Prof. Avv. ANTONIO GAMBARO - UPA

Transcript

Prof. Avv. ANTONIO GAMBARO - UPA
PRONUNCIA N. 30/2013
Il Giurì, composto dai Signori:
Prof. Avv. ANTONIO GAMBARO
Dott. PASQUALE BARBELLA
Prof. Avv. GIUSEPPE MANFREDI
Prof. LIBORIO TERMINE
(Presidente e Relatore)
e con la presenza ex art. 32bis CA del Prof. GIOVANNI DOTELLI
ha pronunciato in data 13 marzo 1013 la seguente decisione nella vertenza promossa da:
HENKEL ITALIA S.p.A
contro
PROCTER & GAMBLE S.r.l.
***** ***** *****
Con istanza datata 27 febbraio 2013, la Henkel Italia s.p.a. (d’ora in avanti Henkel), ha chiesto
l’intervento del Giurì ne confronti di Procter & Gamble s.r.l. (d’ora in avanti “P&G”), in
relazione allo spot diffuso su RAI 1 durante il festival di Sanremo (e tutt’ora in onda) per
promuovere il detersivo Dash con il claim “1 misurino di Dash equivale ad un misurino e mezzo
del principale concorrente”. Premesse alcune notizie circa l’attività delle due parti e circa i
detersivi per lavatrice Dixan e Dash, prodotti e distribuiti rispettivamente da Henkel e P&G, la
istante rileva come la notorietà dei due marchi è tale che quando P&G afferma, a proposito del
proprio detersivo Dash, che esso ha delle specifiche proprietà “rispetto al principale
concorrente” (al singolare!), nell’immaginario collettivo questa affermazione viene
immediatamente riferita al prodotto Dixan di Henkel.
Ciò posto l’istante ricorda che tale comunicato vede come protagonisti una coppia di
testimonial, formata dal simpatico comico e attore Fabio de Luigi e da “sua madre”, che al
telefono gli dà continui consigli di vita, anche sul corretto uso dei prodotti per lavatrice. Lo
sketch prende le mosse proprio dal Festival di Sanremo: la madre vorrebbe che anche il figlio
cantasse, visto che lo faceva assai bene da bambino, ma lui replica che è ormai cresciuto e che
questa sera ha altro da fare, essendo impegnato a fare il bucato. Si vede dunque il buon Fabio
che, un po’ per volta, riempie maldestramente fino all’orlo un misurino di detersivo liquido per
lavatrice; la madre però, quasi potesse vederlo attraverso il filo del telefono, lo corregge subito
dicendo: “Non serve sempre esagerare con il detersivo per le macchie difficili”. Al che Fabio si
blocca impietrito e la mamma lo apostrofa, con piglio perentorio: “Ma usi Dash?”. - “Certo!”, si
giustifica subito lui, controllando solo in quel momento la marca presente sulla confezione del
detersivo usato, con un’espressione di “scampato pericolo”, quasi a dire: sì, è quello giusto!
Quello che mi consiglia la mamma. La quale, così rassicurata, continua a dispensare saggi
consigli sul corretto uso dei detersivi per lavatrice e sulle eccezionali proprietà di Dash,
dicendo: “Perché un misurino di Dash smacchia come un misurino e mezzo del principale
concorrente. Così puoi risparmiare il tuo Dash. Bravo!”.
1
Tale perentoria affermazione, viene immediatamente ribadita e ulteriormente
rafforzata dalla rappresentazione, a tutto schermo, di 1 misurino pieno a metà di detersivo
Dash, che viene dichiarato uguale a 1,5 misurini di detersivo del principale concorrente con la
formula numerica “1 = 1,5”. Nello stesso tempo, nella parte bassa dello schermo appare un
super, a caratteri minuti, che secondo l’istante non è percepibile, in cui si precisa che “Un
misurino (73ml) di Dash smacchia come un misurino e mezzo (99 ml) del principale concorrente.
Testato su cotone a 40° e acqua di media durezza”.
A detta dell’istante tale telecomunicato è in contrasto con il CA sotto molteplici profili
e la gravità della violazione risulta tanto più evidente in quanto già in precedenza il Giurì, nella
decisione n. 41/2010, resa tra le medesime parti ed a proposito di un messaggio
concettualmente e materialmente molto simile ( incentrato sul claim “per lo stesso pulito serve
il 50% di prodotto in più se usi il principale detersivo concorrente”), aveva già stabilito i principi
a cui P&G avrebbe dovuto attenersi. Ricordato che al riguardo la Henkel aveva avuto anche
cura di indirizzare tempestivamente a P&G un’analitica e motivata diffida in cui venivano
richiamati i principi posti dal Giurì nella decisione citata, e ricordato che P&G non ha dato
seguito a tale diffida, Henkel indica che, a suo avviso, il telecomunicato contestato, viola gli
articoli 2, 14 e 15, CA e chiede al Giurì di valutare se ricorre anche la violazione della
precedente decisione n. 41/2010 e, dunque, un caso di inottemperanza, ai sensi dell’art. 42 CA.
Con riferimento all’art. 2 la Henkel rileva in primo luogo come l’affermazione “un
misurino di Dash smacchia come un misurino e mezzo del principale concorrente”, ribadita a
tutto schermo dall’equazione 1 = 1,5, è già di per sé smentita dal contenuto del super, secondo
cui “Un misurino (73 ml) di Dash smacchia come un misurino e mezzo (99 ml) del principale
concorrente”. Infatti il rapporto aritmetico tra 73 e 99 non è 1/1,5. Sicché, anche solo per
questo aspetto, l’equazione proposta tra i due detersivi (“1 = 1,5”), l’unica che può essere
percepita dal consumatore medio, risulta senz’altro falsa, ingannevole e fuorviante.
A prescindere da ogni altra considerazione Henkel rileva che il confronto tra i due
detersivi avrebbe dovuto essere svolto con la stessa quantità di prodotto; invece il misurino
usato per Dash contiene 73 ml mentre il misurino di Dixan contiene 66 ml, con una differenza
di quantità di prodotto misurato di oltre il 10% . Sicché al di là di qualunque test o prova che
P&G possa portare, il claim principale del messaggio “un misurino di Dash smacchia come un
misurino e mezzo del principale concorrente” risulta già per questo motivo non veritiero, con
violazione dell’art. 2 CA.
Poiché nessuna correzione alla errata percezione che viene così creata è stata posta in
essere da P&G, l’assolutezza del claim “un misurino di Dash smacchia come un misurino e
mezzo del principale concorrente” e le modalità stesse di rappresentazione dell’equazione
veicolano un concetto di equivalenza “1 a 1,5” che non è veritiero e risulta di per sé
fuorviante.
