DIMENSIONE FRATTALE IN BIOLOGIA ED IN MEDICINA UMANA

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DIMENSIONE FRATTALE IN BIOLOGIA ED IN MEDICINA UMANA
DIMENSIONE FRATTALE IN BIOLOGIA ED IN MEDICINA UMANA
Studi ulteriori
BUDETTA GIUSEPPE COSTANTINO
Abstract.
Nell’organismo umano, esistono fattori che contribuiscono a rendere stabili i suoi sistemi
frattali biologici. Nel presente lavoro di anatomia comparata e di fisiologia, illustro alcuni
di questi sistemi ad invarianza di scala; descrivo le principali forze che li determinano, li
regolano e stabilizzano. Riporto altresì alcune patologie, collegate alle alterazioni della
(FD) dimensione frattale. La ricca bibliografia consultata mi ha dato modo di tracciare
importanti correlazioni come quello tra due dimensioni frattali: del sistema nervoso
centrale e della circolazione sanguigna cerebrale.
Suddivisione della ricerca e sue finalità.
Questo studio è diviso in due parti ed è un ampliamento di uno analogo precedente dal
titolo “Sistemi frattali in biologia ed in medicina umana”. Nella prima c’è la descrizione
sommaria delle strutture con aspetti ripetitivi e tra loro proporzionali cui Mandelbrot diede
il nome di frattali. Riporto esempi di frattali biologici, in particolare della corteccia
cerebrale umana e le possibili implicazioni mediche. Nella seconda parte, approfondisco
alcuni argomenti introdotti nella prima, in particolare la dimensione ad invarianza di scala
del cervello umano e della circolazione cerebrale.
Premessa.
Nel 1975, Mandelbrot rendendosi conto delle correnti parallele emergenti in fisica decise
che doveva dare un nome appropriato a quelle forme, a quelle speciali dimensioni e a
quella speciale geometria. Usò il termine frattale per dimensioni frazionarie emergenti
dalla realtà e dalla fisica. Frattale è quindi un tipo di ripetizione di struttura a scale sempre
più piccole. Ogni sua frazione è simile all’insieme più ampio di cui è parte. Diversamente
dalla geometria lineare, i frattali consentono di rappresentare agevolmente l’azione di forze
similari a vari livelli di scala. Forze similari potrebbero essere anche quelle insite in un
sistema caotico. La grande macchia rossa del pianeta Giove è un vasto ovale vorticoso,
una gigantesca tempesta che non si sposta mai all’interno dell’atmosfera caotica del
pianeta, né si esaurisce. La morfologia della grande macchia rossa di Giove è immutabile
nello spazio e nel tempo, pur immersa in un sistema altamente turbolento quel’è la restante
atmosfera. Era stata scoperta nel 1665 da Gian Domenico Cassini e descritta in seguito da
Galilei. Nel 1978, Voyager 2 evidenziò che la grande macchia rossa era un uragano
immenso con rotazione anticiclonica (senso orario). Sulla Terra, gli uragani si estinguono
in pochi giorni. Osservando le immagini di Voyager 2, gli scienziati dedussero che Giove
era tutta una massa fluida in movimento. La grande macchia rossa era un sistema auto –
organizzatesi, creato e regolato dalle stesse variazioni non lineari che creano turbolenza
imprevedibile attorno ad essa. Si tratta di un caos stabile. In sintesi, la grande macchia
rossa nell’atmosfera di Giove è un sistema auto - organizzantesi creato e regolato dalle
stesse variazioni non lineari che danno turbolenza imprevedibile attorno ad essa. E’ un caos
stabile nel suo complesso: Gleick J. (1997). All’interno del disordine, possono apparire
isole di struttura. Un sistema complesso può dare origine nello stesso tempo a turbolenza
ed a coerenza. Quindi, nel caos possono esserci isole di struttura come l’attrattore di
Lorenz dimostra. Secondo alcuni, l’attrattore di Lorenz è un frattale perché ne ha la
caratteristica distintiva: complessità a qualunque livello di dettaglio. Un sistema complesso
può dare origine a turbolenza e coerenza. Un frattale è un sistema ad invarianza di scala
sospeso tra caos ed ordine. Nei sistemi naturali, la struttura dell’intero sistema è spesso
riflessa in ogni sua parte. La spiegazione potrebbe essere che le forze modellanti l’intero
sistema somigliano a quelle che ne modellano una singola parte. Infatti, un sistema è
autosomigliante se forze simili operano a vari livelli di scala.
Autosimilarità.
Due figure sono simili se hanno la stessa forma. Questo non vuol dire che basta una vaga
rassomiglianza. Una gomma può essere simile a quella vista in vetrina solo perché ha lo
stesso colore. Se però siamo sotto il dominio della matematica, simile è un termine
univoco. Ad esempio, due poligoni sono simili se e solo se hanno gli angoli uguali ed i lati
in proporzione. I due disegni qui sotto riportano un albero di felce eseguito a partire dalle
ramificazioni regolari del fusto principale.
I due alberi di felce sono un esempio di geometria frattale creata al computer secondo la
formula di Cantor:
Vedere più avanti.
Sistemi biologici reali.
Nel mondo reale, i sistemi biologici - per esempio un albero di felce – sono soggetti
all’azione di forze complesse ad ogni livello di scala nel corso del loro sviluppo. La forma
pura definita dal codice genetico è alterata per la comparsa di variazioni in apparenza
casuali. I disegni di piante frattali elaborati dai computer secondo formule matematiche
precise sono troppo perfetti per essere reali. Le elaborazioni dei computer che riflettono
alberi o altri sistemi biologici sono stilizzate perché non tengono contro degli aspetti
casuali, delle eventuali malattie e della imprevedibilità che col tempo ne alterano in parte la
conformazione. Pertanto, un frattale definisce l’aspetto essenziale di una data specie o tipo,
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non l’aspetto di uno specifico individuo. C’è un coefficiente di asimmetria K introdotto da
Cantor per spiegare la riduzione del grado di simmetria frattale e la sua evoluzione verso
un sistema caotico. Secondo Cantor, un sistema frattale è definito dalla coordinata y e
dell’ascissa x, essendo x il grado di simmetria di un frattale, secondo la formula elaborata
dallo stesso Cantor:
Sull’ascissa y avvengono le proiezioni dell’oggetto frattale in questione che è sulla
coordinata x. Queste proiezioni su y subiscono un grado di deformazione più o meno
ampio, oppure non ne subiscono (se k è uguale a 0), dopo aver intersecato la curva del
coefficiente di riduzione della simmetria, data dal valore di K. Più la curva K aumenta di
valore, discostandosi dalla ascissa y e più aumenta l’asimmetria insita in un dato sistema
frattale riportato sulla coordinata x.
- Tab. ω, a)- Principio di asimmetria all’interno di una distribuzione di linee parallele di
Cantor. Il centro di asimmetria C è proiettato ai punti d, e, f, della distribuzione
asimmetrica per K = 0, 1, 2, 3, rispettivamente. Punti limite della configurazione iniziale
per x = 0 ed 1, sono riprodotti nei punti y = 0 ed 1, rispettivamente. Tab. ω, b) La
trasposizione di un perfetto frattale di Cantor in uno asimmetrico. In b, la linea che indica
il coefficiente di asimmetria K forma un’ampia curva che lo allontana dall’ascissa y.
Tab. ω, a - Tab. ω b
ESEMPIO DI PARAMETRO DI ASIMMETRIA SECONDO CANTOR
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Uso della teoria dei frattali nel campo delle neuroscienze.
Vaste applicazioni nelle neuro – scienze trova l’analisi che si basa sulla dimensione
frattale (FD), già usata in altri campi d’indagine. Fernàndez E & Jelimek Herbert F. (2001)
dicono le la dimensione frattale può servire alla classificazione dei neuroni in base alle
caratteristiche morfologiche delle ramificazioni. Partendo da alcuni parametri di base, si
può avviare l’analisi della geometria frattale applicata ad una data cellula dell’organismo,
ad un tessuto o ad uno specifico organo. Per quanto riguarda le cellule nervose, le loro
funzioni sono in gran parte dipendenti dalla relativa struttura. Per capire come un neurone
integri le migliaia di punti sinaptici al fine di generare una risposta appropriata, è
necessaria la completa conoscenza della geometria e morfologia cellulare.
Problematica.
Si può avanzare questa breve classificazione.
• Esistono strutture biologiche frattali che oltre un certo limite passano in un nuovo
sistema frattale di diversa conformazione e funzioni (trachea ed albero bronchiale)
• Esistono strutture biologiche frattali isolate, ma che si ricollegano ad un frattale di
ordine superiore (molti tipi di neuroni col sistema macroscopico delle
circonvoluzioni cerebrali).
• Strutture biologiche frattali isolate (le penne degli uccelli).
1) Esempi di strutture biologiche frattali che si continuano in un nuovo sistema frattale.
Nei ruminanti (bovini, pecore, capre, bufali, bisonti, cervi, alci ecc.), sono presenti i
prestomaci: rumine, reticolo ed omaso. A livello dei prestomaci, c’è una microflora e
microfauna batterica e protozoaria formata da batteri, protozoi e lieviti. Questa
micropopolazione simbionte è in grado di fermentare la cellulosa delle piante. In sintesi,
questi animali trasformano l’erba di cui si nutrono in carne. La mucosa di questi pre –
stomaci ha tipica morfologia frattale che è data nel rumine delle papille fogliate tra loro
somiglianti, nel reticolo da numerose cellette esagonali nelle quali sono presenti cellette
minori similari. Nell’omaso, esiste una successione regolare di lamine, detta ciclo delle
lamine: I – IV – III – IV – II – IV – III – IV. Le pliche (o lamine della mucosa) di I ordine
sono le più alte; quelle di IV ordine le più basse. Queste estroflessioni della mucosa con
regolarità di scala, intrinseche in ogni pre - stomaco scompaiono nel quarto stomaco o
abomaso, o stomaco ghiandolare vero e proprio. Nell’abomaso, esistono pliche della
mucosa anche molto alte, disposte lungo l’asse longitudinale dell’organo, ma sono
irregolari. Però, nell’abomaso è individuabile un altro sistema frattale, collegato alla
funzione escretoria dell’organo: le fossette gastriche con morfologia regolare, ad invarianza
di scala, appunto. Per quanto riguarda gli aspetti della mucosa interna dei prestomaci nei
ruminanti, la struttura frattale collegata alle pliche della mucosa viene meno nel IV
stomaco o abomaso, dove però si riscontra un’altra conformazione molto regolare data
dalle fossette gastriche in cui sboccano ghiandole tubulari semplici. L’attrattore di Lorenz di cui ho accennato nella premessa – si ricollega alle tre equazioni:
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dx = a (y – x) ; dy = bx – y – zx ; dz = xy - cx
dt
dt
dt
dove x, y, z sono le variabili da osservare ed a, b, c, sono le costanti. Nell’abomaso (IV
stomaco dei ruminanti), esistono numerose pliche gastriche secondo l’asse longitudinale
dell’organo. Non ci sono papille. Le estroflessioni della mucosa abomasale sono irregolari
per cui i valori di x, y, z sono elevati. Però, nell’abomaso, la conformazione regolare delle
fossette gastriche conferisce valori bassi ad x, y, z. Nel rumine, reticolo ed omaso dove le
pliche della mucosa formano estroflessioni con regolarità di scala, x, y, e z sono bassi. In
senso lato nei prestomaci dei ruminanti, i valori di x, y, e z potrebbero essere collegati alla
caotica presenza della microbi simbionti che fermentano la cellulosa. Nel IV stomaco
(abomaso) la dimensione frattale formata dalle fossette gastriche e relative ghiandole
dipenderebbe dalle funzioni escretive dell’organo. Invece, le dimensioni frattali nei pre –
stomaci (rumine, reticolo ed omaso) dipenderebbero dalla presenza della microflora
simbionte, in grado di fermentare la cellulosa. Un altro esempio di un sistema frattale che
s’interrompe bruscamente, ma continuandosi con uno diverso è dato dagli anelli
cartilaginei della trachea e dall’albero bronchiale che si dirama dalla trachea stessa. In tutti
i mammiferi Uomo compreso, la trachea è formata da uno scheletro cartilagineo: gli anelli
tracheali con successione regolare e metamerica. La funzione principale degli anelli
tracheali è di mantenere beante il condotto in modo che l’aria espiratoria ed inspiratoria
possa fluire di continuo ai polmoni anche quando l’individuo dorme. Tra un anello
cartilagineo e l’altro, una lamina fibrosa dà elasticità alla trachea che segue i movimenti del
collo. Ogni anello cartilagineo è similare all’altro. Al di sopra della base cardiaca, la
trachea si divide nei due bronchi principali, ognuno dei quali penetra nel corrispondente
polmone. Nei ruminanti e nel maiale, c’è anche un terzo bronco – bronco epiarterioso
destro – che si stacca un po’ prima dei due bronchi principali e raggiunge l’apice del
polmone di destra. Nei polmoni, non esistono più anelli cartilaginei come nella trachea.
