Continua a leggere il diario di ioleggoperché da Cosenza

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Continua a leggere il diario di ioleggoperché da Cosenza
Piazzaunlibro all’Università della Calabria
Diario di bordo con immagini
22 aprile - In Calabria. Sono sul Milano Lamezia delle 2.35. In aeroporto mi
attende il sole e una macchina a noleggio con la quale mi sparo i 70 km di
Salerno Reggio Calabria per Arcavacata. All’arrivo trovo Francesca, Andrea e
Paolo che mettono a punto gli ultimi dettagli per il giorno dopo. Partecipo un
po’ alla riunione senza dare alcun contributo, facciamo un giro per il Campus e
riparto per Castrovillari. Appena in tempo per vedere il pullman Scopri-Cosenza
in partenza per la città, pieno di musicisti e messaggeri per invadere le vie del
centro. Non riesco a fotografarli. Ma l’entusiasmo è contagioso.
Altri 70 km di SA-RC e cena in pizzeria. Ottima, e fiera della
partecipazione al campionato mondiale di pizza piccante.
Insomma, tra cantieri in autostrada e peperoncino, siamo in
Calabria.
23 aprile - Preparativi. Di nuovo in università alle 9 del
mattino per provare in teatro con Roberto, lo studente non
vedente delle letture al buio. Nella migliore tradizione
sembra che nulla sia a posto, ma alla fine – con l’aiuto al
telefono di Rosa e Giulia – colleghiamo computer e barra
braille, recuperiamo i file giusti, e lasciamo Roberto a
rileggersi il brano per provare la lettura. Il teatro, vuoto, fa
paura. Sono 600 posti: riusciremo a riempirlo?
Le 11.00 - Si parte. All’apertura delle porte ogni timore è
fugato. Ci sono le scuole, e centinaia di ragazzi entusiasti.
Qualche posto libero solo nelle file riservate alle istituzioni
(ma che importa!). La regia di Fabio funziona. Mentre il
pubblico entra scorre il video di LIA, Roberto è al suo posto
sulla destra del palcoscenico, un pianoforte a coda sulla
sinistra e tre sedie impagliate al centro. Su una c’è una
maglietta di #ioleggoperché. Suggestivo. Mi accorgo
all’ultimo che le mani di Roberto sono impallate dal pc.
Corro sul palco a spostarlo. Ora è perfetto.
Le 11.30 - Lettura al buio. A sala piena calano le luci e il
video di LIA scorre a volume più alto. Al termine Roberto
inizia a leggere da Moby Dick.
È bravissimo. La Bianchezza della balena (Cap. XLII) entra in
una sala attenta, silenziosa, emozionata. La scelta del brano,
perfetta, è di Rosa di Fondazione LIA. Garzanti ha regalato
l’ebook – e gli Scritti corsari per la lettura serale – a Roberto,
che studia filologia moderna, e sa apprezzare.
Sono dieci intensi minuti. Al termine l’applauso è scrociante
e sull’applauso entra in scena Vinicio Capossela,
accrescendo l’entusiasmo. È il momento in cui capiamo che
tutto andrà per il meglio.
Le 11.45 - il Rettore. Fabio entra in scena senza occuparla.
Solo per invitare il Rettore dell’Università, Gino Mirocle
Crisci, un geologo. Quando sale sul palco Capossela corre ad
abbracciarlo, rompendo qualsiasi protocollo.
Protocollo che nessuno ha intenzione di rendere noioso. Lo spirito è
quello giusto. Il Rettore ha la misura di poche parole ma ricche.
Ricorda come nello stesso giorno è in corso la presentazione di un
altro progetto dell’Università, sulle scienze ambientali, solo per
sottolineare come scienze e letteratura possono andare a braccetto.
In nome della cultura. E dei libri. Capossela intanto è assorto, come
nell’unica foto non mia di questo racconto (si vede: è una grande
foto, di Pietro).
Le 11.55 - Vinicio. È il suo turno. Subito dice della sua emozione per la
lettura di Roberto, ricorda il legame con la Bianchezza della balena,
che ha cantato in un suo pezzo.
È intervistato da una giovane giornalista su Il paese dei coppoloni.
Parla di civiltà antiche e dell’oggi, del Patraterno e della
musica per l’uccisione del porco. Invita a riappropriarsi
dell’Entroterra. Fa ridere e pensare.
La sala è innamorata. Si sentono mormorii solo quando
l’intervista finisce: nessuno vorrebbe andar via.
Vinicio si ferma a firmare copie del libro. La fila è infinita
ma con ciascuno scambia due chiacchiere.
Io vado a recuperare Roberto rimasto dietro le quinte. Gli
faccio i complimenti. È contento. Lo accompagno fuori, ma
passiamo prima a salutare Vinicio, che sfida l’impazienza
della fila e si ferma a chiedergli della difficoltà di leggere il
Braille. Roberto minimizza: “Sono lettere. È come per voi
leggerle con gli occhi. Non è più difficile”. Difficile è
credergli, ma non lo contraddiciamo.
Le 13.30 - In piazza. Siamo rimasti tutto il tempo dalle parti del teatro, e
non sappiamo cosa sta succedendo nella piazza centrale, dove sono
allestiti gli spazi con i libri, le sedute per le letture individuali e un palco
per chi legge ad alta voce. Incontro Francesca all’uscita e le chiedo
notizie: “non si cammina!”, è la risposta entusiasta. È tempo di andare a
dare un’occhiata.
Arriviamo al termine della prima ondata, ma c’è ancora folla. Gli spazi
per i post-it sono già stracolmi: dovevano bastare per l’intera giornata e
siamo solo all’inizio. Sul programma l’inaugurazione della piazza è tra
un’ora.
Le 13.45 - I librai. Mi avvicino ai banchetti dei librai, sotto un gazebo
pensato per scongiurare la pioggia che torna utile per ripararsi dal
pieno sole di una giornata calda ed esuberante. Mi fermo a
chiacchierare e mi raccontano delle giornate che hanno preceduto
quella di oggi, in città a Cosenza. I molti incontri con le scuole, le
iniziative nelle librerie e l’attenzione (finalmente!) sui libri, mai
protagonisti come in questa settimana. E le buone vendite, boccate
d’ossigeno in una crisi più aspra che altrove.
A fianco delle tre librerie cosentine c’è uno stand di Rubbettino. Ci sono
vecchi amici che saluto volentieri. Fanno i complimenti: “Non
pensavamo riuscisse così bene”. Sorrisi.
Il body painting. Si scrive dappertutto di libri e lettura.
Anche sul corpo di una modella che si presta, assorta. È
l’immagine migliore che fissa il mio telefonino: la forza
del soggetto vince l’incapacità del fotografo.
Di fianco c’è un ragazzo palestrato tutto dipinto di
bianco, su cui una messaggera è impegnata a scrivere
grandi caratteri, mentre in tanti guardano incuriositi.
Cosa ne verrà fuori?
Le 14.30 - La staffetta. Ci prepariamo al capitolo
successivo.
Dai due estremi del lungo ponte pedonale che corre lungo gli
edifici cubici dell’università partono due messaggeri con in mano
un testimone. Non può che essere un libro e non può che essere
Il paese dei ceppaloni. Usiamo due copie autografate da Vinicio,
sotto lo sguardo attento delle destinatarie delle dediche, che
potrebbero uccidere se non le restituiamo alla fine.
Ogni messaggero staffettista apre in realtà un corteo, come un
magico pifferaio. Siccome ha le mani occupate dal libro, la
musica è affidata a due bande di strada, fiati e percussioni: i
Takabum di Cosenza e le Girlesque di Bologna.
Più indietro le folle dei lettori.
I libri passano di mano in mano e mi dicono che l’ultimo
testimone del lato delle Girlesque dovrò essere io, in
rappresentanza di AIE. Dal lato dei Takabum è invece il Rettore
che scherza sulle scarse attitudini atletiche del suo fisico. Per
entrambi il compito è affrontabile: non più di qualche decina di
metri.
Lascio perdere il sussiego e indosso anch’io la maglia da
messaggero, confondendomi tra i tanti.
L’attesa. Sarà per la folla o la musica, ma le staffette ci
mettono più tempo del previsto. Nell’attesa si
chiacchiera, ci si scambia libri, consigli di lettura, si scrive
sui totem.
Arriva il prof. Roberto Musmanno, delegato del rettore
per il trasferimento tecnologico e uno di quelli che ha
fortemente voluto #ioleggoperché a Cosenza. È un
serissimo ingegnere, insegna ricerca operativa, grande
esperto di logistica, ma oggi è in divisa da messaggero e
si fa fotografare con la modella totem.
Al traguardo. Da ultimo testimone temo di perdermi la
staffetta in arrivo, ma si sente da lontano. C’è la banda! Il
chiasso arriva prima della vista.
Prendo il testimone e mi metto in testa al corteo, per
quanto mi scappi da ridere. Elegantissimo (sarà?) in
maglietta da messaggero e giacca blu, libro in mano e
aria finto assorta, mi avvio verso l’appuntamento con il
Magnifico Rettore tra due ali di folla a passo cadenzato
dalla musica che mi segue. Le Girlesque sono scatenate,
vestite in modo improbabile – metà majorettes metà
burlesque di periferia – urlano fiati e percussioni a tutto
spiano.
L’incontro con il Magnifico. Mi avessero chiesto di
immaginare l’incontro più informale con un Rettore non
avrei mai osato tanto. Crisci arriva seguito dai Takabum,
che gareggiano in rumore e allegria, con maglie da
messaggeri su calzoni neri e buffi cappelli con
margheritone gialle plasticose.
Ci incontriamo a metà strada come convenuto. Stretta di
mano e scambio di libri. Il protocollo è rispettato!
Le 15.30 - è qui l’inaugurazione? Nei piani iniziali doveva
essere questa l’inaugurazione.
Noi siamo in giro da un pezzo e non sembra proprio tale,
a dispetto della recita del programma. Poco importa.
C’è ancora Roberto con noi (nella foto, al centro di un
gruppo di messaggere). Non vede, ma può certamente
ascoltare la musica, respirare il clima, condividere
l’entusiasmo.
Il Rettore presiede ancora un po’; poi deve andare a un
Senato accademico. A noi sembra che preferirebbe
restare con noi, ma è certamente un’impressione
sbagliata.
Intanto… La festa è puro pop di strada, è giovane,
incontenibile, ma è sempre festa dei libri.
I Takabum urlano le loro ragioni in coro: “#ioleggoperché è
musica”. In conferenza stampa Maurizio aveva suggerito di
associarlo a un “#iocantoperché è poesia”. Qui va bene tutto.
Lo spazio per post-it e pennarelli è esaurito da un pezzo (ma non
dovevamo iniziare ora?). I lettori sul palco si alternano
inesauribili: ognuno legge quel che ha scelto, in una babele di
lingue: in arabo, in cinese, in russo.
Si sentono ragazzi che parlano dei libri affidati come bambini di
figurine: “Tu cos’hai preso?”, “Poi me lo presti?”.
È una festa di condivisione.
L’uomolibro. L’uomolibro è ormai pronto. In foto, senza la terza
dimensione sembra trasparente, più suggestivo, anche se rimane
il dubbio che alle ragazze sia piaciuto più dal vero. Voi che dite?
L’idea viene da un’immagine che usammo mesi fa: l’uomolibro che
abbraccia una lettrice. Qui è realizzata senza photoshop. E forse si
scopre che l’uomolibro non è per forza rachitico e brufoloso.
Possono convivere mente e corpo sanissimi.