Ulteriore e più grave profilo di contrasto con l’art. 2 CA deriva, a detta della Istante, dal
fatto che l’equivalenza 1 misurino di Dash = 1 misurino e mezzo del principale concorrente,
affermata in termini generali, non è affatto assoluta, come lo spot fa credere; infatti nel pur
illeggibile super si precisa che tale risultato sarebbe stato “Testato su cotone a 40° e acqua di
media durezza”. Da ciò deriva una evidente discrasia tra le due affermazioni, perché lo spot
veicola il messaggio per cui in assoluto esiste un rapporto di 1 a 1,5 tra i due detersivi, mentre
il super afferma che tale dato numerico sarebbe valido solo relativamente ad un certo tipo di
tessuto, ad una certa temperatura di lavaggio e con “acqua di media durezza”.
2
Henkel rileva come l’indebita “generalizzazione” di un risultato che varrebbe solo in
condizioni d’uso più limitate, è già stata censurata dal Giurì nella predetta decisione n.
41/2010.
Al riguardo Henkel precisa che il punto cruciale non è se il super sia in fatto più o meno
adeguatamente leggibile e percepibile, ma che in ogni caso un super relegato nella parte bassa
dello schermo, con un’esposizione di 2 o 3 secondi soltanto, non può evidentemente bilanciare
in modo adeguato la portata di un claim enunciato a voce (e ribadito graficamente a tutto
schermo) in termini così generali e assoluti!
Perciò sulla scia di quanto statuito dal Giurì nella decisione citata, Henkel ritiene che le
modalità di comunicazione adottate da P&G sono ex se ingannevoli e chiede quindi al Giurì di
valutare se non ricorrano anche gli estremi dell’inottemperanza di P&G alla decisione n.
41/2010 cit., ai sensi dell’art. 42 CA, vista la sostanziale identità contenutistica dei due claims e
l’intento evidente, da parte di P&G, di riproporre, sostanzialmente negli stessi termini, una
formula comunicazionale già chiaramente riprovata dal Giurì.
Nel merito Henkel rileva che il claim “un misurino di Dash smacchia come un misurino e
mezzo del principale concorrente” risulta ingannevole come dimostrato da alcuni test
comparativi effettuati da un autorevolissimo Istituto scientifico indipendente, attivo presso la
Camera di Commercio di Milano con metodica universalmente condivisa. Da tali test risulta
che la presunta equivalenza assoluta di un misurino di Dash con un misurino e mezzo di Dixan
è tutt’altro che comprovata e pacifica. Pertanto senza esimere P&G da una prova ex art. 6,
Henkel rileva come vi sono svariati casi di macchie nei quali Dixan pulisce più e meglio di Dash
(così è infatti per le macchie di sangue, fresco o rappreso, latte, inchiostro, vino ed erba).
Sempre da tali test emerge che nemmeno nella specifica condizione d’uso di cui al
super, ossia su cotone a 40°, la superiorità vantata nel claim si rivela veritiera. Donde un
ulteriore profilo di evidente contrasto del claim e del comunicato con l’art. 2 CA.
Sotto altro profilo Henkel rileva che data l’indubbia valenza comparativa del
messaggio l’improprietà del raffronto e l’ingannevolezza intrinseca delle modalità di
comparazione rendono lo spot contrario anche all’art. 15 CA.
Inoltre, poiché la comparazione proposta da P&G tende palesemente a mettere in
cattiva luce il prodotto Dixan, che viene suggestivamente dipinto come molto meno efficace di
quello dell’inserzionista, pertanto il messaggio risulta anche contrario all’art. 14 del CA, quale
forma illecita di denigrazione del prodotto concorrente.
Al riguardo Henkel sottolinea come essa abbia interesse a che il Giurì non consideri la
violazione dell’art. 2 come assorbente di ogni altra censura sollevata nell’istanza e dichiari
invece violati anche gli articoli 14 e 15 del CA.
Sottolinea ancora la Istante che le modalità con cui la rivendicazione del vantaggio
prestazionale di Dash sul concorrente diretto Dixan sono tali da arrecare ad Henkel un danno
reputazionale e concorrenziale ingiusto, che esige di essere riparato, anche per arginare la
potenziale perdita di clientela che un simile spot è certamente in grado di produrre, specie in
considerazione della sovraesposizione mediatica della quale il messaggio comparativo ha
potuto beneficiare. A detta di Henkel sussistono tutti i presupposti ed i requisiti richiesti per
ordinare la pubblicazione della decisione di condanna. Infatti: a) la violazione del CA è plurima
ed obiettivamente grave; b) il contegno di P&G è già stato censurato dal Giurì sostanzialmente
negli stessi termini; c) P&G era perfettamente consapevole di violare il CA e, nonostante la
diffida circostanziata di Henkel, non ha fatto nulla per interrompere la diffusione
3
dello spot né per correggerne il contenuto; d) il messaggio illecito è direttamente comparativo
e denigratorio ed è stato diffuso con il mezzo più pervasivo, quello televisivo, in un momento
di massimo ascolto ed attenzione altissima com’è il Festival di Sanremo e con investimenti
pubblicitari elevatissimi, di cui chiaramente P&G ha voluto e potuto beneficiare, ancorché
illecitamente; e) lo spot contestato continua ad essere diffuso massicciamente in televisione,
sulle principali reti nazionali, amplificando ulteriormente il danno che l’illecita campagna ha già
prodotto nell’immaginario collettivo.
Pertanto la Istante ha chiesto che il Giurì accerti il contrasto con gli art. 2, 14 e 15 CA dello
spot di P&G ed in particolare del claim “un misurino di Dash smacchia come un misurino e
mezzo del principale concorrente”; per l’effetto, ordini a P&G la cessazione della diffusione del
messaggio contestato, anche in eventuali successive varianti riportanti lo stesso claim,
accertando anche l’inottemperanza di P&G, ai sensi dell’art. 42, alla precedente decisione del
Giurì n. 41/2010 e che il Giurì voglia disporre la pubblicazione del dispositivo della decisione, e
ordinare altresì la pubblicazione di un comunicato correttivo, a cura del Giurì e a spese di P&G,
su almeno due quotidiani nazionali per almeno due giorni consecutivi, a grandezza doppia del
normale.
**** **** ****
Con memoria depositata il 12 marzo 2013 la P&G si è costituita nel procedimento.
Premessa una breve descrizione del filmato contestato che esiste in due versioni da 20 e 30
secondi, la resistente precisa che l’asserzione centrale del messaggio si rinviene nella
affermazione della “mamma” in cui si conferma la bontà della scelta fatta dal figlio
dicendo:“perché un misurino smacchia come un misurino e mezzo del principale concorrente.
Così puoi risparmiare il tuo Dash”.