Però a questo punto subentra una nuova struttura frattale: l’albero bronchiale con le
ramificazioni, prima dicotomiche e poi monopodiche dei due bronchi principali. Man mano
che si procede in questo tipo di ramificazioni, la parete bronchiale si riduce gradualmente,
così come l’epitelio respiratorio che da pseudo – stratificato diventa via via cilindrico
semplice, cubico semplice ed infine pavimentoso semplice. Alle funzioni meccaniche della
trachea, subentrano - a livello di albero bronchiale, sue ultime diramazioni - quelle
prevalenti dell’ematosi: lo scambio gassoso tra aria inspirata e sangue circolante all’interno
dei polmoni. C’è da fare questa generica considerazione: come gli alberi dei boschi, i
polmoni (e l’albero bronchiale in essi contenuto) mantengono un rapporto costante tra aria
superficiale e volume.
Seconda considerazione. Il sistema frattale dell’albero respiratorio si modifica a seconda
delle funzioni. Nella prima parte trasporta l’aria inspirate ed espirata. Nelle sue parti
estreme permette l’ematosi. La transizione tra i due sistemi frattali nell’apparato
respiratorio avviene in modo graduale.
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2) Strutture biologiche frattali isolate che si ricollegano ad una struttura frattale di ordine
superiore.
I dendriti delle cellule del Purkinje sono percorsi in trasversale da fibre nervose e ne
intercettano i segnali. Questi dendriti sono tipiche strutture frattali perché i rami principali
si suddividono in minuscoli prolungamenti con rapporti scalari, costanti tra loro. Questo
concetto fu riportato già da Takeda et all. (1992). Qui sotto: cellula di Purkinje, A, di
fronte; B, di profilo.
Una cellula di Purkinje riceve una fibra rampicante con cui può formare fino a 26.000
contatti sinaptici. Ogni cellula di Purkinje ha anche circa 175.000 contatti sinaptici dalle
fibre parallele (e) (nel Ratto). Ogni fibra parallela (e) ha contatto con numerosissime
cellule del Purkinje. Attraverso i nuclei cerebellari, gli assoni delle cellule del Purkinje
sono la principale via efferente del cervelletto. Isaeva V.V. (2004), usando il metodo Box
counting per calcolare la dimensione frattale (D) rileva nelle arborizzazioni dendritiche di
alcuni neuroni di pesci teleostei (Pholidatus dybowskii, Oncorhynchus keta) una struttura
frattale simile a quella descritta da altri autori come Chris C. (1991), Kiselev, V. G., et
all.(2002), nel cervello umano. Caserta F. et all. (1990), Fernàndez E. et all. (1994)
affermano che la dimensione frattale può essere un parametro per quantificare la
complessità dei bordi di un neurone. Secondo Montague P.R. et all. (1989), Montague P.R.
et all. ( 1991), la dimensione frattale serve a determinare in che modo le ramificazioni di un
neurone riempino il suo campo dendritico. Le cellule nervose cerebrali si ricollegano ad
una struttura frattale più generale come il lavoro di Anca-Larisa-Sandu et all. (2008)
dimostra. Gli Autori hanno usato la dimensione frattale (FD) nei rilievi d’irregolarità
strutturali cerebrali in pazienti schizofrenici. FD è l’unica via per poter quantificare la
complessità di forma legata alle circonvoluzioni cerebrali del cervello umano. Gli Autori
hanno ottenuto immagini MR da sette pazienti affetti da schizofrenia, comparati a soggetti
di controllo sani. Le immagini con la MR sono state segmentate e da esse è stata rilevata la
FD, tenendo conto dei seguenti parametri secondo le metodiche di Box – counting e di
quella di Minkowiski - Bouligant: rapporto sostanza grigia/sostanza bianca, volume cranico
totale, rilievi morfo - strutturali su ciascun emisfero.
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I risultati mostravano che gli schizofrenici avevano valori di FD più ampi rispetto ai
controlli sani, in riferimento al volume cranico totale e in riferimento all’emisfero destro.
In particolare, gli autori fornivano questi dati.
SOGGETTI SANI DI CONTROLLO
Volume
cranico
emisfero
destro
emisfero
sinistro
volume
cranico
emisfero
destro
emisfero
sinistro
SCHIZOFRENICI
2.470
2.479
Metodo
2.410
2.422
Box
2.421
2.419
Counting
2.536
2.546
METODO
2.474
2.486
Minkowski
2.475
2.474
Bouligant
Quindi, negli schizofrenici c’è incremento di sostanza bianca corticale che ne modifica la
normale configurazione frattale. Segnalo tre particolari (A, B, C) non riportati nella ricerca.
Particolare A) Aspetti asimmetrici dei due lobi cerebrali. In tutti i mammiferi, il lobo
destro è più ampio del sinistro, ma con minore densità neuronale. Negli schizofrenici, come
la tabella tratta dal lavoro di Anca-Larisa-Sandu et all. (2008) qui sopra mostra, il lobo
destro ha un volume superiore alla media.
Particolare B) Volume cranico totale. Homo neanderthalis, (specie umana estintasi) ebbe
un volume cranico complessivo maggiore di Homo sapiens sapiens. Idem, per specie di
delfini dell’Eocene con un volume cranico molto superiore a quello di specie attuali. La
tabella A qui di seguito è tratta da un lavoro di Marino et all. (2000) e dimostra che durante
l’Eocene, alcuni tipi di Dorotum atrox avevano volume endocranico elevato.
Tab. β:
Specie
Dorodun atrox
NHML M9265
NHML M10173
UM 93235
UM 93234
UM 94795
UM 94796
UM 97506
UM 1000139
UM 101222
volume endocranico (cm³)
800,0
785,0
1046,0
780,0
1170,0
1225,0
-
rete mirabile volume (cm³)
135,8
153,1
245,2
126,3
245,1
246,7
Con stupore, gli Autori ammettono che razze di delfini dell’Eocene avessero raggiunto
notevole massa encefalica in epoche remote. Lo sviluppo cerebrale potrebbe essere stato
favorito dalla presenza di estese reti mirabili come stabilizzatrici di flusso, vantaggio
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rispetto a razze di pesci concorrenti nel procacciamento dell’alimento. Nei calchi dei
delfini dell’Eocene, pur essendoci un notevole sviluppo del neurocranio, non sono state
segnalate asimmetrie. L’Uomo di Neanderthal vissuto circa 100.000 anni fa, in
contemporanea con Homo sapiens (arcaico), ebbe una capacità cranica di 1260 cm3,
superiore a quella di Homo Sapiens sapiens (1230). Però Homo Sapiens sapiens si giovò in
modo ottimale delle strette connessioni con il sistema circolatorio e di strutture corticali
modulari più efficienti. Aspetti analoghi sono dati dalla dimensione frattale dei microvilli
intestinali. Se alcune cellule assorbenti intestinali avessero i microvilli un po’ più lunghi,
occuperebbero lo stesso volume, ma avrebbero una maggiore superficie assorbente. Se
indichiamo con C, C1, C2,C3 … la complessità della rete nervosa cerebrale dell’Uomo nel
corso della sua evoluzione biologica, man mano che questa procede in avanti lungo la
freccia del tempo T, con l’avvento di Homo Sapiens sapiens si è avuto in contemporanea
alla riduzione volumetrica della cavità cranica, un aumento dell’efficienza della rete
neuronale del cervello (neocortex).
L’inesistente rapporto diretto tra volume cerebrale medio, intelligenza umana in genere,
quoziente intellettivo e altre attività cognitive, è stato rilevato in un lavoro di Wickett e
coll. (2000) basato su dati statistici oltre che su metodiche come la MRI. Si può fare il
seguente parallelismo. Consideriamo la massa muscolare di un cavallo e quella di un
bovino. Il Cavallo è molto più veloce del Bovino. Tra l’altro, ciò è collegato alla superiore
massa muscolare equina, in particolare per quanto concerne i muscoli della coscia e pelvi –
trocanterici esterni. La disposizione frattale dei miofilamenti di actina e di miosina nella
muscolatura scheletrica equina è simile a quella del Bovino. Ciò che si è differenziato a
livello evolutivo è stata la maggiore massa muscolare dei sopra – indicati muscoli nel
Cavallo con una contrazione più potente ed energica. Nel Cavallo, ciò si accompagna
anche ad una massa cardiaca più potente: il cuore di Cavallo pesa 3,5 Kgr. e quello di
Bovino 3,00 Kgr. I polmoni e la cavità toracica di Equino sono più voluminosi di quelli di
Bovino. A livello evolutivo, il sistema frattale riguardante la disposizione dei miofilamenti
di actina e di miosina è rimasto identico in Equino ed in Bovino. La superiore efficienza in
velocità deriva dalla massa muscolare equina più possente di quella bovina, in particolare i
muscoli pelvitrocanterici esterni e della coscia che danno la propulsione in avanti al corpo.
In riferimento al cervello umano, invece è accaduto che Homo neanderthalis avesse massa
cerebrale superiore a quella di Homo sapiens e di Homo sapiens sapiens. Ciò che ha dato
maggiore efficienza ad Homo sapiens sapiens è stata di certo una diversa organizzazione
neuronale del cervello nel suo complesso, accompagnata forse da una maggiore
concentrazione di cellule nervose in un minor volume cranico.
Negli schizofrenici, il volume cranico superiore alla media potrebbe essere collegato alle
spiegazioni testé apportate.
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Particolare C) Massa cerebrale. Citoarchitettura neuronale. schizofrenia. West Bruce J.
et all. (2003), hanno dimostrato che in soggetti normali sia il ciclo cardiaco, sia il flusso
sanguigno cerebrale umano ha un controllo non – lineare, riconducibile alla dimensione
multi – frattale. Tirch W.S. et all. (2004) hanno effettuato una ricerca su venti soggetti
svegli di varia età ai quali erano stati applicati gli elettrodi per rilievi di EEG. Durante
l’esperimento, i soggetti tenevano gli occhi chiusi. Gli Autori hanno dimostrato che
l’attività cerebrale ha cambiamenti ciclici con transizione di stato, assimilabili alla
dimensione frattale dinamica. Ci sarebbero fasi cerebrali ad alta sincronizzazione, alternate
con fasi non sincronizzate, ad elevata complessità e viceversa. Le fasi con alta complessità
avevano oscillazioni ampie con un periodo di durata media di 58.7 secondi. Questo tipo di
attività ciclica cerebrale sarebbe regolata da vari fattori e sue alterazioni di frequenza
oscillatoria sarebbero espressione di varie patologie. Risultati analoghi avrebbero
conseguito Paramanathan P. & Uthayakumar R. (2008) che hanno sviluppato un tipo di
algoritmo finalizzato all’analisi dei segnali cerebrali tramite EEG. Gli Autori hanno così
rilevato la dimensione frattale di alcune frequenze encefalografiche. La misurazione
sarebbe valida per la diagnosi di disordini del cervello e relativa sede di origine.
