lo status giuridico dell`embrione in ottica comparata

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lo status giuridico dell`embrione in ottica comparata
LO STATUS GIURIDICO DELL’EMBRIONE IN OTTICA COMPARATA
Alexander Schuster – Università di Trento
LEGGI DI NATURA E LEGGI DI DIRITTO
I codici civili delle tradizioni europee continentali, inclusi quindi quelli di alcuni paesi latini, da quello
italiano a quello spagnolo, così come i codici frutto della scuola pandettistica tedesca, in primis il
Bürgeliches Gesetzbuch, affermano expressis verbis che la personalità giuridica si consegue con
la nascita. È con tale momento che gli ordinamenti individuano il centro di imputazione di diritti e di
doveri delle persone fisiche.1 A fronte di questa chiara presa di posizione della fonte codicistica,
rimane un quesito di sempre maggiore rilevanza: quid juris di ciò che è entità vivente, bios, ma non
è ancora nato? Il diritto scritto riconosce rilevanza giuridica al nasciturus, ma per quanto si dirà ciò
non consente di affermare che esso sia percepito per ciò stesso quale persona giuridica.
La difficoltà di tale quesito si complica per il fatto che non è di agevole soluzione neppure la
classificazione delle situazioni biologiche a cui occorre attribuire una categoria giuridica. Se da un
punto di vista teorico ogni istante ed ogni organismo non è mai simile ad un altro, se la linea che
congiunge un organismo unicellulare ad uno pluricellulare differenziato, esito della sua evoluzione,
è continua, l’identificazione di stati o fasi distinte diventa il frutto di una scelta per così dire euristica
della scienza biologica, che pone l’accento su un determinato momento per valorizzarlo quale
cesura temporale. Se allora anche la schematizzazione, in ultima analisi la semplificazione di una
realtà altrimenti infinitamente complessa è frutto di una opzione scientifica, a maggior ragione si
comprende la difficoltà di operare l’ulteriore e successiva classificazione per concetti giuridici. Il
giurista deve adottare quale necessario presupposto il dato biologico e su di esso innestare le
preesistenti categorie, sovente tralatizie e frutto di riflessioni applicate ad altri fenomeni. Quando,
tuttavia, si verifica uno scollamento fra i dati forniti dalle scienze e le usuali categorie di cui
dispone, tale difficoltà può generare una sorta di stallo se gli strumenti tradizionali non vengono
adattati a circostanze nuove.
La questione dell’embrione si colloca proprio in tale cornice. Dapprima si pone il problema di
1 Codice civile italiano, art. 1 («1. La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita. 2. I diritti che
la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita.»), Codice civile spagnolo,
articoli 29 («El nacimiento determina la personalidad; pero el concebido se tiene por nacido para todos los
efectos que le sean favorables, siempre que nazca con las condiciones que expresa el artículo siguiente.»)
e 30 («Para los efectos civiles, sólo se reputará nacido el feto que tuviere figura humana y viviere
veinticuatro horas enteramente desprendido del seno materno.»); BGB, art. 1 («Die Rechtsfähigkeit des
Menschen beginnt mit der Vollendung der Geburt.»). Per contro, i codici d’impronta napoleonica non
indicano il momento di acquisizione della personalità giuridica, sebbene l’ordinamento nel suo insieme faccia
implicitamente proprio lo stesso principio. Nulla quindi il Code civil francese, ma nemmeno quello
quebecchese. In Canada, ad esempio, il principio è stato affermato dalla giurisprudenza. La Corte suprema
in Daigle c. Tremblay, [1989] 2 R.C.S. 530 ha statuito che i diritti patrimoniali del feto soggiacciono alla
condizione sospensiva della nascita e alla viability del bambino.
identificare quei momenti biologicamente individuabili che siano rilevanti per il diritto, quelli che
marcano un passaggio a cui il diritto oggettivo assegna una determinata conseguenza. Non tutte le
distinzioni delle scienze mediche, infatti, trovano un corrispondente nel diritto.2 Le nozioni di
merula, blastula, blastocisti, ad esempio, non paiono acquisire ai fini di una tutela differenziata
particolare rilevanza agli occhi del giurista, il quale invece individua o può individuare momenti
critici nell’ootide o nel preembrione3 e quindi nella penetrazione dell’ovocita da parte dello
spermatozoo, nonché nell’anfimissi (o singamia) e, successivamente, nella segmentazione che
conduce ai primi due blastomeri per rimanere nel periodo anteriore alla formazione del feto.4
Inversamente, ciò che al microscopio appare identico può per il giurista, in ragione della sua storia,
godere di status distinti. Si pensi ad un embrione derivante da una fertilizzazione in vitro ed allo
stesso evolutosi da un ovocita fecondato nel corpo della donna. Tanto ciò è vero che la maggior
parte del dibattito recente sull’embrione riguarda proprio il caso in cui esso sia venuto ad esistenza
esternamente al corpo umano e, quindi, sia sotto il controllo delle tecniche mediche piuttosto che
soggetto alle dinamiche intrauterine naturali. Quest’esempio, invero, deve essere corretto in
considerazione del fatto che l’elemento discriminante è rappresentato da aspetti procedurali che
impediscono gli automatismi della procreazione naturale e consentono quindi di operare
sull’evoluzione della cellula impedendo processi altrimenti spontanei. Appurata quindi l’identità
biologica di qualsiasi embrione pare senz’altro preferibile una concezione unitaria dello status
seppur con tutele specifiche e distinte in ragione di differenti condizioni ambientali.
Altri casi illustrano invece con maggiore evidenza che ad un dato biologico identico possono
corrispondere spiegazioni e schemi giuridici diversi. Ciò avviene in quanto le leggi della natura si
collocano su un piano diverso rispetto alle leggi del diritto. Se la biologia osserva il dato empirico e
le uniche “leggi” che conosce sono quelle scientifiche che mirano a spiegare i fenomeni naturali, il
diritto non trova, né scopre diritti e doveri. Certo si può ritenere idealmente che li «riconosca»,
impiegando il verbo nel senso dell’espressione dell’articolo 2 della Costituzione italiana scelta dal
costituente per sottolineare come la carta fondamentale dell’ordinamento non possa che garantire
diritti che preesistono all’ordinamento costituzionale, anziché crearli. Tuttavia, senza addentrarci
nell’“eterna” questione, nel dibattito per antonomasia della filosofia del diritto, si converrà che
2 Quale sia il momento critico è una scelta che può essere motivata, ma che non è un dato assoluto.
Scriveva in una nota interna alla Corte suprema degli Stati uniti il giudice Blackmun del 1972: «You will
observe that I have concluded that the end of the first trimester is critical. This is arbitrary, but perhaps any
other selected point, such as quickening or viability, is equally arbitrary.» (nota di copertina che
accompagnava la bozza della sentenza Roe v. Wade, citata in Schwartz, The Unpublished Opinions of the
Burger Court, New York, 1988, 149.
3 L’ordinamento spagnolo ha recepito de jure condito tale nozione con la legge n. 14 del 3 luglio 2007 sulla
ricerca biomedica, disponibile in lingua italiana sul sito http:// www. catedraderechoygenomahumano. es/
4 È questo il problema rappresentato dal «mutamento del paradigma giuridico», appurato che non vengono
creati organismi biologici precedentemente inesistenti in natura, ma si acquisiscono nuove conoscenze di
quanto preesistente. «[L]a biologia rimane la stessa, mentre ciò che cambia riguarda la definizione che ne
epistemologicamente, quand’anche questa realtà fosse preesistente al diritto positivo, nello Stato
laico essa non può essere determinata con la certezza della Verità. Tutt’al più può essere il frutto
della condivisione e della persuasione.5
Le leggi giuridiche, lungi dal trovare nel caso dell’embrione il dato di partenza che deve essere
disciplinato, attraverso un percorso inverso creeranno prima una categoria soggettiva con relativi
corollari di diritti e doveri e poi – oppure contestualmente – creerà l’elemento base di tutto il
sistema, ovvero il centro di imputazione degli stessi. Se la biologia crea le leggi per spiegare il dato
empirico, il diritto “vede” il dato empirico nel momento stesso in cui formula le leggi che lo
disciplinano. A titolo di esempio si pensi all’inizio vita. Già si è fatto riferimento agli articoli 29 e 30
del Codice civile spagnolo, per i quali si distingue una nascita giuridica tout court ed una agli effetti
civili subordinata alla sopravvivenza per ventiquattro ore del neonato. Ma si consideri anche il fine
vita e le molteplici definizioni giuridiche di morte storicamente succedutesi, ma che possono altresì
coesistere all’interno dello stesso ordinamento.6
Maggiore confusione tra scienza medica e diritto si crea laddove questo si impossessi di termini
originari della prima per ridefinirli secondo modalità incompatibili con il significato originario. È
quanto ha rilevato il Tribunale di Roma nell’ordinanza del 23 febbraio 2005 con la quale ha ritenuto
che anche l’oocita fosse sottoposto alle stesse garanzie dell’embrione e quindi anch’esso oggetto
del divieto di crioconservazione.7 Tale problema definitorio è particolarmente acuto in quei sistemi
che per tradizione non antepongono alle disposizioni centrali degli atti normativi un apparato
terminologico in grado, se non di eliminare, quanto meno di ridurre consistentemente i dubbi
interpretativi dell’operatore giuridico. Si consideri a tal proposito la differenza di tecnica legislativa
fra la legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita n. 40/2004 e quella spagnola sulla
ricerca biomedica n. 14/2007. Lì ove il legislatore interviene – si pensi ancora alle distinzioni
esplicitamente stabilite dalla legge fra oocita, zigote ed embrione in Svizzera e Germania –, ad
ogni definizione che contraddistingue l’organismo nella sua specifica fase corrisponde un regime
giuridico ad hoc.
Per quanto illustrato sopra si comprende allora agevolmente perché si sia indotti a pensare che
non sia possibile parlare di uno stato giuridico unitario o universale dell’embrione, ma si debba
dà il diritto»: così C. Casonato, Introduzione al biodiritto, Trento 2006, 18.
5 Sulla Verità e le verità e le loro relazioni con la dimensione giuridica, si rinvia alla riflessione di Häberle,
Diritto e verità, Torino 2000.
6 Illuminante su questo la disciplina del New Jersey, che dà rilevanza giuridica al pluralismo filosofico e
religioso del concetto di morte ammettendo che essa assuma connotazioni diverse in funzione delle
credenze del defunto o delle persone a lui legate. V. Piciocchi, Le problematiche giuridiche dell’eutanasia, il
dialogo ed il confronto fra individui ed ordinamenti, in AA. VV ., Diritto di vivere e diritto di morire. Atti del
seminario organizzato il 16 maggio 2003 (Venezia: Fondazione Querini Stampalia, 2004), 67.
7 «[L]'interpretazione dell'art. 14 non può prescindere dallo spirito complessivo della legge e dalle finalità
dalla stessa perseguite; ciò consente di affermare che l'espressione letterale di embrione utilizzata dalla
norma in parola sia sganciata dall'accezione e dai contenuti propri utilizzati nel mondo scientifico . . . »
prendere atto che ogni ordinamento concepisce il “proprio” embrione in quanto lo sottopone a
proprie leggi. Altre ipotesi ricostruttive, tuttavia, in ragione di un fondamento giuridico teorico
comune possono ravvisare talvolta un filo rosso unitario fra i sistemi di tutela approntati dai diversi
ordinamenti. Così può avvenire che in una prospettiva ben più prescrittiva che descrittiva esso sia
rappresentato dalla dignità della vita umana che impone un riconoscimento forte all’embrione.