Tale spiegazione precisa la resistente, è sottolineata ed accompagnata dalla rappresentazione
visiva di una side by side in cui su un lato viene rappresentato un misurino di Dash (con
all’interno la dose consigliata pari a 73 ml) e, sul lato opposto, due misurini contenenti l’uno la
dose consigliata da Dixan (66 ml), l’altro ulteriori 33 ml del medesimo detersivo (ovvero
complessivamente un misurino e mezzo). Secondo P&G, l’indicazione numerica delle quantità
contenute in ciascuno dei misurini dei due detersivi è evidenziata graficamente attraverso la
riproduzione del numero di millilitri corrispondente a ciascun misurino (73 per Dash, 66+33 per
Dixan). Tale rappresentazione quindi, a detta di P&G consente ai consumatori di comprendere
immediatamente cosa significhi “1 Dash =1,5 Dixan”. Il super riportato nella parte inferiore del
messaggio si limita a ribadire ulteriormente quanto già evidente dalla lettura congiunta e
sinergica del claim recitato dalla voce fuori campo e della raffigurazione visiva side by side (“un
misurino di Dash (73 ml) smacchia come un misurino e mezzo (99 ml) del principale
concorrente”), integrandolo con l’indicazione delle condizioni di effettuazione dei test
(“Testato su cotone a 40° e acqua di media durezza”).
Il nucleo comunicazionale fondamentale del messaggio è quindi quello del “risparmio del
detersivo Dash”. Ciò si riallaccia alla ben nota problematica del sovradosaggio. Come è noto al
Giurì che ha già avuto modo di affrontare il tema, il sovradosaggio è fenomeno che riguarda la
quasi totalità dei consumatori italiani e ha carattere generalizzato prescindendo dalla tipologia
di detersivo, in polvere o liquido, e dalla natura concentrata o diluita della formula.
Secondo P&G il primo elemento chiave del comunicato è, dunque, quello di educare i
consumatori italiani a non sovradosare il detersivo Dash evitando così sprechi di prodotto con
danno all’ambiente ed alle loro tasche. La particolare sensibilità di Procter con riguardo a tale
4
tema si spiega d’altra parte facilmente ove si consideri che il fenomeno dell’overdosing è
particolarmente pernicioso soprattutto per chi propone un detersivo, quale è Dash,
iperconcentrato, ad alto valore di innovazione e di prestazionalità e, dunque,
(irrimediabilmente) venduto ad un maggior prezzo. Sensibilizzare il consumatore a non
superare le dosi consigliate, significa consentirgli di percepire il reale valore del prodotto e di
valutare correttamente il positivo rapporto qualità-prezzo del detersivo, sia in assoluto che
rispetto ai principali concorrenti.
Al riguardo P&G rappresenta il seguente scenario. Il Consumatore attento che si trova di fronte
a due flaconi che contengono quasi la stessa quantità di prodotto (1,825 l per Dash e 1,848 l
per Dixan) porrà la sua attenzione su quanti lavaggi sia possibile effettuare con ciascuno di essi
a parità di capacità pulente. Apprenderà quindi, leggendo la confezione di Dixan che questo
consente 28 lavaggi, utilizzando la dose consigliata di 66 ml di prodotto come riportato, sul
retro della confezione, mentre Dash promette 25 lavaggi utilizzando per ciascuno di essi una
dose maggiore pari a 73 ml.
Conseguentemente lo spot afferma che per ottenere il risultato smacchiante di un misurino di
Dash (73 ml) il consumatore dovrà utilizzare un misurino e mezzo di Dixan (66+33=99 ml).
Pertanto il messaggio veicola solo un confronto prestazionale tra i due prodotti. La scelta di
utilizzare lo strumento comparativo è funzionale all’esigenza di posizionamento del prodotto
ed è pienamente legittima, posto che la pari (se non superiore) capacità smacchiante di Dash,
pur con un inferiore quantitativo di prodotto, è provata da univoche risultanze sperimentali,
basate su metodiche condivise.
Al riguardo P&G precisa di aver affidato ad SGS, autorevole istituto indipendente specializzato
in materia di verifica, analisi e certificazione di beni di consumo, il compito di testare la
capacità smacchiante di Dash e di Dixan secondo il protocollo AISE (Associazione
internazionale dei saponi, dei detergenti e dei prodotti di manutenzione). Tale protocollo è
universalmente giudicato come il più idoneo a misurare la performance dei detersivi, in quanto
messo a punto dagli stessi produttori facenti parte dell’Associazione (tra cui Procter e la stessa
Henkel ). Henkel stessa ha, d’altra parte, utilizzato i medesimi parametri AISE per l’esecuzione
dei test mirati a validare claim da essa utilizzati in diversi Paesi europei. Chiarito quindi che la
metodica è fuori discussione, i risultati della sperimentazione SGS, hanno evidenziato come si
ottenga la sostanziale parità prestazionale dei due prodotti Dash/Dixan, sotto il profilo
dell’efficacia smacchiante, sia quando la misurazione venga effettuata confrontando un
misurino di Dash (73 ml) contro un misurino e mezzo di Dixan (99 ml), secondo l’ormai nota
equazione “1=1,5” , sia in condizioni ancora più sfavorevoli per Dash ovvero “1=1,7” e,
dunque, un misurino di Dash contro 1,7 di Dixan (112 ml).
Come evidenziato dal consulente di P&G, il prof. Scala, la misurazione corrispondente
all’equazione sopra richiamata “1=1,7” “… è stata effettuata per avere rassicurazione circa la
veridicità del claim anche qualora, come ipotizza Henkel, esso si interpreti nel senso di
promettere uguale performance di 1 misurino di Dash contro una volta e mezza la quantità
corrispondente a detto misurino”.
Tenuto conto che il set di macchie contemplato da AISE costituisce un panel minimo di
riferimento, Procter ha altresì richiesto ad SGS di estendere il confronto ad ulteriori dodici
macchie, che si aggiungono alle quattordici considerate dal protocollo AISE. Le ulteriori dodici
macchie, come evidenziato dal prof Scala sono state selezionate in ragione della loro
rappresentatività per il consumatore italiano. Alla luce di tali risultati sperimentali, Procter ha
correttamente “costruito” i propri messaggi scegliendo di rivendicare la capacità del proprio
prodotto di offrire la medesima efficacia smacchiante attraverso un minor utilizzo di detersivo
(un misurino da 73 ml di Dash contro un misurino e mezzo da 99 ml di Dixan). Nell’asterisco di
5
riferimento ci si è limitati a ribadire prima i termini di tale confronto, avuto riguardo alle dosi
consigliate dai rispettivi produttori, e ad individuare poi i parametri utilizzati e cioè il tipo di
tessuto, la temperatura e la tipologia dell’acqua come da protocollo AISE.
Alla luce di tali dati si deve ritenere che P&G abbia pienamente dato prova della veridicità del
proprio claim alla luce delle univoche risultanze sperimentali da essa allegate.
Anzi, la scelta di P&G risulta addirittura prudenziale posto che, come osservato dal prof. Scala
“nelle condizioni di utilizzo illustrate nel messaggio pubblicitario, 1 misurino di Dash vanta non
solo una equivalenza ma addirittura una superiore capacità di rimozione delle macchie rispetto
ad 1.5 misurini di Dixan”.
Aggiunge la resistente che i risultati sperimentali forniti da Henkel, anziché validare la tesi
dell’ingannevolezza della promessa di P&G ne confermano la totale correttezza.