Il seguente grafico è tratto dalla ricerca di West Bruce J. et all. (2003), e mostra la
frequenza sanguigna rilevata con EEG dell’arteria cerebrale media. Sull’ascissa è indicata
la velocità pulsatile cm/sec. Sulla coordinata è riportata la frequenza del timbro cardiaco.
Hart B.L. et all. (2008) descrivono la cito architettura neuronale corticale nell’Elefante,
nelle grandi scimmie e nell’Uomo, affermando che la densità cellulare in queste aree
cerebrali è molto maggiore nell’Uomo rispetto alle scimmie e all’Elefante. I primati –
Uomo compreso – hanno maggiore densità neuronale, mentre l’Elefante sebbene abbia un
cervello molto pesante, ha densità neuronale molto bassa. Nell’Uomo, le interazioni tra
neuroni corticali sembrano essere più estese e determinate aree hanno una maggiore densità
cellulare. Inoltre, l’elaborazione delle informazioni a livello corticale sembra procedere più
lentamente nel cervello di Elefante rispetto a quello di un Primate. Specialità accentuate
nell’Uomo. Nei cervelli con superiori prestazioni, la capacità di elaborare informazioni
dipende dal numero dei neuroni, dalla loro disposizione spaziale, dalle prestazioni e tipo di
interconnessione, oltre che dalla distanza tra neuroni interagenti. In linea generale, un
cervello con minore connettività corticale ha lenti processi di elaborazione delle
informazioni. Nel cervello degli schizofrenici, come sottolineato dal lavoro di Anca-Larisa-
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Sandu et all. (2008) c’è incremento di sostanza bianca corticale e possibile riduzione di
concentrazione neuronale corticale che ne modifica la normale configurazione frattale e di
conseguenza il rendimento cerebrale, in senso lato. Il disegno qui di seguito è tratto dal
lavoro di Hart B.L. et all. (2008) e mostra la differente concentrazione neuronale corticale
nell’Uomo, Scimma ed Elefante.
Ritornando alla ricerca di Anca-Larisa-Sandu et all. (2008), gli Autori hanno fatto
riferimento alla struttura frattale per evidenziare irregolarità strutturali del cervello in
pazienti affetti da schizofrenia, comparati ad un gruppo di soggetti sani di controllo. Si sa
bene che i solchi e le circonvoluzioni cerebrali corticali del cervello umano hanno struttura
non completamente determinabile, usando le tradizionali metodiche di morfometria con la
MR, oppure se si fa ricorso alla geometria euclidea. In precedenza, Narr et all. ( 2004)
avevano mostrato con la MR anomalie volumetriche cerebrali. Gli Autori avevano
osservato in pazienti maschi schizofrenici anomalie nelle regioni frontali, parietali ed
occipitali. Queste anomalie riguardavano significativi incrementi dei gyri corticali
(ipergiria) in conseguenza dell’anomalo sviluppo neuronale corticale avvenuto alla fine del
secondo e nel terzo periodo di gravidanza. L’assenza di anomalie omologhe in pazienti
schizofrenici di sesso femminile e l’incremento dei gyri nel lobo frontale-superiore destro
negli schizofrenici aveva fatto concludere che nel periodo fetale squilibri ormonali sessuali,
in particolare di testosterone, avessero un ruolo importante nell’insorgenza della
schizofrenia. Nel periodo fetale, l’ormone favorirebbe le asimmetrie tra i due emisferi
cerebrali in particolare nei soggetti maschili e la complessità dei gyri in alcune aree
cerebrali. In una successiva ricerca, Katerine L. Narr et all. (2007) descrivono alcuni tipi di
asimmetrie corticali di superficie. Con tecniche di risonanza magnetica computerizzata,
Katerine L. Narr et all. (2007), hanno cercato di evidenziare relazioni, o semplici incidenze
numeriche tra le asimmetrie corticali di superficie e:
1.
l’uso preferenziale di una delle due mani,
2.
il sesso,
3.
la malattia schizofrenica.
10
Gli Autori hanno effettuato studi tramite MRI su 67 soggetti sani – trenta maschi, dieci
dei quali destrimani – ed 84 soggetti schizofrenici, 60 maschi di cui 16 non destrimani.
Indici di asimmetria computati con centinaia di aree emisferiche accoppiate sono stati usati
per rilevare eventuali influenze sull’incidenza delle asimmetrie cerebrali in base al sesso,
uso preferenziale della mano e malattia schizofrenica. L’età dei soggetti e altri fattori non
sono stati considerati. Gli Autori concludono che la TORQUE all’interno delle variazioni
emisferiche individuali sembra essere minimamente influenzata dal sesso, dall’essere
destrimane e dalla schizofrenia. Ci sarebbero altri fattori biologici come la dominanza delle
funzioni linguistiche, o altri non proprio connessi con l’eloquio. Ciò non escluderebbe la
presenza di specifiche aree cerebrali con iper – gyrificazione: aree cerebrali influenzate
strettamente dal sesso, o dalla malattia schizofrenica.
Anca-Larisa-Sandu et all. (2008) estendono il campo applicativo di questo tipo di
scoperte chiedendosi se similari anomalie collegate ad irregolarità delle circonvoluzioni
cerebrali possano essere evidenziate coi tradizionali metodi morfometrici con la MR. Sallet
et al. (2003), hanno trovato differenze cerebrali tra gruppi di pazienti schizofrenici,
paragonati a gruppi di persone normali. Le differenze più marcate erano a livello
dell’ippocampo, del Planum temporale e delle cavità dei ventricoli cerebrali. I pazienti
schizofrenici mostravano:
1. Coefficiente di asimmetria emisferica destra verso sinistra più alta che nella norma
(maggiore ampiezza dell’emisfero destro).
2. Ippocampo: il sinistro sarebbe minore del destro negli schizofrenici. Nei soggetti
normali di controllo non c’erano significative differenze di volume, né coefficiente di
asimmetria.
3. Planum temporale: non c’erano differenze significative tra schizofrenici e gruppi
normali di controllo, in riferimento al coefficiente di asimmetria e differenze di volume.
4. Ventricoli cerebrali: la ratio dei ventricoli cerebrali non mostrava significative
differenze coi soggetti normali, però le cavità ventricolari nei soggetti schizofrenici erano
mediamente più ampie. Alsop D.C. et all. (2008) descrivono la costante iperfusione
nell’ippocampo in pazienti schizofrenici rispetto a soggetti sani. Taylor S.T., et all. (1999)
descrivono una generale iperfusione del flusso sanguigno cerebrale in pazienti
schizofrenici. Le aree più intensamente coinvolte erano quelle del cingolato anteriore.
2) Dimensione frattale del flusso sanguigno cerebrale.
Jayalalitha G. et all. (2008) offrono un modello frattale di flusso sanguigno riferito al
sistema cardio – vascolare umano, ricollegandosi a leggi fisiche che regolano
l’emodinamica dei vasi sanguigni come l’equazione di Poiseuille, la legge di Darcy ed il
numero di Reynolds. Nei soggetti con patologie vascolari, i valori calcolati con le predette
formule matematiche erano molto differenti da quelli dei soggetti normali. Fattori vascolari
che possono contribuire allo sviluppo della demenza hanno crescente attenzione.
L’ipertensione arteriosa associata ad arterosclerosi è stata ritenuta una delle cause che
portano all’insorgenza dell’Alzheimer, Farkas E. et all., (2000). Secondo questi Autori,
11
nell’Alzheimer ci sarebbe un marcato decremento regionale del volume di flusso sanguigno
in particolare nella formazione ippocampale, corteccia temporale, aree parietali e frontali.
Altri hanno riscontrato strette connessioni tra demenza vascolare ed alta pressione
sanguigna. Nei pazienti con demenza senile, i valori del numero di Reynolds e quelli forniti
dalla Legge di Poiseuille sono molto alterati come affermano i seguenti Autori: Cacabelos
R. (2003), Taddei S (2001), Anderson TJ. (1999), Farkas K, et all. (2004), Kalaria RN.
(1997), Andin U et all. (2007), Hoth KF et all. (2007).
Perret e Sloop (2000), dimostrano che soggetti umani con pressione sanguigna elevata
hanno aumento di velocità sanguigna nelle carotidi comuni. Questi sono i valori:
Arteria carotide comune di sinistra di soggetti ipertesi: 72,0 cm/sec.
Arteria carotide comune di destra di soggetti ipertesi : 72,5 cm/sec.
In soggetti normali di controllo la velocità nelle due arterie è più elevata a sinistra:
Arteria carotide comune di sinistra, in soggetti normali: 63.9 cm/sec.
Arteria carotide comune di destra, in soggetti normali: 62,7 cm/sec.
Il seguente schema sintetizza alcuni aspetti del problema. Da premettere che non esiste
un rapporto costante tra alterazioni del flusso sanguigno cerebrale e l’idrocefalo cronico.
Ipertensione sistemica
↓
Incremento della velocità sanguigna cerebrale
↓
Alterazione della geometria vasale cerebrale
Numero di Reynolds alterato oltre il limite di soglia a livello dei grossi vasi arteriosi
afferenti al Poligono di Willis
↓
Alterazioni della circolazione cerebrale generale
↓
IDROCEFALO CRONICO
↓
↓
Pressione intracranica
Ventricolomegalia
↓
↓
Ipossia tissutale
Compressione vasale
↓
↓
Aumento dei liquidi intercellulari
↓
Aumento dei liquidi intracellulari e della pressione colloido osmotica
↓
Ridotta pinocitosi delle membrane cellulari di neuroni e cellule gliali.
12
Secondo Farkas e. et all. (2000), nell’Alzheimer ci sarebbe un marcato decremento
regionale del volume di flusso sanguigno in particolare a livello della formazione
ippocampale, corteccia temporale, aree parietali e frontali. Dal lavoro di Farkas et all., ho
ricavato il seguente schema.
IPERTENSIONE
↓
ARTEROSCLEROSI
↓
DEFORMAZIONE DELLA GEOMETRIA VASALE CEREBRALE
↓
RESTRIZIONE DEL LUME VASALE A LIVELLO CEREBRALE
↓
RIDUZIONE DEL VOLUME DEL FLUSSO SANGUIGNO CEREBRALE
↓
PROCESSI DEGENERATIVI DEI CAPILLARI CEREBRALI
↓
DECLINO COGNITIVO E POSSIBILE INSORGENZA DELL’ALZHEIMER
Ricerche di Ashton N., 2007; Cebral J.R. et all., 2008 ; Peinado et all. 1998,
suggeriscono che la compromessa perfusione cerebrale avvenga dopo la disintegrazione
neuronale, causa di demenza. Questi aspetti patologici dimostrerebbero strette correlazioni
tra emodinamica cerebrale e relativa dimensione frattale di specifiche aree corticali.
3) Dimensione frattale ed ippocampo umano.
