Titolo Il miglioramento della qualità di vita grazie all
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Titolo Il miglioramento della qualità di vita grazie all
Titolo Il miglioramento della qualità di vita grazie all’utilizzo della Comunicazione Aumentativa Alternativa Autore Annalisa Pedranti Relatore Dott. Giulio Santiani Corso di Laurea Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Università degli Studi di Milano Introduzione (max 2.000 caratteri) CARTA DEI DIRITTI DELLA COMUNICAZIONE Ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita. Oltre a questo diritto di base, devono essere garantiti i seguenti diritti specifici: 1. il diritto di chiedere oggetti, azioni, persone e di esprimere preferenze e sentimenti; 2. il diritto di scegliere tra alternative diverse; 3. il diritto di rifiutare oggetti, situazioni, azioni non desiderate e di accettare tutte le scelte proposte; 4. il diritto di chiedere e ottenere attenzione e di avere scambi con altre persone; 5. il diritto di richiedere informazioni riguardo oggetti, persone, situazioni o fatti che interessano; 6. il diritto di attivare tutti gli interventi che rendano loro possibile comunicare messaggi in qualsiasi modo e nella maniera più efficace indipendentemente dal grado di disabilità; 7. il diritto di avere riconosciuto comunque il proprio atto comunicativo e di ottenere una risposta anche nel caso in cui non sia possibile soddisfare la richiesta; 8. il diritto di avere accesso in qualsiasi momento ad ogni necessario ausilio di comunicazione aumentativa-alternativa, che faciliti e migliori la comunicazione e il diritto di averlo sempre aggiornato e in buone condizioni di funzionamento; 9. il diritto a partecipare come partner comunicativo, con gli stessi diritti di ogni altra persona, ai contesti, interazioni e opportunità della vita di ogni giorno; 10. il diritto di essere informato riguardo a persone, cose e fatti relativi al proprio ambiente di vita; 11. il diritto di ricevere informazioni per poter partecipare ai discorsi che avvengono nell’ambiente di vita, nel rispetto della dignità della persona disabile; 12. il diritto di ricevere messaggi in modo comprensibile e appropriato dal punto di vista culturale e linguistico. (National Joint Committee for the Communication Needs of Persons with Severe Disabilities, 1992) La comunicazione è stata riconosciuta come diritto essenziale, al pari della vita, della salute, del lavoro, tanto che è stato redatto questo specifico documento. Non solo, c’è anche chi si è spinto oltre: Senza la comunicazione lo spirito non sviluppa una vera natura umana, ma rimane ad uno stadio anormale e indefinito. (Cooley C. H., 1909) Apparentemente potrebbero sembrare una cosa esagerata sia il paragone sia l’affermazione, almeno per chi ha la possibilità di comunicare come, quando, dove, con chi, perché vuole. È probabile che costoro, tra cui mi sento compresa anch’io, non ne colgano l’importanza perché sembra qualcosa di scontato, non così fondamentale, di cui si potrebbe anche fare a meno. Come sempre accade, ci accorgiamo veramente del valore delle cose solo quando vengono a mancare. Finché funzionano bene e ne abbiamo il pieno controllo, nulla ci spinge a guardarle più in profondità e a scoprirne la reale bellezza e valenza. Ecco allora che acquistano rilevanza nel momento in cui insorge qualche problema, sia che interessi noi stessi in prima persona o chi è a noi vicino. Pensiamo ad un adulto che, per molteplici motivi, ha perso l’uso del linguaggio. Potrà disporre di sistemi che gli permetteranno comunque di comunicare, ma dovrà adattarsi alla nuova modalità, la comunicazione richiederà tempi prolungati, potrà non essere così chiara e articolata come si vorrebbe,… E tutto questo è preceduto dall’accettazione della patologia e dei limiti che essa impone. Quando si tratta di bambini, essi possono anche non avere mai acquisito il linguaggio. Sia loro che i genitori si vengono a trovare in non poche difficoltà: i primi si esprimono come possono, con modalità magari inusuali e complesse da codificare; i secondi faticano a capire e a rispondere adeguatamente. Fortunatamente, al