Produciamo di più e meglio, collaborando in modo `social`
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Produciamo di più e meglio, collaborando in modo `social`
tecnologie GESTIONALI PER L’HR Produciamo di più e meglio, collaborando in modo ‘social’ di Alessia Bontempi In una recente survey le aziende italiane confermano un’importanza elevata alla social collaboration, destinata a raggiungere il 75% del campione nei prossimi tre anni. Ecco alcuni dei risultati più evidenti emersi dalla ricerca condotta dai consulenti Stefano Besana ed Emanuele Quintarelli specializzati in digital e social business. Per il 43% degli intervistati un impiego mirato delle piattaforme social aumenta l’efficienza dell’impresa, facilita il ‘riuso’ della conoscenza (40%), migliora il coordinamento dei progetti (30%) e consente un aggiornamento costante circa il lavoro dei colleghi (30%). Come se la cava l’Italia in tema di social collaboration? Siamo pronti per le social HR? Abbiamo cercato risposte, confrontandoci con alcuni attori del mercato IT per l’Hr a partire dal commento sui dati più significativi della Social Collaboration Survey volta a indagare lo stato dell’arte della collaborazione social. La collaboration sembra essere più di una moda passeggera. Collaborare genera valore tangibile per l’organizzazione. Come ci aiuta in questo la tecnologia? Quali i ritorni di investimento? Dalla company experience alla user experience Giovanni Ravasio, Country Leader Applications di Oracle Italia, spiega che personalmente si rispecchia a pieno nella definizione proposta da Oracle. “Un’azienda socially enabled è un’organizzazione con funzionalità social integrate nelle attività di business quotidiano, dal marketing alle vendite, dalla ricerca e sviluppo al servizio clienti, che agevolano la collaborazione e la comunicazione tra i dipendenti. Il principale obiettivo di tale modello è, infatti, accrescere le opportunità di condivisione della conoscenza in azienda. Possiamo dunque richiamare un obiettivo prioritario di coinvolgimento delle risorse umane: l’utilizzo di piattaforme social nel contesto organizzativo può infatti aiutare a rendere più ricca la company experience, per attrarre e soddisfare le aspettative dei talenti chiave per l’azienda, soprattutto i più giovani. Il tema della social collaboration è, in Oracle, parte di un Giovanni Ravasio disegno più ampio che vede il vertice aziendale focalizzato Country Leader Applications su temi di sostenibilità che fanno leva in ambito sociale e Oracle Italia orientata ai propri dipendenti, con gli obiettivi di rendere il luogo di lavoro opportunità di continui stimoli professionali ove esprimere il proprio potenziale e sviluppare politiche concrete a supporto del benessere sul posto di lavoro e alla crescita profittevole. Come? Sistemi di social networking, talent management end to end e career planning possono supportare tradizionali processi di performance & reward management ma anche progetti di welfare in senso esteso, a supporto di tematiche quali i flexible benefits, che sempre più sono una priorità all’interno della direzione aziendale come base per creare valore in azienda. Ecco dunque come la tecnologia può davvero supportare un cambiamento organizzativo tout court quando orientato da un chiaro commitment aziendale. Tutto questo con il duplice obiettivo di creare un circolo virtuoso sia in termini di profitto per l’azienda sia per un ritorno di maggiore soddisfazione e stimoli motivanti per i suoi collaboratori”. Come commenta i risultati della ricerca? “I risultati della Social Collaboration Survey 40 PERSONE&CONOSCENZE N.94 2013 delineano un panorama non lontano da quello che noi stessi abbiamo tracciato lo scorso anno, in collaborazione con Leader Networks e Social Media Today. Attraverso uno studio focalizzato sullo stato della collaborazione fra i dipartimenti marketing e sistemi informativi, effettuato su più di 900 direttori di funzione, è emerso zioni, Oracle propone una suite integrata in termini di processi e in termini