Il Trasferimento Tecnologico - Portale TT di Ateneo dove le

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Il Trasferimento Tecnologico - Portale TT di Ateneo dove le
Stefano De Falco
ELEMENTI DI
TRASFERIMENTO
TECNOLOGICO
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Indice generale
Premessa……………………………………………………………………………………………….. 4
1. Introduzione..........................................................................................
2. L’innovazione………………………………………………………………………………………
3. La proprietà intellettuale (PI) e i brevetti.................................................
3.1 Che cos’è un’invenzione?......................................................................
3.2 Perché proteggere un’invenzione?.........................................................
3.3 Come si protegge un’invenzione? .........................................................
3.4 Definizione di brevetto ........................................................................
3.5 Quali sono i requisiti che debbono essere soddisfatti per poter ottenere
la concessione di un brevetto? ...................................................................
3.6 Che cosa non si può brevettare? ..........................................................
3.7 Come e dove depositare la domanda di brevetto………………………………….
4. La creazione d’impresa .........................................................................
4.1 Definizione di spin-off .........................................................................
4.2 Fonti normative ..................................................................................
4.3 Forme societarie..................................................................................
4.4 Soggetti proponenti ............................................................................
4.5 Che cosa lo spin-off non è ...................................................................
4.6 Che cosa è dunque uno spin-off ? ........................................................
4.7 Ragionare in termini di impresa ...........................................................
4.8 Il cammino futuro senza l’Università ....................................................
4.9 Quali finalità persegue l’Ateneo nel sostegno agli spin-off?.....................
4.10 Il supporto dell’Ateneo nei processi di creazione d’impresa ..................
4.11 Ruoli e responsabilità ........................................................................
4.12 Le caratteristiche delle iniziative..........................................................
4.13 Team dell’impresa e competenze manageriali.......................................
4.14 Le fasi del processo di spin-off............................................................
4.15 Il processo autorizzativo.....................................................................
4.16 La struttura di riferimento per la creazione di impresa...........................
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References, siti web di riferimento, reti per il trasferimento
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tecnologico…………………………………………………………………………….
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Premessa
Il trasferimento tecnologico o meglio il trasferimento di conoscenze è
un processo complesso che coinvolge tutti gli attori della Società: chi
fa ricerca e chi lavora nell’industria, chi fa politica, ma anche i
cittadini, i quali fruiscono della tecnologia ogni giorno.
Questo processo implica un’evoluzione continua ed è efficace solo se
gli obiettivi strategici sono condivisi dai ricercatori, dal mondo
produttivo e dall’ambiente politico e legislativo, e sono sostenuti dal
livello culturale medio del territorio.
La sinergia di questi fattori, che rende il trasferimento tecnologico
un’opportunità di sviluppo reale e sostenibile, deve diventare sistema,
la
cui
forza
dipende
dall'efficienza
dei
laboratori,
dall'ammodernamento della strumentazione, dalla diffusione delle reti,
da centri di ricerca avanzati.
Uno dei cambiamenti che l'economia della conoscenza ha portato alla
concorrenza internazionale riguarda il ruolo che i beni intangibili,
piuttosto che fisici, giocano nel determinare i vantaggi competitivi di
singole aree geografiche o imprese. In quest'ottica, la crescente
domanda di tecnologie a cui si è assistito negli ultimi anni ha permesso
la definizione di una varietà di soluzioni alternative per lo scambio di
tecnologie e di conoscenze tecnologiche, ed ha portato alla nascita dei
cosiddetti "mercati per la tecnologia". Se si analizza la recente
evoluzione, si può certamente dire che lo scambio di tecnologie è
diventato indubbiamente un elemento rilevante della "nuova
economia".
Tale evoluzione sta determinando la necessità di "codificare" regole,
procedure e strumenti rigorosi per attuare i processi di trasferimento
tecnologico, in accordo ad una evidenza strategica dal punto di vista
concorrenziale, secondo cui la modalità del trasferimento acquista pari
importanza rispetto ai contenuti.
Le università ed i centri di ricerca, mediante opportune "interfacce",
sono gli attori principali del trasferimento tecnologico (sovente per
addetti ai lavori noti come “metafacilitatori”), mentre le imprese lo
sono per le attività di sviluppo ed innovazione, definita come la
creazione o il miglioramento di un processo, prodotto o servizio che
abbia un valore di mercato.
Le azioni di trasferimento tecnologico si rivelano particolarmente
efficaci laddove supportate da attività di "project financing" validate
da "innovation & business plan".
Nell'ambito del "project financing" esistono diversi motivi per cui si
considera
auspicabile
anche
l'intervento
delle
Pubbliche
Amministrazioni nella concessione di risorse agli attori privati per
attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) ed Innovazione (R&S&I). In primo
luogo sussistono differenze tra la redditività privata e pubblica, spesso
colmabili attraverso operazioni di "venture capital"; in secondo luogo,
vanno considerati i costi e i rischi connessi ai processi d'innovazione.
L'obiettivo da raggiungere è quello di impedire che costi e rischi
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diventino un ostacolo per una distribuzione ottimale di risorse
destinate a queste attività.
D'altra parte lo sviluppo di imprese private è funzionale all'incremento
dell'occupazione ed al miglioramento della bilancia commerciale del
Paese. Pertanto è perfettamente logico che, con opportune regole di
garanzia e tutela degli interessi pubblici, le Università contribuiscano
per quanto loro possibile a tale attività.
Nel contesto attuale non si può negare la presenza di notevoli
differenze, spesso vere e proprie barriere, tra università ed imprese, il
cui superamento può essere inquadrato sotto due punti di vista.
A livello "macro" tale superamento può essere reso possibile da
un'opportuna trasformazione culturale basata sulla consapevolezza
che la crescita del sistema globale "università e centri di ricerca +
imprese" non può che ottenersi, nel medio e lungo periodo, se non
attraverso la R&S.
A livello "micro", occorre considerare quali vantaggi operativi apporta
il trasferimento tecnologico (TT). Sicuramente, il TT consente
l'implementazione di opportune piattaforme atte a creare la necessaria
convergenza del mondo della ricerca e di quello delle imprese, il che
assicura l'espletamento delle diverse fasi che lo compongono.
Tali fasi sono seriali e così schematizzabili: Audit Tecnologico;
Individuazione dei Fabbisogni Tecnologici; Ricerca delle Tecnologie
Disponibili; Studio di Trasferibilità; Progettazione; Realizzazione del
Prototipo; Sperimentazione; Validazione; Messa a punto; Erogazione di
Nuove tecnologie; Ingegnerizzazione ed Industrializzazione. Le fase
iniziali sono solo apparentemente seriali, ma nella realtà si
trasformano quasi sempre in un processo a “loop” che tende e
convergere.
Il valore aggiunto necessario alla creazione di piattaforme di
convergenza può essere fornito da strutture di aggregazione della
ricerca (quali ad esempio i Poli Universitari, i Centri di Competenza,
etc.) che rendono possibile una "offerta integrata" di know-how
scientifico, di risorse umane e strumentali, in grado di soddisfare la
domanda proveniente dal mondo industriale quasi sempre basata su
tematiche multisettoriali piuttosto che su singole specificità.
Sicuramente esistono fattori contingenti che influenzano il processo
innovativo, tra cui principalmente i contesti di riferimento, siano essi
normativi, politico-economici, finanziari e sociali.
Un aspetto per il quale vale la pena di porsi alcune domande è il
rapporto del trasferimento tecnologico con il fattore geografico.
E' possibile ritenere il fattore geografico quale parametro rilevante di
influenza per le azioni di trasferimento tecnologico dagli Enti di Ricerca
alle Imprese? E' lecito ritenere necessarie analisi relative ad una geoeconomia spaziale anche per quel che riguarda i processi di
innovazione?
I dati dei laboratori operanti in diversi settori tecnologici di ricerca
mostrano che, quando la distanza geografica dalla fonte di conoscenza
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(Università ed Istituti di Ricerca) per gli utenti (nella loro accezione
più ampia di beneficiari della prestazione di ricerca per l'innovazione
erogata) aumenta, l'impatto della conoscenza ed il trasferimento di
tecnologie diminuisce progressivamente. Altro dato certo è che il
livello di "intensità di conoscenze" e di trasferimento di tecnologie si
presenta con un'alta intensità nel distretto industriale, in quanto le
piccole imprese sono in grado di acquisire esternamente conoscenza
scientifica, senza lo svolgimento necessario di ricerca "in-house", ma
attraverso l'interazione con enti pubblici di carattere scientifico e
l'adozione sia di norme e "best practices" che agiscono come
dispositivi di conoscenza collettiva, sia di lavoro specializzato.
Tuttavia è un dato che la produzione industriale dei paesi
industrializzati non è più quella della metà dell'ottocento, nè quella
dell'immediato dopoguerra. Il bisogno di materiali di base, così come
la diffusione dei beni di consumo di massa, fenomeni tipici in certi
periodi storici, ha lasciato il posto a prodotti tecnologicamente
complessi, ha spostato la produzione dei paesi sviluppati dal
manufatto concreto all'innovazione di prodotto e di processo legata a
quello stesso manufatto, rendendo l'industria sempre più un fatto
immateriale e portando al decentramento della manifattura anche a
distanze elevate (“outsourcing” dei processi primari).
La traduzione spaziale del nuovo modo di produrre, basato ad esempio
sulle tecnologie dell'informazione, emerge già negli anni '80,
soprattutto in alcune regioni specializzate, e dominanti, nel settore
Ricerca & Sviluppo e nella produzione di beni ad alto contenuto
tecnologico.
Negli Stati Uniti, esempi di queste aree - poi definite come parchi
scientifici e tecnologici (o Science Parks) - sono la Silicon Valley
(California) e la strada numero128 che cinge Boston.
Queste aree concentravano numerose piccole e medie imprese
specializzate nel comparto high tech, che sembravano trarre vantaggio
da una particolare combinazione spazio-temporale.
La proliferazione delle imprese tecnologiche beneficiava, infatti, di una
particolare disponibilità dei Governi federali ad investire nella ricerca
appaltando il lavoro al settore privato; ed esse trovavano in una
localizzazione prossima alle grandi regioni urbane un insieme di
vantaggi, come la forza lavoro ben istruita e formata, la presenza di
Università impegnate nella ricerca di base, di grandi imprese disposte
a sperimentare i risultati della ricerca, di una discreta disponibilità di
capitale in cerca di occasione di investimenti; in più, queste regioni
garantivano un'elevata accessibilità, un clima gradevole e buone
occasioni di svago.
L'osservazione di queste esperienze sul piano internazionale, unita alla
progressiva consapevolezza delle trasformazioni introdotte dal regime
tecnologico basato sull'informazione, e alla constatazione della nascita
di Imprese autonome e specializzate nel produrre e vendere
tecnologia, hanno spostato lentamente l'attenzione degli studiosi dalle
relazioni gerarchiche nell'ambito dell'impresa e dalle relative
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proiezioni spaziali, agli specifici caratteri delle aree in cui le imprese
innovative si agglomeravano.
Gli studi in questo senso sono stati davvero numerosi e, per successivi
approfondimenti, hanno estrapolato alcuni caratteri importanti e
ricorrenti in questo tipo di regioni:
a) la presenza di strutture universitarie e centri di ricerca tecnologica
di livello elevato;
b) la disponibilità di capitale in cerca di investimenti;
c) un efficiente sistema di infrastrutture;
d) un diffuso sentimento antisindacale che consentiva di tenere basse
le retribuzioni e flessibili le condizioni di lavoro;
e) la vicinanza di centri di ricerca e sperimentazioni militari,
soprattutto al fine di beneficiare dei flussi di investimento pubblico in
questo settore, sempre molto elevati, specialmente negli Stati Uniti;
f) favorevoli condizioni climatico-ambientali e buon livello di qualità
della vita.
In sintesi, lo spazio geografico è diventato un fattore chiave per
spiegare l'origine e la diffusione di processi di innovazione e numerosi
studiosi si sono impegnati a capire il ruolo della tecnologia e della
conoscenza del territorio all'interno di questa "scatola nera". D'altra
parte, il fatto che una gran parte di una nuova letteratura economica si
prefigge attualmente lo scopo di comprendere la dimensione
territoriale di meccanismi che evidenziano la propensione verso cluster
spaziali, alla base delle attività innovative, giustifica l'importanza di
tale fattore.
Risulta ormai non esauriente, dunque, un approccio all'innovazione e
più in dettaglio alle attività di trasferimento tecnologico, che non
preveda di porre la lente di ingrandimento sulla mobilità territoriale di
tecnologia e di conoscenza e non consenta di misurare il loro impatto
economico sulle geo-economie spaziali.
Molti Paesi in via di sviluppo o recentemente industrializzati spesso
non possiedono un know-how in grado di consentire loro di
intraprendere grandi e/o complessi progetti infrastrutturali.
Nello sforzo necessario per sviluppare più rapidamente le loro
infrastrutture, le economie ed il tenore di vita, molti Paesi hanno
avviato una serie di iniziative internazionali di Trasferimento
Tecnologico (TT). Anche se queste iniziative non si sono subito
tradotte in una maggiore capacità ed in una maggiore competitività
all'interno del Paese ospitante, con un conseguente costante ricorso a
imprese estere, tuttavia il TT internazionale continua ad essere una
chiave stimolante di industrializzazione e di crescita economica, in
particolare nei paesi asiatici in rapida crescita, come Thailandia, Sri
Lanka, Cina, Myanmar, ecc. Il TT internazionale è stato definito come
quel processo in grado di trasferire tutti i tipi di conoscenza
riguardanti il settore infrastrutturale da una parte estera (cedente) ad
una parte ospitante (cessionario) che si organizza per riceverlo.
Negli ultimi 20 anni, numerosi ricercatori hanno cercato di esaminare il
processo di TT internazionale.
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Gran parte di questi studi sono stati prevalentemente incentrati sul
business e sui settori di fabbricazione. Alcuni di questi studi empirici e
qualitativi hanno portato allo sviluppo di alcuni modelli di processo di
TT internazionale, rafforzati poi da una forte analisi di dati empirici,
ma nessuno di questi modelli esistenti si mostra totalmente adatto a
spiegare esaurientemente le interazioni tra il processo di TT
internazionale e i risultati che esso apporta.