Quest’ultimo diverrebbe poi in alcuni casi soggetto dotato di capacità giuridica, pur in assenza di
capacità sensitive e razionali, in quanto la natura stessa di vita umana lo investe di un insieme di
diritti e doveri. La consapevolezza di esserne titolare, consapevolezza biologicamente non
possibile, non sarebbe poi neppure necessaria, in quanto tali diritti e doveri sono indisponibili ed
imprescrittibili, così come lo sono per ogni individuo a prescindere dal fatto che li conosca, che li
eserciti o che voglia disporne.
LO STATUS GIURIDICO COME ATTITUDINE DELL’ORDINAMENTO
Quale che sia la ricostruzione interpretativa all’esito del raffronto dei sistemi, emerge chiaramente
l’interesse per una ricerca comparata che ponga in luce analogie e differenze. Identificare i termini
di paragone non è compito agevole, non solo per la vastità degli ordinamenti comparabili, ma per
l’ambiguità con cui gli stessi si esprimono. Le cause sono da ricondurre alla novità e dinamicità del
tema, che coglie impreparati il legislatore e i giudici, alla sensibilità etica delle questioni, su cui è
talvolta difficile registrare un contesto vasto, sì da giustificare inizialmente una “fuga” del legislatore
dal suo ruolo istituzionale di regolatore dei conflitti e delle istanze sociali. Per tali motivi pare più
idoneo parlare di tendenze o attitudini dei sistemi nei confronti dello stato giuridico di organismi
prenatali.
La riflessione seguente organizzerà la presentazione di alcuni casi secondo l’attitudine
dell’ordinamento nel valutare lo status giuridico dell’embrione. Si ravvisano tre atteggiamenti. Il
primo tende a seguire un’idea di fondo per la quale se l’ordinamento giuridico, di norma il diritto
scritto, o nel silenzio di questo l’ordinamento morale non riconoscono altra categoria oltre la
persona fisica e le cose materiali, l’embrione deve essere collocato o nell’uno o nell’altro.8 Poiché
tradizionalmente la persona fisica diviene tale con la nascita9, l’embrione appartiene al regno delle
cose. In tale tendenza si collocavano gli ordinamenti agli esordi della bioetica, quando l’unica
normativa di riferimento era quella sui tessuti umani, ove presente. Il secondo atteggiamento
ravvisa nell’evoluzione umana un continuum tra il momento in cui i gameti si incontrano –
prescindendo se nel momento antecedente o coincidente con l’anfimissi – e la nascita passando
per il periodo fetale. Questa evoluzione senza soluzione di continuità potrebbe determinare un
8 Va da sé che il riferimento a persona deve nel presente contesto essere riferito alla persona fisica,
appurato che le persone giuridiche, fictio juris presente in tutti gli ordinamenti della Western legal tradition,
esulano dalle categorie da prendere in considerazione nell’analisi delle soggettività di ciò che è
empiricamente esistente ed individuabile.
9 Vedi supra, n. ___
riconoscimento a ritroso delle tutele riconosciute al feto e in generale al concepito, categoria che
includerebbe le altre10, in quanto compatibili e secondo un’intensità progressiva. Tutti questi
organismi appartengono alla specie umana, sarebbero quindi esseri umani e quindi dotati di una
individualità ed una personalità tali da garantire loro i diritti essenziali. Infine, un ultimo
atteggiamento opta per la creazione di una terza categoria, qualcosa che non è ancora persona,
ma che non è nemmeno ascrivibile al regno delle cose, delle res, ciò che non è oggetto di diritto,
ma nemmeno soggetto. Si tratterebbe di un tertium genus tutto da creare, che con difficoltà può
innestarsi sul nasciturus del diritto civile perché questo nasce per disciplinare la successione
ereditaria e difficilmente può adeguatamente espandere la propria nozione a profili ad esso
ordinariamente estranei (in primis la tutela penale).11
La nozione di concepito, così come quella etimologicamente distinta del nascituro, trovano un
impiego privilegiato se non esclusivo nel diritto. Da ciò discende che essi non rinviano ad una
specifica nozione biologica – donde innumerevoli diatribe interpretative – e sono neutre rispetto
allo stato giuridico da attribuire, non essendo ad essi intrinseca alcuna connotazione quale res o
quale persona. In termini di analisi giuridica generale pare opportuno non impiegare il concetto di
nasciturus, participio futuro latino che rimanda grammaticalmente a quella dimensione
squisitamente tecnico-legale della condizione sospensiva a cui ogni diritto – successorio, ma
anche di ogni altro genere – è subordinato. In assenza di nascita, quindi, ogni tutela verrebbe
meno e risulterebbe destituita di ogni fondamento, così cozzando però, ove dal diritto civile si
generalizzasse anche agli altri settori, tra cui quello penale, contro quella sensibilità oramai diffusa
che ritiene il feto o l’embrione degno di tutela a prescindere dal fatto che poi giunga allo stato di
persona nata.
Il termine concepito ha una valenza classificatoria maggiore in quanto capace di includere fasi più
ampie dello sviluppo umano. Per contro, la sua perimetrazione biologica appare problematica lì
ove l’ordinamento non assuma una posizione in merito al momento in cui si può parlare di
concepimento (con la penetrazione dello spermatozoo ovvero solo con l’anfimissi). Il legislatore e
la giurisprudenza hanno soprattutto nei primi decenni del dibattito impiegato i termini nascituro e
concepito in maniera intercambiabile, dando a seconda dell’ordinamento prevalenza a quello
maggiormente ancorato al diritto positivo preesistente.