L’ippocampo è una delle regioni maggiormente soggette ad anomale variazioni di
pressione sanguigna cerebrale, Lovick, T.A. et all. (1999). La regione ippocampale ha un
ruolo importante nelle funzioni mnemoniche. In diretto contatto coi ventricoli laterali,
l’ippocampo risente della loro espansione in caso di aumento del liquido cefalo spinale,
venendo soggetto a compressione. Nell’ippocampo, le variazioni di pressione sanguigna
e/o l’idrocefalo cronico comportano riduzione di pinocitosi neuronale, accumulo
intracitoplasmatico di sostanze β amiloidi ed insorgenza di Alzheimer. In soggetti con
idrocefalia cronica, Dombrowski SM et all. (2008), affermano che l’ippocampo è
direttamente coinvolto. Gli autori hanno quantificato la densità del recettore VEGFR – 2+
anti fattore di crescita degli endoteli vascolari su neuroni, glia, cellule endoteliali e vasi
sanguigni nelle regioni ippocampali CA1, CA2 e CA3, nel giro dentato e nell’ilo, mediante
metodiche d’immunoistochimica e stereologiche. La densità e la percentuale di VEGFR-2+
delle popolazioni cellulari è stata ricavata da animali affetti da idrocefalia. Si tratta di cani
con età tra 2-3 settimane fino a 12-16 settimane. Nell’ippocampo, gli autori hanno
riscontrato un aumento del 6-8 % del VEGFR-2+ nella densità cellulare ed un incremento
di oltre il doppio dello stesso anticorpo, nella densità vascolare. Questi incrementi erano
collegati ai cambiamenti volumetrici del liquido cefalo spinale. Coincidenze interessanti ci
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sono tra la ricerca di Kuang-Lin Lin e coll. (2007) e quella di Rappoport S.I. (1999).
Sembrerebbe che l’elevato indice del volume totale di sangue cerebrale rilevato da KuangLin Lin e coll. intorno ai cinque anni di vita in bambini di entrambi i sessi coincida con la
massima densità sinaptica, segnalata da Rappoport S.I., et all. nei lobi frontali.
Singolari affinità esisterebbero anche con la sintomatologia collegata all’autismo. Nella
specie umana, alterazioni di CBFr potrebbero compromettere la normale corticogenesi, in
particolare nei lobi frontali intorno ai cinque anni di età. Takashi Ohnishi et all. (2000)
hanno rilevato il quoziente di perfusione cerebrale in ventitrè ragazzi autistici mediante la
tomografia computerizzata ad emissione di positroni. Nei soggetti autistici, c’era
correlazione tra alterazioni del flusso sanguigno cerebrale regionale (CBFr) e la
sintomatologia legata all’autismo. Il CBFr risultava alterato bilateralmente nell’insula, nel
gyro temporale superiore e corteccia prefrontale sinistra. Nelle stesse regioni c’erano indici
di perfusione cerebrale alterati. Anomalie nelle regioni frontali e temporali in soggetti
autistici sono risultate anche mediante EEG e SPECT. Dawson G. e coll. (1995) hanno
rilevato quadri anomali di EEG nelle regioni frontali e temporali. George MS et all. (1992),
Mountz JM et all. (1995) con la SPECT hanno mostrato anomalie nelle omologhe regioni
frontali e corticali.
CBF: flusso sanguigno cerebrale.
ICP: presione intracranica.
CSF: liquido cerebro spinale.
MAP: pressione arteriosa media.
CPP: pressione di perfusione cerebrale.
Il ricco contingente di muscolatura liscia nelle reti mirabili encefaliche di alcune specie
come i delfini, i ruminanti comprese le giraffe, agendo sul ΔΗ di flusso cerebrale pre
arteriolare e post arteriolare regola CBF e CPP. Funzioni analoghe avrebbero le numerose
anastomosi intra ed extracraniche, sia nell’Uomo che in altri mammiferi come il Cane ed il
Gatto: ridurre l’energia cinetica del flusso sanguigno arterioso cerebrale e tramite perdite di
carico ζ, prevenire insorgenze di eccessive ICP. I valori del ΔΗ sono dati dalla differenza
di pressione sanguigna tra due segmenti vascolari. Nella specie umana, alterazioni di CBFr
potrebbero compromettere la normale corticogenesi in particolare nei lobi frontali in età
pre-puberale, come dimostrato da Takashi Ohnishi et all. (2000), Dawson G. e coll. (1995),
George MS et all. (1992) e Mountz JM et all. (1995).
Bhattacharya J. et all. (2005) hanno descritto sistemi autosimilari nel contingente
neuronale ippocampale. Neuroni interconnessi secondo fluttuazioni di lunga durata
(fluttuazioni ad ampio raggio) avrebbero dimensione frattale. la disposizione regolare dei
gruppi neuronali ippocampali comporterebbe peculiari processi neurofisiologici con
periodi di oscillazione tra ordine e caos.
14
5) Strutture biologiche frattali isolate.
Un esempio di sistema frattale isolato è dato dalle penne degli uccelli. Lo strato epidermico
più esterno è la guaina, struttura temporanea a protezione della penna in accrescimento
(schema 1). Lo strato epidermico interno si divide in una serie di comparti (creste delle
barbe) che formeranno le barbe della penna (schema 2). Le penne degli uccelli sono in
contatto diretto con il sistema caotico dell’atmosfera.
SCHEMA 1
Schema 2
15
Parte seconda
Questa seconda parte della ricerca di anatomia comparata e di fisiologia sulla dimensione
biologica frattale è divisa in quattro paragrafi (A, B, C, D). Nel paragrafo A, c’è l’elenco di
sistemi biologici riconducibili alla geometria frattale, facenti parte dell’organismo umano e
di alcuni mammiferi. Nel paragrafo B, la descrizione di un modello frattale di flusso
sanguigno riferito al sistema cardio – vascolare umano. Nello stesso paragrafo B, c’è la
formula da me medesimo elaborata del parametro FD (FD = dimensione frattale) che può
esprimere lo stato patologico o meno di un segmento di sistema cardio-circolatorio umano.
In C, descrivo la struttura frattale all’interno di ciascun rene. In D, faccio riferimento ad
una possibile struttura frattale del linguaggio umano. In E, espongo esempi di geometrie
frattali biologiche, tra loro molto vicine e con omologhe funzioni.
A) Elenco di sistemi biologici frattali in un mammifero.
Apparato respiratorio.
• Cornetti nasali. I cornetti nasali sono particolari strutture ossee collegate alla
superficie interna delle ossa mascellari (cornetti ventrali) e nasali (cornetti dorsali).
Sono due per lato, uno dorsale ed uno ventrale ed aumentano la turbolenza di flusso
dell’aria inspirata che viene ad essere meglio riscaldata a contatto con la mucosa
nasale, cedendo anche sostanze odorifere. I cornetti nasali sono fatti di una lamina
di tessuto osseo papiraceo che come dice il nome (lamina papiracea) è sottilissima,
simile alla pagina di un libro. Il cornetto dorsale si ripiega su se stesso con un
andamento dorso – latero - ventrale, l’altro ha andamento opposto. Entrambi hanno
conformazione irregolare in apparenza. La loro regolarità dipende dal grado in cui
ciascuna lamina ripiega su se stessa, dalle dimensioni rapportabili reciprocamente
(tra un cornetto nasale e l’altro) secondo aspetti di autosimilarità, dai parametri
delle loro lunghezze e larghezze all’interno delle cavità nasali.
• Al fondo delle cavità nasali, esistono altre lamine ossee dette turbinati distinte in
ecto ed endo turbinati. Queste formazioni costituiscono le masse laterali
dell’etmoide e sono arrotolate su se stesse come i cornetti nasali. Gli ecto turbinati
hanno arrotolamento in senso laterale, gli endo turbinati hanno andamento opposto
e sono più vicini alla lamina perpendicolare dell’etmoide. Sia gli endo che gli ecto
turbinati hanno conformazione regolare e similare, circondando i nervi olfattivi
terminanti nel rinencefalo, dopo aver attraversato la lamina cribrosa dell’etmoide.
• Anelli tracheali. Hanno disposizione metamerica e conformazione autosimilare.
Funzione: mantengono beante il lume tracheale, indispensabile per il passaggio
dell’aria inspirata ed espirata anche quando l’individuo dorme. Insieme con le
strutture fibrose che li uniscono, gli anelli tracheali seguono i movimenti del collo.
• Albero bronchiale. Dai bronchi principali si originano ramificazioni dapprima
secondo un tipo di divisione dicotomica e infine monopodica. La parete dell’albero
bronchiale si va progressivamente riducendo in modo da permettere l’ematosi a
16
livello degli alveoli polmonari. Nell’albero polmonare umano, Schmidt A. et all.
(2004) indicano un modello digitale elaborato secondo dati statistici. I risultati di
Schmidt A. et all. mostrano un modello asimmetrico di polmone e bronchi dalla
tipica geometria frattale. La foto qui riprodotta deriva dal lavoro di Schmidt A.
Apparato digerente.
• Microtubuli scavati nella dentina. Hanno disposizione a raggiera. Contengono
miofibrille nervose derivanti da branche del trigemino e trasmettono sensazioni
connesse al freddo ed al caldo: per lo più liquidi caldi o freddi a contatto coi denti,
mentre si beve.
• Papille linguali (fungiformi, filiformi, coniche, lenticolari, vallate). Ricevono
sensazioni di dolce, amaro, ruvidezza ecc., collegate al bolo alimentare masticato ed
insalivato.
• Creste trasversali del palato duro (creste palatine): sono conformazioni ondulate
della mucosa che si susseguono con regolarità dalla papilla incisiva fino
all’imbocco del palato molle.
• Pliche della mucosa nella superficie interna del rumine (papille fogliate), del
reticolo (cellette esagonali che ne delimitano altre più piccole e così via) e quelle
che formano il ciclo delle lamine, in omaso. Queste estroflessioni della mucosa nei
pre – stomaci dei ruminanti sono tipiche strutture ad invarianza di scala. Sono a
contatto coi microbi simbionti, preposti alla digestione della cellulosa.
• Nell’abomaso (stomaco ghiandolare dei ruminanti), c’è una diversa configurazione
frattale data dalle fossette gastriche al fondo della quali ci sono gli sbocchi delle
ghiandole gastriche, tubulari semplici producenti acido cloridrico e pepsina.
• Villi intestinali e microvilli intestinali. Il sistema dei microvilli intestinali ha la
funzione di ampliare all’ennesima potenza la superficie assorbente degli enterociti
ed ha una struttura molto regolare, ad invarianza di scala. Per esempio, la scogliera
di una costa aumenta la superficie di contatto tra litorale e mare. Funzioni analoghe
hanno i microvilli ed i villi intestinali: aumentare la superficie assorbente
intestinale. La struttura frattale viene però persa a scale superiori come nelle
ondulazioni irregolari della mucosa.
17
•
Muscolatura liscia dell’intestino tenue. La muscolatura liscia dell’intestino tenue è
controllata dai plessi intrinseci di Meissner ed Auerbach (sistema nervoso
autonomo). Questo tipo di muscolatura presiede ai movimenti peristaltici intestinali
ed ha una disposizione regolare: ad anello trasversale nella parte interna della parete
mucosale e longitudinale all’esterno. La particolare disposizione ripetitiva ed
autosomigliante della muscolatura liscia del tenue permette contrazioni regolari
(movimenti peristaltici) e la progressione dell’alimento digerito verso gli scomparti
posteriori del tubo digerente.
• Pliche semilunari dell’intestino crasso. In molte specie compreso l’Uomo, la parete
del grosso intestino ha numerose bozzerellature, separate da pliche semilunari. Ogni
bozzerellatura delimita internamente una cavità detta tasca. C’è autosomiglianza a
livello delle tasche coliche e cecali e autosomiglianza a livello delle pliche
semilunati.
• Fegato. La struttura microscopica epatica è molto regolare essendo l’organo fatto di
unità fondamentali: i lobuli epatici. Ogni lobulo ha forma di piramide tronca ed è
percorso nella parte centrale da una vena centrolobulare. Alla periferia di ogni
lobulo, ci sono gli spazi porto biliari del Kiernan. Tra spazi porto biliari e vena
centrolobulare, è presente una rete di speciali capillari sinusoidali, contenenti
cellule stellate con proprietà fagocitarie e granuloplessiche. Questa struttura bulare
a piramide tronca si ripete con regolarità in tutto il parenchima dell’organo. E’ una
tipica struttura regolare, frattale ad invarianza di scala e collegata alle vitali funzioni
epatiche, sia esocrine che endocrine.
