Intervento di Paolo Bailo

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Intervento di Paolo Bailo
Segni precoci di autismo nei
primi 18 mesi di vita
Paolo Bailo
Struttura Complessa di NPI
Azienda Ospedaliero - Universitaria “Maggiore della Carità”
di Novara
1° Convegno Internazionale AUTISMO
Riva del Garda –TN 29-30 settembre 2008
© 2008 P. Bailo
1
Alcune premesse
Nel mio intervento prenderò in considerazione sulla
base della mia esperienza e della letteratura
scientifica i principali segni precoci di autismo
Vorrei fare alcune premesse:
• Per ora questi segni nella massima parte dei casi
sono stati identificati a posteriori e non è ancora
possibile considerarli dei marker certi di autismo
La diagnosi di autismo attualmente resta
effettuabile solo dopo i due-tre anni
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• I segni precoci di autismo sono strettamente
correlati al periodo evolutivo del bambino
• Pur tuttavia questi studi possono essere utili per
aiutarci a capire qualcosa di più sullo sviluppo del
bambino che diventerà autistico nella speranza di
anticipare l’inizio del trattamento e di renderlo più
specifico
• Studiare questi processi precoci vuol dire anche
approfondire
la conoscenza dello sviluppo
psicologico infantile normale per cui dedicherò
del tempo anche a trattare alcuni aspetti degli
importanti cambiamenti in atto verso i 12 mesi di
vita del bambino
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Punti problematici per la diagnosi
precoce
• Dei tre disturbi base dell’autismo ( DSM-IV TR e
ICD 10) le anomalie del linguaggio e i
comportamenti ristretti e stereotipati compaiono
tardi spesso dopo i 3 anni, le difficoltà di
socializzazione sono sovente aspecifiche
e
comuni ad altri disturbi dello sviluppo.
• Ritardo nelle segnalazioni e nel riconoscimento
dei sintomi:occorre differenziare tra “età di
esordio” ed “età di riconoscimento”. Di solito
intercorrono 6 mesi tra le due età e anni tra le
prime preoccupazioni e la diagnosi definitiva
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• Una quota di bambini presenta regressione nel 2° anno dopo
uno sviluppo (quasi) normale
•
Nonostante queste considerazioni in letteratura viene
riferito un esordio dei sintomi del DSA entro il primo anno
di vita in una percentuale di casi che oscilla tra il 31% e il
55% ed entro i primi due anni di vita nel 75%-88% dei casi
(De Myer, 1979; Short e Schopler, 1988; Volkmar e al.,
1985).
• I genitori collocano sempre l’ età media di comparsa dei
primi sintomi nell’ambito del secondo anno di vita
(Fombonne e de Giacomo, 2000).
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• Va considerato che spesso i genitori non si
accorgono del deficit del bambino diversamente
dai parenti che vivono loro accanto. Questo può
costituire una difficoltà per l’attuazione di
screening precoci.
• Si verifica una sorta di esasperazione di quella
che è una naturale attitudine del genitore:
considerare il proprio bambino sempre un po’ più
avanti nello sviluppo rispetto alla realtà. Le madri,
divenendo molto attive nello stimolare il figlio,
tendono a creare un contesto che in qualche modo
mette parzialmente in ombra i comportamenti
problematici del figlio.
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• Concludendo restano incertezze sull’età di esordio
del disturbo, sulle caratteristiche specifiche dei
primi sintomi, sulle modalità di identificazione
precoce.
• D’altra parte tutti concordano nel sostenere che
l’intervento è tanto più efficace quanto più è
precoce, da tutto ciò deriva l’importanza di
studiare i segni precoci dell’autismo
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Strumenti per la rilevazione precoce
e lo studio dell’autismo
• Strumenti di screening
• Analisi di video familiari
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STRUMENTI DI SCREENING
• Il più usato e discusso di questi è la Checklist for
Autism in Toddlers (CHAT) : si avvale troppo del
rendiconto dei genitori (dei 14 item 9 derivano
dall’anamnesi e solo 5 dall’osservazione diretta)
• Sulla base di uno studio di Baird ( 2000) ha una
sensibilità del 38% e una specificità del 98%: cioè
identifica
precocemente ( a 18 mesi) un
sottogruppo di bambini che quasi al 100%
risulteranno autistici (non dà falsi positivi), ma del
campione non identifica un altro sottogruppo che
raccoglie il 60% dei bambini che svilupperà
l’autismo (dà molti falsi negativi).
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• Esplora soprattutto l’attenzione congiunta
(pointing dichiarativo e monitoraggio dello
sguardo) e il gioco condiviso
• Richiede solo 10-15’
• Identifica i casi più precoci e più gravi,
sfuggono gli autismi con regressione
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Versione modificata della Checklist
for Autism in Toddlers (CHAT)
Baron-Cohen S, Allen J, Gillberg C. British Journal
of Psychiatry, 1992, 161: 839-843.
Cattedra di Neuropsichiatria Infantile
II Policlinico - Via Pansini 5 – 80131 Napoli
Facoltà di Medicina e Chirurgia
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• Parte A (da compilare facendo riferimento alle
risposte fornite dai genitori):Si\No
• A1 ritenete che il vostro bambino provi piacere ad
essere coinvolto in giochi del tipo “dondolarlo”,
“farlo saltare sulle ginocchia”, “far finta di farlo
cadere”, etc.?
• A2 ritenete che il vostro bambino sia interessato
agli altri bambini?