I fattori che possono essere ampiamente definiti come influenti
nell'ambito
del
TT
internazionale
riguardano
l'ambiente
di
trasferimento, l'ambiente di apprendimento, e le caratteristiche di
cedente e cessionario.
Ad
esempio,
l'impatto
dell'ambiente
di
trasferimento
sulle
caratteristiche del cessionario è un legame noto che presenta notevoli
studi validati in letteratura scientifica, poiché è probabile che le
variabili relative alla complessità della tecnologia e della politica del
governo influenzeranno l'intento del cessionario di adottare nuove
tecnologie.
I fattori caratterizzanti l'ambiente di trasferimento riguardano la
tecnologia utilizzata da parte del cedente, le modalità di trasferimento,
la politica del governo e le capacità operative.
L'ambiente di apprendimento riguarda il rapporto e la comunicazione
tra il cedente e il cessionario, e l'efficacia dei programmi attuati.
I restanti fattori caratterizzanti sono legati alle caratteristiche del
cedente (straniero) e del cessionario (ospite). Fattori questi che
riguardano la misura in cui le caratteristiche del cedente e del
cessionario incoraggiano il processo di TT. In primo luogo, uno degli
elementi essenziali per conseguire con successo il TT è che il cedente
sia disposto a trasferire le tecnologie appropriate e il cessionario abbia
tutta l'intenzione di adottarle. In secondo luogo, il grado di esperienza
internazionale di entrambi, cedente e cessionario, e la natura di questa
esperienza può sicuramente avere un impatto significativo sul
processo di TT. Inoltre, la capacità di trasferimento di tecnologia
dipenderà anche dalla base di conoscenze di cedente e cessionario e
dal loro divario di conoscenze.
Questa conoscenza, se accettata, dovrebbe portare a migliorare
innanzitutto
le
consuetudini
di
lavoro
"best
pratices"
e,
auspicabilmente, diventare la norma a lungo termine.
Uno dei temi critici (per la discrasia esistente tra le diverse correnti di
pensiero in materia) in cui necessariamente ci si imbatte nell’analisi
della fenomenologia relativa al TT è il binomio comunicazioneinnovazione.
Il 2009 è stato l'Anno Europeo della creatività e dell’innovazione. La
Commissione europea ha avvito il 5 dicembre 2008 la campagna di
comunicazione con lo slogan “immaginare - creare - innovare” . Scopo
dell'iniziativa è quello di promuovere approcci creativi e innovativi in
vari campi dell’attività umana per consentire all'UE di rispondere alle
sfide che le si prospettano in un mondo globalizzato.
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In tutti i bandi di finanziamento regionali, nazionali e comunitari, un
“milestone” sempre presente nei requisiti di base è la presenza di
attività di disseminazione dei risultati della ricerca, quale evidente
obiettivo legato al trasferimento della conoscenza.
Dunque quanto è importante comunicare l’innovazione? Se è vero,
quanto in rete è attribuito al fotografo Oliviero Toscani, secondo cui,
"essere innovatori è l’unico modo vero per comunicare l’innovazione",
è anche vero che la comunicazione dell’innovazione rappresenta, come
molte teorie proposte in Letteratura Scientifica sostengono, che essa
può considerarsi come uno strumento catalizzatore in grado, non di
generare esso stesso l’innovazione, ma di accelerarne le sue fasi
costitutive.
Il tema è complesso e – al di là della apparente semplicità suggerita da
come viene enunciata la domanda stessa – apre un’ampia riflessione
sul tema più generale dell’innovazione e su come le aziende
comunicano o dovrebbero comunicare.
Secondo quanto riporta nel suo libro Andrea Granelli, la comunicazione
dell’innovazione non è separabile dall’innovazione stessa, ma anzi ne
rappresenta
un
aspetto
assolutamente
costitutivo.
Autentico
innovatore non è colui che ha le idee o possiede le tecniche, ma chi le
traduce in fatti concreti e utili e soprattutto le diffonde, e quindi in un
certo senso le “comunica”. In questo aspetto sta la differenza fra
invenzione – fatto tecnico – e innovazione – fatto economico, sociale
ma anche culturale. L’innovazione si misura dall’impatto che ha sul
mercato (cioè da come risolve in maniera diffusa specifici problemi) e
non solo dalla sua novità tecnica, dallo stupore che vi si associa. E la
diffusione di nuovi prodotti è sempre legata alla capacità dei
consumatori di comprenderne il valore d’uso e di acquisirne le logiche
e le modalità di funzionamento. Anche i prodotti più rivoluzionari, con
le maggiori promesse per gli utenti, possono essere dei flop
commerciali. Il grande dibattito oggi in atto sul “digital divide” è anche
legato a questo aspetto. L’emarginazione digitale non è solo legata ai
costi della tecnologia o al fatto che le aree remote o più povere non
sono connesse. L’aspetto centrale è la difficoltà delle tecnologie
informatiche e le barriere all’utilizzo che esse frappongono all’utente.
La piena accettazione da parte degli utenti è quindi un requisito
fondamentale per un’innovazione di successo. Come pure la diffusione
dei saperi per permettere ad altri di utilizzare la tecnologia in
questione e completarla o migliorarla.
Un esempio vivente di comunicatore dell’innovazione è Steve Jobs. Il
fatto che presenti personalmente i nuovi prodotti (come il recente
iPhone), riuscendo a tenere incollati alle sedie per quasi due ore i
partecipanti è sintomatico. Jobs non ha solo raccontato le prestazioni
del prodotto, la ma sua storia, la sua genesi, le sue motivazioni
profonde, gli ha dato un’anima. Egli stupisce sia per le sue doti
narrative sia per le sue intuizioni che si trasformano in concretezza, in
fisicità e le due cose sono inseparabili. In questo contesto la
conoscenza del consumatore – sia come utente di prodotti innovativi
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sia come recettore della relativa comunicazione – diventa ogni giorno
più importante e più complicata, tanto è vero che i cosiddetti “fattori
umani” stanno mettendo in crisi il modello economico classico, che
considerava il consumatore una realtà astratta, caratterizzata da un
processo decisionale razionale e sensibile ai prezzi e a una sorta di
universale funzione di utilità. Il quadro è naturalmente molto più
complesso. La dimensione irrazionale dell’uomo, le sue paure, i simboli
e i codici culturali che ha assimilato, le forze psicologiche a cui è
soggetto condizionano le sue preferenze e i suoi comportamenti di
acquisto e devono quindi essere tenuti in grande considerazione.
Tra i risultati attesi dai processi di trasferimento tecnologico ed
innovazione sicuramente figurano quelli relativi ai cambiamenti che
essi devono apportare nelle realtà in cui sono ottenuti. In questi casi si
parla di BPR.
Il concetto di BPR, Business Process Rengineering, nasce come una
tecnica di radicale riprogettazione dei principali processi di
un’organizzazione tesa al raggiungimento di fortissimi miglioramenti
nei risultati. Esposto per la prima volta da Hammer all'inizio degli anni
'90, è stato in seguito ripreso da altri esperti, come T.H.Davenport,
H.J.Harrington, che hanno mitigato questi concetti generando ipotesi e
approcci che si distinguono principalmente per la profondità del
cambiamento, per l’ampiezza dell'intervento e per il diverso peso degli
obiettivi di efficacia o efficienza. La caratteristica di radicalità del BPR
nel puntare ad obiettivi di forte discontinuità nei livelli di prestazione,
non consente di limitare l'attenzione ai soli flussi operativi, ma obbliga
ad una profonda analisi in cui si mettano in discussione gli aspetti
organizzativi, le responsabilità, le strutture, le competenze, i sistemi
tecnologici ed informatici. Di conseguenza il BPR rappresenta un
approccio complesso e pieno di rischi, che richiede forte leadership,
attenzione ai problemi di gestione del cambiamento e una visione di
medio e lungo periodo.
Nei primi anni 1990, Haier è stato riconosciuto come un marchio
famoso prima in campo nazionale e poi si è ampiamente affermato
anche sul mercato estero. Il suo successo si deve ad un approccio
basato sul BPR che Haier (sotto la guida di un altro innovatore, Zhang
Ruimin,) ha elaborato.
Il parametro di innovazione strategica introdotto da Haier è stato il
cosiddetto “pesce stordito” (‘‘stunned fish’’). Con tale termine Haier si
riferiva a quelle imprese che potevano vantare uno stato di salute
discreto per quel che riguarda la parte “hardware”, risorse umane,
strutturali, infrastrutturali, patrimoniali, ma caratterizzate da una
cattiva gestione strategica ed organizzativa (bad management).
Quest’approccio è stato considerato come il “gene” di Haier.
Nei primi anni 90’ Haier ha elaborato un modello innovativo di
gestione BPR, l’OEC, dove “O” sta per “globale”; “E” sta per “tutti, tutti
i giorni e tutto”; ”C” per “controllo e chiarezza”. (‘‘O’’ stands for
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overall; ‘‘E’’ for everyone, everyday and everything; ‘‘C’’ for control
and clarity.)
In termini semantici complessivi, l’acronimo OEC significa “non
rimandare a domani il lavoro che puoi fare oggi” e “il controllo e la
chiarezza come elementi di un miglioramento quotidiano”.
L'essenza di OEC è quella di garantire il miglioramento continuo di una
rigorosa e attenta gestione del processo. Il modello OEC incarna anche
la priorità del personale ed il forte coinvolgimento di tutti in tutto. Qual
è la filosofia di OEC? La teoria può essere spiegata in modo fisico
immaginando una sfera su una tavola inclinata. Per prevenire la caduta
della sfera (l'impresa) sotto l’effetto della forza di gravità, è
necessario applicare due forze contrastanti. Una è una forza di
frenatura
che
consiste
nell’esercitare
una
solida
gestione
(management) contro l'inerzia delle risorse umane. L'altra è una forza
trainante, l’innovazione, atta a far salire la sfera, che è in grado di
consentire all'impresa di crescere costantemente. Haier ha basato il
suo modello OEC in conformità a questa teoria.
Attraverso il modello di gestione OEC, Haier ha elaborato una
“responsabilità a catena” in grado di associare ogni membro del
personale ad un altro, in modo che la responsabilità specifica di
ciascun dipendente è interamente coinvolta nella realizzazione dei
comuni
obiettivi
aziendali.
Un
importante
corollario
della
implementazione del modello, oltre al miglioramento che esso auspica,
si concretizza nella maggiore compartecipazione lavorativa e dunque
da una riduzione delle controversie tra i membri del personale, in virtù
della quale la qualità dei processi, dei prodotti e dei servizi erogati
sarà notevolmente migliorata. Naturalmente, è necessario un
meccanismo di rigorosa e attenta supervisione per garantire che la
responsabilità a catena funzioni in modo efficace.
Infine un doveroso rilievo va fatto per quel che riguarda la “tecnologia
a sostegno delle attività di trasferimento della tecnologia”. Sembra
una tautologia, ma in realtà la disponibilità e la capacità di utilizzo di
sistemi tecnologici per la facilitazione delle attività di TT, risulta essere
un elemento cardine per la riuscita dei progetti di innovazione.
Una recente indagine di Confindustria sottolinea ancora una volta
come un’alta percentuale di domanda d’innovazione delle PMI rimanga
del tutto inespressa. Ciò avviene sia per la difficoltà nell’individuare i
canali corretti per attivare l’innovazione, sia perché le potenzialità di
sviluppo insite nella crescita tecnologica dell’azienda non sono
facilmente percepibili dagli stessi imprenditori. Ciò evidenzia quanto
sia necessario individuare nuove modalità di intervento che partano da
una attenta analisi e profonda conoscenza dei sistemi di riferimento
per poter attivare concretamente il circuito virtuoso del trasferimento
tecnologico. In particolare, si dimostra sempre più insufficiente una
generica azione di sensibilizzazione del mondo della ricerca (affinché il
suo patrimonio di conoscenza sia messo a disposizione del complesso
imprenditoriale), sia, di converso, un’indefinita esortazione al mondo
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imprenditoriale sull’importanza dell’innovazione tecnologica per la
competitività dell’impresa.
Nel Mezzogiorno d’Italia, l’apparato industriale, sebbene caratterizzato
da un’imprenditoria proattiva e da una manodopera anche molto
qualificata, risulta sfavorito dalle reali criticità imposte dal territorio
che risultano essere molto spesso un condizionante fattore di inerzia
allo sviluppo delle dinamiche di espansione e di innovazione
imprenditoriale; d’altronde, il sistema scientifico rappresenta una
componente significativa di quello nazionale, e può essere quindi
determinante, per potenziare il sistema produttivo locale, sviluppare la
competitività delle imprese e rafforzare le dinamiche di circuito. Ancor
più nel Sud Italia, dunque, è necessario un diverso approccio al
Trasferimento Tecnologico. Nella pratica, si è dimostrato che per
ottenere risultati nel campo del trasferimento tecnologico è necessario
innescare un processo a network ben ancorato alla realtà territoriale
del quale devono far parte i seguenti attori: soggetti istituzionali,
soggetti produttori di conoscenza, soggetti interfaccia, soggetti
fruitori.
E’ noto, infatti, che le conoscenze tecnologiche e il know-how frutto
dell’attività di ricerca e di sperimentazione si rivelano fruibili dalle
Imprese in maniera direttamente proporzionale a quanto i Gruppi di
Ricerca sono capaci di applicare tale know-how alle specifiche
situazioni problematiche che l'imprenditore si trova ad affrontare nella
gestione di processi di innovazione di prodotto e/o di processo. Infatti,
l'imprenditore è stimolato a ricercare (eventuali) competenze offerte
dal mondo della R&S soltanto a partire dalla consapevolezza di tali
situazioni problematiche.
In altri termini la “mappa” delle competenze del mondo della Ricerca
deve essere “scritta” nel linguaggio e nei codici dell’impresa, affinché
l’imprenditore possa interpretare tale repertorio come un insieme di
potenziali risposte ai propri fabbisogni d‘innovazione.
Questa necessità è tanto più evidente se si osserva che tra i limiti più
lampanti di alcune esperienze di realizzazione dei cosiddetti
“osservatori di competenze”, sia in Italia che a livello internazionale, si
ritrova il fatto che tali mappe contengano poco più che descrizioni di
pure e semplici conoscenze dei ricercatori o presentazioni dettagliate
dei curricula di ricerca il cui valore applicativo e le cui potenzialità di
sviluppo non vengono comprese dall’eventuale utenza aziendale.
Sicuramente il fattore tecnologia può costituire un utilissimo
catalizzatore in grado di associare l’offerta di ricerca con la domanda
industriale. Il presupposto è dotarsi di un sistema in grado di
“mappare” sul versante degli Enti Pubblici di Ricerca (EPR) le
competenze, le attività, le attrezzature di ricerca, di combinarle tra
loro in forma strutturata e di associarle ai requisiti, spesso latenti, del
mondo industriale, proprio “intercettando” la domanda proveniente
dagli imprenditori. E se, come spesso è vero, l’erogazione di un nuovo
servizio genera nuovi brand di mercato, un sistema tecnologico come
quello descritto, può, oltre che intercettare la domanda, anche
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stimolarla, in un circolo virtuoso che si autoalimenta. E’ chiaro che il
fattore tecnologia va messo a frutto in modo complementare con gli
altri elementi dell’architettura del trasferimento tecnologico, ossia i
“facilitatori ed i gestori del sistema”.
La soluzione tecnologica che si sta affermando con forza per i risultati
che apporta, in tale ambito, è quella basata sulle cosiddette
“ontologie”. In filosofia, l'ontologia, una sua branca fondamentale, è lo
studio dell'essere in quanto tale, nonché delle sue categorie
fondamentali. Il termine, come suggerisce anche “Wikipedia” deriva
dal greco ὄντος, òntos (genitivo singolare del participio presente ὤν di
εἶναι, èinai, il verbo essere) più λόγος, lògos, letteralmente "discorso
sull'essere", può anche derivare direttamente da τά όντα, ovvero gli
enti, variamente interpretabili in base alle diverse posizioni filosofiche.
Da un punto di vista pratico, l'ontologia è la mappa dei percorsi che
portano da un oggetto all'altro. Spesso si dispone di elementi (come
l’insieme delle competenze costituenti l’offerta di ricerca), che sono
collegabili tra loro in molteplici configurazioni secondo lo stimolo, o
più coerentemente secondo il “punto di vista” (la richiesta di ricerca
del mondo industriale), con cui vengono percepite. L'ontologia ha
come primo scopo quello di descrivere questi collegamenti. Da tale
concetto discendono diverse forme realizzative in termini di
piattaforme informatiche che gestiscono i dati, gli elementi suddetti, e
che sfociano nel “web semantico”, nel “data minig”, ecc…
Spesso, però, la forma migliore di “ontologia” può essere realizzata
proprio dall’intervento umano del singolo “trasferitore tecnologico”,
che con le sue doti “artigianali” (o “artistiche”) genera delle fruttuose
“connessioni inattese”.
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1. Introduzione
Tra le attività istituzionali degli EPR (Enti Pubblici di Ricerca) spicca ormai,
oltre al ruolo di primo piano nell’ambito della ricerca di base, la pressoché
costante attività di trasferimento di conoscenze e di tecnologia dall’ambito
accademico al mondo delle imprese e, più in generale, al sistema della ricerca
applicata. Il trasferimento diretto al sistema economico e alle realtà territoriali
di soluzioni e tecnologie innovative definisce, sempre e solo nel rispetto della
libertà di ricerca e dell’autonomia, una moderna università “imprenditoriale”:
un’università in grado di accrescere la propria credibilità nel fornire risposte a
domande specifiche e, se necessario, ad aiutare a qualificare la domanda di
innovazione, sulla base di una forte attenzione allo sviluppo di competenze e
capacità interne all’Università e di conoscenza dei bisogni e delle richieste
esterne. A tale scopo diviene sempre più necessario per chi opera nel mondo
della ricerca scientifica padroneggiare le nozioni di base che definiscono
opportunità e strumenti relativi ad una corretta gestione dell’innovazione, oltre
che conoscere i percorsi che disciplinano e supportano la tutela e la
valorizzazione delle tecnologie da trasferire.
Conoscere i processi di trasferimento tecnologico significa:
• per il ricercatore, sfruttare le opportunità applicative scaturenti dalla ricerca,
dando valore alle proprie conoscenze e competenze;
• per il sistema universitario, attrarre nuove risorse per la ricerca e creare nuovi
sbocchi di lavoro;
• per le imprese, avere accesso ad applicazioni e soluzioni innovative in grado
di accrescere la propria competitività;
• per lo studente o comunque per il ricercatore in formazione, aprirsi a nuovi
orizzonti, acquisire nuovi interessi, cogliere nuove opportunità legate a percorsi
professionali e al mercato del lavoro.
Le informazioni contenute nel presente fascicolo sono presentate con un taglio
divulgativo e destinate alla pratica di tutti i giorni, con l’obiettivo di far
conoscere i concetti basilari della materia. Il documento rimane aperto a futuri
sviluppi ed approfondimenti e soprattutto al contributo degli operatori che
possono segnalare specifiche esigenze relative all’efficacia e completezza dei
messaggi in esso contenuti.
13
2. L’innovazione
Cos’è l’innovazione?
E’ un profondo mutamento culturale che concorre a mettere costantemente
sotto esame le procedure e i prodotti già presenti nelle aziende e sul mercato,
allo scopo di valutare le possibilità di modifiche, di nuove idee, in linea con
l’andamento del mercato, l’evoluzione delle tecniche produttive, il mutamento
delle tendenze organizzative.
L’innovazione nell’ottica dell’impresa
Rappresenta la capacità di offrire al mercato un significativo vantaggio
(funzionale, simbolico o esperienziale) rispetto all’offerta precedentemente
disponibile.
Invenzione
Innovazione
Cambiamento
I processi legati all’innovazione sono alla base della “economia della
conoscenza”.
Nel sistema cosiddetto dell’economia della conoscenza, il sistema della ricerca
pubblica assume un ruolo ancora più strategico rispetto al passato, in rapporto
alle esigenze di competitività del mondo imprenditoriale regionale e nazionale.
Una risposta a tali esigenze, può certamente essere assicurata dalle Università
e dai Centri di ricerca, che dispongono di un notevole patrimonio di conoscenze
scientifiche e tecnologiche, di fondamentale importanza per le Imprese, ma,
purtroppo, non sempre “sfruttate” a livello industriale.
Valore economico della conoscenza
Si tratta di un obiettivo assolutamente necessario che va perseguito con
determinazione. Usare il know-how della ricerca universitaria, finalizzandolo al
perseguimento di migliori risultati economici, significa, infatti, favorire un
meccanismo di interazione tra pubblico e privato e, in particolare, tra imprese
e Università, il cui corretto funzionamento assicura risultati importanti, dalla
creazione di ricchezza all’aumento della produttività e delle conoscenze, fino a
determinare una importante opportunità di autofinanziamento per le
Università.
E’ così che l’innovazione diventa il punto di incontro tecnico-politico tra
mercato e conoscenza, e consente di utilizzare quest’ultima per il
raggiungimento di importanti traguardi di crescita economica e imprenditoriale,
che sono la base per sostenere la creazione di nuova conoscenza.
Competitività ed Innovazione
La competitività, il cui incremento rappresenta un importante obiettivo per il
sistema della ricerca e dello sviluppo tecnologico (R&ST) italiano ed europeo,
ha come effetto la “capacità di un sistema economico di fornire alla sua
14
popolazione, su base sostenibile, un alto tenore di vita e un alto livello di
impiego per tutte le persone abili al lavoro”.
Uno dei più importanti fattori della competitività è rappresentato appunto
dall’innovazione, di cui l’attività di R&S è una componente determinante.
Innovare significa, quindi, creare ricchezza, aumentare la produttività e le
conoscenze e quindi, in estrema sintesi, dare slancio all’economia e all’intero
sistema produttivo.
Le sfide
I paesi europei, e l’Italia in particolare, si trovano ad affrontare una duplice
sfida: da un lato, fronteggiare il sistema scientifico e produttivo americano;
dall’altro, subire la concorrenza di paesi i cui prodotti, possono ormai
competere con successo sul mercato globale.
Le maggiori criticità del sistema produttivo europeo e italiano, consistono:
nella scarsa dimensione delle imprese nella bassa utilizzazione delle
conoscenze che provengono dalla ricerca di base nelle rare iniziative congiunte
per l’organizzazione di azioni atte a promuovere la scelta di materie scientifiche
all’atto dell’iscrizione all’Università.
Università ed Innovazione
Si deve prendere atto, che le Università non rappresentano più solo il cardine
accademico di eccellenza, ma costituiscono senza dubbio anche centri
propulsori di attività innovative, fortemente impegnate, in collaborazione con
altre realtà, nello sviluppo di Network di impresa sul territorio, al fine di
aumentarne la competitività, in rapporto all’evoluzione dei mercati.
Le Università favoriscono, infatti, la costituzione di nuove Imprese e la
conseguente creazione di posti di lavoro a lungo termine, innalzano i livelli di
reddito, diversificano le strutture economiche, consolidano un’occupazione di
qualità e stimolano il trasferimento tecnologico.
Il Mercato della Tecnologia
Tecnologia
L’etimologia è greca “Teknè: applicazione della scienza umana al lavoro”.
In senso stretto può definirsi come: processo o insieme di processi che
consentono di applicare un complesso di tecniche, di conoscenze
ingegneristiche e scientifiche alla produzione industriale (limitando
l’innovazione alla sola area della produzione industriale).
In senso lato: applicazione di conoscenze tecniche e strumenti alla risoluzione
di problemi in tutte le aree aziendali.
Caratteristiche della Tecnologia
La possibilità di replicazione di un’innovazione dipende non solo dalla tutela
legale dei brevetti e del diritto d’autore ma anche dalle caratteristiche della
tecnologia:
Conoscenza codificata: quella che può essere descritta (la più conosciuta sono i
brevetti).
15
Conoscenza tacita: non è codificata ma è incorporata nelle capacità dei
dipendenti e nelle routines organizzative. È difficilmente imitabile.
Il patrimonio tecnologico
È l’insieme delle conoscenze e delle competenze afferenti ai prodotti, ai servizi
e al loro sistema di produzione/erogazione. È la fonte primaria del vantaggio
competitivo (approccio resource-based).
Esiste un mercato della tecnologia?
La tecnologia può essere essa stessa un oggetto di scambio che consiste
principalmente in un’idea inventiva, in un “contenuto codificato” il cui
proprietario non intende sviluppare in forma di nuovo prodotto ma che al
tempo stesso può essere fonte di ricavi se ceduto attraverso un apposito
contratto a un’altra impresa (licenziatario).
Il mercato della tecnologia: opportunità
L’innovatore può cedere l’utilizzo della sua conoscenza per un tempo
delimitato, così può avere una rendita dall’innovazione senza produrre
direttamente il bene. L’innovatore evita di presidiare le risorse complementari
e si concentra sulla R&S. Il licenziatario di una tecnologia, a sua volta, si
dedica al presidio delle risorse complementari.
Non si tratta solo di efficienza (costi di transazione … make or buy …) ma le
competenze sono fatte di conoscenza tacita, non è facile ampliarle e
soprattutto ci vuole molto tempo.
Il mercato della tecnologia: limitazioni
La “capacità assorbitiva”: nel trasferimento tecnologico le imprese che
comprano una tecnologia tramite licenza non comprano anche ciò che gli
“sviluppatori” della tecnologia hanno imparato durante lo sviluppo stesso, per
cui se non si tratta di una conoscenza scientifica totalmente codificata (p.e.
una molecola) possono subentrare problemi;
Le esigenze di co-specializzazione: il licenziante personalizza il suo know-how
sulle esigenze del licenziatario e questo specializza la sua struttura produttiva
in base a tale know-how
Aziende che cedono una licenza
Conviene quando:
-si ha una piccola (o nulla) quota di mercato;
-si opera in un mercato diverso dal licenziatario;
-si possono porre vincoli al licenziatario;
-in tutti i casi in cui l’impatto sulla quota di mercato e sui costi (ampiamente
intesi) del licenziante è trascurabile rispetto ai ricavi dalle licenze.
Non conviene quando esistono prospettive ragionevoli di poter produrre
direttamente e controllare il mercato.
Valore della Proprietà Intellettuale (Conoscenza Codificata)
La globalizzazione dei mercati amplia in misura mai conosciuta prima la
domanda di tecnologie.
16
Il trasporto di una tecnologia ha un costo virtualmente nullo.
Il costo di replicazione di una tecnologia, ossia delle copie del prodotto, non
incide sui costi di produzione, nel senso che non si tratta di un costo di
produzione aggiuntivo.
Si può creare uno standard e scoraggiare la concorrenza.
Business models per un’azienda Start-Up
Si riscontrano 2 casi principali a seconda della provenienza dei ricavi che
possono scaturire da:
1 - LICENZE
Allora, in genere, le royalties sono proporzionali ai fatturati dei licenziatari. Ciò
implica una notevole alea sui flussi di cassa e sul recupero dell’investimento
complessivo.
2 - PRODUZIONE
Allora occorre tenere in considerazione la criticità delle risorse complementari
ed il fabbisogno di capitale necessario all’avvio ed al mantenimento
dell’iniziativa industriale.
Tipologie di innovazione per l’impresa
Le due principali tipologie di innovazione sono l’ Innovazione di prodotto e
l’Innovazione di processo.
Come si nota nel grafico di figura 1 l’andamento del tasso di innovazione
presenta una stessa curva caratteristica per entrambe le tipologie di
innovazione, ma i picchi sono raggiunti in archi temporali differenti. Nel grafico
è come se si fosse fatto uno “zoom” su un periodo di riferimento, ma se si
considerasse il prolungamento dell’asse temporale si avrebbe un grafico
periodico caratterizzato da tante semionde relative ai necessari effetti ciclici di
innovazione da apportare.