giorno d’oggi, esistono svariate opportunità per affrontare i deficit di comunicazione. L’interesse e la ricerca a riguardo sono notevoli e hanno portato alla creazione di numerosi metodi e strumenti. Si possono e si devono elaborare soluzioni specifiche per ogni singola persona, sulla base di quelli che sono i suoi bisogni, desideri, aspettative. È solo in tal modo che esse risulteranno davvero utili ed efficaci. Lo scopo del mio lavoro è proprio questo: indagare come un intervento sull’area comunicativa e la realizzazione di strumenti di comunicazione personalizzati condizionano la qualità di vita del soggetto che ne usufruisce. Sono stati considerati prevalentemente individui in età evolutiva, visto il percorso di formazione professionale, e alcuni in età giovane-adulta. Il bambino/ragazzo trae beneficio dall’ampliamento delle sue possibilità comunicative? Riesce ad essere più interagente, coinvolto, comprensibile, adeguato nella vita quotidiana? Questo lo fa stare complessivamente meglio? Secondo l’ipotesi di partenza, le risposte a queste domande non possono che essere positive: avere a disposizione strumenti che sostituiscono o supportano la comunicazione verbale permette un miglioramento della qualità di vita perché il soggetto ha la possibilità di esprimersi, essere partecipe, avere un maggior controllo su ciò che lo circonda, strutturare la propria identità personale, socializzare. Insomma, ciò vuol dire essere protagonista attivo della propria vita, anziché cadere nella passività. Il passo successivo è il seguente: i cambiamenti sono sufficientemente significativi ed evidenti? Coloro che si occupano del bambino/ragazzo li notano? Ho allora cercato degli strumenti standardizzati adatti a fare tale valutazione. Il migliore mi è sembrato il questionario PIADS. Infatti è semplice da compilare, breve e indaga gli aspetti giusti. Non essendo fattibile l’autovalutazione, esso è stato proposto agli educatori che seguono quotidianamente bambini e ragazzi nei centri per disabili. In cinque casi è stato possibile somministrarlo anche ai genitori, grazie alla loro disponibilità, e fare il confronto tra due punti di vista diversi sulla stessa persona. Corpo della tesi (max 8 pagine con max 2.000 caratteri per pagina) CONCETTI CHIAVE Per puntualizzare cosa si intende per comunicazione, faccio riferimento ad uno dei più importanti studiosi della materia, Watzlawick et al. (1978), che così la definisce: La comunicazione è uno scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la cultura di riferimento. Aggiunge i seguenti cinque assiomi per specificarne le caratteristiche. - Non si può non comunicare. - Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione. - La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. - Gli esseri umani comunicano sia con il modulo verbale che con quello non verbale. - Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari. Due sono gli aspetti che ritengo di particolare importanza. Innanzitutto la relazione: per comunicare bisogna essere almeno in due ed entrambi devono partecipare attivamente allo scambio. Ciascuno assume alternativamente i ruoli di emittente e ricevente. Ciò significa che il flusso di informazioni è bidirezionale e non unidirezionale. L’altro elemento rilevante è il codice utilizzato. Esso deve essere conosciuto da tutti coloro che sono coinvolti nella comunicazione, altrimenti non ci si capisce e lo scambio di informazioni non va a buon fine. Altra definizione di comunicazione è quella del National Joint Committee for the Communication Needs of Persons with Severe Disabilities (1992): Qualunque azione attraverso la quale una persona dà o riceve informazioni da un’altra persona sui suoi bisogni, desideri, percezioni, conoscenze o stati affettivi. La comunicazione può essere intenzionale o non intenzionale, può utilizzare segnali convenzionali o non convenzionali, può prendere forme linguistiche o non linguistiche e può avvenire attraverso il canale verbale oppure altri canali. Ogni comunicazione si configura come occasione di incontro e di condivisione con gli altri. Ecco allora che promuove la crescita, l’autodeterminazione e lo sviluppo dell’autonomia e della dignità della persona. La qualità di vita, in senso generale, viene invece definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come: La percezione che ogni individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni. (Muzzatti B., 2012) È intuibile come tale percezione sia collegata a molteplici fattori, pertanto si configura come un concetto piuttosto complesso. Per poterne fare una valutazione bisogna interessarsi della persona a 360°, ovvero bisogna interessarsi di tutti gli aspetti che la caratterizzano e non solamente di una determinata area. Consideriamo una sfumatura della qualità di vita, ovvero la qualità di vita relativa alla salute, in quanto i soggetti selezionati per questo lavoro sono affetti da patologie. Con essa si intendono: Gli aspetti qualitativi della vita dell’individuo che sono collegati ai domini della malattia e della salute e, pertanto, sono modificabili dalla medicina. (Muzzatti B., 2012) In tal caso la persona si trova in una condizione particolare, quella della malattia, che sicuramente incide sulla qualità di vita in modo non indifferente. C’è da dire, però, che la malattia non necessariamente è fonte di malessere per la persona, così come la salute non è aprioristicamente sinonimo di benessere. In ambito clinico, la misura di tale parametro è utile per avere indicazioni circa: - i problemi più rilevanti per la persona; - l’efficacia degli interventi terapeutico-riabilitativi; - la necessità di apportare modifiche agli interventi; - l’adesione ai trattamenti da parte dell’interessato; - i suoi bisogni e priorità. Questa attenzione e questo coinvolgimento più attivo, consentono al paziente di sentirsi effettivamente persona e non corpo malato, di essere compreso più profondamente e non solo curato superficialmente. È la base del modello bio-psico-sociale di salute. Per Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) si intende un metodo clinico pensato per le disabilità verbali. Più precisamente essa può essere definita come: Ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale. (ISAAC, 2002) L’insieme di conoscenze, di tecniche, di strategie e di tecnologie, che è possibile attivare per facilitare la comunicazione con persone che presentano una carenza o assenza, temporanea o permanente nella comunicazione. (Fedrizzi E., 2009) Il suo fine è quello di aiutare l’utente a …divenire competente dal punto di vista comunicativo nel presente, pur avendo in mente i bisogni comunicativi futuri. (Mirenda P., Beukelman D., 1998) Il sistema viene definito Aumentativo perché vuole potenziare le risorse comunicative ancora presenti nella persona e Alternativo perché permette di sostituire la parola con altre modalità comunicative. Non è qualcosa di totalmente diverso dalla comunicazione tradizionale, anzi si basa proprio su di essa e cerca di conservarne quante più caratteristiche possibili. Ad esempio, rispetta la sequenza di fasi tipica della comunicazione verbale, ovvero input => decodificazione => codificazione => output. È un sistema multimodale (CSCA, 2013), al cui centro deve essere posta la persona. La CAA dà al disabile la possibilità di partecipare attivamente alla comunicazione. Ciò deve essere fonte di gratificazione, affinché per egli valga la pena di compiere gli sforzi necessari. MATERIALI E METODI Esiste un’ampia gamma di strumenti di CAA, oggi anche informatizzati. Sono prevalentemente iconografici e posti su tabelle di comunicazione. Tra questi vengono presi in considerazione i PCS, in quanto impiegati nei centri dove ha avuto luogo l’indagine. Esempi di altri codici sono i simboli Bliss, il Core Picture Vocabulary, il Pictogram Ideogram Communication (PIC) e il PICSYMS. Il Picture Communication Symbols (PCS) è un codice pittografico rappresentante con disegni chiari e semplici gli elementi principali del quotidiano, i colori, le lettere e i numeri. Inizialmente comprendeva 709 simboli, oggi ne esistono più di 4000. È stato ideato da Roxanna Mayer-Johnson nel 1980. Può essere usato con utenti di tutte le età, che presentano varie disabilità temporanee o permanenti. Innanzitutto