• A3 ritenete che il vostro bambino provi piacere ad
esplorare lo spazio, tipo “scalare le scale”?
• A4 ritenete che il vostro bambino provi piacere a
partecipare a giochi tipo nascondere, “cucù-teté”,
“Dov’è-Non c’è più-Eccola qua!”??
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• A5 Ritenete che il vostro bambino cominci già a
giocare a giochi di finzione, tipo far finta di bere da
una tazzina giocattolo o altro?
• A6 Il vostro bambino ha già iniziato ad indicare con
il dito indice per richiedere qualcosa?
• A7 Il vostro bambino ha già iniziato ad indicare con
il dito indice per richiamare la vostra attenzione su
qualcosa?
• A8 Il vostro bambino ha già iniziato ad utilizzare in
maniera appropriata dei piccoli giochi, senza
limitarsi semplicemente a portarli alla bocca o farli
cadere?
• A9 Il vostro bambino ha già iniziato a porgervi degli
oggetti per mostrarveli?
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• Parte B (da compilare sulla base dell’osservazione
diretta da parte del medico compilatore): Si\No
• B1 nel corso dell’incontro il bambino è riuscito a
stabilire un contatto oculare con voi?
• B2 cercate di attirare l’attenzione del bambino,
quindi indicate un qualsiasi oggetto interessante
collocato in un altro punto della stanza, dicendo:
“Uh! Guarda! Guarda che cosa c’è là!”. Osservate la
risposta del bambino. Il bambino riesce a rivolgere lo
sguardo nella direzione che avete indicato? (NB. Per
siglare “SI” c’è bisogno che il bambino non si limiti a
guardare la vostra mano che indica, ma l’oggetto che
state indicando)
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• B3 cercate di attirare l’attenzione del bambino,
quindi invitatelo a fare un gioco di finzione (per
esempio, mettere a letto una bambola o versare del
caffè in una tazza). Ritenete che il bambino sia in
grado di farlo?
• B4 cercate di attirare l’attenzione del bambino,
quindi dite al bambino: “Dov’è la luce? Fammi
vedere dov’è la luce!”. Il bambino è in grado di
indicare con il dito la luce? (NB. Invece della “luce”
potete invitare il bambino ad rivolgere lo sguardo su
qualsiasi altro oggetto che ritenete utile allo scopo)
• B5 Il bambino è capace di costruire una torre di cubi
? (in caso affermativo, indicare il numero di cubi:
_________)
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Valutazione
• Alto rischio per Autismo: caduta negli item A5,
A7, B2, B3 e B4
• Lieve rischio per Autismo: caduta negli item A7 e
B4, ma superamento di almeno uno degli altri tre
(A5, B2 o B3)
• Rischio per altri problemi di sviluppo: caduta in
più di 3 item
• Nella norma: caduta in un numero inferiore ai 3
item
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Altri test di screening
• M-CHAT: si tratta di 23 item da sottoporre
solo ai genitori, sostanzialmente è un
ampliamento della CHAT senza la parte B
di osservazione diretta. Per bambini di 24
mesi, per rivolgersi anche a quelli che
avevano presentato regressione. Aumenta la
sensibilità, ma abbassa la specificità
• Studio cinese ( Wong 2004) che propone la
M-CHAT associato alla parte B (osservativa
diretta) della CHAT
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Video familiari
• Analisi di video amatoriali: permettono di
individuare le prime tappe dello sviluppo atipico
del bambino in maniera più diretta e oggettiva
seppure retrospettiva
• In Italia il gruppo di Pisa è quello che senz’altro
ha prodotto il maggior numero di ricerche con
questa tecnica
• Questa tecnica ha permesso di identificare e
documentare comportamenti associabili al DSA
nel primo anno di vita quando ancora non era
stata formulata alcuna diagnosi
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• Adrien nel 1993 nel primo anno descrisse : perdita del
sorriso sociale , ipotonia, scarsa attenzione sociale ecc.
• Osterling e Dawson ( 1994-1999) ad un anno
identificarono 4 comportamenti cruciali: contatto
oculare, risposta al richiamo per nome, pointing e il
mostrare e poi ancora più discriminanti il guardare la
persona e l’orientamento al nome
• Baranek ( 1999) ha sottolineato anche i deficit delle
capacità sensomotorie
• In linea generale si è osservato che nel primo anno i
comportamenti sociali sono meno frequenti e
richiedono un adulto molto attivo per stimolarli,
manca la spinta spontanea verso la socialità.
Eccessiva attrazione per stimoli non
sociali
Difficoltà di passare da semplici interazioni diadiche
a triadiche socialmente complesse
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• Maestro, Muratori ( 2001- 2002- 2005-2006-2008)
hanno sottolineato lo sviluppo anomalo di quelle
abilità che sostengono l’intersoggettività come
l’anticipazione dell’azione dell’altro e l’imitazione
e la preferenza, già a 6 mesi, per gli stimoli di tipo
non sociale. Importanza del motherese, della
vicinanza fisica e dell’uso di oggetti nello
stimolare il bambino che svilupperà autismo.
Inoltre hanno rilevato che pure nel caso di autismo
con regressione era possibile scorgere precoci
segnali nel primo anno di vita di sviluppo atipico
(eccessiva quota di attenzione non sociale rispetto
a quella sociale).
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• Trevarthen ( 2005) ha studiato 2 gemelle di meno
di un anno di cui una autistica, mostrando come la
relazione del padre verso quest’ultima venisse
alterata dalla mancanza di ricompense sociali e
finisse per privilegiare la semplice stimolazione
fisica.
