ci mostra come le donne danno la vita e aiutano a vivere:
“Qua e là eran sedute balie con bambini al petto; alcune in tal atto d’amore, da far
nascere dubbio nel riguardante (…) attirate da quella carità spontanea che va in cerca de’
bisogni e de’ dolori.
Una di esse, tutta accorata, staccava dal suo petto esausto un meschinello piangente (…).
Un’altra guardava con occhio di compiacenza quello che le si era addormentato nella
poppa, e baciatolo mollemente, andava in una capanna a posarla sur una materassina
(…). Una accorreva alle grida di un bambino affamato, lo prendeva, e lo portava vicino ad
una capra, e glielo presentava alle poppe (…). Quella portava in qua e in là il suo,
ninnandolo, cercando, ora d’addormentarlo col canto, ora d’acquietarlo con dolci parole”28.
28
A. Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXV