nihil sub astris novum

Transcript

nihil sub astris novum
NIHIL SUB ASTRIS NOVUM
N.
33
a cura di Cristina Bernasconi, Elia Cozzi e Massimo Zoggia
– 8 APRILE 2001
211ª Riunione
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
A Newsletter of
Gruppo Astrofili “Giovanni e Angelo Bernasconi”
Via S. Giuseppe, 34–36
21047 Saronno (VA)
Italy
http://www.pangea.va.it/bernasconi
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
diametro, bensì un “mostro” con una apertura che si aggirasse
MY POINT OF VIEW
attorno al mezzo metro.
Eppur si muove! Finalmente qualcuno si è deciso a scrivere
Certo l’impresa mi spaventava, ma l’entusiasmo era così
per la newsletter. Un bellissimo articolo di Roberto Volonté ci
forte che non diedi retta al perplesso Ferioli e cominciai a
illustra la sua … “epopea” nella costruzione del telescopio dei
disegnare in linea di massima i particolari che sarebbero diventati
sogni, esponendo nei dettagli tutte le vicissitudini attraversate e
parte concreta del mio sogno.
le tecniche usate nella costruzione.
Il povero Ferioli accondiscendette così il mio capriccio e,
Seguendo questo spunto sarebbe bello che chiunque si
come un buon padre di famiglia, decise di aiutare il figlio ribelle.
cimenti
in
qualsiasi
attività:
costruzione,
collaudo,
Fin dall’inizio ebbi ben chiaro ciò che avrei voluto dallo
sperimentazione, prova, ecc. di strumenti o simili inerenti la
strumento: relativa trasportabilità, facilità nel montaggio e nello
nostra attività di astrofili, scriva qualcosa per mettere a
smontaggio sul campo, grande diametro obiettivo, ostruzione
disposizione di tutti la propria esperienza, per evidenziare
ridotta all’osso, rapporto focale ridotto, e soprattutto adatto
eventuali problemi e per, ovviamente, dare suggerimenti.
all’osservazione visuale degli oggetti del cielo profondo.
Silvano Minuto, questa volta, ci porta qualcosa di peculiare
Ci tengo molto a chiarire la scelta di costruire uno strumento
con un’immagine ripresa poche settimane fa. Mi auguro che la
dedicato all’osservazione visuale del firmamento perché
riproduzione in fotocopia sia in grado di mostrare lo “strano
prevalentemente compio osservazioni di tale tipo; la mia passione
oggetto”.
è essenzialmente osservativa (o speculativa secondo altri) e sono
Come vedete bastano poche righe e un immagine per far
poco interessato all’osservazione fotografica o CCD, in quanto la
“vivere” il nostro bollettino: sarebbe bello pubblicare immagini e
mia concezione di astrofilo è fondamentalmente basata sull’avere
resoconti di altrettanti astrofili che si recano, ogni luna nuova e
un contatto il più diretto e coinvolgente possibile a livello
anche più spesso, in qualche angolo buio dell’Italia. Poche righe,
emotivo con la natura che mi circonda, pur non disdegnando il
due immagini astronomiche, una di vita comune ed è fatto. Se ci
rigore scientifico che permea da sempre tale disciplina. Ma a me
mettiamo tutti un po’ di buona volontà, trasformiamo il bollettino
l’astronomia piace così …
in un interessante dialogo piuttosto che un “noioso” monologo.
Mi trovai quindi a discutere col Ferioli un progetto ottico
Infine ho inserito un’analisi sull’effettiva utilità dei grandi
aventi tali caratteristiche, ed in breve tempo ebbi su carta le
telescopi amatoriali. Non la si veda come un’accusa alla
misure del percorso ottico definitivo che mi permisero di affinare
costruzione di grossi strumenti, sarebbe un assurdo. In base
i disegni delle parti meccaniche che avrebbero sostenuto gli
all’effettiva installazione e utilità del telescopio è possibile fare
specchi.