Pur in presenza di lacune definitorie è possibile individuare una tendenza interpretativa
caratteristica degli ordinamenti, frequentemente da desumere attraverso la considerazione delle
10 Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli 2007, 431. Nel senso di una evoluzione senza soluzione di
continuità si era espresso già nel 1986 il Consiglio di Europa con la raccomandazione n. 1046 del 24
settembre relativa all’utilizzo d’embrioni e feti umani per fini diagnostici, terapeutici, scientifici, industriali e
commerciali.
11 É questo il significato della massima latina Nasciturus pro iam nato habetur quotiens de commodis eius
agitur.
tutele accordate e lo studio di talvolta incidentali enunciazioni di principio nelle pieghe dei vari
formanti dell’ordinamento. Il compito è quanto mai arduo nella misura in cui a fronte ad esempio
della constatazione che in quasi tutti i paesi che hanno emanato leggi e regolamenti è proibita la
clonazione riproduttiva umana e la maternità surrogata da ciò non si può dedurre un’identità di
status. Occorre quindi ricomporre un panorama frammentario e sistematizzare l’insieme per
giungere alla formulazione di un’attitudine generale.
Si prenda il caso del Regno unito. Il Human Fertilisation and Embryology Act 1990, la cui revisione
è attualmente oggetto di discussione a Westminster, adotta una nozione di embrione all’articolo 1
che non solo include lo zigote antecedente al quattordicesimo giorno – momento dopo il quale si
forma la stria primitiva, da molti scienziati indicata quale elemento costitutivo dell’individualità
umana – ma include anche ogni cellula uovo durante il processo di fertilizzazione, che è
considerato concluso fino alla formazione di due blastomeri.12 Questo Stato è considerato tra i più
permissivi in quanto consente la ricerca sugli embrioni per fini scientifici e, in recenti dibattiti in
Parlamento, pare aprire spazi all’introduzione di chimere (hybrid admix embryos). Ad una simile
latitudine di utilizzo degli embrioni corrisponde tuttavia una disciplina molto dettagliata ed una
precisa procedura d’autorizzazione in cui è coinvolta un’apposita autorità, la Human Fertilisation
and Embryology Authority (HFEA). Le ampie possibilità consentite dall’ordinamento tenderebbero
a collocarlo tra quelli che meno tutelano l’embrione, ovvero tra quelli che nel bilanciamento con
altri interessi (ricerca scientifica, fini terapeutici, ecc.) tende maggiormente a far soccombere
l’embrione. Nella stessa direzione di tale legislazione si è mosso il legislatore australiano, il quale
ha modificato la definizione di embrione nel 200613 e la precedente legge al fine di consentire la
ricerca nel quadro della clonazione terapeutica. Nonostante un’attenta disciplina è difficile dedurre
uno stato giuridico particolare.
Di difficile inquadramento è anche la tutela dell’embrione nell’ordinamento statunitense. Il contesto
federale presenta un quadro frammentato e sussiste un’assenza di disciplina da parte del
Congresso. Il Presidente George W. Bush ha inciso sulla tutela dell’embrione imponendo il divieto
di finanziamento pubblico federale per ricerche con cellule staminali. Quando poi il Congresso
adottò il 19 settembre 2006 una legge per allentare la stretta sui finanziamenti, l’indomani il
12 «In this Act, except where otherwise stated—
(a) embryo means a live human embryo where fertilisation is complete, and
(b) references to an embryo include an egg in the process of fertilisation,
and, for this purpose, fertilisation is not complete until the appearance of a two cell zygote.»
13 Prohibition of Human Cloning for Reproduction and the Regulation of Human Embryo
Research Amendment Act 2006, No. 172, 2006. Art. 3: «Human embryo means a discrete entity that has
arisen from either:
(a) the first mitotic division when fertilisation of a human oocyte by a human sperm is complete; or
(b) any other process that initiates organised development of a biological entity with a human nuclear
genome or altered human nuclear genome that has the potential to develop up to, or beyond, the stage at
which the primitive streak appears;
and has not yet reached 8 weeks of development since the first mitotic division.»
Presidente Bush pose per la prima volta il veto in tale ambito. La Corte suprema non ha avuto
modo di esprimersi direttamente sullo stato giuridico dell’embrione, ma dalla sentenza in Roe v.
Wade14 non ha mancato di inquadrare la tutela accordata dalla Costituzione all’unborn. Per
quanto la decisione fosse rivolta ad individuare i profili di costituzionalità dell’interruzione volontaria
della gravidanza, un obiter dictum è rimasto codificato nella giurisprudenza della Corte: «We need
not resolve the difficult question of when life begins. When those trained in the respective
disciplines of medicine, philosophy, and theology are unable to arrive at any consensus, the
judiciary, at this point in the development of man’s knowledge, is not in a position to speculate as
to the answer.»15 Si era in un’epoca di molto antecedente alle sperimentazioni diffuse sugli
embrioni, prima della nascita di Louise Brown, e sebbene gli sviluppi della scienza medica abbiano
consentito di capire con sempre maggior precisione i meccanismi di sviluppo dell’essere umano e
di controllarli, la Corte non ha rivisto la sostanza della decisione del 1973. Il non nato non è una
persona nel senso del termine contenuto nel 14° emendamento16 e la sua tutela è indiretta nella
misura in cui il diritto alla privacy deve essere bilanciato con gli interessi pubblici, ma non con diritti
o libertà posti direttamente in capo al feto o all’embrione.