Innovazione di Prodotto
Innovazione di Processo
Tasso di
Innovazione
Tempo
Figura 1 L’evoluzione del contenuto tecnologico di un prodotto/servizio
17
Forme dell’innovazione d’impresa
Radicale: salti di sistema tecnologico, rivoluzioni tecnologiche con nascita di
nuovi settori ed effetti su tutti gli aspetti dell’economia.
Incrementale: miglioramento di una tecnologia esistente, maggiore efficienza
dei processi per l’implementazione di una tecnologia.
In figura 2 è schematizzata la situazione.
Grado di Innovazione
Impresa
Nuovo concetto
di prodotto
Innovazioni radicali
nuovi prodotti
Allargamento della
categoria di prodotto
Miglioramento di un
prodotto
Innovazioni
incrementali
Mercato
Riposizionamento
Nuovi
prodotti
Avanzamento
di mercato
Figura 2 Forme di innovazione di impresa
Il Mercato
Le principali attività di identificazione ed analisi dei requisiti del mercato ai fini
delle attività di innovazione sono:
• dimensionamento: identificare il mercato, il settore, i target e le relative
dimensioni.
• tendenze e futuro: analizzare l’andamento del mercato e dello specifico
segmento in cui opera l’azienda; fare delle assunzioni circa l’andamento futuro.
SWOT Analysis
Si usa per sintetizzare gli elementi strategici in una panoramica generale.
18
Punti di Forza:
Esempio: Vantaggi
competitivi, strutture
di costo, capacità di
generare cassa
Opportunità future:
Esempi: nuova
tecnologia, modifica
del quadro
normativo
Punti di Debolezza:
Esempi: struttura
commerciale non
ottimale, …
Minacce Esterne:
Esempi: nuovi
concorrenti,
saturazione della
domanda
Forza e Debolezze:
Riguarda sempre fattori
interni all’azienda riferiti
al recente passato o al
presente
Opportunità e Minacce
Di norma riguarda fattori
esterni riferiti al futuro.
Eccezioni: sviluppo
interno di competenze /
sinergie / tecnologie
Figura 3 Schematizzazione della SWOT analysis
19
3. La proprietà intellettuale (PI) e i brevetti
La PI coglie un problema ed offre una soluzione su come tutelare la capacità
inventiva da parte dell’ideatore della stessa nei confronti di possibili utilizzi
futuri. Accanto alla segretezza, la più elementare forma di tutela, la PI
costituisce uno strumento contrattuale che, da un lato, consente e disciplina la
divulgazione, e dall’altro, offre all’inventore un riconoscimento in termini di
appropriabilità per i rischi e i costi sostenuti. Essa si riferisce a beni intangibili e
immateriali, a cui sono associabili valori economici che frequentemente
superano il valore materiale degli oggetti in cui sono incorporati.
Rientrano nella nozione di PI:
• il diritto d’autore, che riguarda ad esempio lavori letterari, artistici, scientifici ,
software, base dati;
• i diritti di proprietà industriale, che comprendono i brevetti per invenzione
industriale e i marchi;
• i diritti provenienti da attività intellettuali come il know-how, le nuove specie
di piante, i disegni e i modelli.
Nel presente manuale ci si è focalizzati esclusivamente sui “brevetti per
invenzione”. Qualsiasi Stato riconosce dei diritti ai proprietari della PI che
generalmente si traducono in una protezione legale contro i contraffattori e gli
imitatori. La protezione della PI è assicurata a livello nazionale ed
internazionale da numerose convenzioni e trattati, capostipite dei quali è la
“Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale”, risalente al
1883.
3.1 Che cos’è un’invenzione?
Viene definita invenzione la soluzione, nuova ed originale, di un problema
tecnico che possa avere applicazione in campo industriale e che apporti un
progresso rispetto alla tecnica e alle cognizioni preesistenti. L’invenzione è
qualcosa che non c’era e pertanto non è una scoperta, che concettualmente è
identificabile come il rinvenimento di qualcosa già esistente in natura. Sul sito
dell’Ufficio Brevetti Europeo (www.epo.org) vengono suggeriti agli aspiranti
inventori alcuni importanti concetti da considerare prima di procedere con la
richiesta di un brevetto. Per prima cosa l’idea deve essere nuova (vedremo in
seguito che la novità è anche uno dei requisiti fondamentali per ottenere la
concessione di un brevetto), e pertanto va mantenuta segreta fino al deposito
della domanda. Inoltre, l’invenzione deve considerare interamente il problema
da risolvere, non deve essere più complessa del problema stesso e deve essere
attrattiva per il mercato.
3.2 Perché proteggere un’invenzione?
I motivi che devono spingere alla tutela delle invenzioni sono molteplici, alcuni
più indicati per il mondo industriale, ma altri sicuramente validi anche per gli
enti pubblici e i singoli soggetti che fanno ricerca. L’idea alla base del sistema
brevettuale è che tale strumento dovrebbe essere usato dalle imprese e dagli
enti che fanno ricerca per supportare l’innovazione, la crescita e la qualità della
vita a beneficio di tutti. In linea di principio, proteggere un’invenzione
acquisendo un diritto di esclusiva sull’idea tutela gli investimenti fatti ed
incoraggia quindi l’applicazione concreta e la diffusione sul mercato: a questo
20
riguardo, gli enti di ricerca pubblici, sebbene non sfruttino direttamente i
prodotti delle loro ricerche, possono supportare operazioni di trasferimento di
innovazione alle imprese, le quali si occuperanno dello sfruttamento
commerciale dei trovati, remunerando gli enti per il loro contributo inventivo.
Infine, è importante ricordare che i brevetti costituiscono un’utile fonte di
documentazione tecnica che permette di capire la direzione dei mercati e che
un brevetto concesso è una pubblicazione prestigiosa paragonabile alla
pubblicazione di un articolo su un’importante rivista scientifica.
3.3 Come si protegge un’invenzione?
Sostanzialmente sono due i modi per proteggere un’idea: il segreto o la
brevettazione. Queste due forme spesso si compensano e raramente si
escludono. Per il segreto, le procedure sono a “discrezione” del titolare della
conoscenza e risulta più complessa la tutela in caso di contraffazione: se si
verifica una divulgazione, la conoscenza è utilizzabile dai terzi che senza alcuna
violazione sanzionabile delle procedure di segretezza abbiano ricevuto
informazioni. Con il deposito di una domanda di brevetto, invece, si è
legalmente protetti dal giorno effettivo di deposito, indipendentemente dalla
successiva conoscenza da parte di terzi della soluzione brevettata.
3.4 Definizione di brevetto
Tra le diverse definizioni di brevetto indichiamo la più frequente: un brevetto è
un contratto tra il richiedente e lo Stato nel quale il richiedente si impegna a
mettere l’invenzione a disposizione del pubblico dopo un congruo periodo di
tempo mentre lo Stato gli concede un diritto di esclusiva per lo sfruttamento
dell’invenzione. Concretamente il brevetto è un documento tecnico-legale
costituito da: una relazione tecnica contenente una descrizione dettagliata
dell’invenzione e da rivendicazioni che definiscono gli aspetti dell’invenzione
per i quali si richiede protezione. È importante ricordare che la protezione
legale derivante da brevetto è soggetta a limiti temporali (20 anni per il
brevetto industriale, che possono essere portati a 25 solo per i brevetti in
campo farmaceutico) e geografici (la tutela è limitata alla/e nazione/i in cui si è
depositata la domanda).
3.5 Quali sono i requisiti che debbono essere soddisfatti per poter
ottenere la concessione di un brevetto?
In tutti i sistemi internazionali i requisiti essenziali di brevettabilità di
un'invenzione sono:
La novità: un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato
della tecnica (art. 14 l.b.i.). Da questo si deduce che è nuovo tutto ciò che non
è stato in alcun modo divulgato. È utile ricordare che le tesi di laurea e di
dottorato e la discussione delle stesse sono considerate predivulgazione, così
come i poster e le comunicazioni a congressi. La novità è un concetto assoluto
e oggettivo e pertanto è un dato che può essere, entro certi limiti, accertato. È
buona norma fare un’attenta ricerca di anteriorità (prior art) prima di
depositare una domanda di brevetto.
L’attività inventiva: un’invenzione soddisfa tale requisito se, per una persona
esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica
21
(art. 16 l.b.i.). Questo requisito è conosciuto anche con il termine di non
ovvietà. A differenza della novità, l'attività inventiva è un requisito soggettivo
ed interpretabile secondo il punto di vista degli esaminatori delle domande di
brevetto. Per questo motivo le contestazioni sull’attività inventiva possono
essere in genere più facilmente superate di quelle riguardanti la novità. 7
L’industrialità: un’invenzione è considerata atta ad avere un’applicazione
industriale se il suo oggetto può essere fabbricato o utilizzato in qualsiasi
genere d’industria, compresa quella agricola (art. 17 l.b.i.) Questo requisito,
spesso trascurato, rappresenta in realtà uno dei motivi principali per i quali
un’Università ricorre alla brevettazione: se l’invenzione non ha un’applicazione
industriale non è il brevetto lo strumento da usarsi, ma probabilmente è meglio
seguire altre strade di protezione/valorizzazione. L’uso diventa un requisito
indispensabile per il brevetto biotecnologico. Infatti non è possibile brevettare
alcun tipo di materiale biologico se non legato a una specifica applicazione.
La sufficiente descrizione: nel testo del brevetto, l'invenzione deve essere
descritta in modo tale da consentire ad altri di riprodurla. È interessante
segnalare che per la legge americana si è obbligati a descrivere il “best mode”,
cioè il miglior modo possibile per attuare l’invenzione.
3.6 Che cosa non si può brevettare?
Probabilmente per non porre limiti alla creatività degli inventori non si trova
mai un elenco di cosa sia possibile brevettare, mentre in tutte le nazioni
esistono liste di cose (più o meno comuni) che non possono costituire oggetto
di brevettazione.
In Italia (e in Europa) non si possono brevettare:
• le scoperte;
• le teorie e i metodi matematici;
• i piani, i metodi per attività intellettuali, commerciali e per gioco;
• i software (in quanto tali);
• la presentazione di informazioni;
• invenzioni contro l’ordine pubblico;
• le razze animali e vegetali (che si possono tutelare in altro modo);
• inoltre in Europa, a differenza degli USA, non sono brevettabili i metodi per il
trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale.
3.7 Come e dove depositare la domanda di brevetto
Per un inventore italiano è possibile depositare la prima domanda di brevetto
(domanda prioritaria) sia in Italia, all'Ufficio Brevetti e Marchi, sia all'estero. La
domanda prioritaria, che se non estesa all'estero condurrà ad un brevetto
valido solamente nel paese in cui è stata depositata, è così definita in quanto la
sua data di deposito (data di priorità) potrà essere rivendicata in successive
domande depositate all'estero.
Il diritto di priorità La Convenzione di Parigi, precedentemente menzionata,
ha stabilito che chi abbia depositato per la prima volta una domanda di
brevetto in uno Stato della Convenzione ha un anno di tempo per depositare
domande corrispondenti in altri Stati e gli effetti di tali domande, per quello
che riguarda la divulgazione ed anticipazione di altri brevetti, partono dalla
data di deposito della prima domanda (Priorità). In pratica grazie a questa
22
convenzione si hanno 12 mesi di tempo dalla data del primo deposito per
depositare all'estero le domande corrispondenti.
Brevetto Italiano Ad oggi in Italia l’ufficio Brevetti e Marchi non effettua un
esame sostanziale della domanda di brevetto. Si deduce quindi che una
domanda di brevetto e un successivo brevetto concesso italiano siano “deboli”
in quanto in caso di contenzioso l’esame avverrà in tribunale e pertanto fino ad
allora non si ha alcun qualificato elemento a difesa della validità del proprio
brevetto. È in corso una profonda revisione della normativa che è volta ad
armonizzare la disciplina nazionale con quella vigente negli altri paesi e a
introdurre l’analisi di anteriorità svolta attraverso l’Ufficio Brevetti Europeo. Un
primo deposito italiano può essere conveniente per quelle invenzioni che
necessitano di un’immediata protezione (es. nuove molecole), ma che allo
stesso tempo necessitano di ulteriori messe a punto ed approfondimenti e che
pertanto richiedono tempo per poter essere meglio definite. Inoltre la legge
italiana consente (prima della cessione del brevetto, cioè entro almeno tre anni
dal deposito) di correggere, integrare anche con nuovi esempi o limitare la
descrizione, le rivendicazioni o i disegni originariamente depositati, purché
l'oggetto del brevetto non si estenda oltre il contenuto della domanda iniziale.
Brevetto Europeo Fino agli inizi degli anni '70 la domanda prioritaria veniva
estesa paese per paese, mediante singoli depositi nazionali. Da allora, grazie
alla Convenzione sul brevetto europeo (oggi comprensiva di 30 + altri 5 Stati a
statuto speciale), nella quasi totalità dei casi l'estensione avviene depositando
un'unica domanda presso l'Ufficio Brevetti Europeo, il quale dopo il
superamento di un attento esame sostanziale, concede un brevetto europeo
che però ad oggi non ha validità sovranazionale e deve essere nuovamente
convalidato nei diversi paesi europei nei quali si desidera avere protezione. A
6/8 mesi dal deposito di una domanda di brevetto europeo il titolare della
domanda di brevetto riceverà un "Rapporto di ricerca", cioè una segnalazione
di documenti anteriori ricollegabili all'oggetto della domanda di brevetto e che
possono essere lesivi della novità e dell’attività inventiva, accompagnato da
una "Opinione preliminare". Tali documenti sono utili strumenti per capire la
“bontà” dell’invenzione con sufficiente anticipo per prepararsi alla fase di
esame della domanda di brevetto, durante la quale i titolari dovranno
rispondere a eventuali opposizioni e richieste presentate dall'esaminatore.