Sistema circolatorio.
• Muscolatura cardiaca. È formata da cellule autosomiglianti, separate da una
membrana cellulare ispessita da desmosomi. Ogni cellula cardiaca ha nucleo
centrale ed il suo citoplasma è pieno di miofilamenti di actina e di miosina,
regolarmente disposti come nel muscolo scheletrico.
• La conformazione spaziale arboriforme del sistema circolatorio nel suo insieme è
stata analizzata nella sua dimensione frattale (FD) da molti autori tra i quali
Jayalalitha G. et all. (2008).
• I vasi sanguigni del sistema circolatorio hanno ramificazioni di tipo frattale. Dai
rami principali si staccano vasi via via di calibro minore. Ciò anche dal punto di
vista della emodinamica: la frequenza cardiaca umana normale registrata per 300,
30 e tre minuti ha fluttuazioni similari: chiaro esempio di processo temporale di tipo
frattale.
• Globuli rossi. I globuli rossi maturi umani e di molti mammiferi sono anucleati ed
hanno conformazione autosimilare. Variazioni nella loro concentrazione e forma
possono causare gravi malattie ematiche, oltre ad incidere sul coefficiente di
viscosità sanguigna.
Pelle ed annessi.
• Tessuto podovilloso e podofilloso dello zoccolo equino. Sono tessuti molto irrorati
che hanno andamento regolare ed estroflessioni che si alternano ad introflessioni
dermiche. I due tessuti s’ingranano nella struttura cornea ed amorfa dello zoccolo,
soggetta a crescita ed usura continua. Anche il tessuto cheratofilloso nella
18
superficie interna della parete cornea ha tipica struttura frattale, essendo formato da
600 lamelle cornee autosomiglianti con disposizione obliqua rispetto al suolo.
• Lo zoccolo equino è una struttura che potrebbe considerarsi frattale. La parete ha la
massima inclinazione in punta e la sua direzione rispetto al suolo si riduce man
mano che ci si porta verso i talloni e le barre. Nella parte intermedia, la parete è
perpendicolare al terreno e nei talloni e barre, la direzione s’inverte. Anche la
distanza tra il bordo superiore della parete e l’inferiore (margini coronari e margini
pre – plantari) decresce secondo parametri costanti. Idem, per la concavità della
suola e per il dinamismo e morfologia del fettone.
Muscoli ed ossa.
• Tessuto muscolare scheletrico. Le cellule muscolari striate hanno una regolare
successione di miofilamenti di actina e di miosina formanti un tipico sistema
frattale, sia nella disposizione dei miofilamenti che nei reciproci rapporti spaziali.
Questo sistema è collegato allo scheletro e presiede al movimento ed alla postura. Il
normale movimento del corpo è soggetto alla forza della gravità: 2g. La struttura
microscopica si riflette nella macroscopica. Infatti, i muscoli scheletrici si dividono
in lunghi, larghi e brevi (orbicolari e sfinterici). Tutte e tre le categorie presentano
strutture autosomiglianti, in particolare per quanto concerne la disposizione spaziale
delle cellule muscolari striate.
• Vertebre della spina dorsale. La colonna vertebrale è formata dalla successione
regolare in senso cranio – caudale di ossa con disposizione metamerica. Senza
considerare la prime due vertebre cervicali, le altre fino all’osso sacro hanno
strutture similari. Dalla terza vertebra cervicale, i processi spinosi vanno
aumentando di altezza fino alla settima (prominente). Nelle vertebre toraciche,
l’altezza dei processi spinosi aumenta fino alla quarta (negli equini) e va
riducendosi gradualmente verso le vertebre lombari. Conformazioni regolari e con
rapporti scalari esistono tra i processi trasversi delle vertebre lombari, tra le
superfici articolari degli archi di tutte le vertebre fino al sacro e tra i dischi
intervertebrali. Nelle vertebre sacrali – fuse in un unico osso – ci sono regolarità
scalari a livello delle faccette articolari dorsali e ventrali delle ali sacrali e tra i
processi spinosi.
• Dischi intervertebrali. Sono formazioni rotondeggianti biconcave di tessuto fibro
cartilagineo. Al centro del disco intervertebrale c’è una zona meno compatta, detto
nucleo polposo. Sono tra un corpo vertebrale e l’altro, formando un tipo particolare
di articolazione interbertebrale, detta sinartrosi. Sono strutture autosimilari.
• Costole. Delimitano la cavità toracica ed hanno geometria e disposizione scalare.
• Nelle ossa compatte, c’è presente una struttura ricorrente che conferisce rigidità al
tessuto osseo: gli osteomi e i canali di Havers.
Ghiandole endocrine ed esocrine.
• Strutture autosomiglianti si osservano in alcune ghiandole endocrine: tiroide,
corticale delle surrenali. La mammella – ghiandola cutanea - ha dimensione frattale,
formata dagli acini ghiandolari secernenti e da una serie di condotti, via via di
calibro maggiore.
19
Sistema nervoso centrale.
• Hutsler J. and Ralf A.W. Galuske, (2003) affermano che esiste un principio
generale di micro struttura anatomica e funzionale di corteccia cerebrale dato dalla
sua organizzazione modulare. Questi moduli sembrano attraversare verticalmente
tutti gli strati corticali, secondo un ordine simil colonnare. Le micro-colonne
anatomiche hanno un diametro di 20 – 50 μm. Questa dimensione dipende dalla
specie e dall’area corticale considerata. Le microcolonne sono formate da cellule
piramidali dalle lunghe connessioni: Buxhoeveden D.P. & Casanova M. F., (2002).
Secondo Jones E.G. (2000), formerebbero piccole unità di assemblaggio all’interno
della corteccia cerebrale. Invece, le macro colonne anatomiche possono ritenersi
zone di terminazione assoniche formate da fasci di connessione talamo-corticali
(Levay, S. et all., 1978), cortico – corticali (Innocenti, G. M., 1986) ed intrinseche
(Rockland K.S. and Lund J.S., 1983). La maggior parte dei ricercatori afferma che
le macro – colonne hanno un diametro di 200 – 700 μm.
Embriogenesi.
• Dopo la fecondazione, con una serie di divisioni mitodiche, lo zigote si trasforma in
un organismo pluricellulare. Nei mammiferi, c’è un tipo di segmentazione totale
eguale e la formazione di una morula e dopo di una blastula con cellule similari tra
loro. Nei mammiferi, a questo stadio la dimensione frattale cellulare è conservata.
Subito dopo, le cellule embrionali cominciano ad avere profonde modificazioni,
assumendo caratteri specifici. Inizia lo stadio di gastrula e la formazione dei
foglietti primitivi. Man mano che il processo proliferativo embrionale fa il suo
corso, la dimensione frattale unitaria si perde ed iniziano a comporsi altri sistemi
frattali minori fatti da gruppi cellulari omologhi. Indicando con DEF la dimensione
frattale embrionale allo stadio di morula (mammiferi) e con K il coefficiente di
asimmetria, man mano che l’embrione avanza verso la vita fetale fino alla nascita,
K tende ad assumere valori alti, virando in prossimità di un sistema caotico.
Possiamo scrivere la seguente formula:
DEF = K· n
Dove n indica il grado di complessità, proprio di un organismo vivente alla nascita.
Il valore di n continua ad aumentare durante tutta la vita del soggetto, facendo virare k
in un sistema caotico incompatibile con la vita.
20
Il disegno qui di seguito - da me elaborato – è tratto da Sisson e Grossman (Anat. degli
animali domestici) e mostra la disposizione e conformazione metamerica e scalare delle
vertebre facenti parte della spina dorsale. Anche le costole hanno tra loro rapporti scalari
costanti. Il disegno ritrae lo scheletro di un cavallo.
B) Modello frattale di flusso sanguigno riferito al sistema cardio – vascolare umano.
Partendo dal presupposto che l’autosomiglianza è la maggiore caratteristica di un oggetto
frattale, Jayalalitha G. et all. (2008) hanno studiato il flusso sanguigno nel sistema cardio –
vascolare, proponendone un modello biologico di struttura arboriforme autosimilare. Data
la regolare frequenza cardiaca, il sistema cardio-vascolare umano è un esempio di frattale.
Per confermare le loro ipotesi, gli Autori sono ricorsi alla Legge di Darcy, alla formula del
numero di Reynolds ed all’equazione di Poiseuille. Il modello elaborato ha una specifica
disposizione spaziale in lunghezza ed in larghezza dei suoi rami principali e secondari; è
21
dipendente dalla pressione sanguigna e dalla geometria vascolare ed è finalizzato ad una
corretta ossigenazione dell’organismo. Più precisamente, gli Autori hanno sviluppato un
sistema computerizzato che simula la complessità geometrica di un vaso sanguigno con
elevato numero di diramazioni, irregolarmente distribuite nello spazio 3 D (spazio
tridimensionale: lunghezza, larghezza e profondità). Gli Autori hanno rilevato la quantità di
flusso (Q = la quantità di flusso: è il volume di fluido che scorre lungo la sezione vasale in
un secondo) con la formula Q = A · V. Dove Q è la quantità di flusso sanguigno (ml/sec.);
A = l’area della sezione trasversale del vaso considerato; V = velocità del sangue. Con la
legge di Poiseuille, gli Autori hanno rilevato altri parametri di regolazione di flusso.
L’equazione di Poiseuille è:
Q = π·α4·Δp
8ηl
Dove Q è la quantità di flusso sanguigno che scorre in un vaso per un certo periodo di
tempo (per unità di tempo). Δp è la differenza di pressione (P1 – P2); η è la viscosità del
sangue espressa in POISE, l è la lunghezza del vaso. Questa legge dimostra che il
maggiore fattore di controllo della circolazione del sangue è collegato al raggio del vaso
sanguigno. Il rapporto forze viscose/forze d’inerzia è detto numero di Reynolds e si
esprime con la seguente equazione:
R = Dul
μ
D = massa volumica, u = velocità del fluido, l = lunghezza del vaso considerato, μ =
viscosità del fluido. Se il numero di Reynolds è elevato, il flusso sanguigno da laminare
diventa turbolento. Ciò può voler dire che la parete del vaso in questione è ruvida, che
possono esserci placche arterosclerotiche, o che c’è ostruzione, oppure che il lume vasale si
è ristretto nel complesso. La permeabilità vasale è data dalla legge di Darcy:
Q = - k A Δp
ηl
dove Q è la quantità di flusso, K è il coefficiente di permeabilità vasale, A è l’area della
sezione trasversale del vaso, l è la lunghezza del vaso sanguigno, η è la viscosità; Δp è la
differenza di pressione tra due estremità del vaso in questione. Il segno negativo è dato dal
fatto che il fluido in questione (il sangue) scorre da una pressione alta ad una bassa.
Attraverso il numero di Reynolds, la legge di Darcy e l’equazione di Poiseuille,
Jayalalitha G. et all. (2008) hanno ricavato dati inerenti la variazione della dimensione
frattale in varie parti del sistema cardiovascolare umano, in soggetti sani ed in soggetti con
cardiopatie ed altre alterazioni circolatorie. Questi parametri di riferimento possono essere
presi in considerazione per cure e prevenzioni di cardiopatie ed altre sindromi del sistema
circolatorio, più o meno gravi. Nella geometria frattale, i processi caotici e complessi, dopo
un alto numero d’interazioni – scambio d’azioni reciproche - si riproducono nel tempo di
crescita; creano spontaneamente delle regolarità (attrattori) dovute ad un numero di
22
variabili che rendono prevedibile lo sviluppo del processo di crescita. Il numero di
Reynolds, la legge di Darcy e l’equazione di Poiseuille dipendenti dalla frequenza cardiaca,
dal diametro vasale e dalla viscosità del sangue potrebbero giocare il ruolo di attrattori per
la regolarità di flusso sanguigno nel sistema circolatorio. I tre parametri forniti dal numero
di Reynolds, dalla legge di Darcy e dall’equazione di Poiseuille influiscono sul corretto
funzionamento non solo del sistema circolatorio sanguigno, ma anche dei restanti organi
del corpo umano. Il sistema circolatorio sanguigno non è una struttura frattale di supporto
per la fisiologia degli altri organi, ma elemento di primaria importanza. La sua struttura
frattale s’integra con quella degli organi ai quali trasporta il sangue formando un complesso
integrato ed inscindibile.