di piattaforma tecnologica: supporta i tradizionali processi di business e i processi di gestione del personale, sia transazionale sia dei processi di sviluppo, con la possibilità di mettere a fattore comune esperienze, know how, aspirazioni professionali ma anche feedback in real time su proggetti specifici indipendentemente dalla job family di appartenenza dei dipendenti e sulla base delle reali esigenze di business. Questa è la potenza delle soluzioni applicative come la nostra, dotate di una user experience molto intuitiva e sviluppata per riproporre all’utente l’esperienza che ciascuno di noi sperimenta sui propri profili social”. Aziende social. Social business come esistesse ancora ampio margine di miglioramento, sebbene le organizzazioni marketing e quelle IT concordassero sui grandi benefici derivanti dalla collaborazione fra aree aziendali. Un altro risultato emerso dalla Social Collaboration Survey che mi sento di sottolineare è la necessità di una sponsorizzazione elevata di questi progetti in azienda per agevolarne il successo. Se, infatti, i promotori dei progetti sono spesso collocati all’interno di specifiche funzioni, il coinvolgimento del top management è fondamentale per far sì che la cultura di social collaboration prenda piede nell’organizzazione. Non basta implementare le piattaforme: serve una sensibilizzazione della popolazione aziendale per far comprendere loro come utilizzare i nuovi strumenti per accrescere la produttività di tutti e di ciascuno e favorire la condivisione delle conoscenze in azienda”. Come la tecnologia aiuta le organizzazioni a diffondere innovazione e conoscenza all’interno? “La social collaboration passa necessariamente per l’integrazione di modelli e strumenti social all’interno delle piattaforme applicative che quotidianamente le persone utilizzano per condurre le proprie attività lavorative, in coordinamento con i propri colleghi e, potenzialmente, anche con partner e collaboratori esterni. Non è sufficiente, però, dotarsi degli strumenti: serve promuovere al contempo in azienda una nuova cultura organizzativa che ne incentivi l’utilizzo diffuso. Oracle sostiene da tempo le organizzazione nell’evoluzione verso il modello della socially enabled enterprise: abbiamo arricchito le Oracle Applications (in HCM, ERP, Customer Experience) progettandone lo sviluppo sulla base delle logiche social e arricchendo le funzionalità di collaborazione disponibili all’interno delle soluzioni. Tra le caratteristiche necessarie di una piattaforma tecnologica che faciliti la condivisione delle informa- Fabio Cardilli, Euorpean Product Leader di Talentia Software ci spiega che le aziende competitive, e sensibili al cambiamento, difficilmente sposano iniziative che non siano strumentali al miglioramento della performance organizzativa o al raggiungimento di obiettivi di redditività. “Per questa ragione, dietro le ‘aziende social’ c’è in ultima analisi un social business: la consapevole introduzione di una cultura −prima ancora di strumenti informatici− che incoraggi l’amplificazione spontanea del talento, quando questo viene incoraggiato, premiato e condiviso con l’ecosistema delle persone che contribuiscono, con il loro lavoro, al raggiungimento dei risultati. Il social business appartiene non solo a quelle aziende che usano i social media come vetrine pubblicitarie o sorgenti di marketing intelligence, ma a tutte quelle realtà che traggono vantaggio dall’introduzione in tutti i loro processi Hr di modalità e strumenti di interazione tra persone e risorse di tipo ‘soFabio Cardilli cial’. Nell’ambito del recruEuropean Product Leader iting, ad esempio, le aziende Talentia Software che vogliono attrarre risorse di talento devono saper parlare la loro lingua, dimostrare modernità, far emergere un’immagine positiva e dinamica del proprio brand. È per questo che si affidano ai social network, per rilanciare la propria immagine attraverso community o più semplicemente per pubblicare in modo capillare annunci di lavoro sui job board più