Le 16.15 - Si torna a provare. Sono costretto a perdermi gli
abbracci con le lettrici, così come le letture ad alta voce, il vociare
della folla che continua a riempire la piazza. Recupero Roberto e
torniamo verso il teatro per provare gli Scritti corsari. Il fatto è che
lui ha una barra diversa da quella a cui è abituato e deve
connettersi con un Mac che in genere non usa. Da parte mia, il
mio ultimo Mac era un parallelepipedo beige con uno schermo un
po’ più grande del mio telefonino di oggi. Per fortuna ci aiuta
ancora Rosa al telefono da Milano e va tutto a posto. Seguiamo i
suoi consigli anche per scegliere il brano: un delizioso articolo sui
capelloni. Posso lasciare Roberto a provare la parte e dar ascolto a
Francesca che mi invita a filmare un’intervista: faccenda nella
quale sono notoriamente negato.
Le 18.30 - Nuovi preparativi. Si va verso l’ora
dell’aperilibro. Considerata la giornata di sole e la troppa
gente, l’abbiamo spostato dal foyer del teatro alla piazza
antistante, chiusa da gradinate in cemento.
Takabum e Girlesque arrivano fin qui. Dove trovino il
fiato per continuare a suonare e ballare è un mistero.
Ormai sono affiatati come un’unica band e propongono
uno spettacolo nuovo. In mezzo a loro decine di
messaggeri con libri in mano. A un tratto la musica si
interrompe e i musicisti restano immobili. I messaggeri
iniziano a leggere. Prima uno, poi l’altro in un sovrapporsi
di voci e di gesti. Quando la musica riparte prendono a
scambiarsi i libri secondo arcani rituali, ritmici.
Vanno avanti per un po’ seguendo copioni mutevoli,
mentre carrelli di spumante e delizie calabre avanzano
spinti da cocchieri con cappello da chef.
Le 19.30 - L’aperilibro. In un angolo c’è un palchetto con
microfono per nuove letture. Più istituzionali, stavolta.
Un paio di prof, il sindaco di Rende (che si asterrà), et
similia. Tocca anche a me. Andrea me l’ha spiegato ieri
sera: una lettura a mia scelta. Per fortuna ho dietro il mio
Tolino con un po’ di libri dentro.
I prof leggono il brano più ostico del R&G shakesperiano,
su una corda sola; un tal gabbiano JL poco più che
sussurrato. Io ho scelto una scena di rissa al tabarin di
Aracaju, quando Teresa Batista – stella del samba – sputa
in faccia al cornuto che ha schiaffeggiato la sua donna,
perde un dente per un cazzotto e attacca una briga
infinita. Sono fuori luogo?
Leggo lo stesso stentoreo. Sembra che vada.
Scendo dal palco e rinuncio al buffet: impossibile
competere con orde di ventenni.
Mi raggiunge Fabio: non c’è proprio spazio per la
seconda lettura al buio. Le scene di Moni Ovadia sono
arrivate troppo tardi. Anche senza, si inizierà un’ora dopo
l’orario. Avverto Roberto. Peccato.
Le 21.30 - Ovadia. Siamo di nuovo in teatro per lo
spettacolo di Ovadia sugli Scritti corsari. C’è qualche
posto solo nelle ultime file.
Toni alti, riflessioni. Pasolini non può deludere.
Le 24.00 - si chiude… Siamo tutti sfiniti ma davvero
contenti. Le ragazze del Liaison office dell’università sono
state straordinarie. Infaticabili, efficienti, hanno un
sorriso ancora adesso. Ci salutiamo promettendoci che
rifaremo qualcosa assieme.
… anzi no. Emanuela ci aveva chiesto un breve resoconto
per la stampa nazionale. Rita, che non si è fermata per Ovadia, ha promesso di farlo prima di notte. Lo trovo
sull’email all’arrivo in albergo. Lo riguardo e spedisco. È quasi l’una. Buona notte.