Partendo dal rapporto di base pressione sistolica/diastolica e moltiplicando questo
rapporto per la somma del numero di Reynolds di un dato segmento vasale di albero
circolatorio + il valore ricavato dall’equazione di Poiseuille, riferito allo stesso segmento e
sottraendo il totale così ottenuto per il valore negativo dato dalla legge di Darcy, otteniamo
il risultato finale che dev’essere diviso per 2g (la forza di gravità universale). Questo
parametro è la dimensione frattale (FD) del segmento di albero circolatorio in questione.
Qualora il suo valore si discosti dal corrispondente dedotto su omologo segmento
arboriforme di circolazione sanguigna, riferito a persona sana di controllo, si entra nella
patologia circolatoria con un una determinata incidenza di gravità. Pertanto, la formula che
misura il grado di patologia o la normalità di FD riferita ad un dato segmento di sistema
circolatorio è (formula, 1):
P.sist · [(Re + P) – D] · 1
(1) FD = P.diast
2g
FD = dimensione frattale riferita ad un dato segmento arboriforme di sistema circolatorio
sanguigno sott’osservazione medica. P. sist. = pressione sistolica; P. diast. = pressione
diastolica cardiaca; Re = numero di Reynolds del segmento di sistema circolatorio
sanguigno in questione; - D = valore (che è un parametro negativo) dato dalla formula
(legge) di Darcy; 2g è la forza universale di gravità. Per esempio, se applico i tre parametri
(numero di Reynolds, equazione di Poiseuille e formula di Darcy), utilizzando la
menzionata formula (1) su un segmento di arteria cerebrale media di sinistra e su alcune
delle sue diramazioni immediate, si ricava un certo valore numerico. Qualora questo valore
numerico si discosti dal corrispettivo di un soggetto normale di controllo, avendo una FD
diversa da una normale, il segmento di arteria cerebrale media di sinistra da noi
considerata, è in uno stato patologico più o meno grave.
23
B) Schizofrenia e dimensione frattale.
Lee et al. (1999), riportano alcuni dati da pazienti schizofrenici, confrontati con gruppi di
soggetti normali. Gli autori premettono che branche corticali derivanti dalla cerebrale
media si distribuiscono alla maggior parte dei lobi frontale, parietale, temporale, insula ed
arterie perforanti raggiungono molte parti dei gangli basali. Queste strutture nervose
implicate nella patologia schizofrenica presentano:
•
Ampie oscillazioni emodinamiche, variabili dal 15% al 35% rispetto alla media
della velocità sanguigna nelle cerebrali medie.
• Anomali indici di pulsazione nelle stesse arterie.
• Aumento delle resistenze periferiche nelle aree nervose menzionate.
Tenendo presente le affermazioni di Lovick sul rapporto diretto tra densità
microvascolare e densità neuronale, la formula:
Q ═ Re1 ═ K
A
Re2
Si può scrivere:
↓
Q ═ Re1 ═ D1
A
Re2
D2
= K
Dove D1 è la densità della microcircolazione arteriosa cerebrale e D2 la densità
neuronale corticale complessiva. Esistono variazioni locali di D1 e D2, ma il volume totale
della microvascolarizzazione arteriosa cerebrale così come il volume totale del sangue
arterioso cerebrale dovrebbe essere strettamente collegato alla densità neuronale corticale e
questa anche al volume sanguigno totale del sangue venoso cerebrale (V).
Tae Hyon Ha et all.(2005) hanno effettuato ricerche su due gruppi di soggetti con
patologie cerebrali. In un gruppo, c’erano persone con schizofrenia e nell’altro pazienti con
disordini compulsivo ossessivo (OCD). Gli Autori affermano che la FD (dimensione
frattale) tridimensionale applicata allo studio della superficie corticale può essere un valido
indicatore per rilevare anomalie strutturali cerebrali, incluso il valore diagnostico da
perfezionare in un prossimo futuro. Tae Hyon Ha et all. affermano che nel complesso il
volume in toto del cervello era superiore negli schizofrenici e negli OCD. Gli schizofrenici
avevano una FD (dimensione frattale della corteccia cerebrale) molto ridotta rispetto agli
OCD e anche rispetto ai soggetti sani di controllo. La seguente tabella (Tab. I) è stata
ricavata dal lavoro di Tae Hyon Ha et all. (2005).
24
tabella 1
Dimensione frattale della sup. corticale e volume del cervello in soggetti patologici e di controllo sani.
Gruppi
controlli sani
OCD
Schizofrenici
Dimensione frattale
Volume cranico
2.418
2.392
2.367
emisfero sinistro
2.413
2.383
2.354
emisfero destro
2.423
2.401
2.379
Volume tessuto cm3
materia grigia
765.09.00
materia bianca
426.02.00
CSF
204.04.00
Volume totale
cervello
1396.06.00
731.09.00
423.08.00
264.09.00
693.03.00
409.01.00
309.03.00
1420.06.00
1411.07.00
Tae Hyon Ha et all. hanno esaminato il coefficiente di CSF o fluido cerebro spinale
sulcale, importante fattore di studio per rilevare il grado di complessità della superficie
corticale. Negli schizofrenici, il CSF era più ridotto rispetto agli OCD ed al gruppo di
soggetti normali. Inoltre, gli autori hanno rilevato la dimensione frattale o FD della materia
grigia (GM) e della materia bianca (WM) che mostrava una minore superficie frattale (FD)
negli schizofrenici, rispetto ai pazienti OCD e questi ultimi una minore FD rispetto ai sani.
Variazioni del rapporto D1/D2, Re1/ Re2 predisporrebbero alla schizofrenia,
all’Alzheimer ed alla demenza senile. Disposizione frattale dei sistemi colonnari corticali
descritti da Hutsler J. and Ralf A.W. Galuske, (2003), da Buxhoeveden D.P. & Casanova
M.F., (2002) e da Jones E.G. (2000) sarebbero strettamente relazionati al flusso cerebrale
regolare e costante. Negli schizofrenici, i parametri dell’emodinamica vasale nelle arterie
cerebrali medie potrebbero essere rilevati con EEG ed i dati elaborati con la precedente
formula (1):
(1)
FD = P.sist / P.diast · [(Re + P) – D] · 1
2g
Questi parametri risulterebbero alterati in paragone con una persona normale.
Su tredici pazienti schizofrenici paragonati ad un gruppo di soggetti sani, Boostani R. et
all. (2009) hanno eseguito una ricerca con le metodiche EEG e BDLDA. L’attività
cerebrale degli schizofrenici dava segnali con maggiore frequenza ripetitiva e con minore
indice di complessità rispetto alle persone sane.
25
Fig. ε A – Variazione della densità di area a livello dei microvasi ippocampali in rapporto
ai neuroni affini alla BIOCITINA nella regione CA1. Per migliorare i parametri, l’asse
longitudinale di ciascun neurone fu diviso in 14 sezioni, ognuna rappresentata da una barra
d’istogramma allineata lungo l’asse longitudinale di uno stilizzato neurone piramidale. La
densità della superficie era la più elevata nelle regioni con più intensa ramificazione
detritica – strati molecolari oriens e lacunosum – e più bassa nello strato radiato. I dati sono
stati ricavati da una media di 21 dendriti dello strato oriens e lacunosum ed in minor
quantità da quello radiato. Dati medi da 21 neuroni.
Fig. ε A, da Lovick et al. (1999)
Si può scrivere la formula: α : β = D1 : D2
α = neuroni affini alla biotina nella regione CA1;
β = densità arteriolare ippocampale;
D1 = dimensione frattale neuronale ippocampale;
D2 = dimensione frattale arteriolare ippocampale.
26
FIG. ε B, Lovick et al. (1999)
Fig. ε B – Correlazioni (ricavate) a circa 1 μm di distanza, dei capillari propinqui, delle
arteriole e fibre nervose diaforasi positive a livello di quattro zone (A – D) in
rappresentanza dell’attività metabolica delle differenti regioni. La stessa attività metabolica
è stata ricavata lungo l’asse longitudinale dei neuroni piramidali nella regione ippocampale
CA1. Dati medi da 10 neuroni Biocitina positivi.
Schema C– Distanza media al S.E.M. espressa in μm in quattro differenti regioni (A – D)
tra neuroni piramidali dai più vicini capillari, arteriole e fibre β – nicotinammide – adenina
– dinucleotide – fosfato positive (da Lorvick, 1999).
Secondo Hagiwara Y & Kubo T. (2005) nel Ratto, a livello ipotalamico ci sono neuroni
sensibili a variazioni di pressione sanguigna e formano un sistema angiotensina II – acido
γ-aminobutirrico.
27
D) Esempi di geometrie frattali ad invarianza di scala nel sistema circolatorio sanguigno finalizzati
al mantenimento di un flusso costante di sangue.
•
Se un dispositivo di stabilizzazione della pressione idrostatica del sangue è concentrato a
livello del circolo di Willis, uno analogo dev’essere presente a livello della circolazione
venosa del cranio. Nell’Uomo ed in diverse specie di mammiferi, questo dispositivo è
individuabile alla base cranica dove in parallelo al circolo arterioso di Willis, esiste uno
omologo sottostante circolo di Willis venoso, (Fig. 1). Da me elaborata, la fig. 1 è presa
da Testut & Latariet, Trattato di Anatomia Umana (1966). I due sistemi arterioso e
venoso sono anche vicini tra loro.
Fig. 1
E) Esempi di geometrie biologiche frattali tra loro accollate e con omologhe funzioni. Per poter
bilanciare meglio le fluttuazioni di pressione idrostatica tra sistema arterioso e venoso cerebrale
(intense durante i movimenti della testa e del collo), è importante che i due poligoni arteriosi –
l’arterioso ed il venoso - siano molto ravvicinati. Questa caratteristica vascolare si osserva anche in
altre parti del corpo come nel mesentere dell’intestino (arterie e vene intestinali), a livello delle
estremità degli arti, nel collo e nei mammiferi con coda anche a livello di questa zona anatomica.
Infatti, negli animali domestici, le vene e le arterie coccigee decorrono strettamente affiancate,
28
spesso formando intricate reti artero-venose. Nell’Uomo, un valido esempio è dato dalle arterie
linguali che hanno andamento flessuoso all’interno di un organo mobilissimo come la lingua. Nel
loro decorso, le arterie sono strettamente circondate dalle vene linguali che assumono l’aspetto di
plesso venoso. Analoghe formazioni a rete di arterie e vene strettamente intrecciate si hanno
all’interno dello zoccolo nel Cavallo, come ho potuto constatare approfondendo la circolazione
sanguigna di questa regione attraverso la ricerca di Skov K., (2001) e il Trattato di Barone R.
(1983). Nello zoccolo equino, forti sbalzi di pressione idrostatica che potrebbero ripercuotersi a
livello dei capillari, sono contrastate dalle reti artero venose strettamente avvicinate tra loro. Per la
precisione, questo sistema a rete si origina dal plesso venoso ed arterioso coronale e si prolunga nel
tessuto podivilloso e podofilloso dello zoccolo (fig. 2).
Fig 2
Nei reni, invece arterie e vene non sono sempre affiancate. Questo comportamento sembra
contraddire quanto affermato. In genere, i reni sono organi fissi con minima mobilità. Fa eccezione
il rene sinistro bovino che si sposta sotto il destro, se il rumine è pieno. In questi organi, la
pressione idrostatica elevata e costante è alla base dei meccanismi di ultrafiltrazione glomerulare.