conosciuti. Ingaggiato il talento all’interno della propria organizzazione, questo può essere introdotto all’expertise, alle procedure e policy aziendali e ai colleghi attraverso community in cui non solo ritrovare risorse documentali ma anche preziose risposte in tempo reale, strumentali dunque a un rapido e più produttivo inserimento nel gruppo o progetto di lavoro. Il tema dell’innovazione è un altro ambito in cui il social business trova la sua naturale declinazione. Il talento PERSONE&CONOSCENZE N.94 41 Social Collaboration Survey 2013 La collaboration è ben più di una moda passeggera. L’importanza che le aziende italiane gli assegnano è già elevata, ma soprattutto destinata a crescere nell’arco dei prossimi 3 anni fino a raggiungere il 75% del campione. Collaborare genera valore tangibile per l’impresa. Un impiego mirato delle piattaforme social aumenta l’efficienza dell’impresa (43%), facilita il riuso della conoscenza (40%), migliora il coordinamento dei progetti (30%) e consente di rimanere costantemente aggiornati su quanto prodotto dai colleghi (30%). Senza adozione non c’è ritorno. Pur non potendo essere considerata il punto di arrivo, un’adozione pervasiva delle nuove modalità di lavoro è strumentale al materializzarsi dei ritorni economici auspicati dal management. Per la maggioranza dei partecipanti alla survey ciò non succede ancora, dato che solo una piccola percentuale dei dipendenti (<30%) è già coinvolta tramite strumenti 2.0. Meno del 10% delle aziende ha invece raggiunto il traguardo di un’adozione virtualmente totale (>75% dei dipendenti). Il segreto dei top performer Su quali leve hanno saputo agire le aziende che si distinguono per un impiego pervasivo della collaboration (almeno metà dei dipendenti) rispetto a coloro che sono rimasti al palo dell’adozione? Il top management ci mette la faccia. Pur trattandosi di progetti di coinvolgimento e partecipazione dal basso, il cambiamento richiede una sponsorship elevata e il successo non può prescindere da un segnale chiaro e forte del top management (70% vs 34%). Non esistono orfani. Un presidio attento, continuativo e qualificato non è di certo opzionale per coloro che puntano a conquistare l’intera azienda. I progetti di successo mostrano l’assenza di risorse 5 volte di meno (9% vs 49%) rispetto a quelli più immaturi. crea e inventa ma anche trascina e ispira. Promuovere modalità di interazione social all’interno dell’organizzazione, non solo favorisce l’emersione di qualità individuali, ad esempio incoraggiando discussioni aperte su nuove idee e proposte, ma consente altresì uno scambio armonico di conoscenza, un confronto che genera stimoli per altre contribuzioni. Anche nell’area dello sviluppo professionale e della formazione, il social networking evidentemente contribuisce a diffondere conoscenza, mediante ad esempio l’introduzione in azienda di community tematiche cui sottoporre domande, piuttosto che blog da cui attingere informazioni. Non sorprende affatto che anche in Italia il trend delle aziende incuriosite dall’introduzione del social networking all’interno dei propri processi sia in crescita, in continuità con quanto accade nel resto del mondo. Sono le aziende ‘liquide’ quelle su cui maggiormente fanno presa, quelle in cui il tradizionale modello gerarchico ha ceduto il posto a una visione pragmaticamente orientata agli obiettivi e alle persone attraverso cui si raggiungono. Le principali resistenze alla sua introduzione, sono legate alla difficoltà di misurarne il ROI, oltre che alla necessità di generare il più ampio consenso possibile. L’enterprise social networking, per dirsi veramente efficace, non solo deve poter essere facilmente invocato in ogni processo Hr, ma deve accompagnarsi a strumenti di interpretazione del flusso di informazioni non strutturato che si genera nelle community e tradurlo in indicatori di performance ed efficienza specifici per ciascuno dei processi sotto osservazione”. Siamo pronti? A parole Nicola Uva, Marketing & Strategy Director di ADP Italia, racconta