• Danon-Boileau
(2007)
comparando
l’atteggiamento di una madre verso i suoi due
bambini a 5 mesi, ha osservato che verso quello
autistico manteneva un atteggiamento più energico
e attivo per cercare di catturarne l’attenzione.
• Ciò dimostra come il bambino co-costruisca col
genitore le modalità della loro interazione e sia in
grado di influenzare l’atteggiamento del genitore
stesso.
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• Zwaigenbaum ( 2005) studiando i fratelli di
pazienti autistici che a loro volta sarebbero
diventati autistici ha osservato che
presentavano già ad un anno atipicità negli
interessi sociali e dei comportamenti di tipo
sensoriale.
• Cioni e Muratori (2008) in uno studio
retrospettivo
hanno
evidenziato
un
repertorio povero o assente dei General
Movements tipici dell’età.
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• All’interno di questo filone di ricerca
sull’analisi dei video familiari girati per lo
più dai genitori si situa il nostro studio
(Caucino,
Bailo
e
al.
2007)
sull’individuazione di indicatori precoci del
disturbo autistico.
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23
Metodo
Sono stati presi in esame i filmati amatoriali di 18
bambini all’età di 12-15 mesi dei quali:
• 9 avevano avuto uno sviluppo normale (NOR)
• 9 erano stati diagnosticati con un disturbo
generalizzato dello sviluppo di tipo autistico
(AUT). Alla CARS punteggio >37
Nessuno dei bambini autistici presentava una
sindrome genetica associata né alterazioni dagli
esami strumentali (RMN, EEG, Baep’s)
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• Si è privilegiata la scelta del periodo 12-15 mesi in
quanto era il periodo più documentato, ma anche
perché nello sviluppo del bambino rappresenta
uno snodo di grande importanza, favorito dal
passaggio dalla relazione diadica a quella triadica
(dopo i 9 mesi) e caratterizzato dalla comparsa
dell’attività simbolica e del linguaggio verbale
• Per meglio illustrare le caratteristiche di questo
periodo evolutivo verranno presentati in modo
molto schematico i risultati delle ricerche dello
studioso tedesco Tomasello
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Tomasello
Descrive tre livelli diversi di comprensione
dell’attività motoria altrui:
• A 2-3 mesi mezzi e fini non sono distinti La
previsione del comportamento dell’altro in
situazione nuove è impossibile ( coinvolgimento
diadico con condivisione di comportamenti ed
emozioni e capacità di tenere i turni)
• Prima dei 9 mesi il bambino può interagire solo
o con una persona o con un oggetto
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• Il bambino di 9 mesi si rende conto che nella testa
dell’altro ci sono degli obiettivi e che l’altro sta
monitorizzando percettivamente la situazione:
evita ostacoli, ci riprova se sbaglia, si ferma
quando raggiunge l’obiettivo. (coinvolgimento
triadico con condivisione di obiettivi e controllo
percettivo).
• A 12 mesi comprende che l’altro per raggiungere
l’obiettivo sceglie tra vari piani d’azione ( mezzi)
in modo più o meno razionale sulla base del
contesto reale .Il bambino può prevedere con
maggior facilità quello che l’attore farà in un
ampia varietà di nuove situazioni.
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• A 12-15 mesi il bambino può condividere perciò
non solo gli obiettivi, ma interagire con l’altro ,
coordinando i reciproci sforzi in modo
complementare, potendo scambiarsi i ruoli o
aiutando l’altro nella sua azione
• In pratica il bambino è capace di tenere
contemporaneamente presente i reciproci ruoli ( ad
esempio costruire una torre: uno tiene ferma la
torre e l’altro aggiunge i cubetti). C’è un noi, ma
anche un io nella misura in cui i ruoli sono
differenziati anche se intercambiabili
• Coinvolgimento collaborativo: attenzione e
intenzione congiunta
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• Gli autistici quando sono impegnati in relazione
triadiche guardano la madre, ma è difficile che
sorridano, si ha l’impressione che lo facciano più
per controllare e vedere qual è l’intenzione
dell’altro che per desiderio di condividere quanto
stanno facendo nella ricerca di obiettivi ed
esperienze comuni
• Nelle interazioni con l’altro fanno le stesse cose,
recitano lo stesso ruolo, non complementare e
coordinato hanno difficoltà a giocarsi in modo
differente, aiutandosi l’un l’altro per raggiungere
un obiettivo
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• Nel linguaggio normale tali caratteristiche si
ripropongono: ci sono ruoli complementari
(ascoltatore e parlatore), scambio di ruoli ( il parlatore
a turno diventa ascoltatore), c’è mutuo aiuto nella
misura in cui il significato viene negoziato attraverso
richieste di precisazioni all’adulto o disponibilità a
riaggiustamenti
linguistici per favorire la
comprensione dell’interlocutore
• Il bambino autistico viceversa difficilmente segnala la
sua non comprensione o è disposto a fare appropriati
riaggiustamenti dei propri messaggi linguistici per
aiutare gli altri a capire: la sua è una comunicazione
poco collaborativa
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Strumenti e codifica dei filmati
• È stata messa a punto dal Servizio di NPI, col
supporto della letteratura scientifica a cui abbiamo
fatto riferimento prima, una griglia di osservazione
che comprende 37 items di cui 15 appartenenti
all’area della socializzazione, 9 all’area della
comunicazione, 2 all’attività di gioco e 11 ai
comportamenti anomali abitualmente riferiti alla
sindrome autistica
• L’applicazione della griglia è stata preceduta da una
fase di addestramento dei 3 “giudici” che
visionavano da soli il film attribuendo i punteggi e
si confrontavano sulle sequenze in cui i giudizi
erano discordanti
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31
1
Anticipa l’azione dell’altro
2
Rispetta i turni dell’interazione
3
Guarda negli occhi
4
Si diverte ridendo con …
5
Si volta se viene chiamato
6
Presta attenzione (se sollecitato)
7
Porge/mostra un oggetto all’adulto
8
Giochi di scambio (quali giochi?)