Pecularità del Brevetto Americano Va segnalata la particolarità del sistema
americano dove vige il principio del “first to invent” e non “first to file”: è cioè
sufficiente dimostrare di essere arrivati per primi ad un invenzione (anche se è
stata depositata da altri) per averne riconosciuta la paternità, contrariamente
agli altri sistemi brevettali dove chi prima deposita la domanda di brevetto
acquisisce il diritto di monopolio. Inoltre, in caso di predivulgazione talvolta si
può ricorrere al deposito di una domanda di brevetto americana: infatti negli
USA è consentito depositare una domanda entro un anno dall’avvenuta
divulgazione (grace period). Resta inteso però che tale domanda non potrà
essere estesa in altre nazioni. Infine, segnaliamo che negli USA il diritto al
deposito spetta all’inventore, anche se dipendente di impresa privata, che
provvederà poi a trasferire il diritto al datore di lavoro, generalmente per una
cifra simbolica.
23
Procedura P.C.T. Utilizzata ormai su larghissima scala, la procedura Patent
Cooperation Treaty, conosciuta come "domanda P.C.T.", costituisce una sorta
di "prenotazione" per i vari paesi aderenti (136 al 1/01/07) nei quali potrà
avvenire – entro un termine di 30/31 mesi dalla data di priorità – il vero e
proprio deposito nazionale. Secondo la convenzione PCT, l'Europa è
considerata un singolo paese, nel senso che al momento della decisione la
domanda PCT si trasformerà in una "domanda europea". Per quanto riguarda i
vantaggi della procedura PCT, oltre a concedere un lasso di tempo
relativamente lungo prima di impegnarsi economicamente nel deposito di
brevetti in diverse nazione, fornisce anch’essa un rapporto di ricerca corredato
da un commento scritto (written opinion) dell’esaminatore che rappresenta un
parere preliminare sul brevetto. È possibile poi richiedere, dopo pagamento di
un apposita tassa, un "Esame Preliminare". L’esito di questo esame, che non
ha alcuna ripercussione sulle procedure successive di brevettazione, può
comunque essere utile per valutare la validità di un brevetto e quindi per
evitare le spese di nazionalizzazione. Ricordiamo che per policy interna
l’Ateneo di norma non richiede l’esame preliminare. Si segnala che un brevetto
viene pubblicato, cioè “reso disponibile al pubblico”, dopo 18 mesi dalla data
del primo deposito.
4. La creazione d’impresa
L'occupazione di settore dipende grandemente dalla creazione di impresa,
l'economia nazionale ne è condizionata e così dovrebbe esserlo anche il
Legislatore.
I risultati presenti nel rapporto dell'Osservatorio RITA 2005 (che ad oggi nel
2009 è ancora un riferimento) del Politecnico di Milano, che ha studiato
l'andamento e la storia di quasi duemila realtà italiane, mostrano che la
capacità innovativa delle giovani imprese italiane high-tech è in crescita dalla
metà degli anni '90. Le migliori prestazioni si registrano all'interno dei distretti
tecnologici. Benché vi siano luci ed ombre, tali imprese, al contrario di quanto
viene spesso affermato, costituiscono una componente essenziale del sistema
innovativo nazionale e possono giocare un ruolo fondamentale per il recupero
della competitività del Paese. Affinché ciò avvenga occorre migliorare l'ecosistema in cui esse sono inserite".
Le imprese per così dire "censite" dal rapporto sono tutte nate dopo il 1980 e
nessuna di loro, al primo gennaio 2004, era controllata da altre aziende. Al
nord si concentra più del 55 per cento delle imprese mentre al Sud e nelle isole
sono soltanto il 15,4 per cento del totale.
Va detto che gran parte delle imprese hi-tech più giovani sono nate negli anni
'90 e un vero "boom" delle NTBF si è avuto nel 2000. Da quell'anno fino a tutto
il 2003 è però andato anche aumentando il numero di aziende di questo tipo
che hanno dovuto cessare l'attività (il 7,6 per cento del totale tra il 2002 e il
2003). A scontrarsi con le difficoltà del mercato soprattutto le imprese più
giovani dell'e-commerce, dei servizi multimediali e delle biotecnologie.
Misurando l'innovazione sulla base dei brevetti registrati, il rapporto RITA
spiega come soltanto il 7,3 per cento di queste imprese abbia ottenuto brevetti
e solo il 3,4 per cento ha partecipato a progetti di ricerca finanziati a livello
comunitario, sebbene il 39,6 per cento abbia goduto di finanziamenti pubblici
24
italiani. Tra l'altro, solo il 17-20 per cento degli addetti di queste aziende
lavora sul fronte della ricerca o della progettazione. "A questo riguardo - spiega
il rapporto - pesa la relativa mancanza nel sistema innovativo nazionale di
sponsors, cioè di grandi imprese high-tech che, grazie al proprio network di
alleanze, aiutino le NTBF ad entrare in contatto con partner internazionali e
limitino i costi burocratici e amministrativi che queste devono sopportare
nell'interazione con le istituzioni comunitarie".
Stando al rapporto, inoltre, le imprese che si muovono meglio, definite gazzelle
sono quelle fondate da individui dotati di capacità tecnica associata ad un
robusto background lavorativo. Ma avrebbero giocato un ruolo importante nel
sostenere la crescita anche i venture capital, "capaci di apportare all'impresa
risorse e competenze distintive complementari a quelle dei fondatori".
Figura 4 Distribuzione settoriale delle giovani imprese innovative. Fonte: Rapporto RITA 2005
25
14%
genomic
7%
information society
nano techn.
food quality
17%
35%
energy
advanced material
electronics
5%
10%
9%
3%
others
Figura 5 Progetti di Innovazione Tecnologica in Europa. Fonte: Philippe Vanrie, IRE workshop
Krakow, 2005
4.1 Definizione di spin-off
Lo spin-off universitario è un’iniziativa imprenditoriale, avviata nella forma di
una società di capitali di diritto privato, per la valorizzazione economica di
trovati, know-how e competenze della ricerca accademica.
Quello dello "spin-off" (o come viene definito in alcuni casi, "spin out") è un
termine ormai italianizzato sempre presente nei contesti relativi
all'innovazione. Nell'accezione corrente per "spin off" si intende la gemmazione
di una nuova iniziativa imprenditoriale, da parte di una o più persone, da
un'organizzazione o un'azienda pre-esistente.
Il valore aggiunto reale che può derivare dall'intraprendere una strada di
questo tipo dipende prevalentemente dal contesto territoriale di riferimento.
Risulta chiaro infatti che la sopravvivenza dello spin off è legata alla reale
domanda di mercato esistente nell'area geografica e di know how di intervento
dello spin off stesso. A suffragio di quest'affermazione apparentemente banale
(in quanto esistono comunque anche interessi diversi che promuovono spin off
con cicli di vita e morte molto rapidi) basta verificare quale sia numero di spin
off creati nelle diverse aree geografiche industriali. Un esempio eloquente è
quella della Catalogna, dove la vivacità industriale che la caratterizza da
qualche anno, evidenziata da numerosi start up aziendali, permette anche la
gemmazioni di rami d'azienda o la creazione di società di provenienza dall'area
accademica o da quella di centri di ricerca. Va ricordato che, nel 2007, il
reddito pro-capite spagnolo ha superato quello italiano.
Le tipologie che caratterizzano gli spin off possono essere: industriale,
universitario o accademico.
La prima tipologia racchiude le attività imprenditoriali generate da un'impresa.
Tra le due entità produttive intercorre una relazione di tipo genetico, che
spesso si sviluppa in forme di collaborazione produttiva. Gli spin-off industriali
possono essere di tipo "individuale", quando si tratta di imprese create da un
26
individuo o più persone che decidono di distaccarsi da un'organizzazione per
avviare un'attività in modo autonomo, oppure "societarie", che si verificano nel
caso in cui una specifica attività dell'impresa madre viene trasferita ad una
nuova unità indipendente. Gli spin-off da imprese generano normalmente un
maggiore grado di specializzazione e di divisione del lavoro e contribuiscono
spesso ad accelerare i processi di adattamento della struttura industriale. Alla
base degli spin-off industriali ci possono essere motivazioni dettate da
economie di specializzazione, di motivazioni soggettive quali ad esempio quelle
di realizzazione personale attraverso forme di self-employment, o, ancora, per
l'utilizzo di alcune conoscenze specifiche e/o innovazioni maturate all'interno
dell'impresa madre che non possono essere sviluppate all'interno dell'azienda.
Quanto detto sicuramente è applicabile ad una realtà aziendale medio/grande,
mentre raramente si assiste alla creazione di spin off industriali nell'ambito
delle PMI, per il potenziale valore concorrenziale che acquisirebbero risorse
specializzate a danno del piccolo imprenditore.
Le imprese spin-off della ricerca rappresentano, invece, delle iniziative
imprenditoriali nate per gemmazione da ambienti accademici o da istituzioni di
ricerca. Tali imprese nascono per iniziativa di un gruppo di ricercatori,
professori e/o neo-laureati che si distaccano dall'organizzazione di cui fanno
parte per avviare un'attività imprenditoriale indipendente, finalizzata allo
sfruttamento di competenze ed attività di ricerca maturate all'interno
dell'organizzazione, con la quale nella maggior parte dei casi s'intrattengono
stretti rapporti di collaborazione, formalizzate anche attraverso apposite
convenzioni (ad esempio per quel riguarda la gestione del parco attrezzature
scientifiche).
Gli spin-off della ricerca non sono un fenomeno del tutto nuovo, già nel secolo
scorso si possono rintracciare alcuni spin-off di eccellenza che hanno dato vita
a grandi gruppi industriali. E' il caso, ad esempio, del chimico tedesco Heinrich
Caro che contribuì alla costituzione della Basf nell'ottocento, a cui fecero
seguito, a cavallo tra il IXX e il XX secolo, le iniziative di Werner Von Siemens e
Gerard Philips che costituirono imprese che sono diventate poi le ben note
multinazionali. Lo stesso sviluppo della Silicon Valley, come si sa, è da
attribuirsi all'iniziativa di alcuni scienziati che erano in precedenza impegnati in
centri di ricerca industriali e universitari. Le imprese che nascono da ambienti
della ricerca si basano su conoscenze tecnologiche specifiche apprese
dall'imprenditore dalla fonte d'incubazione (ossia il laboratorio universitario, il
centro di ricerca ecc.). Tali imprese rappresentano un anello di congiunzione
fondamentale che consente il passaggio delle conoscenze e dei risultati del
mondo della ricerca alla società; è il luogo in cui il sapere scientifico, sviluppato
all'interno dei laboratori, si trasforma in conoscenze utili per la creazione di
prodotti e servizi competitivi.
Gli spin off universitari sono delle società partecipate dall'Ateneo.
Gli spin-off accademici, risono delle società costituite o partecipate dal
personale universitario strutturato, senza la partecipazione dell'Università.
Ormai tutti gli Atenei si sono dotati di appositi regolamenti per la costituzione
degli spin off, ed alcune hanno anche costituito dei Cts, Comitati Tecnico
Scientifici, sia per validare in fase di progetto la proposta ed i contenuti delle
attività dello spin off, sia per verificare i requisiti etici, in fase di esercizio, una
27
volta avviato lo spin off, ossia per verificare che non ci siano attività di ricerca
concorrenziali con l'Ateneo o con il Centro di Ricerca da cui esso ha tratto
origine.
Nei grafici seguenti sono riportati alcuni dati eloquenti ed alcuni schemi
rappresentativi dei concetti esposti.
Figura 6 Istogramma per settori di attivazione spin off. Fonte: Rapporto Netval 2005
Rilevanza dei
diritti di proprietà
intellettuale
ALTA
Brevetti e
licenze
BASSA
Cessione
“alla meglio”
Spin Off
imprenditoriali
BASSO
ALTO
Brevetti e
spin-off
Coinvolgimento dell’inventore
nell’attività di
commercializzazione
Figura 7 Matrice rilevanza-coinvolgimento. Fonte: elaborazione Piccaluga su Mowery (2004)
28
Tipologia
Spin-off
Investordriven
Sciencedriven
Productdriven
Mercato di riferimento
Mix Risorse finanziarie
Mercato delle idee
Tecnologia/prodotti a
forte potenzialità
Consistente presenza capitale rischio
esterno (venture capital)
Limitato capitale di debito
Mercato delle idee
Scarsa attenzione da parte
di investitori
esterni/”chiusura” soci
Mercato dei prodotti
Capacità di
commercializzazione
Capitale di rischio dei soci fondatori
Sussidi, bandi
Capitale di debito
Finanziamento soci industriali
Figura 8 Classificazione spin off. Fonte: elaborazione Piccaluga su Mowery (2004)Fonte:
NetVal,
Piccaluga
Ricerca / Sviluppo
Valorizzazione
Fasi
critiche
Idea
+
valutazione
Protezione Proprietà
Intellettuale: brevetto, …
Figura 9 Modalità di attivazione e di sviluppo di aziende spin off da ricerca
29
Figura 10 Politiche di trasferimento tecnologico in ambito unievristario. Fonte: Rapporto Netval
2005
Ricerca
Di Base
Applicata
Approvazione
del progetto
Approvazione
del
Business Plan
Crescita
Modello a
bassa selettività
Modello ad
elevato supporto
Modello protettivo
Figura 11 Supporto delle Università agli spin off
Spin off da brevetto
Un particolare spin off è quello che si costituisce con finalità già all’atto della
sua costituzione, di sfruttare un brevetto.
Il monitoraggio dei risultati della ricerca permette di individuare idee che
possono essere protette. Una prima analisi dell’originalità dell’idea di brevetto
e del potenziale mercato permette la valutazione dell’opportunità di deposito.
30
Segue quindi la fase di valorizzazione economica tramite vendita, licenza o
creazione di un’azienda Spin Off per lo sfruttamento della proprietà
intellettuale del brevetto e dei suoi prodotti.
L’iter di cessione di una licenza ad uno spin off è il segeunte:
• Valutazione del mercato e dell’impatto del brevetto
•
Valore legato ad un servizio associabile al brevetto
•
Volontà dell’inventore di diventare imprenditore
•
Redazione di un business plan
•
Ricerca finanziamenti
•
Accesso privilegiato a strutture e servizi dell’Ateneo
Spin Off da Competenze
E’ la tipologia più diffusa, ma anche la più difficile da controllare. E’
sostanzialmente la valorizzazione economica delle elevate competenze di
gruppi di ricerca con una massa critica ed esperienza sufficienti all’erogazione
di servizi all’esterno del mondo accademico.
