Jommelli, il ritratto della Therbusch datato 1764
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Jommelli, il ritratto della Therbusch datato 1764
Jommelli, il ritratto della Therbusch datato 1764 Quando qualche anno fa, in prossimità del terzo centenario della nascita di Niccolò Jommelli, che cade il prossimo 10 settembre, progettai di iniziare una ricerca iconografica sul musicista aversano che potesse poi servire a redigere un catalogo da pubblicare per l’occasione, la mia prima preoccupazione fu di recuperare notizie su quel Ritratto di Jommelli di cui, nel 1869, faceva menzione nei suoi Cenni storici sulla scuola musicale di Napoli, l’allora «archivista del Real Collegio di Musica in S. Pietro a Majella, il cavaliere Francesco Florimo». Scrive, dunque, il Florimo, in una delle venti pagine dedicate a Jommelli, che «Per tenere sempre viva la memoria di lui, la sua patria, Aversa, ha decretato il 4 aprile 1866, che alla via ove trovasi una casa di Jommelli … si cangiasse l’antico nome di via S. Rocco in quello di via Jommelli». In nota Florimo riferisce di dovere la notizia a un non meglio precisato gentiluomo di Aversa (credo si tratti di Gaetano Parente), il quale gli ha «fatto anche conoscere che in quella casa si conservano ancora dei ritratti di Jommelli: uno ad olio portante dietro l’iscrizione Peint par Stoccarda, Württembergisches Landesmuseum, A .D. Therbusch, Ritratto di Jommelli Anne Dorothea Therbouch née de Lisiewska 1764, ed un altro piccolo in miniatura». Sicché nel luglio del 2011 presi contatto con il signor Chris Gebel, un archivista del Württembergisches Landesmuseum Stuttgart, presso il quale avevo ragione di ritenere fosse stato realizzato il suddetto ritratto a olio di Jommelli a ragione del fatto che l’autrice, la pittrice di origini polacche Anna Dorothea Therbusch, negli anni in cui il musicista aversano era al servizio del duca Carlo Eugenio presso la corte di Stoccarda, realizzò ben diciotto dipinti per la galleria del castello. E grande fu la sorpresa quando il signor Gebel, che qui ringrazio pubblicamente anche per avermi fornito una foto del dipinto, mi comunicò che il ritratto in oggetto era conservato presso il museo del castello dove molto verosimilmente era stato dipinto su commissione dello stesso Jommelli, nel 1764, come recita l’iscrizione a tergo, e cioè un anno prima che la ritrattista lasciasse Stoccarda per Parigi. Altrettanto verosimilmente Jommelli portò con sé il ritratto quando fece definitivamente ritorno ad Aversa per accudire la moglie malata e qui il dipinto sarà rimasto presumibilmente fino agli anni ’40 del secolo scorso quando, non sappiamo bene come, forse per un acquisto, ritornò a Stoccarda entrando a far parte delle collezioni del museo tedesco, come sembrerebbe confermare, peraltro, il numero d’inventario WLM 1941- 4 che lo contrassegna. A ogni buon conto, il ritratto, che misura cm. 47, 2 x 38, 3, ci tramanda, come, d’altronde riportano le fonti e gli altri pochi ritratti e le molteplici incisioni che ci sono pervenute - dai due dipinti di Giuseppe Bonito ai rami di Bramati, Bonini, Bianchi, Dolfino etc. - un’immagine di Jommelli con il cranio grosso e il collo taurino e con l’espressione affabile e mite. Dedito oltremodo ai piaceri della tavola tutti i biografi lo descrivono, infatti, dal Metastasio in poi, «di figura quasi sferica», molto lento nel camminare, a causa dell’obesità, e tuttavia «di temperamento pacifico, ricco di cultura, di ottima maniera e amabilissimo costume». Figlia del ritrattista di origini polacche Georg Lisiewski, dopo il giovanile apprendistato presso la bottega paterna Anna Dorothea Therbusch (Berlino 17211782) lasciò la pittura per aiutare il consorte nella conduzione di un ristorante. Nel 1761, dopo aver dato al marito ben sette figli, abbandonò la famiglia per mettersi al servizio del duca Carlo Eugenio presso la corte di Stoccarda. Nel 1765 andò a Parigi dove conobbe Denis Diderot, famoso critico d’arte del tempo con il quale convisse per qualche tempo. Nonostante fosse stata successivamente accettata dall’Accademia, non ebbe molto successo per cui nel 1768 a causa di gravi difficoltà economiche lasciò Parigi per tornare a Berlino, dove invece era tenuta in grande considerazione perfino da Federico II di Prussia che le affidò la decorazione con scene mitologiche del palazzo di Sansoucci e l’esecuzione del proprio ritratto. La sua produzione annovera circa duecento dipinti - oggi variamente conservati oltre che a Stoccarda, nella Gemälgalerie di Berlino, al Neues Palais di Postdam e all’Accademia di Belle Arti di Vienna - tra cui i ritratti dei membri di ben otto famiglie nobili prussiane e il Ritratto di Caterina II di Russia. Franco Pezzella