è necessario inquadrare gli aspetti caratteristici della persona, in modo tale da fornirle strumenti di comunicazione che siano davvero adeguati alle sue necessità e quindi efficaci. Ciò significa che non ci sono dei metodi standard per utilizzare il codice, bensì esso deve essere adattato all’individuo, vanno costruiti insieme strumenti personalizzati. Bisognerà inoltre precisare quando, dove e con quale scopo lo strumento verrà utilizzato e valutare se siano meglio ausili a bassa o ad alta tecnologia (non elettronici o elettronici). In generale, tra i benefici che tali strumenti possono apportare ci sono: - stimolazione dei prerequisiti per la letto-scrittura; - facilitazione sia della comprensione che dell’espressione del linguaggio; - compenso dei deficit di memoria; - arricchimento della sintassi. I disegni dei PCS sono a colori o in bianco e nero, a corpo intero o stilizzati. Sopra di essi è scritto il termine corrispondente, ad eccezione della versione “Senza Parole”. Sono altamente personalizzabili, in quanto si possono costruire simboli ad hoc con foto, assemblando più parti di simboli diversi, modificando i disegni e le scritte standard. Il tutto può essere fatto a mano o al computer. I simboli sono suddivisibili in sei categorie per differenziare le diverse parole e la loro funzione all’interno della frase, al fine di facilitare la corretta costruzione di quest’ultima. Ogni categoria è contraddistinta da un colore specifico, che deve rimanere sempre lo stesso. La codifica per colore può rappresentare un aiuto per localizzare e riconoscere i simboli e rendere il sistema di comunicazione più attraente. È possibile anche definire delle sottocategorie e identificarle con altri colori, stando però attenti che ciò non diventi fonte di confusione per l’utente. Si può colorare solo la parte del simbolo su cui va posta l’attenzione oppure solo lo sfondo e non il disegno. La stessa parola può essere raffigurata con disegni diversi. Solitamente si tende a scegliere la versione più generalizzabile. I verbi sono i più difficili da imparare perché astratti e, per rappresentarli, bisogna necessariamente avvalersi di soggetti e oggetti. Ciò può indurre l’utente a considerare solo i singoli elementi oppure a non generalizzare il significato della parola. Complica le cose anche il fatto che la rappresentazione è statica, mentre un’azione è tipicamente dinamica. I verbi vengono generalmente scritti all’infinito, possono essere coniugati per dare al soggetto la collocazione delle proprie azioni nel tempo. Chiaramente ciò non è fattibile in tutti i casi, ma solo con coloro che hanno certe abilità e competenze. I simboli sono stampabili in dimensioni diverse. Di solito si preferiscono dimensioni maggiori in fase di allenamento o per i simboli usati più di frequente. Vengono plastificati in modo da proteggerli e non doverli costantemente riprodurre. La selezione dei simboli può essere fatta con modalità differenti, a seconda del tipo di strumento e delle capacità dell’utente. I simboli che andranno a costituirne il vocabolario vengono scelti rispetto all’ambito di utilizzo dello strumento. Possono essere più o meno numerosi (la quantità deve essere adeguata per il singolo soggetto) e non dovrebbero mancare simboli accattivanti che stimolino l’intenzionalità comunicativa. La loro disposizione non sarà casuale, ma organizzata in modo preciso e ragionato. Andranno sostanzialmente adottate tutte le accortezze per rendere lo strumento facilmente e agevolmente utilizzabile sia dall’utente che dai partners comunicativi. Le sue principali caratteristiche dovrebbero essere: - semplicità = adatto al livello cognitivo; - chiarezza = simboli facilmente riconoscibili; - completezza = numero sufficiente di simboli; - gradualità = progressiva introduzione dei simboli; - flessibilità = adattabile alle esigenze dell’utente; - efficacia = valido per una precisa situazione; - accessibilità = utilizzabile dall’utente in base alle sue competenze motorie; - possibilità di verbalizzazione = associazione di un’etichetta verbale ad ogni simbolo e/o traduzione della selezione in un messaggio verbale. Alcuni