Peraltro va considerata singolare la scelta di Henkel di discostarsi nell’effettuazione dei test dal
protocollo AISE, da essa accettato ed utilizzato in più occasioni per supportare la veridicità dei
propri claim prestazionali. In realtà secondo P&G può ragionevolmente presumersi che Henkel,
ben consapevole della inferiorità prestazionale del proprio Dixan, abbia cercato in questo
modo di procurarsi, senza successo, risultati tecnici confacenti ad essa.
Ritiene P&G che l’inferiorità di Dixan pur derivando da un gap di formulazione tra i due
prodotti, si sia progressivamente allargato nell’ultimo anno e mezzo, periodo nel quale Henkel
ha scelto di ridurre ulteriormente la performance del proprio prodotto Dixan, onde poter
pianificare una politica competitiva di minori prezzi resi possibili da un minor costo di
produzione.
Tale affermazione è comprovata dall’analisi dei test storici che Henkel ha depositato nel corso
del procedimento autodisciplinare che ha portato alla decisione n. 41/2010 e dal confronto fra
detti test e quelli oggi sottoposti all’attenzione di codesto Giurì. Se si considerano i risultati
ottenuti sulle 18 macchie comuni ad entrambi i test, risulta un evidente decremento della
performance di un misurino e mezzo di Dixan rispetto ad un misurino di Dash sul 50% delle
macchie considerate.
Ben diversa è stata la politica di prodotto attuata da Procter che ha scelto di mantenere
l’elevata qualità del proprio Dash, rinunciando a priori a competere con Dixan sul terreno del
solo prezzo di mercato.
Tale gap prestazionale tra i due prodotti emerge, d’altro canto, anche dai risultati dei test
offerti da Henkel che, lungi dallo sconfessare il claim comparativo in discussione, lo validano
invece pienamente. Al riguardo valgono le conclusioni riepilogate a pagina 7 del doc. 5 di
Henkel in forza delle quali: a) Dash è risultato superiore a Dixan con riguardo a 13 macchie; b)
solo con riguardo a 5 macchie, Dash è risultato inferiore a Dixan; c) con riguardo alle residue 16
macchie Dash e Dixan hanno pari efficacia smacchiante.
In conclusione, quand’anche si volessero accettare la metodologia ed i test condotti da SSOG
per conto di Henkel, bisognerebbe concludere che il claim comparativo veicolato da Procter è
pienamente confermato e validato.
Dai dati tecnici risulta quindi che Procter abbia operato addirittura in modo prudenziale, posto
che essa ben avrebbe potuto pretendere di utilizzare comunicazionalmente, ove lo avesse
voluto, un claim di superiorità con riferimento alla migliore efficacia smacchiante di Dash.
6
Da tutto ciò la resistente deduce che il confronto comparativo è stato introdotto in maniera
corretta e veritiera, e conseguentemente in tale ipotesi non può sussistere la fattispecie della
denigratorietà. Al riguardo P&G richiama la giurisprudenza autodisciplinare per ricordare che il
disposto dell’art. 15 del CA opera come causa di giustificazione della violazione dell’art. 14 del
CA quando il discredito del prodotto concorrente sia, come nel caso di specie, l’effetto di una
comparazione intesa ad illustrare, sotto l’aspetto tecnico ed economico, le caratteristiche ed i
vantaggi reali del prodotto pubblicizzato. Né alcuna denigratorietà, secondo P&G, può essere
collegata al trattamento pubblicitario dello spot Dash, sotto il profilo iconografico e della
forma espressiva, perfettamente in linea con gli stilemi comunicazionali in uso da decenni nel
settore merceologico dei detersivi.
Ciò posto, la resistente sostiene che è errata la decodifica che Henkel dà alla asserzione: “un
misurino e mezzo del principale concorrente”. Secondo Henkel infatti ciò suggerirebbe al
consumatore che per ottenere il medesimo risultato in termini di potere smacchiante sarebbe
necessaria una quantità assoluta di Dixan pari ad una volta e mezza (73+36,50= 109,50 ml)
quella di Dash (73 ml). Secondo P&G tale interpretazione è evidentemente contraria al dato
letterale del messaggio che fa riferimento espresso al “misurino e mezzo del principale
concorrente” e non, come pretenderebbe controparte, al 50% di detersivo Dixan in più.
Tutti i consumatori sanno che ciascun produttore consiglia la giusta dose di detersivo da
utilizzare in base alla propria formulazione, fornendo come unità di riferimento il “misurino”,
per aiutare l’utilizzatore nell’effettuazione del corretto dosaggio riportato in etichetta. Non
avrebbe dunque, ontologicamente, significato alcuno misurare la capacità smacchiante dei due
detersivi prescindendo dalla dose consigliata da ciascun produttore come corrispondente al
proprio “misurino”.
Ne risulta che un misurino e mezzo del principale concorrente di Dash, Dixan appunto,
significa 99 ml (ovvero 66 ml+(66:2)).
Inesatto è poi, a detta di P&G, quanto sostiene la parte attrice secondo la quale il claim
contestato si presta ad essere interpretato nel senso di una promessa di uguale performance
in presenza di un misurino di Dash comparato non già ad un misurino e mezzo, calcolato
secondo le dosi di Dixan consigliate in etichetta, bensì ad una quantità assoluta di prodotto
Dixan pari ad una volta e mezza quella di Dash. Infatti non è corretto misurare la capacità
smacchiante dei due detersivi prescindendo dalla dose consigliata dal produttore, posta come
centrale sulla base del protocollo AISE sottoscritto e condiviso anche dalla stessa controparte.
Senza contare che la stessa giurisprudenza autodisciplinare ha, d’altra parte, reiteratamente
chiarito che la prestazionalità dei detersivi va misurata tenendo conto a) delle istruzioni d’uso
e b) delle dosi raccomandate dai singoli produttori. Osserva inoltre P&G che anche ove il
confronto fosse stato effettuato tra un misurino di Dash (73 ml) ed una quantità di Dixan pari
al 50% di prodotto in più (73+36,50=109,50 ml), la promessa di pari performance smacchiante
sarebbe comunque, come detto, supportata dai risultati dei test scientifici effettuati dalla SGS
su richiesta di Procter. Anche in questa ipotesi, riassumibile nell’equazione “1=1,7” e, dunque,
un misurino di Dash contro 1,7 di Dixan (112 ml) la performance smacchiante di Dash è almeno
pari a quella di Dixan.
Non corretta è anche la decodifica di Henkel al messaggio asteriscato riportato in calce alla
side by side. Tale messaggio lungi dall’essere in contrasto con la promessa principale, si limita
invece a chiarificarla e completarla ulteriormente. Non a rettificarla!
Le dosi consigliate dei due prodotti sono indicate, infatti, sui rispettivi misurini ed
ulteriormente ribadite nel super contestualmente riprodotto in calce al messaggio.