9
Gesto referenziale ex.“ciao ciao ”
10
Imita (gesti )
11
Prende iniziativa
12
Attenzione congiunta
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32
13
Ricerca contatto, baci, abbracci, …
14
Accetta contatto baci, abbracci
15
Ricerca oggetto scomparso
16
Vocalizzi
17
Comunicazione non verbale
18
Indicare richiestivo
19
Indicare dichiarativo
20
Pronuncia alcune parole (quali)
21
Esegue richieste semplici
22
Si e No (verbali o gestuali)
23
Ecolalie e imitazione
24
Combinazione due parole
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33
25
Gioco funzionale
26
Gioco simbolico
27
Uso strumentale dell’altro
28
Tende ad isolarsi
29
Interesse anomalo per gli oggetti
30
Reazione anormale ai cambiamenti
31
Stereotipie
32
E’ipoattivo
33
E’ iperattivo
34
Emozioni incongruenti (paura, rab.)
35
Reazioni sensoriali anomale
36
Atteggiamenti posturali inadeguati
37
Attività ripetitive
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34
Attribuzione punteggi:
0 (comportamento assente)
1 (comportamento presente talvolta)
2 (comportamento spesso presente)
NR → quando non sono soddisfatte le
condizioni per l’attribuzione di un
punteggio essendo il dato non/o
scarsamente rilevabile.
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35
Alcuni problemi metodologici
• Nel corso dello studio la forma originaria della
griglia è stata leggermente modificata così che gli
item fossero direttamente osservabili
e ben
quantificabili
• Ad es. è stato eliminato l’item “ si accorge se lo si
imita” perché risultava difficile da riconoscere la
consapevolezza del bambino di essere imitato
oppure l’item “costruisce una torre di cubi” perché
compariva solo in pochi filmati
• Per altri item si sono introdotte precisazioni: “si
volta se chiamato” era valutato con punteggio solo
se il bambino veniva espressamente chiamato per
nome
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36
• “Ricerca il contatto” è stato separato da “accetta
il contatto” perché si verificavano situazioni in cui
lo stesso bambino, in particolare nel caso dei
bambini autistici, accettava il contatto , ma non lo
ricercava attivamente
• “esegue richieste semplici” ha sostituito l’item
“comprende richieste semplici” perché la mancata
esecuzione non è necessariamente legata
all’incapacità del bambino di comprendere il
significato della richiesta
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37
• E’ stato introdotto l’indicatore di “livello di
sollecitazione” per differenziare la valutazione di
item ( es. “rispetta i turni dell’azione”, ”presta
attenzione se sollecitato”) che ricevevano un
punteggio 0 oppure NR ( non rilevabile) a seconda
del livello di sollecitazione a cui erano sottoposti
da parte dell’adulto.
• A questo proposito va considerato che il livello di
sollecitazione più basso potrebbe essere correlato
con la presenza di sintomi autistici
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38
Analisi Statistiche
• I punteggi di ogni item sono stati analizzati singolarmente (media,
mediana e deviazione standard) e mediante due indicatori costruiti
allo scopo di sintetizzare le aree della socializzazione (SOC) e
comunicazione (COM), calcolati come media dei punteggi rilevati
in ciascun item appartenente alla rispettiva area.
• La significatività delle differenze rilevate tra NOR e AUT per
ciascun item è stata analizzata mediante metodi non parametrici
basati sull’analisi dei ranghi : Mann-Whitney test.
• Le differenze che hanno presentato un valore p < 0.05 sono state
definite come statisticamente significative. Il valore di P è la
probabilità di sbagliare affermando che la differenza di valori
tra i due gruppi per un determinato item è reale e non casuale
Al fine di non rischiare un sovradimensionamento dell’errore β, i
risultati vengono presentati senza correzione per i confronti
multipli.
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Risultati
• nel periodo di età tra 12 e 15 mesi abbiamo
rilevato una differenza significativa in 14 su 33
item
• valori significativamente più alti tra i NOR
rispetto agli AUT per quanto riguarda le aree della
socializzazione e della comunicazione;
• Non vi è un’area più colpita di un’altra quanto
piuttosto un generale ritardo dello sviluppo
• nessuna differenza statisticamente rilevante per le
aree dei comportamenti anomali.
• nell’area del gioco si evidenzia una differenza
statisticamente significativa, ma rappresentata da
un unico item.
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Differenze rilevate per gli item:
3 “guarda negli occhi” (p=0.01);
4 “si diverte ridendo con…” (p=0.01);
5 “si volta se viene chiamato” (p=0.01);
6 “presta attenzione se sollecitato” (p=0.02);
7 “porge/mostra un oggetto” (p=0.04);
9 “gesto referenziale ex ciao ciao” (p<0.01);
10 “imita gesti” (p=0.01);
13 “ricerca contatto, baci, abbracci” (p=0.01);
14 “accetta contatto, baci, abbracci” (p=0.03);
16 “vocalizzi” (p=0.01);
17 “comunicazione non verbale” (p<0.01);
19 “pointing dichiarativo” (p<0.01);
21 “comprende/esegue richieste semplici” (p=0.03); 25 “gioco
funzionale” (p=0.03).