che in tema di social Hr in Italia siamo pronti solo a parole mentre i fatti vanno in tutt’altra direzione. “Da una recente ricerca di ADP su un campione di 1.000 aziende italiane è emerso che l’85% delle 42 PERSONE&CONOSCENZE N.94 organizzazioni ha messo in atto nei confronti dei propri dipendenti restrizioni all’utilizzo e all’accesso ai social network. Essere un’azienda ‘social’ non significa favorire l’uso di Facebook o Linkedin o Twitter ma prendere spunto da alcuni paradigmi del mondo social per migliorare la comunicazione e la collaborazione tra le persone supportando modelli di Smart Working. Rispetto alla ricerca proposta, sono più che d’accordo con i temi messi in evidenza: ritengo, però, ci sia ancora molto da fare a livello culturale, in particolar modo per quanto riguarda la cultura manageriale che deve passare dalla logica ‘se ti vedo ti controllo’ alla logica dei risultati.” Gli strumenti informatici aiutano a lavorare meglio, e insieme. Come la tecnologia aiuta le organizzazioni a diffondere innovazione e conoscenza all’interno? “Basta guardare le nuove Nicola Uva generazioni: i ragazzi oggi Marketing & Strategy Director imparano da soli a suonaADP Italia re uno strumento musicale seguendo corsi on-line, diventano esperti di tecnologia, condividono conoscenza in tempo reale. Le stesse logiche possono essere efficacemente applicate in azienda, avendo l’accortezza di utilizzare un approccio integrato: dal knowledge sharing ai sistemi di web sharing, ai virtual team.” Prima della rivoluzione digitale l’innovazione arrivava ‘dall’alto’. Ora tutti sono chiamati a portare innovazione nelle organizzazioni… “L’innovazione parte dalle persone. Immaginiamo la nostra vita quotidiana fuori dall’azienda in cui lavoriamo. Abbiamo smartphone, tablet, smart tv ecc., mentre in azienda usiamo ancora strumenti del- Serve del budget per il cambiamento. Per quanto ancora limitati, gli investimenti sulla collaboration crescono di pari passo con la sua importanza. L’assenza di budget (<10K Euro) è largamente minoritaria (36% vs 64%) per le community che hanno percorso della strada. Un budget destinato meno alla tecnologia e più a persone e strategia. Misurare per raggiungere obiettivi di business. Chi riesce misura, se i progetti di successo vedono l’impiego di metriche per il controllo dei risultati 2 volte di più (91% vs 50%) rispetto agli altri. Indicatori anche di business e non solamente del livello di attività nel triplo dei casi (61% vs 22%). Le dimensioni contano C’è differenza tra la grandissima e la piccolissima azienda? Si, soprattutto per quanto riguarda cultura, vicinanza al business e barriere di adozione. Una cultura più propensa a collaborare. La grande azienda è più pronta a riconoscere il valore della collaboration (82% vs 70% nell’arco di 3 anni). Un impiego più vicino alle funzioni di business. I promotori del progetto sono più spesso collocati all’interno di specifiche unit come innovazione, Hr, customer support, training e formazione. La barriera del ROI più che della cultura. Subito a seguire la scarsa comprensione del potenziale insito nella collaboration da parte del top-management (50%), la resistenza più evidente nella grande azienda è la difficoltà di misurare un ritorno dell’investimento o l’impatto di benefici intangibili (49%). Nelle società di dimensioni inferiori è piuttosto una cultura non pronta a rappresentare l’ostacolo più evidente (58%). la generazione precedente: è la prima volta che accade nel mondo del lavoro. Facciamo leva sulla generazione dei millennials per colmare questo gap all’interno delle aziende.” Che caratteristiche deve possedere una piattaforma tecnologica per facilitare la condivisione delle informazioni? “Le moderne piattaforme tecnologiche devono rispondere ai seguenti criteri: • mobilità (supportare i devices mobili, smartphone e tablet); • semplicità di utilizzo (non ci sono più i superspecialisti, e gli utilizzatori sono tutti i dipendenti di un’azienda; • sicurezza delle informazioni (la grande quantità di utenti