strumenti a bassa tecnologia: striscia quotidiana, tabella settimanale, tabelle a tema, striscia delle scelte, quaderno, collana, tovaglietta, etran. Esempi di ausili ad alta tecnologia: VOCAs, comunicatori alfabetici e software di comunicazione per computer, tablet e palmari. Altri strumenti di ausilio alle competenze comunicative: quaderno dei resti, passaporto. Tra i programmi per realizzare i simboli citiamo in particolare Boardmaker (versione 6), il più noto e utilizzato per progettare e realizzare materiale cartaceo per la comunicazione con i PCS (tabelle, calendari, testi, etichette,...). Contiene oltre 6500 simboli e 250 modelli, ma c’è anche la possibilità di creare liberamente i tracciati e di inserire nella libreria i simboli personalizzati. Il Psycosocial Impact of Assistive Devices Scale (PIADS) È un questionario che misura l’impatto psicosociale delle tecnologie riabilitative e degli ausili sulla qualità di vita dell’utente. Si suddivide in tre aree per un totale di 26 items: - abilità = competenze, 12 items; - adattabilità = predisposizione a fare nuove esperienze, 6 items; - autostima = emozioni quali sicurezza e fiducia in se stessi, 8 items. La valutazione si può fare per tutte le tipologie di ausili ed è molto veloce (5-10 minuti). Permette di capire se il loro utilizzo ha comportato peggioramenti, non ha avuto effetti o ha consentito dei miglioramenti. Nel caso di peggioramenti e miglioramenti, si può inoltre distinguerne l’entità (lievi, modesti, consistenti). I punti della scala sono quindi sette: - -3/-2/-1 = diminuzione; - 0 = nessuna variazione; - +1/+2/+3 = aumento. Il PIADS può essere somministrato direttamente agli utenti, dai 10 anni in poi, oppure a coloro che se ne prendono cura. L’esaminatore deve dare spiegazioni chiare e precise prima di iniziare la compilazione. Se necessario, il glossario può aiutare a capire meglio il significato degli items. È importante che venga considerata la reale influenza dell’ausilio e non quella desiderata. Il risultato si calcola sommando, per ciascuna area, i punteggi dei relativi items e dividendo per il loro numero. Per gli items “Confusione”, “Frustrazione” e “Impaccio”, gli unici che indicano un impatto negativo sulla qualità di vita, è necessario invertire il punteggio quando si esegue il calcolo. Il questionario oggi in uso è opera di quattro ricercatori americani della University of Western Ontario in Canada, facoltà di Scienze della Salute. Per l’indagine è stato costituito un campione di 21 bambini e ragazzi, selezionati all’interno di due diversi centri per disabili della provincia di Varese. Sono stati scelti coloro che fanno maggiormente uso degli strumenti di CAA. Si tratta di un campione molto vario per età, patologia e competenze comunicative, pertanto gli strumenti si diversificano e sono altamente personalizzati. Da considerare anche che i soggetti seguono il percorso terapeutico da tempi diversi. La somministrazione del questionario è avvenuta nel mese di maggio 2013. I compilatori (educatori e alcuni genitori) sono stati chiamati a valutare la situazione attuale del bambino/ragazzo rispetto al periodo in cui non si serviva della CAA. Vengono di seguito presentati i casi clinici, suddivisi in gruppi in base all’anno di inizio del percorso di CAA nel centro dove sono attualmente inseriti. In ciascun gruppo sono ordinati per età crescente e il numero di casi è variabile (la maggior parte degli utenti ha iniziato nel 2011). CONCLUSIONI L’indagine effettuata ha dimostrato che la Comunicazione Aumentativa Alternativa può apportare miglioramenti alla qualità di vita di un individuo con disabilità. Cosa fondamentale per ottenere tali risultati è che il percorso terapeutico e gli strumenti siano pensati e strutturati ad hoc per ogni singola persona, in base a quelle che sono le sue specifiche caratteristiche, possibilità e necessità. Il gruppo che è stato costituito per questo lavoro comprende casi piuttosto eterogenei: ciò ha permesso di prendere in esame patologie diverse, ma anche la stessa patologia diversamente espressa per via della variabilità interindividuale. Per tutti, però, l’elemento