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•In particolare gli item che presentano differenze
più rilevanti tra i soggetti sani e malati (p < 0.01)
sono:
item 9
“gesto referenziale” (“ ciao ciao”, “mano alla fronte”,
“dito alla bocca”)
item 17
“comunicazione non verbale” ( con utilizzo di
gesti, posture, espressioni del volto per comunicare desideri,
pensieri, emozioni)
item 19
“pointing dichiarativo”(richiamo con questo
gesto dell’attenzione dell’interlocutore su un particolare oggetto
di interesse per il bambino)
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Pointing dichiarativo
• Nel pointing richiestivo il bambino
considera l’altro come un agente, in quello
dichiarativo il bambino lo considera come
un soggetto, cerca di modificare il mondo
interno dell’altro
© 2008 P. Bailo
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Gesti referenziali
• Permettono lo scambio di emozioni in un formato
non imitativo, ma sociale ( contenuto semantico
convenzionalizzato)
• A differenza dei gesti deittici, i gesti referenziali che
compaiono verso i 12 mesi non solo esprimono
un’intenzione comunicativa, ma rappresentano
anche un referente specifico che non cambia in
conseguenza del variare del contesto. Sono
decontestualizzati
• Nascono all’interno di giochi con l’adulto e sono
appresi per imitazione; in seguito si distaccano
gradualmente dai contesti originari e sono sempre
più usati per comunicare piuttosto che come gioco
simbolico
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44
• Contemporaneamente compaiono le prime parole,
quando il vocabolario supera la cinquantina di
parole i gesti referenziali iniziano a diminuire
(verso i 18 -24 mesi).
• I gesti referenziali spontanei, nella misura in cui
sono privi di ogni ricaduta pratica, sono indicativi
del desiderio del bambino di condividere stati
emotivi
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• Inizialmente il bambino impara a codificare due
elementi semantici distinti prima dello sviluppo delle
frasi di due parole mostrando dunque la capacità
cognitiva di combinare due idee attraverso la
combinazione gesto-gesto e poi gesto- parola.
• La gestualità motoria è più precoce di quella vocale
perché usa muscoli larghi mentre è più complesso il
controllo dei movimenti fini richiesti per
l’articolazione di pattern vocalici
• I bambini sordi continueranno ad usare i gesti
referenziali e mentre i bambini normoudenti
impareranno a combinare le parole, i sordi
combineranno i segni gestuali
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• I bambini autistici verbali tendono a sviluppare le
competenze linguistiche con scarso ricorso ai gesti
referenziali
• Lo sviluppo naturale del linguaggio, dove i gesti
comunicativi precedono le parole, testimonia quanto questo
sviluppo è ancorato alla corporeità
• Le parole sono simboli, ma talvolta anche gesti trattenuti
che non sono visibili in quanto articolati all’interno della
bocca. Una reazione aggressiva può essere espressa da una
minaccia gestuale ( un pugno agitato) oppure da una
parolaccia. L’aumento del tono muscolare che procede
l’attacco sotto l’effetto di intense emozioni aggressive
ricordano situazioni in cui un blocco completo del flusso
d’aria ( bocca, faringe, glottide) precede un improvviso
esplosivo rilascio: invece di dare un pugno urlo “stupido!”
(utilizzo un’occlusiva come la t, ma potrebbe essere b ch p)
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47
• La scoperta dei neuroni specchio ha permesso di rendere
attuali le ipotesi di Paget del 1930 secondo cui i movimenti
della bocca, delle labbra e soprattutto della lingua
riproducono in miniatura le pantomime eseguite con le mani
e le altre parti del corpo e si accompagnavano a specifiche
emissioni di suoni. Per es. la vocale A fa riferimento a
qualcosa di largo e ampio, la vocale I a qualcosa di piccolo e
sembra rinviare al movimento della mano per afferrare un
oggetto grande o piccolo.
• Tale ipotesi spiega come un sistema visivamente trasparente
quale è quello dei gesti brachiomanuali possa essere stato
sostituito da un sistema opaco, quello dei gesti orolaringei
senza che ciò comportasse la perdita della capacità di
significare e quindi di comunicare
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• Vi sarebbero prove neurofisologiche che i
movimenti orolaringei e quelli manuali poggiano
su organizzazioni neurali comuni
• Queste sono per così dire delle vestigia di quello
stadio dell’evoluzione verso il linguaggio in cui i
suoni cominciarono a veicolare significati grazie
alla capacità del sistema boccale e orolaringeo di
articolare gesti dotati di un valore descrittivo
analogo a quelli codificati dal sistema manuale
(Rizzolatti: So quel che fai 2006 Cortina)
• Vi sono esperimenti con la
Stimolazione
Magnetica Transcraniale (MTS)e Potenziali
Evocati Motori (MEP) a supporto di queste ipotesi
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• Nella comunicazione linguistica ciò che conta non
sono i suoni in sé, ma i gesti articolatori che li
generano in quanto i neuroni responsabili del
controllo dei gesti orolaringei si attivano in presenza
di suoni prodotti tramite gesti analoghi da altri
(neuroni specchio eco)
• Il parlante è in grado di interpretare un suono perché
sa riconoscere i gesti articolatori coinvolti nella
produzione di quel suono e lo sa perché egli stesso
può produrli e imitarli
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• Pertanto l’essenza della percezione linguistica
risiederebbe non nei suoni, ma nei gesti
articolatori
• La
specializzazione
dell’area
di
Broca
contemplerebbe la capacità di discriminare ed
eseguire gesti articolatori manuali e vocali, ci
sarebbe una base neurofisiologica comune a gesto
e linguaggio
• Del resto si è visto che il ricorso a gesti manuali
può aiutare i pazienti con lesioni cerebrali a
recuperare l’uso delle parole
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• È come se nell’autismo non venisse percorsa, o lo
fosse in modo insufficiente quella fase tra i 12 e i
18 mesi in cui la gestualità comunicativa apre la
strada al linguaggio verbale.