però una serie di scelte che, qualche volta, privilegiano altri
In definitiva si decise di costruire un telescopio con schema
accorgimenti piuttosto che il diametro. Si deve necessariamente
ottico di tipo Newton avente un obiettivo di 515 mm di apertura e
valutare sempre il rapporto costi/benefici. Un telescopio da un
con un secondario ellittico di soli 90 mm di asse minore ed
metro di diametro in piena pianura padana ha prestazioni inferiori
avente una focale di circa 2300 mm. Il rapporto d’ostruzione
a un 20cm a 2000 metri di quota. Chi sta pensando di costruire
risultante da un simile accoppiamento di specchi fu pari a 0,17,
un osservatorio, o una postazione fissa, dovrebbe valutare queste
giudicato più che buono per le osservazioni visuali del cielo
cose con molta attenzione
profondo ed ottimo anche per “sbirciatine” al sistema solare, in
quanto capace di fornire immagini planetarie estremamente
contrastate e luminose. La focale moderatamente lunga permise
anche di avere una scala d’immagine di tutto rispetto,
UN DOBSON DA 515 MM!!!
considerando il fatto che i conosciutissimi Schmidt-Cassegrain
di Roberto Volonté
da 250 mm (ottimi per le osservazioni planetarie), posseggono
una focale non molto diversa ed un rapporto d’ostruzione che
La storia della mia esperienza ha radici lontane. Tutto
varia da 0.24 a 0.31.
cominciò parecchi anni fa quando, discutendo di strumenti
Rimaneva da decidere ora che tipo di montatura avrebbe
astronomici durante un rientro a casa a sera tarda, prospettai al
sostenuto le ottiche ed in definitiva lo strumento completo.
professor Ferioli il desiderio di possedere un telescopio avente
Per ovvi motivi, riferendomi ai punti fermi che mi ero prefissato
prestazioni di molto superiori a quelle del mio ormai vecchio ed
all’inizio del progetto, optai per una montatura di tipo Dobson
amatissimo Schmidt–Cassegrain da 25 cm di diametro.
altazimutale e con tubo a giorno (ossia non il classico tubo
La sua reazione, anche se entusiastica, fu comunque portata
portaottiche cilindrico, bensì formato da una paleria assemblata a
al dissuadermi verso l’impresa che avevo intenzione di
traliccio).
intraprendere, non tanto per la non fattibilità del progetto, ma per
Iniziai quindi a costruire le parti meccaniche, tralasciando
le estreme difficoltà che la costruzione in proprio di uno
momentaneamente le ottiche che avrei costruito in un secondo
strumento del genere avrebbe potuto prospettarmi. La mia mente
momento e, grazie alla disponibilità mostratami dal mio direttore
“bacata” concepì infatti, non un telescopio sui 30 cm di
1
d’azienda, ebbi a disposizione i macchinari più sofisticati per la
loro costruzione. Questo fu il motivo per il quale decisi di
costruire lo strumento completamente in metallo (Alluminio ed
acciaio inossidabile) invece del comunissimo legno multistrato o
panforte che, soffrendo maggiormente l’aggressione dell’umidità,
avrebbero portato col tempo a deformazioni meccaniche della
struttura stessa.
Circa due anni fa cominciarono quindi i lavori per la
costruzione della struttura metallica che realizzai io stesso
sfruttando, sul posto di lavoro, le ore di pausa pranzo quotidiane.
Mettendo a frutto le mie conoscenze professionali nel campo
della lavorazione delle lamiere (fino a poco tempo fa rivestivo
l’incarico di responsabile del reparto carpenteria dell’azienda in
cui lavoro ), nel giro di pochi mesi terminai le parti principali del
telescopio consistenti nel troncone di tubo portaprimario, che
decisi di costruire seguendo la geometria di una forma cubica di
600 mm di lato, nel modulo superiore nel quale avrei alloggiato il
secondario ellittico, che costruii nella forma di un ottagono
circoscritto ad un cerchio di 560 mm di diametro, gli 8 pali che
avrebbero collegato le due unità appena descritte ed il basamento
di tutto lo strumento. Quest’ultimo lo ricavai dalla flangia di un
subbio da tessitura di ben 700 mm di diametro, modificata
affinché potesse accogliere il perno centrale in acciaio inox sul
quale sarebbe stata infilata la forcella e, su questa, il tubo ottico.
Ho specificato forcella perché tale soluzione fu motivata da
considerazioni vincolate dalla volumetria totale dello strumento
collassato e dalla trasportabilità. Una forcella è sicuramente
ingombrante in altezza ed in lunghezza, ma è estremamente
sottile in larghezza. Se avessi costruito un supporto classico per
telescopio Dobson, avrei avuto non solo un cubo di 600 mm di
lato da trasportare, ma anche un secondo semicubo che lo
avrebbe sorretto, avente lato ancora maggiore.
La forcella fu quindi una scelta obbligata per poter far stare il
tutto nel bagagliaio della mia autovettura. Inoltre, i due moduli
portaottiche
furono
progettati
per
potersi
infilare
telescopicamente l’un l’altro, riducendo ulteriormente i volumi
occupati con conseguente aumento della trasportabilità di uno
strumento di tale mole.
Ebbi pure l’idea di predisporre gli assi principali in modo tale
da potergli applicare degli encoder da 4000 passi/giro per poter
disporre di un puntamento, anche se passivo, computerizzato.
Le rifiniture mi tennero occupato ancora per circa un mese,
ma alla fine si arrivò alla fase di verniciatura a spruzzo delle parti
costruite, che venne effettuata nel garage di casa e che mi diede
non pochi problemi con un vicinato disgustato dalle irritanti
esalazioni dei solventi.
Quando tutto fu pronto, dopo un’ultima verifica degli
soluzioni meccanici realizzate, smontai l’imponente struttura per
dedicarmi alla costruzione delle parti più delicate ed importanti:
le ottiche.
La costruzione di tali parti generò seri problemi sia dal punto
di vista pratico che finanziario, e la loro realizzazione si sta
protraendo ancora in questi giorni.
Lo schema ottico, come detto in precedenza, fu presto
definito, ma quale tipo di vetro usare e soprattutto, quale spessore
doveva avere lo specchio del mio nuovo strumento?
Per la prima questione sollevata, il tutto si risolse in pochi
minuti: le mie disponibilità finanziarie non mi permettevano
l’acquisto delle costosissime vetroceramiche a bassissimo
coefficiente di dilatazione quali possono essere lo Zerodur della
Schott od il russo Astrositall; la scelta dovette quindi
obbligatoriamente ricadere sul vetro comune avente il maggior
spessore possibile.
Pur essendo praticamente impossibile trovare vetri comuni
monolitici di grosso spessore (non multistrato), riuscii a trovare
con fortuna una lastra che adeguatamente tornita mi permise di
ottenere un disco del diametro voluto ed avente spessore di 32
mm.
2
Anche se di spessore esiguo, tale lastra poteva andarmi bene
in quanto si sa, le ottiche Dobson sono estremamente sottili,
vantaggio certamente non trascurabile dal punto di vista pratico
in relazione alle masse in gioco, ma anche estremamente soggette
(purtroppo) a deformazioni meccaniche in grado di variare la
perfetta geometria della superficie lavorata, con conseguente
variazione del fronte d’onda incidente e relativa perdita di
definizione degli oggetti osservati.
Non mi persi comunque d’animo ed iniziai il lavoro di
sbozzatura della superficie nella cantina di casa, un lungo lavoro
manuale che però non riuscii a portare a termine per un motivo
molto semplice: frequentavo le scuole serali per riuscire ad
accaparrarmi un diploma che non potei conseguire in gioventù.
Il tempo si fece tiranno; giocava a mio sfavore.
Non riuscivo a trovare del tempo per continuare i lavori.
Disperato, mi venne in aiuto il buon Ferioli che si offrì di
continuare per me le lavorazioni. Trasferimmo nel suo garage
tutta l’attrezzatura necessaria per lavorare uno specchio di così
grosse dimensioni, e per qualche tempo non lo sentii più.
Quando lo specchio fu pronto, decidemmo di testarlo (senza
alluminatura) la prima notte serena.
Quando questa si presentò, la lastra in vetro faticosamente
lavorata venne incastonata nella sua nuova dimora a 18 punti di
appoggio completamente basculanti, e pochi attimi dopo il
grande occhio raccolse i suoi primi fotoni: provenivano da
Arturo, l’alfa di Bootes.
Dopo un primo momento di euforia collettiva ci accorgemmo
che qualcosa non andava: no, non era la collimazione, ma
qualcosa di più grave.
Dopo alcune ore perse nel tentativo di comprendere cosa
poteva essere accaduto, decidemmo di smontare il tutto per un
riesame a tavolino della forma dello specchio.
Ciò avvenne qualche sera dopo.
Quando rieffettuammo il controllo al reticolo di Ronchi, per
poco non ci venne un colpo: la geometria della parabola era
totalmente cambiata.
L’obiettivo si era deformato sotto le forze invisibili delle
tensioni interne.
Probabilmente un difetto di fabbricazione che tuttavia ci
costrinse ad accantonare per sempre quello specchio a favore di
due nuove lastre di vetro.
Il materiale lo recuperammo in breve tempo grazie
all’interessamento di una nota azienda di Caronno Pertusella che
tratta vetri di ogni tipo e che gentilmente, comprendendo gli
scopi e gli obbiettivi della nostra disperata ricerca ci fece pagare,
malgrado la nostra insistenza, un prezzo puramente simbolico.
La scelta di acquistare due lastre in vetro invece di una, fu
decisa per far fronte ad una eventuale incollatura resa necessaria
dall’esiguo spessore dei vetri trovati che avrebbe potuto
pregiudicare la buona riuscita di questo nuovo tentativo.
In quella fase di lavorazione erano già passati due anni dal
momento in cui concepii lo strumento, venne lavorato il primo
specchio e ci accingemmo a lavorarne il secondo.
Avevo nel frattempo terminato i cinque anni di corso serale e
mi ero diplomato con ottimi voti. Ero tranquillo, appagato e
soprattutto con tanto tempo libero da dedicare alla realizzazione
del nuovo specchio.
Partii di slancio e come prima cosa rifeci totalmente il tavolo
da lavoro, utilizzando come appoggio un disco in Alluminio
aeronautico dello spessore di 20 mm onde evitare deformazioni
del piano sul quale avrei lavorato il nuovo obiettivo, e mi misi di
buona lena a sbozzare.
Nell’arco di non so quanti mesi, scavai il disco di vetro nel
suo centro per circa 8 mm utilizzando solamente polvere di
Carburo di Silicio in grana 46 ed attualmente, sì, proprio nel
momento in cui state leggendo questo articolo, mi trovo nella
fase di lucidatura e controllo finali. Non verrò a conoscenza dei
risultati del mio lavoro fino a quando non darò nuova luce
all’ottica, scoprendo allora se tutto sarà andato per il verso giusto
e quindi il telescopio potrà considerarsi definitivamente finito,
oppure dovrò incollare la seconda lastra in vetro che mi
costringerà a riprendere la superficie con la polvere abrasiva.
Certo, se dovesse succedere, non spiccherei salti di gioia ma
si sa, la passione è passione e non mi fermerò nemmeno di fronte
a tale malaugurata eventualità.
L’autocostruzione è verosimilmente simile al corteggiamento
rivolto ad una bella donna: se ci si ferma ai primi rifiuti, il sogno
di conquistarla potrebbe svanire e con esso verrebbero vanificati
tutti gli sforzi compiuti, ma se ci si da da fare, non è detto che il
sogno si trasformi in realtà.
Mi piacerebbe ora parlarvi del nuovo progetto che è balenato
all’interno degli oscuri meandri delle mie circonvoluzioni
cerebrali, e che mi porterà alla realizzazione di un’ottica
Cassegrain dedicata all’osservazione planetaria di circa 14 o 16
pollici di diametro. Mi sono prefisso di iniziarla subito dopo il
completamento del telescopio Dobsoniano da 20”, ma questa è
tutta un’altra avventura, e mi riserverò di raccontarla in un’altra
occasione.
Se l’editore me lo consente, vorrei ringraziare tutti coloro che,
avendo compreso lo spirito dell’iniziatva da me fortemente
voluta, hanno contribuito in vario modo alla realizzazione del
progetto. Un grazie infinito quindi a:
- Prof. Luigi Ferioli carissimo amico ed astrofilo insigne, senza
il cui aiuto non avrei mai intrapreso la strada
dell’autocostruzione.
- Franco Pirola direttore di produzione della Jackob Muller
Italiana di Lainate (JMI)
- Emilio Donzelli caro amico ed oramai collega, responsabile
dell’ufficio acquisti della medesima azienda
- Enrico Garavaglia capo officina della ditta JMI
- Franco Brotto progettista JMI
- Fulvio Bottini progettista JMI
- Mario Restelli proprietario della ditta VAM Vetraria Alto
Milanese sita in Caronno Pertusella (VA)
- Piero Cassani proprietario della Cassani Meccanica di
Cavaria (VA)
- molte delle maestranze della ditta JMI
- Elia Cozzi, Luigi Bertazzo e Massimo Zoggia, del direttivo
del Gruppo Astrofili “G. e A. Bernasconi” di Saronno, ed in
particolare a Danila Ercolani che pazientemente ha accettato,
durante il lavoro di costruzione dello strumento, un ruolo in
secondo piano nel nostro rapporto di coppia.
UGC 10214: UNO STRANO OGGETTO
di Silvano Minuto
Questa galassia barrata, ripresa in osservatorio nella serata
del 19 marzo 2001, rappresenta un enigma astronomico. Prima di
tutto la struttura deve essere gigantesca in quanto si trova ad oltre
430 milioni di anni luce da noi è risulta ancora chiaramente
visibile nei dettagli. Il nucleo è ben concentrato, la barra
nettamente distinta cosi come i bracci. La caratteristica però di
questo oggetto è dovuto ad un ponte di materia, lungo oltre tre
volte la galassia stessa e quindi qualche centinaia di migliaia di
anni luce, visibile verso Est.
Di cosa si tratta? Da tempo si sa che la materia che si osserva
nell’universo rappresenta solo il 10 per cento di quella che
esercita degli effetti gravitazionali su galassie e ammassi di
galassie; la famosa materia oscura. Le varie ipotesi indicano,
stelle di piccola massa, pianeti giganti, e altre forme esotici. Ora,
tre ricercatori dell’Università di Cambridge pensano di aver
localizzato una nuova classe di oggetti: galassie prive di stelle e
quindi invisibili. L’immagine di UGC 10214 mostra un flusso di
materia che abbandona la galassia, probabilmente aspirata da una
struttura vicina, che però non si vede. Sembra che questa materia
precipiti verso il nulla!!!
Recentemente è stata ripresa una fotografia di questo oggetto
con il telescopio “Newton” di 2.5m di diametro delle Canarie,
che mette in risalto le caratteristiche di questo ponte di materia.
L’immagine è stata pubblicata sulle riviste: Orione del febbraio
2001 e Astronomy dell’aprile 2001. Purtroppo in entrambi i casi
è stata stampata rovesciata e in forma speculare.
MAGNITUDINE LIMITE VS. DIAMETRO
di Elia Cozzi
Grandi diametri significa magnitudini limiti più elevate?
Certamente sì , ma solo se il cielo lo permette. Vediamo come
funzionano le cose.
Il calcolo, eseguito in condizioni di cielo ideali, ricava, con
una semplice formula, la magnitudine limite visuale raggiunta dal
telescopio in funzione del suo diametro.
Come punto di riferimento viene utilizzato il diametro della
pupilla umana che, in condizioni di perfetto adattamento
all’oscurità, presenta un diametro di circa 6 mm.
Considerando la magnitudine limite dello strumento
“occhio”, la differenza di magnitudine con un telescopio è
semplicemente funzione della superficie di raccolta della luce e
quindi proporzionale al quadrato del diametro dello strumento.
Dal flusso si risale alla magnitudine mediante la semplice
formula (definizione di “differenza di magnitudini”):
 f 
m1 − m2 = 2.512 ⋅ log 1 
 f2 
dove le f rappresentano i flussi raccolti dai due strumenti.