Se in anni più recenti il Congresso è intervenuto muovendosi nel senso contrario attraverso la
legislazione ordinaria, ciò è stato limitato al bambino nell’utero, definito quale « membro della
specie homo sapiens, ad ogni stadio dello sviluppo, che è portato nel ventre», al fine di dichiararlo
vittima di lesioni o morte per oltre sessanta crimini federali enunciati nella legge Unborn Victims of
Violence Act of 200417. La portata giuridica di questa norma include certo anche l’embrione
nell’utero, ma occorre precisare che essa non conferisce la personalità giuridica e nulla dice in
merito alla cellula uovo fecondata in vitro, che anzi è terminologicamente esclusa dalla legge.
Maggiormente favorevoli alla identificazione di una soggettività sono gli ordinamenti tedesco e
italiano. Con riguardo a quest’ultimo l’articolo 1 della legge n. 194 del 1978 impegna la Repubblica
a tutelare la vita umana fin dal suo inizio e il Comitato nazionale di bioetica nel documento
«Identità e statuto dell’embrione umano» pubblicato il 12 luglio 1996 ha all’unanimità tratto la
conclusione che sussiste «il dovere morale di trattare l’embrione umano, fin dalla fecondazione,
come una persona». La tutela della vita umana sin dal suo inizio è anche un dato acquisito dalla
giurisprudenza costituzionale sin dalla sentenza n. 27 del 1975, poi ribadito con la n. 35 del 1997.
In essa si afferma che tale principio ha conseguito nel corso degli anni sempre maggiore
riconoscimento, anche sul piano internazionale e mondiale, e che «si è rafforzata la concezione,
insita nella Costituzione italiana, in particolare nell’art. 2, secondo la quale il diritto alla vita, inteso
14 410 U.S. 113 (1973).
15 Ivi, 159.
16 Ivi, 158.
17 Public Law 108-212, codificato in due parti dello United States Code: Title 18, Chapter 1 (Crimes), §1841
nella sua estensione più lata, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che
occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono - per
usare l’espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – ‘all’essenza dei valori supremi sui quali si
fonda la Costituzione italiana’». L’esito, come noto, fu quindi di non ammettere il referendum
sull’articolo 1 della legge n. 194.
Il concepito è stato poi successivamente incluso fra i soggetti coinvolti nelle procedure di
procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla legge n. 40 del 2004. Ai sensi dell’articolo 1
il concepito è titolare di diritti che la legge assicura e, come tale, diviene soggetto coinvolto. La
nozione include senz’altro l’embrione, oggetto di disciplina specifica degli articoli successivi, e con
ciò l’ordinamento italiano afferma esplicitamente che la tutela trova il suo fondamento non in
interessi pubblici o della madre, ma in interessi posti in capo dello stesso concepito, non più
oggetto, ma soggetto di posizioni giuridiche.
Una tutela ancora maggiore dell’embrione la si trova nel contesto tedesco, nel quale esso diviene
tale con l’anfimissi, ma include altresì ogni cellula totipotente che in presenza di determinate
condizioni si divide e si sviluppa in un individuo. È vietata la crioconservazione, come d’altra parte
in Svizzera – invero casi isolati –, ma è escluso chiaramente dalla definzione l’ootide, privo così di
tutela e di fatto sottoposto nella prassi con successo a congelamento. La Germania ha una
posizione che è altamente protettiva, fra le più limitative dei paesi occidentali, sebbene non si sia
giunti a riconoscere all’embrione lo status di persona. In particolare l’articolo 2 della legge federale
EschG commina con la pena della reclusione fino a tre anni l’alienazione di un embrione prodotto
extracorporalmente ovvero la sua cessione, l’acquisto o l’utilizzo per fini altri rispetto alla sua
conservazione.
La disparità di tutela rispetto alla persona umana che comunque discende da questa disciplina, il
fatto di essere altro rispetto allo «jeder», l’«ognuno» di molti articoli dedicati alla garanzia di diritti e
libertà, ha suscitato la viva reazione di autorevole dottrina. Böckenförde18 ravvisa una rottura
dell’unità del concetto di persona umana a cui riferire il concetto di dignità, principio fondamentale
per la dogmatica tedesca dei diritti fondamentali. Nelle sue parole la modifica del commento
all’articolo 1 del commentario alla Legge fondamentale di Günther Dürig e Theodor Maunz19, fino
al 2003 immutato rispetto alla versione originaria a firma di Dürig, morto nel 1996, è sintomo di un
abbandono della nozione così come intesa e voluta da chi si proponeva di dare un nuovo slancio
alla persona nella Germania post-totalitaria. Dall’enunciato «[l]a dignità umana è intangibile»
l’autore aveva tratto la sua teoria della formula oggettiva, secondo un impostazione kantiana che
vietava di fare dell’uomo un mezzo, dovendo egli sempre essere un fine. Fatta poi propria dalla
(18 USC 1841) e Title 10, Chapter 22 (Uniform Code of Military Justice) §919a (Article 119a).
18 Böckenförde, Die Würde des Menschen war unantastbar, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 3-9-2003, p.
33-35.
Corte costituzionale, questo come altri eventi hanno fatto sì che il “Maunz/Dürig”20 divenisse una
sorta di “libro fondiario” dell’ordinamento tedesco.21
Il nuovo commento al primo comma dell’articolo è a firma di Udo di Fabio. La produzione di
embrioni al fine di ottenere cellule staminali è riconosciuta costituire una violazione della dignità;
nel contempo, tuttavia, si introduce il dubbio sulla fondatezza di tale valutazione in considerazione
del dato che emerge dalla comparazione con altri ordinamenti. Inoltre la clonazione riproduttiva è
considerata violazione della dignità del donatore clonato, il quale non disporrebbe quindi della
propria identità genetica e il cui consenso al procedimento è in ogni caso giudicato privo di effetti.
Non lede la dignità invece la clonazione terapeutica – sempre secondo l’autore – in quanto essa
non si estende all’embrione concepito in vitro. Nemmeno di violazione si può parlare per le terapie
sulla linea germinale, l’eugenetica positiva e la diagnosi preimpianto. Si tratta di considerazioni che
sono percepite come sovversive dell’ordine precedentemente sedimentato nell’ordinamento
costituzionale tedesco.