Nel medesimo super si chiarisce quali siano le caratteristiche del lavaggio di riferimento (tipo
di tessuto, temperatura, durezza dell’acqua). Le caratteristiche del lavaggio di riferimento,
7
oltre ad essere contemplate dal protocollo AISE di cui si è detto, corrispondono alle
caratteristiche più comuni nei lavaggi effettuati dai consumatori italiani.
Secondo le indagini condotte dall’Istituto Nielsen, pubblicate sul Laundry Journal, 2011, risulta,
infatti, che: a) il maggior numero dei lavaggi effettuati dai consumatori italiani avviene ad una
temperatura di 40°; b) il cotone rappresenta il tessuto che più frequentemente è oggetto di
lavaggio (in una proporzione pari all’82%, contro il 2% della lana ed il 2% delle fibre sintetiche);
c) la durezza dell’acqua nel 35 % delle regioni italiane è media, ovvero pari a 25 +/-2 F° .
Alla luce di ciò risulta evidente come si verta in un’ipotesi ben diversa, distinta e distante,
rispetto alla precedente puntata autodisciplinare che ha portato alla decisione n. 41/2010.
Nella fattispecie oggetto della pronuncia autodisciplinare n. 41/2010 i super riportati in calce ai
rispettivi messaggi individuavano, infatti, il perimetro, più circoscritto, di validità dei claim
principali di superiorità del prodotto pubblicizzato con riguardo a specifiche tipologie di
macchie (“lo sporco incrostato come fango e terra su cotone”, lo “sporco incrostato di terra e
ruggine” etc.).
Al contrario nella fattispecie in esame Procter ha veicolato un claim principale rivendicativo
dell’ equivalenza prestazionale del suo prodotto, pur a dosaggio inferiore, comprovata da test
di laboratorio declinati su variabili rappresentative delle condizioni di lavaggio dei consumatori
italiani e corrispondenti a quelli contemplati nel protocollo AISE, condiviso dalla stessa
controparte. Dette variabili sono state poi correttamente dettagliate nell’asterisco, offrendo
così un’indicazione aggiuntiva ed integrativa al consumatore.
Circa l’inadeguatezza dell’asterisco, sia sotto il profilo della grandezza del carattere prescelto,
sia con riferimento ai tempi di esposizione (5 secondi) P&G rileva come la sua durata sia
proporzionale alla intera durata del filmato e la sua visibilità e chiarezza siano superiori ai
disclaimer utilizzati da Henkel in Europa, in contesti comunicazionali del tutto simili.
P&G ritiene infine che non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 42 del CA in
forza di una pretesa violazione della pronuncia autodisciplinare n. 41/2010.
Ove solo si comparino gli annunci pubblicitari oggetto della richiamata pronuncia con quelli
contestati nell’ambito del presente procedimento, risulta evidente come gli stessi siano
differenti formalmente (rappresentazione visiva e concept) e sostanzialmente (plus veicolato)
ed altresì recepiti in modo diverso dai destinatari.
A ciò si aggiunga che per giurisprudenza autodisciplinare consolidata per fondare una
pronuncia di inottemperanza è necessaria anche una componente soggettiva di dolo e/o colpa
grave in capo all’inserzionista del tutto assente con riferimento alla fattispecie in esame tenuto
conto che la veicolazione degli spot contestati è avvenuta solo subordinatamente
all’acquisizione da parte dell’esponente di univoci risultati di laboratorio, interni ed esterni. In
ogni caso l’istanza è inaccoglibile perché Henkel ha omesso di instaurare il contraddittorio nei
confronti dei mezzi coinvolti. Diversamente ritenendo si violerebbe il principio del
contraddittorio, cardine del sistema autodisciplinare. Quanto alla richiesta di pubblicazione di
un comunicato correttivo, con funzione risarcitoria, P&G rileva come tale misura non sia
neppure prevista dalle norme autodisciplinari.
Per tali motivi P&G chiede al Giurì di dichiarare che tutti i messaggi pubblicitari contestati
sono conformi al Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
8
2°- All’udienza odierna all’uopo convocata sono presenti:
per l’istante, Henkel Italia S.p.A.: l’avv. Gilberto Nava, l’avv. Vittorio Minervini, il Dr. Cristian
Tessari, la Dr. Irene Larcher, il Dr. Loris Sisti;
per la resistente, Procter & Gamble s.r.l.: l’avv. Riccardo Rossotto, l’avv. Cinzia Gaeta, la Dr.
Marina Renzulli, la Dr. Valentina Marsili, la Dr. Giovanna di Tommaso, il Dr. Dario Baroni, il
Prof. Antonio Scala;
per il Comitato di Controllo: l’avv. Elisabetta Mina.
***** ***** *****
Udita la relazione che precede e visionato il filmato, prende la parola l’avv. Minervini per
l’Istante Henkel, il quale rileva che i test prodotti da P&G non sono in grado di confortare il
claim di quest’ultima. Il consumatore infatti percepisce che Dash è una volta e mezzo più
performante di Dixan. Il confronto tra misurini di capacità diversa non è percepibile, così come
non è percepibile l’avvertenza che il claim di superiorità è, o sarebbe, vero solo a certe
condizioni di uso. Da ciò discende che P&G ha avanzato una pretesa di superiorità
generalizzata, mentre poi ha confessato che la pretesa superiorità è valida solo relativamente
a certe condizioni di uso. Sennonché tali condizioni di uso pur riferendosi ad abitudini e
situazioni più frequenti non superano singolarmente la soglia del 35%, e cumulativamente
sono quindi presenti nel 10,4 % degli utilizzatori. Sicché le prove che P&G ha addotto lasciano
nell’oscurità che cosa accade nel 90% circa dei casi. Pertanto non si può proprio dire che
l’onere della prova di cui all’art. 6 CA sia stato assolto.
Indubbia è anche la carica denigratoria e fuorviante del messaggio contestato perché esso in
sostanza invita gli spettatori a sovradosare il detersivo Dixan. Il consiglio di Henkel è
ovviamente quello di usare un misurino da 66 ml per ogni lavaggio. P&G quindi interferisce
nella relazione tra Henkel e la sua clientela suggerendo a quest’ultima di sovradosare il
prodotto. Ciò però, soggiunge l’avv. Minervini, è scorretto perché il rapporto tra quantità di
detersivo ed efficacia del lavaggio non è lineare e quindi non è affatto vero che occorre
raggiungere il rapporto 1 a 1,5 per raggiungere la medesima efficacia pulente. In effetti non è
affatto dimostrato che i test condotti da P&G conservino validità anche se variano le condizioni
di uso dei due detersivi posti a confronto, anzi Henkel produce nuovi test condotti a diversi
livelli di temperature in cui i risultati di P&G non sono affatto confermati. Anche le condizioni
locali di durezza dell’acqua hanno influenza diretta sulla quantità di prodotto da utilizzare ad
ogni lavaggio ed Henkel è in grado di produrre tabella da cui emerge la estrema varietà delle
condizioni locali.
La realtà è quindi che il messaggio contestato è un esempio di pubblicità comparativa la quale
viola tutti i criteri al rispetto dei quali è subordinata la liceità della comparazione. Perciò l’avv.