• Abbiamo infatti visto che all’inizio le
vocalizzazioni accompagnano la comunicazione
gestuale poi se ne autonomizzano
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• Svincolata dalla componente simbolica e
comunicativa, la gestualità successivamente
prenderà una sua strada autistica sviluppando le
stereotipie mentre risulterà quasi assente nelle
comunicazioni degli autistici verbalizzati
• Ci pare interessante ricordare che nella nostra
ricerca sono emersi come discriminanti 3 item
legati proprio alla gestualità comunicativa
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Attenzione congiunta
• L’item attenzione congiunta non risulta discriminante
nella nostra ricerca probabilmente per l’età del nostro
campione, ma anche perché forse non veniva ricercato
dai genitori che filmavano in quanto comportamento
complesso e poco conosciuto
• Una delle difficoltà nella diagnosi precoce
dell’autismo è legata alla considerazione che il deficit
inizialmente è dimensionale più che categoriale: certi
comportamenti come il guardare negli occhi sono
poco frequenti, ma non assenti e risentono dell’enfasi
dell’approccio del caregiver
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• La gestualità referenziale per certi versi è più
categoriale rispetto all’attenzione congiunta che
risente di più del contesto. La sua assenza mette
con più facilità in luce le difficoltà dichiarative del
bambino
e la sua scarsa inclinazione a
generalizzare
• La ricerca della sua presenza può pertanto essere
utilizzata nei test di screening
• SAM:
Baron-Cohen.
Intenzionalità
dell’azione,direzionalità
dello
sguardo,
riconoscimento delle emozioni
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Due gruppi di item differenziano AUT e NOR
1. i tre item: “gesti referenziali”, “indicare
dichiarativo” e “comunicazione non verbale” si
riferiscono alla comunicazione volontaria → legati
alla condivisione di stati emotivi e caratterizzati da
azioni intransitive (non dirette al raggiungimento di
un oggetto concreto), per la comprensione dei quali
è poco utile il meccanismo di feedback di tipo
visivo
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2. Dopo i 3 item descritti vi sono altri 6 item
(p=0.01) che differenziano in modo sostanziale i
due gruppi: “guarda negli occhi”, “si diverte
ridendo con…”, “si volta se viene chiamato”,
“imita”, “ricerca contatto o baci o abbracci”,
“vocalizzi” → hanno più a che fare con
l’intersoggettività primaria descritta da
Trevarthen come scambio emotivo diadico
caratterizzato da sintonizzazione, scambi
coordinati e bidirezionali e condivisione,
incentrato sulla diade e non sul mondo esterno.
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• Il deficit della comunicazione intenzionale sembra
correlarsi positivamente con un deficit sottostante
dell’intersoggettività primaria
• Le differenze sono meno accentuate (p=0,01), ma
questo può essere riferito al diverso stadio evolutivo
a cui si riferiscono che precede di diversi mesi
quello della relazione triadica e della comunicazione
referenziale
• Si tratterebbe pertanto di deficit precedenti in senso
evolutivo all’entrata in funzione non solo del
modulo della teoria della mente (TOMM: theory of
mind mechanism) ma anche
dell’attenzione
congiunta (SAM: shared attention module)
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• Ci sembra che i risultati del nostro studio
siano compatibili con l’ipotesi di un deficit
della consonanza intenzionale di Gallese
(neuroni specchio) e della detezione della
contingenza di Gergely
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Neuroni mirror
• Si attivano sia quando noi eseguiamo un’azione
finalizzata sia quando osserviamo un altro individuo
che esegue la stessa azione finalizzata con la mano o
con la bocca.
• Non si attivano nel caso di un semplice movimento, ma
quando l’azione da eseguire ha un’intenzionalità ed uno
scopo ben precisi (ad esempio afferrare con la mano
una briciola di pane), quando cioè i movimenti in
sequenza richiedono una pianificazione, un controllo ed
un’esecuzione per portare a termine l’azione.
• Gallese ci ricorda che il sistema mirror può essere visto
come un sistema metaforico: utilizza il repertorio
motorio noto per descrivere qualcosa di ancora ignoto,
cioè le azioni svolte da altri individui
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• Ciò che appare deficitaria nell’autismo sembra la
capacità di comprendere le intenzioni e gli stati
emotivi dell’altro (che sono alla base dei
comportamenti, ma che risultano opachi all’indagine
visiva) nella misura in cui si attivano nell’osservatore
gli stessi circuiti neuronali (sistema dei neuroni
specchio) che presiedono all’esecuzione di quegli
stessi comportamenti.