Il Commentario, frutto dell’autorevole riflessione di giuristi vicini alla CSU e CDU, è per molti versi
un commentario per così dire conservatore. Le revisioni di quelle parti che avevano costituito un
riferimento per la giurisprudenza dei giudici di Karlsruhe può essere indizio di una nuova attitudine
del formante dottrinale. Pur mantenendo inevitabilmente una linea di continuità con l’impostazione
degli autori originali, i nuovi commentatori paiono aprire con incisività una nuova via, più aperta alla
ricerca e alla sperimentazione biomedica. Tanto ciò è vero che Böckenförde chiedeva nell’articolo
del 2003 di rimuovere il nome di Dürig.
Inoltre, la Germania è uno di quegli Stati che, pur vietando interventi distruttivi sugli embrioni,
consente l’importazione di cellule staminali prodotte entro una data, che è modificata di volta in
volta, da ultimo da parte del Bundestag l’11 aprile 2008, con l’introduzione del nuovo termine del
1° maggio 2007. Tale scelta, in verità, è criticata aspramente anche all’estero perché di fatto si
pone con scarsa coerenza rispetto ai presupposti che ispirano la normativa tedesca. Egualmente
potrebbe essere detto per l’Italia, considerato che la legge n. 40, pur vietando ricerche sulle cellule
staminali di derivazione embrionale, non fa alcun cenno alle possibilità di eseguire ricerche su
linee cellulari derivate da embrioni prodotte in altri paesi.22
Se in Germania il modello di status giuridico abbozzato dalla legislazione richiama maggiormente
19 Maunz e Dürig (cur.), Grundgesetz. Kommentar, raccolta a fogli mobili dal 1958, Monaco di Baviera.
20 Nel frattempo più correttamente noto, anche per le numerose revisioni, come
Maunz/Dürig/Herzog/Scholz.
21 L’espressione è mutuata dall’articolo di Böckenförde.
22 La creazione di embrioni per fini di ricerca e la produzione di cellule staminali ottenute con la tecnica del
trasferimento nucleare – la clonazione terapeutica – sono consentite in Inghilterra e, seppur solo nel caso di
pre-embrioni, non ancora giunti al 14° giorno di sviluppo, in Spagna e in Svezia.
quello dell’individuo, all’atteggiamento per il quale l’embrione è un soggetto nuovo, terzo rispetto
alle res e alle personae si avvicina la giurisprudenza costituzionale spagnola. Il Tribunale
costituzionale ha preso le mosse dall’articolo 15 della Costituzione del 1978, il quale apre la
sezione dedicata ai diritti fondamentali e alle libertà pubbliche e recita: «Tutti hanno il diritto alla
vita e all’integrità fisica e morale . . . ». Il Tribunale costituzionale con tre sentenze dei primi anni
ottanta aveva affermato che il nascituro non era titolare del diritto alla vita ex art. 15 Cost.,
considerandolo tuttavia quale bene giuridico costituzionalmente protetto in forza dello stesso
articolo.23 Con le successive sentenze del 1996 e 1999 il Tribunale conferma tale diniego,
affermando anzi che non è persona nel senso giuridico del termine né il nascituro, né l’embrione in
vitro (preembrione non trasferito), né tanto meno i gameti.24 Per il Tribunale non vi è assenza di
garanzia. Essa trova fondamento in quanto tutela di un «bene giuridico costituzionalmente
protetto».25
In Europa si verificano allora situazioni distinte con riguardo all’embrione, il cui status giuridico e la
protezione che ne discende muta a seconda dei confini nazionali. Questa constatazione è un
corollario del principio di territorialità del diritto, lo stesso che consente ad uno Stato di importare
cellule staminali umane pur nel divieto di produrle sul proprio territorio nazionale. Già si è
accennato alle critiche verso queste politiche, poiché la dignità umana o la tutela della vita, ivi
incluso l’inizio vita, una volta definito dall’ordinamento giuridico, non può non trovare
un’applicazione generale. Se, come si commentava in apertura, è difficile parlare di uno status
giuridico astratto dell’embrione, che valga ovunque, la relatività della definizione non esime dall’
assumerla quale metro per ogni giudizio da parte dello Stato, anche per fenomeni che si svolgono
al di là dei confini. La prospettiva è quindi ultraterritoriale, dimensione d’altra parte che è intrinseca
alla ricerca scientifica, che se non avviene in una parte del globo terreste può avvenire in un’altra
con eguali conseguenze.
Da qui lo sviluppo di strumenti di diritto internazionale a disciplina e tutela dell’embrione, delle
cellule staminali e in generale delle fasi che segnano l’inizio della vita. Si potrà citare la
23 Già prima della nota sentenza n. 53/1985 dell’11 aprile (in particolare fondamentos jurídicos n. da 5 a 7),
il principio era stato affermato nelle sentenze n. 2/1982 del 9 gennaio, f.j. n. 5, e n. 75/1984 del 27 giugno, f.j.
n. 6.
24 « [L]os preembriones no implantados ni, con mayor razón, los simples gametos son, a estos efectos,
«persona humana», por lo que del hecho de quedar a disposición de los bancos tras el transcurso de
determinado plazo de tiempo, difícilmente puede resultar contrario al derecho a la vida (art. 15 C.E.) o a la
dignidad humana (art. 10.1 C.E.) . . . », sentenza n. 116/1999 del 17 giugno, f.j. n. 11. L’altra sentenza è la
n. 212/1996 del 19 dicembre.