Però nei reni, vene ed arterie spesso non decorrono sempre affiancate (tranne il rene sinistro nei
bovini) perché in un organo fisso la pressione idrostatica sanguigna non ha oscillazioni, Skov K.
(2001). Più un organo è mobile – come la lingua, la coda, o le estremità degli arti – o incapsulato in
una cavità soggetta a spostamenti continui come quella cranica che segue i movimenti della testa e
più arterie e vene decorrono in stretta connessione.
Necessità di pressione idrostatica costante > rene fisso > arterie e vene non sempre affiancate
(perché il rene è fisso). C’è da dire che le arterie arciformi sono appaiate alle omologhe vene con le
quali hanno geometria similare. Pur fissi, i reni seguono gli spostamenti del corpo e sono soggetti ai
movimenti ondeggianti dei processi costiformi lombari.
Necessità di pressione idrostatica costante > cranio mobile > arterie e vene cerebrali affiancate.
29
La circolazione sanguigna renale è data dalle due arterie renali che si staccano dall’aorta.
Ognuna di esse penetra nel rispettivo organo, dividendosi nelle arterie interlobari, nelle arciformi,
nelle arteriole interlobulari, intralobulari, nelle afferenti dei glomeruli, nelle rette vere e spurie. Le
unità funzionali dei reni sono i nefroni, ognuno dei quali ha origine con una dilatazione invaginata,
detta capsula di Bowman. Ogni nefrone è autosomigliante come lo è gran parte del sistema
sanguigno intrarenale (arterie intralobari, arciformi, intralobulari, arterie afferenti dei glomeruli). Il
rapporto diretto tra pressione sanguigna, circolazione sanguigna renale, area complessiva delle
arteriole renali ed il volume dell’organo è sottolineato dalla ricerca di Skov et al. (2001). In una
popolazione di Cercopitheus aethiops, i ricercatori hanno trovato il 10% degli individui con
pressione sanguigna elevata. Si aveva la seguente patologia renale:
1. riduzione del numero glomerulare;
2. riduzione del numero delle arteriole afferenti;
3. restringimento del diametro delle arteriole afferenti;
4. aumento delle resistenze periferiche;
5. aumento della pressione sanguigna.
Gli Autori fornivano altri parametri di emodinamica renale: area media delle arteriole afferenti di
ogni rene: 370 μ m2 – controlli: 387 μ m2 .Volume corticale renale: 62,2 cm3 – controlli: 68,5 cm.3
In conseguenza della riduzione glomerulare, del numero e diametro delle arteriole afferenti,
c’era una riduzione media di area e di volume renale, in particolare a livello corticale dove sono
ubicati i glomeruli renali. All’interno di ciascun rene, dal punto di vista funzionale, il sistema
arterioso può essere ricondotto nella sua totalità ad una struttura conica – cono arterioso – con apice
nel punto di origine della corrispondente arteria renale come la figura (fig. 3) qui sotto mostra.
Fig. 3
C = circolazione arteriosa nel rene destro. D = circolazione arteriosa nel rene sinistro.
Mediamente nei mammiferi – sono da considerare individui della stessa specie – il volume dei
due coni arteriosi è direttamente proporzionale alla lunghezza AB. Più il segmento AB è lungo e
maggiore è la differenza di volume e di forma, tra cono C e quello D (a favore del cono C). In quasi
tutti i mammiferi, il rene destro è ubicato più cranialmente del sinistro. Dalla conformazione frattale
dell’albero arterioso all’interno di ciascun rene, possiamo trarre alcune costanti di emodinamica.
L’ultrafiltrazione a livello della capsula di Bowman avviene secondo la seguente formula che tiene
conto della pressione idrostatica e sistolica del sangue circolante:
Pf = Pc - ( Πe + Pe )
30
Dove: Pf è la pressione di filtrazione renale, Pc è la pressione intracapsulare, Πe è la pressione
colloido osmotica. Pe è la pressione di membrana. Le pressioni colloido-osmotica delle proteine
plasmatiche e quella di membrana dovuta alle pareti formate dall’endotelio dei vasi sanguigni e
pedicelli dei podociti, si oppongono alla ultrafiltrazione sanguigna. Tra i coni arteriosi (C e D) sono
inoltre valide le similitudini geometrica, cinematica e dinamica. La dimensione frattale del sistema
circolatorio renale permette di rilevare le tre similitudini di ordine fisico.
SIMILITUDINE GEOMETRICA
I sistemi arteriosi schematizzati nei due coni C e D, si dicono simili dal punto di vista
geometrico se c’è corrispondenza biunivoca tra gli elementi dei due sistemi, ed il rapporto di
segmenti omologhi ha valore costante L che è preso come rapporto di similitudine geometrica o
scala di riduzione delle lunghezze. Il verificarsi di tale ipotesi porta all’uguaglianza di segmenti
omologhi, di angoli omologhi, ad un rapporto tra aree omologhe (aree totali dei due coni) e ad un
rapporto tra volumi omologhi.
SIMILITUDINE CINEMATICA
Geometricamente simili, i due coni sono cinematicamente simili se il rapporto tra le velocità di
due dei qualsiasi punti omologhi si mantiene costante. Tale rapporto è indicato da V e rappresenta
la scala di riduzione delle velocità. Essendo V = L/t. Fissata la scala di riduzione delle lunghezze L,
è definita la scala di riduzione dei tempi t. All’interno dei reni, il sangue arterioso ha velocità
uniforne, però l’onda pulsatile ha picco prima nel cono più vicino al cuore (di solito il destro, che
sarebbe il rene destro).
SIMILITUDINE DINAMICA
Due sistemi cinematicamente simili, saranno dinamicamente simili se il rapporto tra le forze
omologhe agenti sui due sistemi è costante. Tale rapporto s’indicherà con F che definisce la scala di
riduzione delle forze. Affinché i due sistemi (coni arteriosi C e D) possano essere considerati simili,
devono soddisfare le seguenti condizioni.
•
Similitudine geometrica, la quale impone:
D1 = L
D2
Dl: dimensione totale del sangue arterioso nel cono C; D2: dimensione del sangue arterioso nel
cono D; L: scala di riduzione delle lunghezze.
• Similitudine cinematica la quale richiede in ciascun punto l’uguaglianza dei rapporti
delle velocità e dei relativi gradienti (L) nei due sistemi frattali (nel cono C arterioso ed
in quello D arterioso):
V = K
L
•
Similitudine dinamica che impone l’uguaglianza dei rapporti delle forze agenti
sui rispettivi sistemi frattali: in questo caso le forze di viscosità e d’inerzia. Il rapporto
forze viscose/forze d’inerzia è detto numero di Reynolds e si esprime con la seguente
equazione: R = D u l
μ
D = massa volumica, u = velocità del fluido, l = lunghezza del vaso considerato, μ = viscosità
del fluido. Numeri di Reynolds equivalenti per C e D, assicurano il verificarsi della similitudine
dinamica tra i due sistemi (cono arterioso C e cono venoso D) geometricamente simili.
R1 = K
R2
31
I due reni hanno le stesse funzioni ed utilizzano entrambi la pressione sistolica del cuore per i
fenomeni della filtrazione del sangue. Inoltre, hanno struttura simile. Si possono cogliere così
analogie. Tra l’altro, le tre similitudini indicano uno stretto rapporto tra quantità di flusso sanguigno
per unità di tempo diretto a ciascun rene ed il volume dell’organo. Anche il rapporto costante tra i
numeri di Reynolds a livello dell’origine delle due arterie renali indica valori costanti (e tra loro
direttamente proporzionali) precisamente tra volumi totali del rene destro e del sinistro. In
riferimento ai reni, tutto ciò è indice di dimensione frattale (FD). Nell’Uomo si verifica:
1. Dovendo sopportare pressioni sistoliche più elevate, l’arteria renale di sinistra è maggiore
della destra.
2. Il rene sinistro ha volume maggiore del destro.
Perché nell’Uomo, le due arterie renali (normalmente) non hanno origine simmetrica? Se ci
addentriamo nei particolari, ci rendiamo conto che ciò non è possibile. A livello dell’arteria renale
di sinistra, l’aorta addominale conserva una pur minima obliquità che si riduce ancora nel punto di
origine dell’arteria renale destra. Un ideale filo a piombo fatto cadere dall’arco aortico nel punto
d’intersezione tra questo vaso ed il piano sagittale mediano penderebbe esattamente dove si origina
l’arteria renale di sinistra (che ha calibro maggiore dell’altra). Ciò indica che la pressione sistolica
del flusso sanguigno proprio lì, si sovrappone alla idrostatica. Di conseguenza, l’arteria renale del
lato opposto (destra) non può originare sullo stesso piano (lato opposto), ma più in basso dove c’è
flusso sanguigno caotico di rimbalzo (dall’imbocco dell’arteria renale di sinistra). Questo stato
turbolento dissipa energia, contribuendo a ridurre quella sistolica del sangue. Solo cinque, sei
centimetri prima della sua terminazione, l’aorta addominale è chiaramente perpendicolare. In
genere, i reni sono organi fissi con minima mobilità. Fa eccezione il rene sinistro bovino che si
sposta sotto il destro se il rumine è pieno. Nei reni, la pressione idrostatica sanguigna elevata con
minime oscillazioni è alla base dei meccanismi di ultrafiltrazione glomerulare. Il seguente schema è
tratto da Shipkowitz et al. (1998). Nell’Uomo, le arterie renali si originano in modo asimmetrico,
prima della biforcazione terminale dell’aorta. Nel Cavallo, è l’arteria renale di destra che si stacca
prima della sinistra. Nell’Uomo (stazione eretta) avviene il contrario.
Fig. 4
Fig. 4 – Illustrazione schematica di modello di aorta addominale (umana). Le dimensioni si
basano su misurazioni in situ di proiezioni arteriose ed i dati compilati da Aronberg et al., 1984,
Bargeron et al., 1986, Caro et al., 1985, Fitzgerald et al., 1971, Horejs et al., 1988, Pedersen et al.,
1992, Ures et al., 1998, Walburn et al., 1979. Lunghezze e diametri espressi in unità millimetriche.
Dalla fig. 4, si vede che il diametro delle due arterie renali (8mm), gli angoli tra arterie renali ed
aorta addominale sono costanti (40°).
32
Fig. 5 (da Shipkowitz et al., 1998)
Fig. 6
Fig. 6, Shipkowitz et al., 1998. Distribuzione assiale della velocità nelle arterie renali nell’Uomo.
Sono riportati i valori riferiti ai numeri di Reynolds del flusso sanguigno.
A = arteria renale sinistra. B = arteria renale di destra.
33
E) Possibile struttura frattale del linguaggio umano.
La produzione del linguaggio umano particolarmente complesso ed articolato, richiede il
coinvolgimento di numerose aree nervose, nelle quali il flusso sanguigno dev’essere costante e la
velocità sistolica elevata.
Orecchio interno
↓
Collicolo inferiore
↓
Talamo
↓
Corteccia uditiva
↓
Wernicke
↓
Broca
↓
Corteccia premotoria
↓
Corteccia motoria primaria
Il linguaggio umano è collegato a strutture semantiche e grammaticali, il cui livello di
complessità si è ampliato nel corso dell’evoluzione. Gli studi sull’asimmetria emisferica compiuti
sulle impronte endocraniche di ominidi fossili sembrerebbero confermare il carattere evolutivo del
linguaggio. Analoghe asimmetrie sono state individuate anche nelle scimmie antropomorfe, capaci
di utilizzare un codice paleolinguistico - gesto-fonetico di comunicazione all’interno del gruppo.