in comune riscontrato è il miglioramento della qualità di vita, seppur più o meno consistente. Le differenze tra un soggetto e l’altro sono attribuibili a diversi fattori, quali la gravità della compromissione, le competenze individuali, la continuatività dell’intervento terapeutico. Altre differenze sono riconducibili ai diversi punti di vista dei compilatori del questionario. I genitori hanno infatti segnalato aumenti più consistenti. In sintesi, considerando le valutazioni degli educatori (che sono disponibili per tutti i casi), gli incrementi nelle tre aree sono stati i seguenti: - abilità da un minimo di + 0,33 ad un massimo di + 1,09; - adattabilità da un minimo di + 0,71 ad un massimo di + 1,25; - autostima da un minimo di + 0,46 ad un massimo di + 1,25. In misura diversa, quindi, bambini e ragazzi hanno colto le opportunità e i benefici che la CAA può offrire. Per la maggior parte di loro è stata una scoperta illuminante, che ha aperto porte prima apparentemente inaccessibili. Grazie ad essa ora riescono molto meglio a capire e farsi capire, ad essere coinvolti e coinvolgere, a partecipare, ad esprimersi. È significativo che, in oltre la metà dei casi, l’incremento maggiore sia stato rilevato nell’area dell’autostima (= sicurezza, fiducia in se stessi,…). Ciò infatti segnala un miglioramento non tanto delle performance, quanto piuttosto del benessere del soggetto. La patologia può intaccare e indebolire il corpo fisico e non è detto che la si possa fermare. L’interiorità dell’individuo, ciò che lo rende pienamente persona, viene messa anch’essa a dura prova, però con il giusto sostegno può conservare la sua forza e la sua saldezza. È questo che permette di affrontare le sfide di ogni giorno con determinazione e coraggio. Naturalmente tali effetti positivi si ripercuotono anche sul contesto di vita quotidiana. I cambiamenti sono stati abbastanza evidenti da essere notati anche da non esperti. Ciò mette in luce l’attenzione e la sensibilità dei familiari, ma anche grande fiducia e speranza nei confronti di tutto ciò che può aiutare il loro caro. È importante tuttavia che non si facciano illusioni e che non si creino false aspettative. Il rischio altrimenti è di subire pesanti delusioni. Ecco allora che si rivela essenziale il coinvolgimento in prima persona dei genitori, affinché siano aiutati a guardare la situazione con la giusta obiettività e supportino il lavoro terapeutico nella quotidianità. Si è potuto inoltre riscontrare che gli strumenti di CAA sono utili anche per coloro che hanno un minimo di linguaggio verbale, ma questo non è sufficiente né del tutto adeguato per permettere loro di esprimersi come vorrebbero. In tali casi l’intervento è di Comunicazione più Aumentativa che Alternativa. In generale, comunque, è importante che siano potenziate innanzitutto le competenze già presenti nell’individuo. Partire da quello che c’è anziché deviare su qualcosa di nuovo, che magari il soggetto non sente come proprio e non gli appartiene, permette di fargli percepire quel senso di efficacia che sprona a fare sempre meglio e a non demoralizzarsi. Credo che l’obiettivo ultimo di qualsiasi intervento possa essere riassunto dalle parole di papa Giovanni Paolo II: aiutare la persona a “prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro”, per quanto possibile tenendo conto dei limiti oggettivi, ma nonostante questi. Bibliografia e sitografia (max 2.000 caratteri) 1. Andrich R. (2006) Ausili per la relazione e la comunicazione. Disponibile da: http://www.portale.siva.it. 2. Bondy A., Frost L. (2002) The Picture Exchange Communication System training manual. Newark: Pyramid Educational Consultants, Inc. 3. Cafiero J. M. (2009) Comunicazione aumentativa e alternativa. Strumenti e strategie per l’autismo e i deficit di comunicazione. Trento: Centro Studi Erickson. 4. Casari O. (2011) La Comunicazione Aumentativa Alternativa: il PCS [progetto scolastico]. Disponibile da: http://www.ferraramulticulturale.it. 5. Cooley C. H. (1909) Social organization: a study of the larger mind. New York: Charles Scribner’s sons. 6. 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