Presenta più pericoli di potenziali conflitti di interessi e di turbative di mercato
della tipologia precedente.
Contrattualistica
Lo
schema
generale
di
un
contratto
di
licenza
di
un
brevettoevede
generalmente:
•
Definizione delle Parti
•
Oggetto della Licenza
•
Standard di qualità
•
Trasferimento del know how
•
Prezzo
•
Pagamenti (modalità, tempistica)
•
Fatturato minimo
•
Esclusiva
•
Risoluzione del diritto
•
Durata e termine del contratto
I principali obblighi dello spin off rispetto alla P.I. sono:
•
sviluppare e ampliare i brevetti già esistenti (protezione, sbarramento)
31
•
portare avanti ricerche brevettabili (e proteggerle)
•
monitorare i brevetti altrui
•
intervenire in caso di contraffazione.
Una politica di Ateneo per la valorizzazione della P.I. è:
•
Migliorare la sovrapposizione tra i brevetti posseduti e quelli valorizzati
tramite spin-off
•
Creare corsie preferenziali per il trasferimento di brevetti ai propri spinoff
•
Affrontare il problema degli inventori non strutturati o strutturati che non
fanno parte dello spin off
Titolarità dei nuovi brevetti
Di chi sono i brevetti nati dopo la costituzione dello spin off ?
•
I brevetti, in linea di principio sono dello spin off, che rappresenta una
vera e propria azienda e come tale deve comportarsi, anche se con
attenzione per i possibili conflitti d’interesse con l’Ateneo
•
In casi particolari, per esempio per accordi di ricerca formalizzati in
cooperazione con l’Ateneo, i brevetti possono essere anche dell’Ateneo
(cotitolarità)
In figura 12 è riportato uno schema funzionale di uno spin off da brevetto.
32
Potenziale mercato
Richiesta di
brevetto
Stato dell'arte e anteriorità
1° contatto con l'inventore
Commissione
Brevetti e
Spin Off
Consulenti
esterni
Monitoraggio della ricerca
Ricerca IDEA
Deposito di Brevetto Nazionale/Internazionale
Ufficio Brevetti Mandatario
Vendita
Contatti con l'industria
Licenza
SPIN-OFF
Sfruttamento
commerciale
Figura 12 Modello funzionale di uno spin off da brevetto. Fonte: NetVal, Pietrabissa
Valutazione in ingresso
La minimizzazione del rischio di avvio delle attività di start up di uno spin off
prevede coem primo filtro inziale una valutazione in ingresso. Un eempio di
griglia di valutazione minima per l’accettazione di una domanda di spin off
accademico è la seguente:
•
conformità al regolamento di Ateneo
•
descrizione delle attività
•
esperienza dei proponenti
•
livello di innovazione
•
analisi dei prodotti e/o dei servizi offerti
•
stato della Proprietà Intellettuale
•
esistenza di un mercato potenziale
•
valutazione della barriera di ingresso al mercato
•
il valore del mercato
•
la struttura di marketing
•
sviluppo del Business Plan
•
possibili sorgenti di conflitti di interesse con l’ateneo
•
possibili sorgenti di turbative di mercato
33
•
competitori diretti locali ?
•
ecc.
Tecnologia
Risorse
Cultura
imprenditoriale
Incentivi
Ambiente
ecosistema della crescita
Figura 13 La stella per spin off di successo
E’ bene non scambiare le stelline per stelle.
STELLE
STELLINE
Incentivi
Il genitore severo: prendi e vai!
L’università come genitore
chioccia che protegge
eccessivamente
Tecnologia / creazione
conoscenze
Progetto di ricerca eccellente
che genera applicazioni
Poca roba: qualche esperimento
avanzato e niente di più
Cultura imprenditoriale
Il gusto del rischio, di un vero
piano industriale
Nessuna voglia di “bagnarsi i
piedi”
Sistema
Inserimento in un contesto
imprenditoriale vibrante e
competitivo
Isolati, non sanno nemmeno chi
sono i vicini di casa, per non
parlare dei competitors
Risorse
Presenza di finanziatori e/o
disponibilità a cercare risorse
per crescere
Scarso dinamismo nel trovare
risorse per finanziare un piano
industriale
Figura 14 Differenziazione stelle-stelline. Fonte: Piccaluga 2005
34
Principali problemi per gli Atenei
• Ruolo dell’Università come socio di minoranza (coaching per la
valorizzazione dell’attività di ricerca, valorizzazione della partecipazione e
clausola di non diluizione)
• Relazioni tra impresa spin-off e Università (logistica, regolazione rapporti
di ricerca)
• Relazioni tra impresa spin-off e territorio
• Ampliamento del ventaglio di potenziali strumenti di finanziamento
• Servizi di supporto e attività di monitoraggio dei processi di crescita
aziendale
• Comportamenti opportunistici ?
• Incubazione - Non assistenza: WAY OUT
Conflitti di interesse
Si configura una situazione di “conflitto di interessi” quando lo Spin Off, o
anche uno o più componenti dello Spin Off, compia azioni od assuma
comportamenti che procurino un vantaggio per l’impresa Spin Off,
danneggiando, allo stesso tempo, l’immagine e/o gli interessi dell’Università
e/o penalizzando la sua attività istituzionale di formazione, di ricerca e di
servizio pubblico.
Alcune domande critiche da porsi nella costituzione di uno spin off sono:
Chi garantisce la formazione degli studenti di dottorato in uno spin off ?
Serve il supervisore del supervisore?
L’azienda spin off intercetta contratti universitari (p.e. ricerca o conto terzi) ?
Chi controlla? Cosa si fa?
L’azienda spin off opera in concorrenza con l’Ateneo (es: Formazione) ?
Chi controlla? Cosa si fa?
4.2 Fonti normative •
Decreto Legislativo 27 luglio 1999 n. 297: "Riordino della disciplina e
snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e
tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori". •
Decreto Ministeriale 08 agosto 2000 n. 593: "Modalità procedurali per la
concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999 n.
297". La normativa citata contempla la possibilità, in forza e nei limiti di
un'apposita disciplina demandata all'autonomia degli Atenei, di costituire
società finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca con la
partecipazione azionaria o il concorso o comunque il relativo impegno di:
professori e/o ricercatori universitari; università; imprese; società; enti di
ricerca, ecc.
35
4.3 Forme societarie
Le Università, generalmente, ammettono la costituzione di spin-off universitari
esclusivamente nella forma di:
• Società a responsabilità limitata (S.r.l.);
• Società per azioni (S.p.a.),
aventi come scopo l’utilizzazione imprenditoriale, in contesti innovativi, dei
risultati della ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, ai sensi del
decreto legislativo n. 297 del 1999.
4.4 Soggetti proponenti
E’ definita Spin Off universitario la società per azioni o a responsabilità limitata,
avente lo scopo di cui all’art. 4.3, nella quale l’Università partecipa in qualità di
socio congiuntamente ai soggetti seguenti:
1. professori e ricercatori universitari dell'Università;
2. titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato,
dottorandi dell'Università;
3. dipendenti dell'Università appartenenti al personale tecnico-amministrativo.
Congiuntamente ai soggetti, possono concorrere allo Spin Off accademico o
avere in esso partecipazione azionaria personale di ricerca appartenente ad
Enti pubblici di ricerca ed i seguenti:
(a) enti di ricerca;
(b) società di assicurazione;
(c) banche e intermediari finanziari;
(d) imprese e consorzi di imprese;
(e) enti pubblici;
(f) parchi scientifici;
ciascuno nella forma precisata negli art. 11 comma 3 e art. 5 comma 1 del
D.M. 593 del 8/8/2000.
La costituzione di uno Spin Off universitario può essere proposta
esclusivamente da uno o più dei soggetti di cui al precedente comma 2.
E’ definita Spin off accademico la società per azioni o a responsabilità limitata,
avente lo scopo di cui all’art. 3.3, nella quale l’Università non abbia una quota
di partecipazione, a condizione che il progetto di Spin Off sia proposto dai
soggetti di cui al successivo comma.
I soci fondatori uno Spin Off accademico possono essere:
1. professori e ricercatori universitari dell'Università;
2. titolari di assegni di ricerca, di borse di studio post-laurea e post-dottorato,
dottorandi
dell'Università;
3. dipendenti dell'Università appartenenti al personale tecnico-amministrativo.
Congiuntamente ai soggetti, di cui al comma precedente, possono concorrere
allo Spin Off accademico
o avere in esso partecipazione azionaria personale di ricerca appartenente ad
Enti pubblici di ricerca ed
i seguenti:
(a) enti di ricerca;
(b) società di assicurazione;
36
(c) banche e intermediari finanziari;
(d) imprese e consorzi di imprese;
(e) enti pubblici;
(f) parchi scientifici;
ciascuno nella forma precisata negli art. 11 comma 3 e art. 5 comma 1 del
D.M. 593 del 8/8/2000.
4.5 Che cosa lo spin-off non è
Sebbene la base dell’idea oggetto di valorizzazione scaturisca da ricerche
accademiche aventi ricadute applicative di carattere industriale, non si tratta di
avviare progetti di ricerca, né di attivare nuovi canali di finanziamento per il
mantenimento o lo sviluppo dei laboratori universitari.
4.6 Che cosa è dunque uno spin-off ?
Un’operazione che si ponga come obiettivo lo sviluppo di un’idea di impresa
finalizzata alla commercializzazione da parte della società appositamente
costituita di prodotti/servizi di carattere innovativo basati su competenze,
prodotti e know-how maturati in ambito accademico (in senso esteso) – e non
concorrenziali con la stessa Università – e alla luce di tale obiettivo pianifichi
ogni aspetto organizzativo, gestionale e finanziario legato all’avvio
dell’iniziativa.
4.7 Ragionare in termini di impresa
Il modello imprenditoriale richiede al ricercatore di assumere le vesti
dell’imprenditore, impegnandosi a identificare e implementare i processi, le
procedure, le risorse e le modalità organizzative, incluso l’organigramma più
indicato per lo sviluppo della società (che normalmente richiede l’acquisizione
esterna o lo sviluppo interno al gruppo di specifiche competenze manageriali e
commerciali). Il processo richiede inoltre di programmare ed organizzare sede
e dotazione infrastrutturale per le attività, reperire i mezzi finanziari necessari,
sviluppare le attività dell’impresa. L’economicità dell’operazione richiede la
pianificazione nel corso di un certo arco temporale (normalmente da 3 a 5
anni) di un equilibrio finanziario che consenta alla società di operare nel tempo
(disponendo della liquidità necessaria) e di evidenziare uno sviluppo in termini
di fatturato in grado di giustificare l’impegno del gruppo dedicato,
l’investimento ed il sostegno dell’Ateneo, partendo dal presupposto che la
collocazione sul mercato dei prodotti/servizi prevede una sfasatura tra costi
(certi) e ricavi (da perseguire) che riguarda i tempi e, spesse volte, le entità
delle risorse in gioco. Eventuali incentivi derivanti da risorse disponibili che
abbassano la “soglia di ingresso” (contributi pubblici, ecc.) possono essere
utilissimi ma non devono snaturare la missione imprenditoriale dell’operazione.
4.8 Il cammino futuro senza l’Università
Trattandosi di un’impresa a tutti gli effetti, sebbene sostenuta dall’Università
nella fase di avvio, occorre che i neo-imprenditori pensino a un futuro al di
fuori dell’ambiente accademico dopo i primissimi anni di vita. Dopo il primo
triennio, di norma, cessa ogni collegamento con l’Ateneo per quanto concerne
la logistica o l’utilizzo della qualificazione di spin-off universitario, il che
37
richiede che la società per quell’epoca sia pronta ad operare senza alcun tipo di
sostegno. Inoltre, il personale dipendente a tempo pieno dell’Ateneo dopo un
ulteriore periodo di consolidamento delle attività dello spin-off sarà chiamato a
scegliere se dedicarsi in via esclusiva all’impresa (ponendosi in aspettativa
senza assegni od optando per il tempo parziale) ovvero se ritornare
definitivamente alla carriera universitaria, abbandonando qualsivoglia carica
operativa nella società.
4.9 Quali finalità persegue l’Ateneo nel sostegno agli spin-off?
Pur non intendendo rinunciare ad un approccio economico volto a valorizzare il
sostegno e/o la partecipazione dell’Ateneo alle iniziative spinoff, le finalità
dell’istituzione sono principalmente di carattere pubblico, a favore della
collettività, sia pure attraverso gli strumenti privatistici di impresa, e cioè:
• il trasferimento al sistema economico ed imprenditoriale di opportunità di
innovazione e progresso tecnologico;
• la creazione di nuovi sbocchi professionali per giovani laureati;
• la promozione del sistema di relazioni con il mondo esterno.
4.10 Il supporto dell’Ateneo nei processi di creazione d’impresa
Quale sostenitore istituzionale, l’Ateneo contribuisce alla fase di start-up delle
iniziative attraverso: • ove possibile e coerentemente con propri fini, la
concessione in utilizzo di spazi e attrezzature universitarie; • la concessione di
una licenza all’uso della dizione “spin-off dell’Università” o “spin-off con il
sostegno dell’Università”• l'autorizzazione al personale, con diritto al
mantenimento in servizio, all’esercizio di cariche operative e/o allo svolgimento
di attività a favore dello spin-off; • l’inserimento dello spin-off nel sistema delle
relazioni nel tessuto economico ed istituzionale, accrescendo le opportunità di
sviluppo dell’impresa; • la possibilità di accedere al portafoglio della Proprietà
Intellettuale d’Ateneo.
4.11 Ruoli e responsabilità
I soggetti che si impegnano nell’avvio di un’impresa spin-off devono tenere ben
presente le responsabilità del ruolo che assumono non soltanto in termini
civilistici e penalistici con riguardo alle attività esercitate, ma anche con
riferimento al rapporto con l’istituzione da cui dipendono, la quale sostiene
direttamente e/o indirettamente l’iniziativa.