Minervini ribadisce le richieste di Henkel relativamente alla pubblicazione della decisione.
Prende quindi la parola, per la P&G, l’avv. Rossotto il quale rileva che il caso in esame pone un
problema di comunicazione ed un problema di prova. Circa la comunicazione si tratta
indubbiamente di pubblicità comparativa che nasce dal bisogno di P&G di posizionarsi sul
mercato facendo conoscere che il suo prodotto è più “concentrato” e quindi ottiene certi
risultati che sono eguali a quelli del principale concorrente, ma con dosaggi minori. Infatti
dalle confezioni dei due prodotti emerge che Dixan promette 28 lavaggi per flacone, mentre
Dash ne promette solo 25; perciò il consumatore è indotto a preferire Dixan; ma in realtà tale
risultato è ottenuto solo grazie al fatto che il misurino di Dixan contiene 66 ml contro i 73 di
Dash, mentre non è affatto vero che con un misurino di Dixan si ottiene la stessa efficacia
pulente di un misurino di Dash. Perciò P&G comunica che per ottenere lo stesso effetto
pulente occorre aggiungere al misurino di Dixan un altro mezzo misurino. Si tratta di verificare
se ciò sia vero e sia provato. Al riguardo l’avv. Rossotto sottolinea che i test sono stati condotti
con metodologia AISE e quindi è stata usata una metodica universalmente considerata valida e
9
che hanno confermato che la parità di capacità pulente si raggiunge con dosaggi differenziati
dei due prodotti confrontati in rapporto di 1 a 1,5. Si aggiunge che a voler essere esatti tale
parità si raggiunge con un rapporto di dosaggio pari ad 1 contro 1,7; ma ciò conferma che il
claim pubblicizzato è senza dubbio corretto.
Il super che appare accanto al confronto side by side ha solo la funzione di avvertire circa le
condizioni in cui i test sono stati svolti, ma non limita la promessa.
Prendendo a sua volta la parola per P&G il prof. Scala illustra le ragioni per cui si deve ritenere
che il protocollo AISE sia stato correttamente seguito nei test prodotti da P&G e che anche i
risultati dei test fatti eseguire da Henkel confermano sostanzialmente la veridicità del claim di
P&G.
Prendendo la parola per il Comitato di Controllo, l’avv. Mina rileva che il messaggio contestato
effettua una comparazione tra termini disomogenei e che da tale disomogeneità deriva una
possibilità di inganno per il consumatore. Il claim a suo avviso veicola una pretesa di
superiorità a parità di dosaggio, ma poi è condotto in riferimento al contenuto di misurini che
sono ineguali quanto a detersivo contenuto e perciò il consumatore può essere disorientato.
Rilevato ciò il Comitato si rimette al Giurì per ogni altra questione.
In sede di replica l’avv. Minervini sottolinea che il filmato contestato contiene una indebita
generalizzazione di risultati tecnici che sono relativi ad una situazione in cui si trova il 10,4 %
dei consumatori, lasciando nel vuoto probatorio il rimanente 89,6 %. In queste condizioni si
deve osservare che P&G ha ripetuto la stessa operazione di generalizzazione di risultati parziali
già censurata dal Giurì nella pronuncia 41 del 2010. Perciò vi è stata violazione del disposto
dell’art. 42 del CA inteso in senso sostanziale ed in definitiva ciò depone a favore della
fondatezza della richiesta di pubblicazione.
Sempre in sede di replica l’avv. Rossotto rileva che non si possono sollevare questioni relative
alla applicazione di una metodica come quella di AISE che è condivisa tra tutti produttori
europei di detersivi, tra cui Henkel e P&G, oltre che da tutti gli altri e che funge da forma di
autodisciplina del settore. Prendendo la parola sempre per P&G la Dr. Giovanna di Tommaso
rileva che i protocolli AISE sono condotti sul parametro del lavaggio a 40° perché si tratta del
tipo di lavaggio più comune e che è associato al tessuto di cotone ( mentre è noto che altri tipi
di tessuti si lavano a temperature diverse) e che il cotone è stato scelto perché è il tipo di
tessuto più esposto alle macchie e quindi integra il test più efficace in relazione alla capacità
smacchiante ed infine che la durezza dell’acqua si rapporta al dosaggio del detersivo richiesto,
ma ciò non altera i risultati dei test comparativi.
Terminata la discussione le parti si ritirano per consentire al Giurì di deliberare.
3°- Rileva il Giurì che il filmato in esame richiede anzitutto di essere correttamente
decodificato.
Tale decodifica, come indicato dalla costante giurisprudenza del Giurì, deve essere condotta in
riferimento a quanto è percepibile dallo spettatore medio.
Ciò posto, una serena visione del filmato indica che tutto quanto lo spettatore può percepire è
che i due detersivi confrontati possono avere la stessa efficace pulente quando il loro dosaggio
è in rapporto di 1 a 1,5 e che tale rapporto è espresso in relazione ai misurini in uso.
Diverse letture del messaggio non paiono realistiche, mentre si rilevano indici iconografici e
segnici perfettamente convergenti nell’indicare che la decodifica suddetta è di gran lunga la
più probabile.
Non si può negare che il messaggio è complesso essendo la somma di due parti l’una
chiaramente giocata, con indubbia abilità, sui normali stilemi dello sketch televisivo idonea
quindi ad attrarre l’attenzione su quanto è narrato mediante la forma scenica. Anche se tale
forma appare
sottilmente preparatoria ad esaltare l’impatto della comunicazione
commerciale vera e propria; ciò non significa che la seconda parte del messaggio non abbia
10
una sua chiara autonomia semantica e che tale autonomia si manifesti proprio nel nucleo
comunicazionale che è oggetto della contestazione sottoposta all’attenzione del Giurì.
La parte contestata del comunicato commerciale in esame in effetti rovescia i termini dei
confronti più usualmente battuti perché confronta due prodotti concorrenti sul piano delle
quantità di prodotto che è necessario somministrare per raggiungere parità di risultati.
Pertanto il messaggio in esame non proclama direttamente una superiorità prestazionale
perché ammette che i due prodotti sono entrambi in grado di raggiungere il medesimo
soddisfacente risultato di capacità smacchiante dei capi lavati, ma avverte che per raggiungere
tale parità di risultati prestazionali il secondo prodotto, quello del concorrente, richiede la
somministrazione di mezzo misurino in più rispetto alla dose consigliata.
Benché debba ammettersi che tale rovesciamento di parametro sia inusuale o, detto in altri
termini, sia una modalità comunicazionale innovativa, il Giurì non ritiene che il consumatore
medio sia indotto in confusione. Che la relazione istituita dal confronto side by side sia una
relazione di eguaglianza sul piano del risultato pulente è reso palese dalla sinergica
convergenza della parte iconografica che pone sullo stesso piano un misurino da un lato ed un
misurino e mezzo dall’altro, sia dal segno eguale che campeggia in modo eclatante nella
intera immagine.