• In altre parole noi capiamo il nostro interlocutore
perché simuliamo dentro di noi il suo stato interno (
Gallese parla di” simulazione incarnata” e
“consonanza intenzionale”), lo sperimentiamo
attivando le rappresentazioni interne degli stati
corporei associati al comportamento che osserviamo
• Tale processo sta alla base dell’empatia
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• Nell’autismo sembra in gioco una difficoltà di
sperimentare il “noi” il “like me” di Meltzoff nella
relazione con i caregivers. Il piacere di guardare un
film ad es. si basa su questo meccanismo.
• Il deficit di consonanza intenzionale è meglio
evidenziato da quegli item che non permettono al
soggetto di ridurre le proprie difficoltà attraverso
l’osservazione visiva: per il bambino autistico sarà più
facile capire l’intenzionalità dell’interlocutore che
prende un bicchiere per bere piuttosto che cogliere
un’espressione di tristezza sul volto della madre
estraendola dalla miriade di movimenti senza valenza
comunicativa che compaiono sul viso materno.
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• I due gruppi di item che abbiamo individuato
come discriminanti hanno in comune un utilizzo
attivo del corpo unicamente in senso relazionale,
sono appunto intransitivi o privi di risultati
concreti, ricevono una conferma visiva solo
parziale, e sono più difficilmente riconoscibili
come portatori di intenzionalità o affettività
senza il meccanismo della simulazione incarnata
• Quanto detto viene più facilmente confermato
quando si studiano i comportamenti spontanei del
bambino in ambito relazionale. Nel nostro studio ad
esempio risultava discriminante l’item “ricerca
contatto,baci e abbracci”, ma non l’item simile
“accetta contatto, baci e abbracci”.
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• Possiamo ipotizzare che strategie imitative con
l’aiuto del feedback visivo aiutano il bambino ad
entrare in contatto con il care giver
• Quella che appare più compromessa è la capacità
autonoma di esprimere intenzioni o affetti o di
riconoscerle nell’interlocutore a riprova che il
deficit della comunicazione intenzionale sembra
essere secondario ad un deficit sottostante
dell’intersoggettività primaria e alla capacità di
connettere gli affetti con il processamento delle
informazioni sensoriali e la pianificazione motoria
( Greenspan)
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• Iacoboni (2008) ritiene che la formazione dei
neuroni specchio abbia luogo durante
le
interazioni precoci tra madre e bambino
(l’intersoggettività primaria) che avrebbero un
potente effetto di stimolo e modellamento sulla
crescita del sistema dei neuroni specchio.
• Credo che a questo proposito possa rivestire un
notevole interesse la teoria della detezione della
contingenza di Gergely
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Gergely
• Il bambino è molto sensibile alla relazione
contingente tra le proprie azioni e la
percezione degli effetti ambientali di queste
azioni. Questo bisogno permane anche negli
adulti: pensiamo alla soddisfazione che noi
tutti proviamo quando accade qualcosa che
avevamo previsto e pronunciamo la frase: “
io l’avevo detto!”, oppure possiamo
evidenziare il nostro ruolo causale negli
eventi che ci capita di affrontare.
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• Watson ha osservato che i bambini di due mesi
aumentano la frequenza dello scalciare quando ciò
produce un evento contingente ( il suono di un
pendaglio). Il bambino inizia a ridere e a
gorgheggiare. Inoltre se dopo un po’ il controllo
contingente sul pendaglio non funziona più il
bambino mostra segni di disagio e frustrazione
• E’ stato ipotizzato che il bambino possieda un
modulo di detezione della contingenza che
analizza le probabilità di essere l’agente di un
certo fenomeno
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• Indice di sufficienza: probabilità che un certo esito
ha di comparire a seguito di una certa azione
(prospettico)
• Indice di necessità: probabilità che un certo esito
sia stato preceduto da una certa azione
(retrospettivo)
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• In questo modo nei primi due o tre mesi di vita la
detezione della contingenza aiuta il bambino a
distinguere il sé dal mondo esterno
• La gamba che si muove sempre quando scalcia
appartiene a lui ( contingenza perfetta) mentre
il pendaglio che non sempre si muove è esterno a
lui
• Dopo i 3 mesi si osserva che i bambini non
riescono a mantenere il coinvolgimento né quando
i livelli di contingenza sono molto bassi, né
quando sono vicini alla perfezione. Il bambino
preferisce le contingenze imperfette e si rivolge
alle relazioni sociali
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• Questo cambiamento maturazionale ha la funzione
di distogliere l’orientamento del bambino
dall’esplorazione di sé (contingenza perfetta,
reazioni circolari primarie) e di orientarlo verso
l’esplorazione e la rappresentazione del mondo
sociale costituito dall’ambiente familiare (quando
il bambino piange viene accudito, ma di solito la
contingenza è imperfetta)
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• L’ipotesi della detezione della contingenza ci aiuta a
capire come una madre riesce a calmare il proprio
bambino in lacrime imitando il suo pianto in modo
meno drammatico
• Ammettiamo che ogni 8 singhiozzi la madre ne
produce 4, il bambino che desidera sentirsi l’artefice
dei comportamenti materni
dovrà ridurre la
frequenza dei suoi a 4
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• Infatti l’indice di necessità cioè la verifica
retrospettiva è 1 : tutte le volte che la madre
singhiozza anche il bambino lo ha fatto, però
l’indice di sufficienza o verifica prospettica è 0,5
dopo che il bambino ha singhiozzato c’è una
probabilità su due che la madre singhiozzi a sua
volta, il suo controllo prospettico è moderato: è
necessario che lui singhiozzi perché la madre lo
faccia, però è sufficiente che lo faccia solo 4 volte
anziché 8.