25Sentenza 212/1996, f.j. n. 3. Le più recenti costituzioni ispano-americane prevedono esplicitamente una
garanzia per il concepito, senza comunque identificarlo con la persona, giacché altrimenti appare ridondante
menzionare esplicitamente la protezione del nascituro. Si prenda ad esempio la Carta fondamentale cilena:
« La Constitución asegura a todas las personas el derecho a la vida y a la integridad física y psíquica de la
persona.», con la specificazione al comma 2 «[l]a ley protege la vida del que está por nacer.»
Convenzione di Oviedo ed i suoi protocolli,26 nonché la Dichiarazione sulla clonazione umana
delle Nazioni unite dell’8 marzo 200527, peraltro non vincolante. La prima è strumento di diritto
internazionale e dove ratificata sancisce l’obbligo per lo Stato contraente di rispettare due norme a
tutela dell’embrione, rispettivamente gli articoli 14 e 18. Dapprima vieta l’impiego di tecniche di
procreazione medicalmente assistita al fine di scegliere il sesso del futuro bambino, con la sola
eccezione di evitare gravi malattie ereditarie collegate al sesso. Quindi, vieta la creazione di
embrioni umani per fini di ricerca. Impone, infine, che lì ove la creazione di embrioni sia permessa,
a questi sia assicurata adeguata protezione.
Sempre con riguardo agli strumenti adottati in seno al Consiglio d’Europa e in particolare alla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, si registra la sentenza Evans c. Regno unito in merito
alla legittimità della norma di diritto inglese che vieta il trasferimento dell’embrione nel caso in cui il
padre abbia ritirato il proprio consenso.28 La Corte ha affermato che l’articolo 2 della CEDU, posto
a protezione del diritto alla vita, non include tra i suoi beneficiare l’embrione e che la fattispecie si
colloca piuttosto nel quadro del conflitto fra il partner che intende diventare genitore e quello che
invece vi si oppone, rimettendo il bilanciamento – come sovente accade per le questioni legate al
diritto di famiglia – al giudizio degli Stati membri.
Oltre a sondare tuttavia la dimensione di diritto internazionale dell’embrione occorre considerare
che per il giurista europeo oggigiorno quanto avviene in un altro continente ha la stessa valenza di
ciò che accade in un altro Stato europeo. L’extraterritorialità del fenomeno è tale per cui paesi in
cui le conoscenze scientifiche sono all’avanguardia – Corea, Singapore o India – possono
notevolmente incidere sulla definizione dei margini operativi nazionali. Già si è detto della
Germania, primo paese a vietare la clonazione umana in un’epoca addirittura antecedente al primo
esperimento coronato da un relativo successo con un essere vivente, la pecora Dolly. La comunità
giuridica è in una fase di profonda riflessione proprio in ragione del dato comparatistico che tende
ad isolarla nel panorama mondiale29 e su cui incidono le aperture di sistemi giuridici anche lontani
geograficamente.
I paesi dell’Asia meridionale non paiono essere stati influenzati sostanzialmente dai paesi di
26 Convenzione sui diritti dell'oomo e la biomedicina, firmata a Oviedo il 4 aprile 1997, CETS n. 164. Pur
dichiarata recepita nell’ordinamento italiano dalla stessa Corte costituzionale dall’Italia – v. sentenza n. 49
del 28-01-2005 –, in realtà avrà la valenza propria di una legge meramente formale quale quella n. 145 del 8
marzo 2001 di autorizzazione alla ratifica e non di strumento internazionale con obblighi in capo allo Stato, in
quanto questi non sono ancora venuti ad esistenza secondo quanto prescrive la procedura di diritto
internazionale.
27 A/RES/59/280.
28 Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande chambre, 10-04-2007, n. 6339/05.
29 La Francia, che pure ha adottato nel 2004 una legge sulla bioetica tendenzialmente severa che vieta
ogni forma di clonazione, seppur con pene diverse a seconda dei fini, ha ammesso la possibilità di
autorizzazioni temporanee sulle cellule staminali embrionali al fine di non ostacolare eccessivamente la
common law, a cui molti appartengono per tradizione giuridica. Tra i paesi occidentali, con
l’importante eccezione del Regno unito, vietano la clonazione umana il Canada, il quale ha
adottato nel 2004 un divieto generale,30 e l’Australia, sebbene nel 2006 abbia rivisto il Prohibition
of Human Cloning Act 2002 per consentire la clonazione degli embrioni umani per fini di ricerca
sulle cellule staminali.
Se il divieto di clonazione umana è un dato condiviso, nei paesi asiatici solo alcuni stati
proibiscono la clonazione per fini di ricerca.31 Tra questi Hong Kong32 e India.33 Il Consiglio
della ricerca medica di quest’ultimo ordinamento adotta una definizione di embrione dal momento
della fecondazione, ma consente la ricerca anche distruttiva dello stesso fino al quattordicesimo
giorno.34 La Corea del Sud adotta una linea abbastanza aperta, proibendo in generale la
creazione di embrioni per fini scientifici, ma consentendo la ricerca con embrioni che sono stati
creati per fini riproduttivi – tra cui quelli soprannumerari – così come, sebbene in maniera più
limitata, la ricerca con embrioni clonati. La normativa a livello nazionale ha comunque una portata
ridotta e in alcuni ambiti della ricerca biomedica è assente,35 situazione che ha permesso il caso
del medico Hwang Woo Suk e del suo falso annuncio di aver clonato un embrione umano e averne
ottenuto delle cellule staminali. Sempre con riguardo alle questioni bioetiche nel continente
asiatico, si è anche osservato che esistono meno limiti posti dalle convinzioni religiose, talvolta
lontane dalle basi cristiane che informano le politiche europee e americane. Così ad esempio il
buddhismo è da molti adepti ritenuto neutro nei confronti della clonazione umana se essa non
arreca danno al sentimento religioso o ai valori fondamentali del buddhismo.36
LA SUMMA DIVISIO IN CRISI
La ricognizione delle diverse soluzioni poste a tutela dell'embrione, così come le stesse differenze
terminologiche che si riscontrano sono una testimonianza della diversità dei diversi ordinamenti
ricerca nazionale.