In secondo luogo è da condividere la osservazione che l’unità di misura presente nella mente
del consumatore di detersivi è il misurino fornito del produttore. A prescindere da ogni altra
considerazione è da ritenere che il dosaggio del prodotto avvenga in riferimento al misurino
abituale e non in riferimento ad unità di misura tecnico-scientifiche. Il consumatore non
sempre percepisce il senso della sigla ml, né provvede a prove empiriche versando il prodotto
Dash nel misurino di Dixan, o viceversa, e non è dotato di altro contenitore millimetrato per
procedere a confronti più scientificamente attendibili. Usa l’unità di misura di cui è stato
dotato (Giurì 12 aprile 1994, n. 38)
E’ vero quanto afferma la ricorrente che simile decodifica è posta in crisi dal fatto che nel super
appaiono indicazioni espresse in ml e che tale unità di misura crea un rompicapo perché i ml
dei due misurini divergono ed inoltre, con inversione apparentemente bizzarra, il produttore
del prodotto (in tesi) più concentrato fornisce al consumatore un misurino più grande (che
contiene 73 ml) , mentre il produttore del prodotto (in tesi) meno concentrato munisce il
proprio prodotto di un misurino più piccolo (che contiene 66 ml), sicché rapportato alla unità
di misura scientifica il rapporto 1 a 1,5 non torna. Tuttavia il Giurì osserva che sul piano
comunicazionale tutto ciò è irrilevante perché come sostenuto dalla parte ricorrente quel
super è completamente illeggibile e quindi non concorre né in senso positivo né in senso
negativo alla decodifica del messaggio. Trascurabile è il fatto che per amor di contraddittorio la
parte resistente abbia argomentato in senso opposto, ed in senso opposto ai suoi interessi,
perché la realtà rimane che anche dopo plurime visioni del messaggio un osservatore onesto
deve concludere che quel super non si percepisce mai e quindi deve esser considerato come
una parte inesistente del messaggio.
Posta quindi la univoca decodifica del messaggio in questione si debbono esaminare altre
questioni sollevate dalle parti in relazione alla ammissibilità del tipo di comparazione
effettuata dall’inserzionista convenuto ed in relazione all’assolvimento dell’onere della prova
di cui è gravato.
Giova premettere al riguardo che non fanno parte della materia del contendere su cui il Giurì è
chiamato a pronunciarsi alcune questioni generali; infatti entrambe le parti ammettono che la
pubblicità in questione è una pubblicità comparativa diretta, come indubbiamente è, e che
l’onere della prova del claim di superiorità prestazionale quantitativa gravi sull’inserzionista.
11
Nemmeno è disputato che il principale concorrente sia identificabile nel prodotto della parte
attrice.
Eliminate simili questioni rimangono le altre cui si è fatto cenno.
Parte attrice ha sostenuto con argomentazioni acute che in parte si intrecciano con quelle
relative all’effetto confusorio del messaggio contestato, che, con particolare riguardo al
settore merceologico in questione, esisterebbe un vincolo alla scelta dei parametri di
confronto utilizzabili nella pubblicità comparativa. Simile acuta contestazione si specifica nel
senso che ciascun produttore provvede a consigliare al consumatore un certo dosaggio ed
all’uopo correda ogni confezione di un misurino che serve appunto a calcolare con
ragionevole precisione la dose di prodotto suggerita. Una pubblicità comparativa può solo
assumere come punto di partenza tali dosaggi, libera poi di procedere a confronti prestazionali
tra i diversi prodotti purché naturalmente il confronto abbia riguardo a prestazioni significative
e sia fornita prova adeguata. Non sarebbe invece consentito confrontare due prodotti
concorrenti sotto il profilo delle diverse quantità di prodotto necessarie per pervenire a
risultati di pulitura egualmente soddisfacenti.
Il Giurì tuttavia, pur rendendosi conto che la via del confronto, per così dire, quantitativo non è
privo di pericoli di incertezze e confusioni, non ritiene che simile prospettazione sia
condivisibile. Giova infatti ricordare che la liceità della pubblicità comparativa risale ad
interventi del legislatore comunitario (direttiva 97/55) che ha voluto favorire la pubblicità
comparativa, assumendo che essa «può anche stimolare la concorrenza tra i fornitori di beni e
di servizi nell’interesse dei consumatori» e, considerando, che «può essere un mezzo legittimo
per informare i consumatori nel loro interesse». (Corte di giustizia delle comunità europee, 1206-2008, n. causa C-533/06; in tema cfr anche Corte giustizia Unione europea, 18-11-2010, n.
159/09.) Le condizioni di liceità cui è specificamente sottoposta la pubblicità comparativa
debbono essere verificate con attenzione, ma non possono essere ampliate.
Ciò posto, è da considerare che nello specifico mercato dei detersivi per lavatrici è difficile non
considerare caratteristica essenziale e pertinente la quantità di prodotto che è necessario
consumare per ogni lavaggio al fine di ottenere un risultato pulente che sia soddisfacente. Si
può infatti considerare come massima di comune esperienza che il consumatore sia
interessato: al prezzo, al risultato pulente ed alla quantità di detersivo che occorre consumare
di volta in volta.
Pertanto non si può considerare estranea alla sfera di confronto comparativo lecito il dato
relativo al rapporto tra risultato pulente e quantità necessaria al raggiungimento di tale
risultato.
Si deve quindi verificare se il dato comparativo pubblicizzato sia vero e sia provato.
Sul punto le parti, pur all’interno delle costrizioni imposte dalla rapidità del procedimento,
hanno discusso intensamente sicché con il prezioso aiuto del CTU presente alla discussione il
Giurì può procedere a considerazioni ordinate.
Come emerge dalla giurisprudenza del Giurì in tutti i casi in cui un inserzionista deve dare ex
art. 6 Codice di autodisciplina la prova scientifica precostituita della verità del claim avanzato
nella comunicazione commerciale, la verifica dell’assolvimento di tale onere procede
attraverso tre passaggi.
Il primo passaggio consiste nel verificare se la prova scientifica è stata ottenuta impiegando
una metodologia scientificamente corretta, intendendosi per tale una metodologia di indagine
generalmente accettata nella comunità di riferimento.
Il secondo passaggio, che implica il superamento del primo, consiste nel verificare se la
corretta metodologia che sta alla base delle prove tecniche eseguite sia stata correttamente
12
applicata, passaggio nell’esame del quale il Giurì è assistito da un esperto percipiente. Il terzo
passaggio consiste nella esatta individuazione del significato della prova prodotta, ossia nella
verifica della corrispondenza tra il claim e ciò che è stato scientificamente provato.
La parte resistente ha depositato documentazione, parzialmente illustrata dai propri
consulenti presenti alla fase di discussione orale, relativa ai tests eseguiti da un laboratorio
indipendente sulla base di protocolli AISE. La parte istante ha depositato altra documentazione
relativa a test eseguiti da altri laboratori indipendenti, ma che prescindono dai protocolli AISE.