Essi opereranno in modo da:
• salvaguardare l’immagine ed il buon nome dell’Ateneo;
• utilizzare in modo consono le risorse messe a disposizione ed evitare l’avvio di
attività direttamente concorrenziali rispetto a quelle didattiche e di ricerca
realizzate dalle strutture dell’Ateneo;
• perseguire gli obiettivi indicati nel progetto, impegnandosi ad evitare conflitti
di interesse tra il loro ruolo istituzionale e quello di imprenditori e comunicando
in modo trasparente ogni elemento che possa turbare il regolare svolgimento
delle funzioni accademiche, onde poter sanare le ipotesi di conflitto con
soluzioni adeguate.
38
4.12 Le caratteristiche delle iniziative
Nell’elaborazione delle idee di impresa, il gruppo proponente dovrà
concentrarsi su alcuni concetti chiave:
• Originalità, ovverosia sviluppo e valorizzazione di know-how, competenze,
trovati realizzati presso;
• Innovatività, intesa come apporto significativo allo sviluppo di nuovi
prodotti/servizi sul mercato;
• Applicabilità industriale, come verifica della possibilità concreta di sfruttare
una soluzione innovativa al di fuori di un laboratorio di ricerca, superando i
problemi tecnici relativi all’ingegnerizzazione e all’applicazione nell’industria, ai
tempi di sviluppo e di messa a punto, nonché ai costi relativi;
• Potenzialità di mercato, come opportuna verifica dell’interesse che gli
operatori economici o gli utilizzatori finali possano avere in una determinata
applicazione, la quale, sebbene caratterizzata da innovatività, può non
corrispondere ad un’effettiva domanda di mercato;
• Difendibilità dei prodotti, ovverosia la possibilità di tutelare le quote di
mercato che la società è in grado di conquistare attraverso gli strumenti del
mercato (brevetti, copyright, segreto industriale ecc.)
4.13 Team dell’impresa e competenze manageriali
Il fatto che le società, una volta avviate, stentino a svilupparsi può essere
dovuto a varie motivazioni. È perciò importante ripercorrere idealmente a
ritroso l’elaborazione del business plan e porsi alcune domande: È realmente
un progetto innovativo ? L’apporto in termini di innovazione è fondamentale e
a questo riguardo occorre sottolineare che lo sfruttamento delle sole
conoscenze, sia pure qualificate, dei ricercatori che offrano al mercato meri
servizi (e non prodotti) impedisce la crescita della società e non rende lo spinoff interessante agli occhi dei potenziali investitori. La società dispone di tutte
le competenze necessarie per sviluppare l’impresa? La definizione degli
organigrammi degli spin-off universitari tende a difettare di competenze
diverse da quelle scientifiche, indispensabili per far crescere l’impresa: il
gruppo dei ricercatori non dispone generalmente di capacità manageriali,
competenze di business, conoscenze del mercato ed è pertanto fondamentale
pensare a come acquisirle dall’esterno o farle crescere internamente. Lo spinoff sta investendo sui giovani? Investire sui giovani, oltre al risultato di
generare opportunità di lavoro per laureati e dottorati, rappresenta una risorsa
importante di energie e dedizione alle attività dell’impresa e la possibilità di
creare, anche attraverso nuovi e specifici programmi di formazione reperibili
presso l’Ateneo, figure dedicate al management e alla gestione
dell’innovazione.
4.14 Le fasi del processo di spin-off
Nel seguente paragrafo sono analizzati i passaggi necessari affinché l’idea di
business si trasformi in impresa reale, cercando di evidenziare per ogni fase
del processo i maggiori ostacoli che gli imprenditori possono incontrare, le
risorse necessarie per ogni singola fase e le forme di supporto che possono
essere offerte attraverso un programma specifico di sostegno.
39
Nella figura 15 sono individuate le fasi salienti del processo che ha inizio con
l’idea e si conclude con la fase di start-up, che rappresenta il momento della
nascita dell’impresa.
IDEA
BUSINESS
START-UP
PLAN
Figura 15 Fasi del processo di spin off
Fase 1: IDEA
Per favorire la “coltivazione” e l’emersione di idee di business, è necessario
aumentare il grado di consapevolezza di ricercatori, neo-laureati e studenti
riguardo alle opportunità, in termini non solo economici, ma specialmente di
realizzazione personale, derivanti dall’applicazione tecnologica di un’attività di
ricerca nel mondo industriale; tale obiettivo si può raggiungere attraverso
seminari e giornate informative che analizzino le opportunità di mercato e
accrescano l’interesse e la fiducia dei potenziali imprenditori nelle proprie idee.
Nel caso specifico degli spin-off da ricerca, l’idea di business matura nel corso
della conduzione della stessa attività di ricerca, da cui scaturiscono invenzioni e
intuizioni di potenziali attività tecnologiche innovative che possono essere
utilizzate per la produzione di beni e/o servizi utili.
Un’accurata valutazione dell’idea rappresenta il primo atto fondamentale su cui
si sviluppa in seguito tutto il processo. Si deve fare molta attenzione, in questa
fase, al comune errore di sopravvalutare l’idea da un lato e sottovalutare,
dall’altro, gli aspetti organizzativi. Avere una buona idea non vuol dire che essa
sia facilmente applicabile o che lo sia in tempi ridotti e in modo semplice. Nella
valutazione delle idee, è necessario dare spazio solo a quelle che sembrano in
grado di soddisfare le esigenze presenti, o quelle latenti, del mondo produttivo.
Dunque, un’analisi di mercato, precedente a quella condotta per la redazione
del business plan, potrebbe rappresentare un buon test iniziale dell’idea.
In questo stadio del processo, tipicamente l’idea è ancora piuttosto vaga, i
contorni non sono ben definiti e il campo d’applicazione concreto non è ancora
ben chiaro, sebbene l’imprenditore possieda già alcune intuizioni interessanti
per quanto riguarda l’utilizzo tecnologico nel mondo produttivo dei risultati
della ricerca che lo spingono, proprio per questo, ad approfondire la possibilità
di avviare un’attività imprenditoriale in quell’ambito.
In questa fase il potenziale imprenditore ha bisogno di diverse tipologie di
supporto. In effetti, si tratta della fase dove s’incontrano i maggiori problemi,
consistenti nel trasformare le conoscenze accademiche e i risultati della ricerca
in obiettivi organizzativi e gestionali. E’ proprio nelle pratiche di gestione e più
in generale nelle questioni prettamente economiche che emergono le carenze
del detentore dell’idea, prevalentemente di estrazione tecnico-scientifica.
Altri ostacoli notevoli si riscontrano nel processo di raffinamento dell’idea, nella
trasformazione dell’idea in prodotto o servizio, nelle problematiche tecniche
riguardanti l’avvio della produzione.
L’imprenditore e il suo team necessitano di una consulenza di tipo tecnico, di
un esperto del settore che lo possa aiutare ad individuare più chiaramente lo
sfruttamento commerciale dell’idea, ad elaborare il design del prodotto o a
40
definire il servizio da offrire. Per fare tutto ciò l’imprenditore avrà
probabilmente bisogno di utilizzare strutture e strumenti presenti all’interno dei
laboratori universitari per mettere a punto e testare il prodotto o servizio.
Si tratta, il più delle volte, di strumentazioni e prove tecniche piuttosto costose
che il detentore dell’idea di business non ha la capacità finanziaria di acquisire
in privato, poiché si trova ancora in una fase sperimentale, in cui risulta fin
troppo rischioso acquistare la strumentazione prima di essere certi della
validità economica dell’idea o dell’invenzione. Normalmente, in assenza di un
supporto tecnico e logistico, l’imprenditore, non potendo contare su risorse
proprie, abbandonerebbe definitivamente l’idea di business; invece, trovandosi
all’interno di un’istituzione di ricerca e potendo contare su un programma di
supporto adeguato, egli ha la possibilità di svolgere queste attività in stretta
collaborazione con il consulente tecnico, potendo utilizzare i laboratori e la
strumentazione necessaria.
A queste attività di carattere prettamente tecnico, un programma di sostegno
prevede un tipo di formazione riguardante le funzioni gestionali
(organizzazione, marketing, contabilità ecc.), che può essere attuato
attraverso l’organizzazione di seminari a tema e tramite un consulente
d’azienda che affronta questi aspetti con il potenziale imprenditore.
Fase 2: BUSINESS PLAN
La seconda fase riguarda la redazione del business plan. A questo punto del
processo l’idea di prodotto o servizio è più chiara e si procede quindi alla
redazione del piano d’impresa che contiene una serie di indicazioni e una
valutazione su una serie di fattori, quali il mercato, la capacità produttiva, i
costi, le previsioni di vendita, i ricavi previsti, ecc.
Per l’elaborazione di tale documento l’imprenditore ha bisogno di un consulente
esperto. Affrontare con scrupolosità la stesura di tale documento permette,
inoltre, di approfondire alcune questioni importanti ed identificare altre
problematiche che escono fuori proprio durante la fase di predisposizione del
piano.
Un buon business plan deve contenere indicazioni specifiche sulle
caratteristiche del prodotto o servizio che s’intende immettere sul mercato,
descrivendo accuratamente le fasi che hanno portato all’identificazione del
prodotto o servizio (ricerche, test, studi di mercato, registrazione brevetti,
ecc.), le fasi del processo produttivo e le risorse necessarie.
A questa descrizione tecnica segue un’analisi del mercato. In questa sezione si
analizza il mercato in cui s’intende entrare, il mercato potenziale, le
caratteristiche dei potenziali acquirenti e l’identificazione dei concorrenti, in
breve tutte le analisi necessarie per la predisposizione della strategia di
marketing (posizionamento del prodotto o servizio sul mercato, prezzo di
collocamento, distribuzione, previsioni di vendita, ecc.).
Il piano d’impresa contiene, inoltre, indicazioni di carattere organizzativo e
gestionale, riguardante il processo di produzione, le risorse da impiegare, la
descrizione delle mansioni, le relazioni con fornitori e clienti ecc. Infine, è
prevista tutta una serie di previsioni future (sviluppi di prodotto, strategie ecc.)
41
e un quadro finanziario (costi, previsioni di vendita, ecc.) per dare un’idea della
profittabilità dell’impresa.
Spesso negli spin-off della ricerca si presentano questioni riguardanti la
protezione della proprietà intellettuale, dunque, nella fase precedente all’avvio
dell’impresa, è necessario risolvere tali aspetti. La realizzazione e
commercializzazione di un prodotto o servizio all’interno di un’università o di
un centro di ricerca richiede una precisa analisi di tali problemi. E’ necessario
stabilire con accuratezza i contributi di coloro i quali hanno partecipato alla
ricerca, per definire un quadro chiaro della situazione per un’equa divisione dei
diritti e dei doveri di ognuno. Le persone coinvolte necessitano di una forma di
consulenza specialistica che li guidi nella risoluzione di questi problemi. In
diverse università estere, ad esempio, esistono degli uffici appositi che si
occupano delle questioni riguardanti la protezione della proprietà intellettuale.
Una volta risolte le problematiche concernenti la protezione della proprietà
intellettuale si giungerà alla fase di start-up, ossia quella della costituzione
dell’impresa. Ma, prima dell’avvio di questa fase è importante avere ben chiaro
il quadro degli incentivi pubblici a disposizione della neo-impresa e le possibili
forme di finanziamento privato. In tale fase s’incominciano a sviluppare le
relazioni con i mercati e quindi con i clienti, il che coincide con l’inizio della
gestione dell’azienda e l’avvio delle pratiche manageriali. In questo stadio è
ancora indispensabile la supervisione da parte di soggetti esperti che devono
aiutare l’imprenditore nella gestione della neo-impresa.
Durante le fasi di lancio e crescita, l’azienda avrà generalmente ancora bisogno
del sostegno di esperti nella gestione dell’attività imprenditoriale. A tale
proposito, i programmi di supporto alla creazione d’impresa prevedono forme
di sostegno post-avviamento alle imprese per la risoluzione di problemi che
emergono durante lo svolgimento dell’attività ordinaria successiva allo start up.
Ma in dettaglio che cosa è il Business Plan (BP)?
È un documento che riassume i contenuti, le caratteristiche e le aspettative
future di un’iniziativa, un progetto o un’attività.
Il BP Può riguardare:
• la creazione di una nuova azienda/attività
• la conduzione del business di un’intera azienda
• una business unit
• un progetto specifico
• un singolo investimento
A quale scopo è utile farlo?
• ottenere finanziamenti
• lanciare una nuova iniziativa
• dare forma e struttura a un’idea imprenditoriale in un documento
• formalizzare la pianificazione degli obiettivi e misurare i risultati di lungo
termine (anche oltre i tre anni)
• avere un piano strategico da cui derivare o con cui allineare il Budget
• determinare bisogni, opportunità, livello di rischio …
Tipici errori nella stesura di un Business Plan
• nessuna menzione sui competitors
42
•
•
•
•
•
•
•
mancanza di chiarezza (o assenza) nella descrizione del vantaggio
competitivo
quota di mercato e potenziale calcolati in modo grossolano
nessun accenno al processo di crescita organizzativa necessario per
sostenere la crescita dei ricavi
sopravvalutazioni dell’idea imprenditoriale e proiezioni irrealistiche
ottimo piano di marketing strategico, ma nessun riferimento operativo
dati economico finanziari sbagliati (o confusione tra cash flow e profitto)
timing inappropriato per valutare lo sviluppo del progetto.
Variabili e parametri
Coerenza
Figura 16 Un tipico esempio di struttura di business plan
43
•
Executive Summary
•
Profilo dell’azienda
•
Dati finanziari
•
Settore di riferimento
•
Ambiente competitivo
•
Piano di Marketing
•
Strategia
•
Proiezioni Economiche
•
Indici e valutazioni
•
Allegati
Figura 17 Un esempio di indice di business plan
Fase 3: START UP
La mancanza di forme di finanziamento rappresenta senza dubbio il maggiore
ostacolo per l’avvio e lo sviluppo di imprese spin-off.