e di informazioni scambiate in ambienti “open” richiede grande attenzione alla gestione delle stesse); • supporto alle metafore social (tipo like, post, ecc) per facilitare lo scambio di conoscenza; • capacità di reportistiche avanzate tipo big data (avremo sempre più a che fare con maggiori quantità di informazioni eterogenee che occorre elaborare con le tecniche dei big data); • integrabilità con i social network.” Collaborazione: dal portale Hr ai gruppi di lavoro Gianfranco D’Aurelio, Product Manager di Cezanne Hr, spiega che le aziende ‘social’ sono quelle che prima di tutte hanno colto il valore del ‘capitale sociale’, quella rete di relazioni e interazioni presente all’interno delle organizzazioni fondata su scambio e condivisione. “In questo scenario di cambiamento anche i sistemi informativi Hr vanno ripensati e progettati in una logica di Good value for many, affiancando alle più tradizionali e specialistiche componenti di gestione del personale anche funzionalità pervasive utilizzate da tutta l’organizzazione”. Come commenta i risultati della ricerca? “La ricerca affronta temi molto cari a noi: siamo stati tra i primi a introdurre all’interno della nostra soluzione il portale risorse umane e i gruppi di lavoro. I risultati della ricerca sono incoraggianti perché si registra già un buon livello di sensibilità e un’apertura verso queste tematiche”. La vostra tecnologia come aiuta le organizzazioni a diffondere innovazione e conoscenza all’interno? “I dipendenti oggi desiderano una maggiore flessibilità nella gestione del proprio lavoro, potendo scegliere dove lavorare e gli orari preferiti. Chi si occupa in azienda di organizzazione e risorse umane non può ignorare questo cambiamento e deve dotarsi di nuovi strumenti per la gestione risorse umane. Le indagini su questo fenomeno hanno evidenziato benefici tangibili sia per le aziende sia per i lavoratori: risparmio di tempo e maggiore produttività, opportunità di collaborazione tra dipendenti, maggiore soddisfazione e più controllo sulla loro esperienza lavorativa, reperibilità, coinvolgimento e maggiore capacità di unire esperienze personali e professionali. La diffusione di internet ha consentito di dar vita a nuovi modelli organizzativi più flessibili in cui il potere è più diffuso e risiede maggiormente nelle competenze Gianfranco D’Aurelio e il coordinamento avviene Product Manager Cezanne Hr attraverso la condivisione di obiettivi e l’utilizzo della rete e delle tecnologie. La crescente disponibilità di piattaforme social software collaborative consente a un vasto numero di persone di lavorare assieme, in modo coordinato, anche se si trovano a migliaia di chilometri di distanza. Tutte le organizzazioni hanno importanti informazioni da condividere: che si tratti di manuali organizzativi, politiche aziendali o moduli standard di uso interno. Il PERSONE&CONOSCENZE N.94 43 Le organizzazioni considerano la social collaboration importante per il proprio business. Oggi 52% Nel prossimo anno 59% Nei prossimi tre anni 75% primo requisito che deve avere una piattaforma è che sia dotata di un vero e proprio portale Hr, accessibile in modo strutturato e sicuro che connetta i dipendenti in modo dinamico, efficace e collaborativo e che sia disponibile su qualsiasi device e accessibile ovunque. Tutti i dipendenti devono poter condividere documenti, ma anche aggiungere link a siti esterni d’interesse, creare pagine web, pubblicare annunci e news e raccogliere feedback e suggerimenti. Il portale deve essere il centro della comunicazione aziendale: il riferimento per tutte le domande che vengono rivolte ogni giorno. La piattaforma deve poi consentire la creazione di gruppi di lavoro dove, per contesti tematici, i dipendenti possono scambiarsi informazioni, documenti e interagire con persone diverse in tempo reale. Il risultato è un miglioramento tangibile del valore dell’informazione e della produttività di chi la utilizza”. Framework social: rintracciabilità dei dati, velocità dei processi operativi e decision making