30 «No person shall knowingly a) create a human clone by using any technique, or transplant a human
clone into a human being or into any non-human life form or artificial device . . . », Assisted Human
Reproduction Act, 2004 S.C., ch. 2, cl. 5(1)(a) (Can.).
31 Si rinvia per un’analisi più diffusa a Cameron, Cloning: US and Global Perspectives, 99 S. Med. J. 1429
(2006).
32 Human Reproductive Technology Ordinance (2000), Cap. 561, § 15. (H.K.).
33 Consiglio della ricerca medica, Ethical Guidelines for Biomedical Research on Human Participants, 92-94
(2006), < http:// icmr.nic.in/ethical_guidelines.pdf >.
34 «[R]espect for the embryo’s moral status can be shown by careful regulation of conditions of research,
safeguards against commercial exploitation of embryo research, and limiting the time within which research
can be done on embryo up to 14 days’ growth i.e. when the primitive streak appears.», ivi, 101.
35 V. Isasi et al., Legal and Ethical Approaches to Stem Cell and Cloning Research: A Comparative
Analysis of Policies in Latin America, Asia, and Africa, 32 J.L. Med. & Ethics 626, 628, 633-34 (2004).
36 Si veda l'analisi di Schlieter, Some Observations on Buddhist Thoughts on Human Cloning, Università di
Bochum, s.d., disponibile all’URL < http://www.ruhr-uni-bochum.de/kbe/Buddhists%20on%20Cloning.pdf > e
quando si tratta di disciplinare un fenomeno nuovo e dalle connotazioni etiche accentuate. Tanto
maggiori sono le differenze, quanto più sono poste in discussione le categorie giuridiche
tradizionali. La summa divisio fra res e personae è posta in crisi. Di fronte all'impossibilità di
assimilare l'individuo nato al feto non autosufficiente o addirittura all'embrione, le caratteristiche
della sfera giuridica della persona non sono trasferibili al concepito. Esclusa la categoria
dell'individuo rimane da accantonare egualmente quella delle cose. Si pone così il problema dello
stato giuridico degli organismi che marcano l'inizio vita. Si profila sullo sfondo l'alternativa di
riconoscere un terzo status, quello dell'essere umano, capace di abbracciare tutta la linea
biologica dell'esistenza umana, idoneo a dare rilevanza ad un bene giuridico che era sconosciuto e
forse anche inimmaginabile per i nostri padri, ovvero quello della specie umana, della sua integrità,
che significa anche tutela della diversità genetica.
Di fronte a queste difficoltà molti ordinamenti adottano sì una protezione dell'embrione, ma non lo
inquadrano in un'ottica sistematica, capace di situarlo all'interno delle strutture logiche su cui
poggia l'ordine giuridico. Spetta all'interprete compiere tale passo sulla base del dato positivo.
Quand'anche fosse agevolato nella comprensione della scelta del legislatore dalle definizioni che
questo enuncia nel corpo normativo, esse non sono sufficienti a definire la soggettività giuridica di
preembrione, embrione, feto ecc. Puntuali tutele predisposte sono tutt'al più indizi di una sensibilità
dell'ordinamento. Esse, però, possono trovare un fondamento nei più disparati beni giuridici: dalla
preservazione della specie alla tutela della biodiversità, dalla tutela della salute della donna al
rispetto del diritto fondamentale di divenire genitore. Le garanzie approntate possono, per contro,
trovare la loro giustificazione proprio nella tutela di un individuo in potenza, secondo la nozione
aristotelica del termine, sicché l'embrione è un nuovo soggetto titolare di posizioni giuridiche
autonome. Queste possono poi nella struttura coincidere con quelle poste a garanzia della
persona fisica, come è il caso nella dottrina tedesca classica. La dignità umana, allora, se è
intangibile, lo è prima come dopo la nascita e non può divenire oggetto di bilanciamento.
Spesso, tuttavia, gli indizi non sono sufficienti e ciò di cui si dispone sono ipotesi dottrinali. Forse la
difficoltà è dovuta proprio al nuovo bene che deve essere tutelato. Si tratta di un bene che è
sempre esistito, ma che non è mai stato oggetto di reale minaccia. La specie umana non trovava
quindi un suo spazio nella tradizione giuridica occidentale e questa, dal canto suo, non è detto che
sia in grado di adeguarsi alle nuove esigenze poste dall'evoluzione biomedica. Forse la risposta è
nelle parole pronunciate da Max Planck nel 1949, per il quale una nuova verità scientifica non
trionfa quando i suoi oppositori ne sono convinti e dichiarano di aver cambiato idea, quanto
piuttosto attraverso il fatto che gli oppositori via via muoiono e cresce una nuova generazione che
con la verità acquisisce una certa familiarità sin dall'inizio.37 Forse sarà una generazione nuova di
di LaFleur,, Enhancement and Desire, 36 J.L. Med. & Ethics 65 (2008).
37«Eine neue wissenschaftliche Wahrheit pflegt sich nicht in der Weise durchzusetzen,
daß ihre Gegner überzeugt werden und sich als belehrt erklären, sondern vielmehr
giuristi a proporre una teoria capace di dare forma allo status giuridico del concepito in tutte le sue
fasi di sviluppo, anche quando ciò implichi rivedere alcune verità dei padri.
dadurch, daß die Gegner allmählich aussterben und daß die heranwachsende
Generation von vornherein mit der Wahrheit vertraut gemacht ist.», Wissenschaftliche
Selbstbiografie, Lipsia 1948, 22.