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• A questo punto la madre passerà a 2 singhiozzi e
via via lo porterà al sorriso, perché il bambino , se
non sta troppo male, mostrerà più interesse per il
controllo del viso materno che per il suo stato di
disagio interno
• Meltzoff sostiene che il bambino è un piccolo
scienziato che continua a fare esperimenti,
pensiamo al piacere di fare azioni proibite per
studiare le reazioni dei suoi familiari. Oppure il
bambino di 4 mesi sorride a ogni persona che vede
e mostra disagio se non riceve risposta ( vedi la
steel face)
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• Il bambino può fare questo perché c’è una base
neurale comune e noi pensiamo che si tratti del
sistema dei neuroni specchio che gli permette di
riconoscersi nelle espressioni del viso materno e
viceversa, il vedere la madre che singhiozza lo
porta a ad avvertire che ne condivide la stessa
attività.
• In questo modo il piccolo usa il viso materno
come biofeedback sociale, il viso della madre
diventa un regolatore delle sue emozioni e anche il
mezzo per comprendere i suoi stati emotivi interni
nella misura in cui li vede rappresentati
visivamente e li sente congruenti con quanto prova
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• Il bambino usa il bio-feedback sociale per
migliorare il suo benessere. Cioè instaura
attraverso l’analisi della contingenza un
collegamento tra determinati interventi materni e il
suo stato di benessere: il suo pianto indurrà nella
madre un’espressione triste
che lo aiuterà a
prendere consapevolezza del suo stato di disagio.
La sua espressione serena evoca il sorriso materno
che lo aiuta a precisare lo stato di benessere attuale
• Possiamo immaginare che il bio-feedback sociale
riesca a funzionare attraverso i neuroni
specchio che facilitano enormemente la
detezione della contingenza che a sua volta
stimola la maturazione del sistema mirror
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• Nei suoi studi Gergely ha provato che i bambini
autistici restano più ancorati alle contingenze
perfette
• Il bambino autistico, avendo molta più difficoltà a
trovare una correlazione tra la propria azione e
quella materna tenderà, per soddisfare il proprio
bisogno di controllo sull’ambiente, a rivolgersi
agli oggetti più facilmente controllabili.
• Il Reciprocal Imitation Training (RIT) di Ingersol,
(2006-2007) basato sull’iniziale imitazione del
terapista delle attività motorie del bambino
autistico, probabilmente deve la sua efficacia al
fatto che facilita enormemente la detezione della
contingenza nel bambino autistico
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In altre parole il bambino autistico vive la realtà
esterna:
• o come “me”, per cui la mano dell’interlocutore è
avvertita come una propria protesi ( raggiunge la
contingenza perfetta) sotto il suo completo
controllo
• oppure come altro pauroso, il nuovo che non
suscita curiosità interesse, ma viene solo rifiutato
(il livello della contingenza è troppo basso)
• Manca uno spazio dialogico, transizionale dove il
me e il non me possano legarsi creando dei
significati, nella misura in cui è possibile cocostruire con l’altro la realtà sociale
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• Il bambino autistico di per sé non rifiuta la
relazione con l’altro, ha bisogno però che l’altro si
adatti enormemente a lui, diversamente per lui
quella relazione è troppo frustrante
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Conclusioni
Perché un bambino possa avere uno sviluppo sociale
nella norma possiamo ipotizzare 3 condizioni:
• un substrato neurobiologico indispensabile che
permetta al bambino di comprendere la realtà
sociale ( i neuroni specchio) e di accedere al noi
intersoggettivo
• la presenza di motivazioni interne che spingano il
bambino all’utilizzo di questa funzione: tra di esse
potrebbe esserci la detezione della contingenza
(Gergely)
• una madre empatica che rifletta in modo accurato
la realtà sperimentata dal bambino (Fonagy:
attività riflessiva e Gergely: interazioni
emotivamente marcate)
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• Il deficit del sistema dei neuroni specchio rende
conto della difficoltà nei soggetti autistici di
anticipare le intenzioni delle altre persone e di
prevederne gli obiettivi.
• Conseguentemente la motivazione ad agire sul
mondo esterno si sposterà sugli oggetti in quanto
le relazioni sociali risulteranno per loro troppo
complicate per cercare di ottenerne un controllo
soddisfacente
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Sul piano terapeutico in età precoce
risulteranno particolarmente utili interventi
basati su modalità di attivazione sensoriale, di
imitazione, amplificazione di gesti ed
espressioni e modulazione ed enfatizzzione di
atteggiamenti comunicativi (il tono di voce, le
espressioni del volto, ecc.) tesi a trainare e
trattenere il bambino in reciprocità... →
AERC ( attivazione emotiva e reciprocità
corporea) o FLOORTIME
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• Un’ultima osservazione : sempre più per descrivere
lo sviluppo autistico si tende a retrodatare l’inizio
dei sintomi e a considerare che l’assenza o il
malfunzionamento degli ipotetici moduli SAM e
TOMM ( teoria della mente) potrebbero essere la
conseguenza di altri deficit più precoci e non la
causa dell’autismo.
• Viceversa la scoperta del sistema dei neuroni mirror
rilancerebbe
un
modello
esplicativo
che
disconferma le teorie computazionali, e considera
centrale la corporeità, la simulazione incarnata, così
come il funzionamento dei sistemi neurali che
analizzano le informazioni sensoriali ed elaborano i
piani motori. Tale deficit potrebbe almeno in parte
rendere conto delle difficoltà precoci a livello
dell’intersoggettività primaria del futuro bambino
autistico
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