Non è disputato che entrambe le parti sono membre dell’AISE (Association Internationale de la
Savonnerie, de la Détergence et des Produits d'Entretien /International Association for Soaps,
Detergents and Maintenance Products/) e poiché la funzione dei protocolli AISE è “to provide a
minimum requirements methodology for assessing the performance of detergents across
Europe” si deve ritenere che i protocolli AISE siano concordati al fine di fornire una
metodologia riconosciuta adatta a valutare i risultati dei vari tipi di detergenti. Al riguardo
infatti un organo decidente come il Giurì non può non tener conto delle indicazioni che si
ricavano dalla normativa europea ed in particolare dalle Direttive 83/189 e 98/34 in tema di
norme tecniche relative anche alle prove ed ai metodi di prova di un prodotto immesso nel
mercato Unico Europeo. In definitiva quindi si può almeno partire dalla presunzione semplice
che gli esiti di misurazioni attuate seguendo i protocolli AISE siano rappresentativi di realtà
prestazionali comunemente riconosciute dalla comunità di riferimento.
Il secondo passaggio relativo alla esecuzione dei protocolli AISE nel corso delle analisi
commissionate dalla parte convenuta ad un laboratorio indipendente non ha dato origine a
contestazioni. Il Giurì comunque esaminata la documentazione con l’apporto del CTU
ragionevolmente considera che le analisi sono state eseguite correttamente.
L’aspetto problematico della controversia, sul quale non a caso si è concentrata la discussione
concerne il terzo passaggio, ossia la corrispondenza tra il claim e ciò che è stato provato.
Giova pertanto introdurre alcune precisazioni preliminari.
La prima precisazione riguarda l’individuazione del contenuto comunicazionale del claim
contestato; come anzidetto il Giurì ritiene che il significato del claim contestato sia: “per
ottenere lo stesso risultato pulente che ottieni con un misurino di Dash occorre un misurino e
mezzo di Dixan”.
La seconda precisazione riguarda il tipo di prova che è stato fornito ed il modello di valutazione
razionale che è richiesto dallo specifico fatto giuridico che deve essere provato. E’ importante
sottolineare al riguardo che i dati raccolti seguendo il protocollo AISE sono dati statistici.
Infatti i vari tipi di lavaggio sono ripetuti n volte per generare un dato medio. Ciò deve
ritenersi adeguato allo specifico fatto probando che è la capacità prestazionale di prodotti di
largo consumo. In tema giova precisare ulteriormente che il carattere statistico del dato non
perde la sua capacità di rappresentare una realtà effettuale e quindi di poter costituire la
razionale dimostrazione di una ipotesi relativa allo stato delle cose (Cfr. Corte giustizia Unione
europea, 17 giugno 2010, n. 105/08 ; Corte giustizia Unione europea, 20 ottobre 2011, n.
123/10; Cass. civ., 21 giugno 1989, n. 2947). Infatti la situazione in vertenza non va confusa
con quella relativa alla dimostrazione della sussistenza di un nesso causale riguardante un
evento singolo, che è l’ipotesi più ricorrente nella nostra giurisprudenza e rispetto alla quale il
modello della prova statistica è più spesso invocato e discusso. Nel caso non è in questione un
singolo evento, ma le qualità di una massa indifferenziata di prodotti di largo consumo. Non è
quindi in tema la critica svolta dalla parte istante secondo la quale i dati ricavati dai test
prodotti dalla resistente sarebbero validi solo nel 10% dei casi, perché tale osservazione
implica l’assunzione di un modello di valutazione delle prove non pertinente alla situazione
concreta e contraddice la premessa per cui i test condotti secondo il protocollo AISE debbono
ritenersi, per consenso della comunità di riferimento, dimostrativi della performance dei
detersivi, testati facendo così ragionevolmente presumere che i dati medi ricavati da essi siano
13
estensibili almeno alla maggior parte delle situazioni di lavaggio e non già confinati alle uniche
condizioni in cui i test si sono svolti.
In conclusione, nella situazione esaminata si deve ritenere che le prove addotte
dall’inserzionista sono sufficienti a fondare il ragionevole convincimento che al dosaggio
reclamizzato Dash conserva un certo margine di superiorità pulente rispetto a Dixan, mentre
una parità più certa si ottiene a dosaggi superiori di Dixan; il che fa presumere che a dosaggi
inferiori a quello reclamizzato di Dixan non si ottenga il proclamato risultato di parità.
Naturalmente una volta accertato che le prove addotte dall’inserzionista sono idonee a
superare i tre passaggi che si sono icasticamente riassunti, la pretesa di verità del claim rimane
aperta alle critiche dei contro interessati; critiche che però sono gravate da paralleli oneri di
razionalità scientifica e giuridica.
Al riguardo il Giurì deve osservare che le prove addotte dalla parte attrice non sembrano
pertinenti e non prendono mai in considerazione il tema centrale dei dosaggi.
E’ ragionevole quanto ha sostenuto l’ Istante, ovvero che il rapporto tra dosaggio e capacità
pulente non è lineare. Invero, trattandosi dello sviluppo di una funzione sarebbe sorprendente
se lo fosse. Ma posto che un simile rapporto deve indubbiamente esistere non è chiara la
ragione per cui non sia stato documentato che cosa avviene quando Dixan è utilizzato nel
dosaggio consigliato. Che cosa avvenga a dosaggi superiori è stato documentato dalle prove
condotte dalla resistente sino al rapporto 1 ad 1,7. La non linearità del rapporto quantità/
efficacia pulente rimane così una critica astratta, così come astratte e non pertinenti sono le
documentazioni offerte dalla Istante circa la durezza dell’acqua in varie località italiane e le
prove di lavaggio effettuate in condizioni di uso diverse da quelle considerate nei protocolli
AISE. Tali variabili infatti modificano certamente i dati numerici ricavabili dai test, ma non
incidono sul rapporto in questione.
Le precisazioni qui svolte servono anche a chiarire come il caso qui esaminato sia ben diverso
rispetto al caso oggetto della pronuncia 41/10 del Giurì. In quel caso infatti si è considerato un
claim di superiorità: “Nuovo Dash con actilift rimuove meglio lo sporco”, che era supportato
solo da prove relative ad alcuni tipi di sporco incrostato e quindi integrava una indebita
generalizzazione di un rapporto di causa ad effetto.
Da quanto sin qui esposto emerge quindi che non si può riscontrare nel messaggio contestato
una violazione dell’art. 2 del codice di autodisciplina e che non sussiste violazione degli art. 14
e 15 del medesimo, essendo la conformità ai requisiti di cui all’art. 15 causa di giustificazione
del potenziale contrasto con l’art. 14.
P.Q.M.
Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti dichiara che il messaggio esaminato non è in
contrasto con il Codice di Autodisciplina.
Milano, 13 marzo 2013
f.to Il Presidente e Relatore
Prof. Avv. Antonio Gambaro
___________________________
Tutti i diritti di riproduzione sono riservati
14