La scarsità del capitale imprenditoriale e l’incertezza riguardo al successo
dell’iniziativa sul mercato rende queste tipologie di start-up difficilmente
valutabili e quindi particolarmente rischiose agli occhi di investitori privati,
scoraggiati anche dai tempi piuttosto lunghi associati allo sviluppo di imprese
hi-tech e dai bassi rendimenti a breve termine. Quindi i programmi di supporto
ad iniziative di spin-off, generalmente, prevedono la disponibilità per i
potenziali imprenditori di potere beneficiare di una serie di incentivi finanziari
per la realizzazione dell’attività imprenditoriale. Dall’analisi di diverse
esperienze emergono differenti tipologie di finanziamento a supporto
dell’impresa nelle diverse fasi di sviluppo.
Le maggiori criticità per il reperimento di finanziamenti si registrano nella fase
di sviluppo della ricerca per la realizzazione del prodotto o del servizio e nella
fase d’avviamento dell’impresa. Nella fase di ricerca iniziale, che rappresenta il
momento in cui l’idea di business comincia a delinearsi, si può in certe
circostanze accedere a finanziamenti pubblici finalizzati alla ricerca e, sempre
più spesso, su finanziamenti privati (attraverso ricerca cooperativa, ricerca su
commissione, ecc...), almeno in quegli Enti Pubblici di Ricerca in cui le relazioni
con l’industria siano già consolidate.
Nella fase successiva di sviluppo dell’idea commerciale (ricerca applicata), il
potenziale imprenditore può talvolta contare su fonti di finanziamento pubblico
o accordi specifici con il centro di ricerca pubblico (prestazione di lavoro parttime in cambio della possibilità di poter utilizzare laboratori e strumenti,
ecc...).
Nella maggior parte dei casi noti in ambito internazionale, per l’avvio
dell’impresa spin-off, gli imprenditori hanno a disposizione una serie di
incentivi pubblici (ad esempio prestiti a tasso zero da ripagare a partire dal
44
secondo anno, contributi a fondo perduto, ecc.), a cui si affiancano spesso
partecipazioni di privati che forniscono una quota di capitale (seed capital). I
finanziamenti privati alla creazione di imprese spin-off non sono facilmente
disponibili, poiché il capitale richiesto normalmente è piuttosto consistente e gli
investimenti devono spesso essere sostenuti nel corso degli anni, prima che
l’impresa diventi qualificabile per altre forme d’investimento. Normalmente il
privato (business angel) che investe in tali imprese è una persona competente
nella gestione di imprese hi-tech ed è anche disposto ad aspettare diversi anni
per ottenere un ritorno sostanziale dal suo investimento. Le forme di
finanziamento privato stanno, comunque, aumentando soprattutto nelle regioni
del mondo più tecnologicamente avanzate, laddove vere e proprie reti di
business angels stanno consolidando il proprio supporto finanziario a sostegno
di start-up d’imprese ad alto contenuto tecnologico ed innovativo.
Anche gli Enti Pubblici di Ricerca (EPR) spesso contribuiscono alla costituzione
dell’impresa spin-off, in alcuni casi, attraverso una partecipazione al capitale
d’impresa e, in altri casi, mettendo a disposizione spazi e strumenti, in modo
gratuito o richiedendo affitti di valore inferiore a quelli di mercato. Nel caso di
acquisizione di una piccola quota di capitale da parte dell’EPR, la solidità
finanziaria dell’impresa aumenta e facilita, inoltre, il reperimento di altri
finanziamenti (la partecipazione dell’EPR funge da garanzia nei confronti dei
potenziali investitori).
Per quanto riguarda la fase di lancio dell’impresa (ossia la fase di
commercializzazione iniziale dei prodotti) è stato rilevato un maggior ricorso al
venture capital; mentre, nella fase di sviluppo e crescita, le imprese si
rivolgono alle forme classiche di finanziamento, che non sono disponibili nelle
precedenti fasi, ritenute più rischiose dagli investitori istituzionali.
4.15 Il processo autorizzativo
L'Università istituisce, con apposito decreto rettorale, una Commissione
Tecnica Spin Off, che valendosi anche di esperti esterni (o società) qualificati
nei differenti settori specifici e/o nella consulenza aziendale, esamina le
domande di Spin Off. Essa deve fornire agli Organi di governo dell’Ateneo e ai
richiedenti un parere in merito alla rispondenza della proposta di Spin Off
rispetto alla possibilità di realizzare nei tempi previsti un'impresa autonoma,
con particolare riguardo alla corretta definizione giuridica, alle possibilità di
mercato, e alla potenziale capacità di reperire finanziamenti adeguati;
inoltre esprime ove richiesto un parere motivato sulle modalità e sulla entità
della partecipazione dell'Università, in qualità di socio, alla società stessa.
La Commissione Tecnica Spin Off provvederà ad un monitoraggio periodico
dell’andamento dello Spin Off, valendosi della documentazione richiesta dalla
Commissione stessa e del parere dei Dipartimenti interessati.
L’attività di monitoraggio si concretizza con la redazione, con cadenza annuale,
di una relazione sullo stato degli Spin Off dell’Università. La relazione viene
inviata al Rettore, al Senato Accademico, al Consiglio di Amministrazione ed ai
Direttori delle Strutture di ricerca interessate.
Il Consiglio di Amministrazione, sulla base di tale relazione, può disporre
interventi tesi a correggere i rapporti Ateneo-Società, a revocare autorizzazioni
45
concesse o a risolvere convenzioni o rapporti di qualunque tipo posti in essere
con gli Spin Off.
Il progetto di costituzione dello Spin Off universitario è sottoposto al Consiglio
di Amministrazione dell’Ateneo e al Senato Accademico che, su parere della
Commissione tecnica Spin Off, sentito il Consiglio della struttura che ospiterà la
nuova iniziativa e della struttura di afferenza dei proponenti per quanto
concerne l’inesistenza del conflitto di interessi, devono autorizzare, ciascuno
per quanto di rispettiva competenza, la costituzione dello stesso indicando la
quota di capitale che risulterà sottoscritta dall’Università ma posta a carico del
bilancio del Dipartimento ospitante o di afferenza del proponente, se non
diversamente stabilito dal Consiglio di Amministrazione per ragioni di
opportunità e convenienza.
Prima dell’inizio dell’attività la nuova società viene iscritta all’Albo degli Spin-off
tenuto dall’Università.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Università designa, altresì, il componente
(o i componenti) del Consiglio di Amministrazione dello Spin Off riservato alla
nomina dell’Università. Tale rappresentante deve riferire alla Commissione
Tecnica Spin off almeno una volta all’anno sull’attività dello Spin-off.
4.16 La struttura di riferimento per il Trasferimento Tecnologico URTT
I principali servizi resi dagli uffici per il Trasferimento Tecnologico riguardano
principalmente:
-La promozione dell’interazione tra le strutture di ricerca e di servizio ed il
mondo delle imprese anche mediante l’identificazione, il monitoraggio e
l’aggiornamento della base delle competenze tecnologiche che il Polo nel suo
insieme esprime ed è in grado di offrire;
-Relazioni con attori esterni (mondo industriale ed Enti locali di sviluppo e di
ricerca) finalizzate alla promozione di collaborazioni ed iniziative congiunte nel
campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico;
-Supporto in materia di internazionalizzazione della ricerca;
-Supporto alle attività pre-brevettuali;
-Informazione alle strutture in materia di finanziamenti pubblici regionali,
nazionali e comunitari e supporto nella costituzione di partenariati nazionali e
transnazionali.
-Amministrazione e coordinamento di progetti di Polo.
Le iniziative dell’Ufficio sono rivolte a:
•sensibilizzazione, alfabetizzazione e informazione circa le opportunità di
finanziamento esistenti a livello europeo, nazionale e locale (provvedimenti
legislativi ed altre iniziative di sostegno);
• formazione personalizzata;
• monitoraggio dei fabbisogni di sostegno;
• altri servizi di supporto generale.
46
Refercences
Phyllis L. Speser, The Art and Science of Technology Transfer, Wiley.
S. De Falco, R. Germano, Il trasferimento Tecnologico. Scenari e strumenti per
il reciproco scambio di competenze tra università, Enti di ricerca ed Imprese,
Franco Angeli 2009.
Articoli consultati in “The Journal of Transfer Tecnology”.
Siti web di riferimento
Grassi Elena (2005), “La strategia brevettuale e i recenti sviluppi del sistema di
tutela della proprietà industriale”, Progetto Diadi - Docup 2000-2006 (Regione
Piemonte),
in
http://www.bioindustrypark.it/diadi2000/diadi/Boost/Analisi/recenti%20svilupp
iPI.pdf
Parlamento Italiano (2002), Dlgs 30/2005 “Codice della proprietà industriale, a
norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273”, pubblicato nella
GU n. 52 del 4/03/2005 - Supplemento Ordinario n. 28 in
http://www.parlamento.it/leggi/deleghe/05030dl.htm
Info-Brevetti
Il portale italiano su innovazione
http://www.info-brevetti.org/portal/
brevetti
e
proprietà
intellettuale.
PATNET.IT Il portale della proprietà intellettuale.
http://www.patnet.it/
Rete Italiana per la Diffusione dell’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico
alle Imprese (RIDITT)
Mette a disposizione un percorso informativo sui principali strumenti per la
tutela della proprietà intellettuale.
http://www.riditt.it/
Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
Promuove la tutela giuridica e l’utilizzazione economica della proprietà
industriale; coordina le concessioni di brevetti; elabora studi e ricerche in
materia di sviluppo e diffusione della proprietà industriale.
http://www.uibm.gov.it/
Portali INTERNAZIONALI
European Patent Office
The official website of the European Patent Office, the patent granting
authority for Europe.
www.epo.org
IRP-Helpdesk
A reference point for intellectual property rights inquiries throughout the
European Union, particularly with regard to patent issues.
47
www.ipr-helpdesk.org/
PATLIB
PATLIB is the name given to the network of patent information centres
comprising the national patent offices of each member state and all regional
patent information centres. In total, over 328 such centres in Europe can help
you with information and competent advice.
http://www.epo.org/patents/patent-information/patlib/directory.html
ProTon Europe
ProTon Europe is the pan-European network of Knowledge Transfer Offices
(KTOs) and companies affiliated to universities and other Public Research
Organisations (PROs).
http://www.protoneurope.org/
World Intellectual Property Organization (WIPO)
WIPO is a specialized agency of the United Nations. It is dedicated
todeveloping a balanced and accessible international intellectual property (IP)
system, which rewards creativity, stimulates innovation and contributes to
economic development while safeguarding the public interest.
www.wipo.int
Reti per il Trasferimento Tecnologico
•
NetVal, Network per la valorizzazione della ricerca universitaria
•
AIU, Associazone Incubatori Universitari
•
PNICube, Associazione di Incubatori
•
Proton, the pan-European network of Knowledge Transfer Offices
•
EBN, The European Network of BI3Cs
•
…
NetVal
Network per la Valorizzazione della ricerca universitaria Associazione di Atenei
Italiani, tramite gli uffici ILO.
Obiettivi:
•
omogeneizzare principi e criteri cui ispirare le azioni dell'Università in
materia
di
brevettazione,
costituzione
di
aziende
"spin-off"
e
trasferimento tecnologico;
48
•
rendere, in prospettiva, omogenei gli strumenti giuridici da utilizzare per
la protezione della proprietà intellettuale dei prodotti di ricerca di enti
pubblici, dettando regole base nelle materie di cui al punto precedente;
•
rendere disponibili informazioni utili per promuovere progetti cooperativi
di
valorizzazione
della
ricerca,
finalizzati
ad
aumentare
l'impatto
economico dei risultati della ricerca (licensing, costituzione di spin-off,
ecc.)
Supporta azioni di formazione per il personale delle
strutture universitarie dedicate alla valorizzazione
della ricerca ma anche per studenti, dottorandi,
ricercatori e docenti; ecc.
PNICube - Associazione degli Incubatori e delle
Business Plan Competition accademiche italiane
Conta
26
associati
tra
Università
e
incubatori
accademici. È l’associazione che riunisce gli incubatori
e le business plan competition (denominate Start Cup)
accademiche italiane, nata con l’obiettivo di stimolare
al nascita e accompagnare al mercato nuove imprese
ad alto contenuto
di conoscenza
di provenienza
universitaria.
L’associazione PNICube è promotrice di due importanti iniziative: il Premio
Nazionale
per
l’Innovazione,
che
seleziona
le
migliori
idee
d’impresa
innovative, e l’evento Start Up dell’Anno che premia la giovane impresa hi-tech
che ha conseguito il maggior successo di mercato.
AIU, Associazione degli Incubatori Universitari
Obiettivi:
49
•
Favorire la nascita e la crescita di nuovi Incubatori di Impresa
Universitari.
•
Agevolare la nascita e lo sviluppo di imprese innovative…
L’AIU sostiene il Premio Nazionale per l’Innovazione, competizione che
riunisce i vincitori delle Business Plan Competition (Start Cup) organizzate
localmente dalle Università Italiane e premia la miglior start-up tecnologica
dell’anno.
PROTON,
rete
europea
degli
uffici
di
Trasferimento Tecnologico
Obiettivi:
•
Lo scopo di ProTon Europe è di supportare lo
sviluppo professionale degli uffici di Trasferimento Tecnologico in Europa
per mezzo di azioni di networking, lo scambio di buone pratiche, lo
scambio di personale e una formazione efficace per gli operatori del
settore
EBN
•
The European Network of BI3Cs, Incubatori, Innovazione e Centri per
l’avvio di Imprese
•
Un Network organizzato di 200+ Business Support Centers su tutte le
regioni EU 25
•
Un iniziativa avviata 20 anni fa dalla Commissione europea e da leader
dell’industria europea
•
Un cluster di clusters con 20.000+ imprenditori attivi collegati
Start Cup
•
Start Cup è una competizione tra idee imprenditoriali innovative
•
I partecipanti usufruiscono dell'assistenza e del percorso formativo,
necessari a trasformare la propria idea in un business plan e a stabilire
un contatto privilegiato con il mondo industriale e finanziario. I business
plan vincenti sono scelti in base a tre criteri:
50
•
-
il tasso di innovazione dell’idea
-
la sua realizzabilità tecnico-economica
-
la qualità espositiva del progetto (business plan)
Le Start Cup provinciali confluiscono nel Premio Nazionale per
l’Innovazione organizzato dall’AIU.
51