Luigi Carcano, Responsabile Sales Area Finance di Infor Italia, ci spiega che le organizzazioni social sono aziende che hanno compreso l’importanza di investire in tecnologie innovative, che supportano il business e forniscono una user experience accattivante e sempre più familiare per l’utente. “Si tratta di aziende che implementano nuovi modi di lavorare, che semplifichino la comunicazione e l’operatività, per disporre delle informazioni fondamentali per il business velocemente e da qualsiasi dispositivo in uso, per migliorare il livello di produttività. Notiamo interesse per la social HR anche nel nostro paese, sempre più aziende decidono di investiLuigi Carcano re in tecnologie che supporResponsabile Sales Area tano il social business. Dai Finance dati si evince che la social Infor Italia collaboration rappresenta una chiara opportunità per le aziende di oggi per migliorare l’operatività e la produttività, modificando il modo di lavorare e coinvolgendo l’intera azienda che diventa protagonista del cambiamento. La social collaboration permette di comunicare e collaborare più facilmente, rispondendo anche ai nativi digitali che entrano nel 44 PERSONE&CONOSCENZE N.94 mondo del lavoro e che per esprimersi al meglio necessitano di nuovi approcci al business. Le nuove tecnologie, quindi, consentono di condividere informazioni e dati in un framework social che facilita la loro rintracciabilità, velocizzando i processi operativi e il decision making. Lavorare con i colleghi attraverso uno strumento con le logiche di collaborazione consente anche ai non addetti ai lavori di ricostruire il contesto operativo in modo più semplice e intuitivo rispetto al tradizionale scambio di numerose email. Ora tutti sono chiamati a portare innovazione nelle organizzazioni: un processo di change management −per essere efficace− deve coinvolgere tutta l’organizzazione, non può essere iniziativa di pochi attori. Oggi tutti i dipendenti sono chiamati a contribuire a questi processi di cambiamento, poiché è fondamentale una partecipazione attiva per la loro realizzazione e se l’interlocutore esprime un bisogno di operatività questo deve tradursi velocemente in una funzionalità. È importante che il top management promuova il cambiamento, ma è altrettanto necessario coinvolgere e ascoltare tutti i dipendenti. Affinché tutto questo possa accadere, la piattaforma scelta deve possedere una serie di parametri: deve semplificare i processi di business, rendendo disponibili informazioni precise e aggiornate delle parti coinvolte, in modo facile e veloce, semplificando la comunicazione per migliorare il livello di produttività. Per rispondere alla richiesta di semplificazione e velocità espressa dalle aziende che operano nel mercato odierno, abbiamo lanciato Infor Ming.le, una piattaforma che favorisce la social collaboration, migliora i processi di business e fornisce report analitici nell’opportuno contesto applicativo. Consente a tutti i dipendenti di comunicare, collaborare e poter effettuare facilmente il follow di risorse e processi relativi all’attività da svolgere”. In conclusione I dati della ricerca parlano chiaro: i direttori del personale confermano l’importanza della social collaboration che, grazie anche al supporto delle tecnologie, supererà il 75% da qui a tre anni. I fornitori di piattaforme, volte a una gestione sempre più social dei processi e delle persone, danno linfa vitale a un’evoluzione in corso. L’Hr è pronto e i vendor assumono ora il ruolo di partner fondamentali affinché le organizzazioni colgano l’esigenza e l’opportunità di spalancare le porte al cambiamento digitale. La collaborazione e la condivisione delle informazioni non sono una moda di passaggio: conferiscono valore tangibile all’impresa nel lungo periodo, sia in termini di performance e risultati di business sia in termini di motivazione grazie al coinvolgimento sempre maggiore delle persone all’interno e all’esterno dell’organizzazione. La ricerca completa è scaricabile sul sito: www.socialcollaborationsurvey.it