Descrizione sintetica dei meccanismi di sviluppo del linguaggio. Stimoli visivi che dalla retina
risalgono, attraverso il corpo genicolato laterale, sino alle aree 17 e 18 di Brodman (corteccia
visiva) e gli stimoli acustici che pervengono alla corteccia associativa parieto-temporo-occipitale
(giro angolare area 39 di Brodman), sono successivamente integrati ed inviati all’area di Wernicke,
dove avviene una prima elaborazione acustica dello stimolo visivo-verbale. Veicolati dal fascicolo
arcuato, gli stimoli nervosi raggiungono l’area di Broca dove hanno sede i circuiti deputati alla
traduzione grammatico-fonetica del segnale ed allo schema sonoro della parola. Schema percettivo
e schema sonoro appartengono pertanto a distinti domini neuronali.
Gruppi di neuroni o sub-moduli presiedono all’aspetto grammaticale, sintattico e fonetico ed
hanno varie funzioni:
•
•
•
•
Struttura della frase.
Concatenamento delle frasi.
Struttura delle frasi formulate in un discorso con coerenza logico-semantica.
Struttura tematica.
In questo modo, si ha una strutturazione gerarchica delle singole parole all’interno della frase, o di
un gruppo di frasi inserite dentro un discorso con coerenza logico-semantica. I sub moduli neuronali
34
formano i diversi livelli dove le parole di una frase sono ubicate stabilmente. Sono questi livelli,
propri di una determinata popolazione e caratterizzati da invarianza di scala, a determinare la
struttura frattale del linguaggio umano.
Duschek S. et all. (2008) hanno rilevato che è molto precoce l’intervallo di tempo intercorrente tra
afflusso sanguigno cerebrale ed attività attenzionale. Cioè, perfusione e prestazioni cerebrali sono
separate da uno specifico e molto breve intervallo temporale. E’ come se due sistemi frattali - quello
sanguigno della microcircolazione cerebrale locale e dei neuroni di una determinata area corticale
preposta alla produzione del linguaggio - nella reciproca attivazione - siano separati da un lasso
infimo di tempo. Non c’è istantaneità e quindi intrinseca continuità. Il punto interessante è che
avviene prima l’attivazione di una determinata area corticale preposta al linguaggio e dopo c’è
l’afflusso sanguigno nella stessa area. Come se si scavasse una fossa con uno stretto istmo che la
separi dal mare aperto. Ad un certo punto, sistemi neuronali corticali decidono di rompere l’istmo e
l’acqua piena di ossigeno entra nella fossa (scavata dagli stessi neuroni) incrementando la specifica
attivazione neuronale.
Robins et al. (Oxford, 2001), trovarono in pazienti schizofrenici indebolimento di attivazione
nelle regioni frontali, coinvolte nella fluidità verbale. In tali regioni, il flusso sanguigno cerebrale
aumentava quattro sec. dopo l’attivazione neuronale. Cioè l’intervallo di tempo era di molto
superiore alla norma, sia pure invertito come pure accade nei soggetti sani.
Il lavoro di Poeppel (2003), mostra che alcune funzioni collegate all’ascolto del linguaggio
umano, sono lateralizzate. Poeppel afferma che il linguaggio umano è analizzato in finestre con
integrazione temporale, ciascuna diversa dall’altra. Secondo l’autore, la percezione linguistica è
mediata da entrambe le cortecce uditive di sinistra e di destra. Però l’input del segnale linguistico
avrebbe rappresentazione neuronale simmetrica bilaterale a cominciare da un livello di
rappresentazione precoce. Oltre questo livello, il segnale acustico è elaborato in modo asimmetrico
in aree corticali non primarie. In particolare, nelle aree non primarie di sinistra il segnale viaggia a
25 m/sec. Al contrario nelle aree non primarie di destra, l’integrazione temporale è di 20 m/sec.
Entrambi i campi corticali destro e sinistro contengono assemblaggi neuronali con associazioni
scalari multiple (autosomiglianti e con invarianti parametri di scala). Ci sarebbe asimmetria
funzionale collegata a specifiche funzioni acustiche relative al linguaggio. Secondo Poeppel,
l’integrazione temporale acustica presuppone l’esistenza di una attività neuronale oscillante a
differenti bande di frequenza.
Chadderdon G. and Sporns, O., (2006) affermano che le regioni corticali sono fatte da popolazioni
cellulari interconnesse a molti livelli di scala, secondo una dimensione frattale autosimilare. Nelle
aree preposte al linguaggio, la produzione di parole deriverebbe dalla specifiche dimensioni frattali.
35
RIASSUNTO
Nel 1975, Mandelbrot usò il termine frattale per speciali dimensioni frazionarie emergenti dalla
realtà e dalla fisica. Frattale è quindi un tipo di ripetizione di struttura a scale sempre più ridotte e la
sua dimensione è calcolabile con le metodiche di Box counting e di Minkowiski - Bouligant. Ogni
parte di un frattale è simile all’insieme più ampio di cui è parte. Diversamente dalla geometria
lineare, i frattali consentono di rappresentare agevolmente l’azione di forze similari a vari livelli di
scala. Attraverso il numero di Reynolds, la legge di Darcy e l’equazione di Poiseuille, Jayalalitha G.
et all. (2008) hanno ricavato dati inerenti la variazione della dimensione frattale in varie parti del
sistema cardiovascolare umano, in soggetti sani ed in soggetti con cardiopatie ed altri tipi di
alterazioni circolatorie. Questi parametri di riferimento possono essere presi in considerazione per
cure e prevenzioni di cardiopatie e sindromi del sistema circolatorio più o meno gravi. Nella
geometria frattale, i processi caotici e complessi, dopo un alto numero d’interazioni – scambio di
azioni reciproche - si riproducono nel tempo di crescita; creano spontaneamente delle regolarità
(attrattori) dovute ad un numero di variabili che rendono prevedibile lo sviluppo del processo di
crescita. Il numero di Reynolds, la legge di Darcy e l’equazione di Poiseuille dipendenti dalla
frequenza cardiaca, dal diametro vasale e dalla viscosità del sangue potrebbero giocare il ruolo di
attrattori per la regolarità di flusso sanguigno nel sistema circolatorio. I tre parametri forniti dal
numero di Reynolds, dalla legge di Darcy e dall’equazione di Poiseuille influiscono indirettamente
sul corretto funzionamento non solo del sistema circolatorio sanguigno, ma anche sui restanti organi
del corpo umano. Il sistema circolatorio sanguigno non è una struttura frattale di supporto per la
fisiologia degli altri organi, ma elemento regolatore di primaria importanza.
Il parallelismo tra Poligono venoso ed arterioso di Willis alla base encefalica, umana dimostra una
struttura ad invarianza di scala, tipica di un sistema frattale e finalizzata al mantenimento di un
flusso sanguigno costante. Le tre similitudini fisiche ricavabili dall’emodinamica dei due reni e la
geometria ad invarianza di scala dei nefroni dimostrano una disposizione ordinata ed autosimilare,
essenziale nei fenomeni di ultrafiltrazione del sangue.
I vasi sanguigni del sistema circolatorio hanno ramificazioni di tipo frattale. Dai rami principali, si
staccano vasi via via di calibro minore. Anche dal punto di vista dell’emodinamica: la frequenza
cardiaca umana normale registrata per 300, 30 e tre minuti ha fluttuazioni similari: chiaro esempio
di processo temporale di tipo frattale. I globuli rossi maturi umani e di molti mammiferi sono
anucleati ed hanno una conformazione autosimilare. Variazioni nella loro concentrazione e forma
possono causare gravi malattie ematiche, oltre ad incidere sul coefficiente di viscosità sanguigna.
Dimensione frattale è presente nei mammiferi nelle varie fasi embrionali e fetali. In particolare,
dopo la fecondazione della cellula uovo una serie di divisioni mitotiche trasforma lo zigote in un
organismo pluricellulare. Nei mammiferi, c’è un tipo di segmentazione totale eguale e la
formazione di una morula, quindi della blastula con cellule uguali tra loro. Nei mammiferi, a questo
stadio la dimensione frattale cellulare è conservata. A partire dallo stadio di blastula, le cellule
embrionali cominciano ad avere profonde modificazioni, assumendo caratteri specifici. Inizia lo
stadio di gastrula e si ha la formazione dei foglietti primitivi. Man mano che il processo di
proliferazione embrionale fa il suo corso, la dimensione frattale unitaria si perde e iniziano a
comporsi altri sistemi frattali fatti da gruppi cellulari omologhi. Dai sistemi frattali omologhi, si
formeranno i tessuti fondamentali, gli organi e gli apparati. Indicando con DEF la dimensione
frattale embrionale allo stadio di morula (mammiferi) e con K il coefficiente di asimmetria, man
mano che l’embrione avanza verso la vita fetale fino alla nascita, K tende ad assumere valori alti
virando in prossimità di un sistema caotico. Possiamo scrivere la seguente formula:
DEF = K· n
36
Dove n indica il grado di complessità, proprio di un organismo vivente alla nascita. Il valore di n
continua ad aumentare durante tutta la vita del soggetto, facendo virare k in un sistema caotico
contrario alla vita.
Nel presente studio di anatomia e di fisiologia comparata, ho anche approntato un elenco di sistemi
frattali presenti nell’organismo umano ed in alcune specie di mammiferi. Ho altresì riportato alcune
patologie cerebrali come la schizofrenia, connesse in parte od in toto ad alterazioni della FD
(dimensione frattale). Nell’ultima parte, ho affrontato un argomento di ricerca attuale che riguarda
la possibile conformazione frattale del linguaggio umano. In particolare, i gruppi di neuroni o submoduli che presiedono all’aspetto grammaticale, sintattico e fonetico avrebbero tipica
conformazione frattale, sia come singole cellule, sia nella disposizione spaziale 3D di tali specifiche
aree.
Poeppel (2003) descrive alcuni campi corticali sia nel lobo destro che nel sinistro, preposti alle
funzioni linguistiche umane. Questi campi corticali conterrebbero assemblaggi neuronali con
associazioni scalari multiple (autosomiglianti e con invarianti parametri di scala).
E’ da precisare che la dimensione frattale è solo un parametro descrittivo come l’area della
superficie dendritica, o le dimensioni del corpo cellulare di un neurone. La dimensione frattale non
implica necessariamente il coinvolgimento di alcun processo biologico, né di un qualche
meccanismo legato all’evoluzione e sviluppo cellulare.
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FI N E
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Lettera
1. spiegare nella lettera come i tre paragrafi introduttivi.
2. schizofrenia
3. similitudini come espressione di geometria frattale. Se si verificano le tre similitudini allora
c’è un sistema frattale biologico.
Illustro alcuni di questi sistemi ad invarianza di scala; descrivo le principali forze che li
determinano, li regolano e li stabilizzano. Riporto altresì alcune patologie, collegate alle alterazioni
della (FD) dimensione frattale.
Frattale è quindi un tipo di ripetizione di struttura a scale sempre più piccole.
Nella geometria frattale, i processi caotici e complessi, dopo un alto numero d’interazioni – scambio
di azioni reciproche - si riproducono nel tempo di crescita; creano spontaneamente delle regolarità
(attrattori) dovute ad un numero di variabili che rendono prevedibile lo sviluppo del processo di
crescita. Il numero di Reynolds, la legge di Darcy e l’equazione di Poiseuille dipendenti dalla
frequenza cardiaca, dal diametro vasale e dalla viscosità del sangue potrebbero giocare il ruolo di
attrattori per la regolarità di flusso sanguigno nel sistema circolatorio. I tre parametri forniti dal
numero di Reynolds, dalla legge di Darcy e dall’equazione di Poiseuille influiscono indirettamente
sul corretto funzionamento non solo del sistema circolatorio sanguigno, ma anche sui restanti organi
del corpo umano. Il sistema circolatorio sanguigno non è una struttura frattale di supporto per la
fisiologia degli altro organi, ma elemento regolatore di primaria importanza.
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