Quindi, nel caso in esame la differenza tra occhio e telescopio è
data da:
 f telescopio 

mtelescopio − mocchio = 2.512 ⋅ log
 f occhio 
Ora, assumendo la mocchio pari a 6 e identificando
il
rapporto tra i flussi raccolti dai due strumenti come rapporto fra il
quadrato dei diametri, con un diametro della pupilla umana di
6 mm, esprimendo tutto in mm, la formula precedente diventa:
3
mtelescopio
 d telescopio 2
− 6 = 2.512 ⋅ log
2
 d
 occhio




mtelescopio
 d telescopio 2
= 6 + 2.512 ⋅ log
 62





500
Sulla base di quanto esposto, nel grafico seguente viene
rappresentata la magnitudine limite visuale raggiunta con un
determinato strumento in funzione del suo diametro espresso in
millimetri.
16
16
15
14
13
0.490
0.640 0.810
1.000
In questo caso si vede nettamente la differenza tra un 35 e un
50 cm. L’area di raccolta raddoppia, e quindi i tempi di
esposizione si dimezzano. Ciò significa che nella stessa periodo
di osservazione si riescono ad acquisire il doppio delle immagini
che, oltretutto risulteranno di qualità superiore perché con un
ridotto tempo di posa gli errori di inseguimento (meccanici,
vento, puntamento polare, errori periodici) risultano molto meno
significativi.
In conclusione la scelta di un diametro maggiore è
giustificata, indipendentemente dalle condizioni del cielo, solo se
si effettuano riprese di immagini, mentre dal punto di vista
visuale sono legate ovviamente al luogo di effettivo utilizzo. Da
ultimo si tenga presente che un diametro maggiore amplifica
maggiormente gli effetti dovuti alla turbolenza atmosferica
(seeing) e alle condizioni di microclima locale (umidità):
osservando la luna, il sole o i pianeti spesso si ottengono
immagini più nitide e stabili diaframmando lo strumento.
12
11
La prossima volta analizzerò il potere risolutivo degli
strumenti in funzione del loro diametro. Anticipo subito che le
differenze saranno solo teoriche, nella realtà il seeing annulla
completamente le differenze, a meno che …
10
9
m
diametro 8
7
6
5
MAILING LIST
4
3
2
1
0 0
0
50
100
150
1
200
250
300
350
400
450
diametro
500
500
Analizziamo, ad esempio, la differenza di magnitudine limite
tra vari telescopi appartenenti alla classe 350-500 mm riportata
nella tabella seguente:
∆m
350
400
450
500
350
400
450
500
0.000
-0.291
-0.548
-0.778
0.291
0.000
-0.257
0.487
0.548
0.257
0.000
-0.230
0.778
0.487
0.230
0.000
Dalla tabella appare chiaro come la differenza di magnitudine
limite tra un 35 e un 50 cm è di 0.78 magnitudini, ovviamente
non è trascurabile ma è veramente importante se paragonata alla
differenza di prezzo tra i due strumenti? Consideriamo,
ovviamente, che tale differenza diventa insignificante se le
condizioni generali del cielo nel sito osservativo in cui verrà
installato il telescopio non sono più che buone.
Diversamente, se ci si riferisce alla quantità di luce raccolta
non come magnitudine limite, ma come riduzione dei tempi di
esposizione delle immagini CCD per raggiungere la stessa
magnitudine, i vantaggi di una variazione di diametro di pochi
centimetri risultano ben più concreti.
Con lo stesso criterio, nella tabella seguente sono riportati i
rapporti tra le aree dei telescopi.
f1
350
350
400
450
4
400
450
500
f2
1.000
0.766
0.605
1.306 1.653
1.000 1.266
0.790 1.000
2.041
1.563
1.235
Da alcune settimane è attiva la mailing list del Gruppo
Astrofili Bernasconi di Saronno dedicata allo scambio rapido di
idee e notizie tra i Soci e i simpatizzanti. Per iscriversi è
sufficiente collegarsi alla nostra pagina internet e seguire i link.
L’utilizzo di tale strumento può essere vantaggioso
soprattutto per una rapidissima comunicazione tra i Soci, ma
anche per chi partecipa solo alle riunioni della domenica in modo
da poter scambiare le proprie idee e esperienze direttamente da
casa o dal lavoro.
For further information about this paper please contact:
Dr. Elia Cozzi
Via Borghi 14
22076 Mozzate CO
Italy
Phone and Fax: +39–0331–830704
E–mail: [email protected], [email protected]