Il primo trapianto di rene da adulto a bambino

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Il primo trapianto di rene da adulto a bambino
L’arrivo a Cisanello dopo il tam tam su «Facebook»
Il primo trapianto di rene da adulto a bambino
di GUGLIELMO VEZZOSI
IL MIRACOLO lo hanno fatto il coraggio e la determinazione oltre ogni limite di due mamme, un
papà che non ha esitato a licenziarsi dal lavoro per donare un rene al figli...
di GUGLIELMO VEZZOSI
IL MIRACOLO lo hanno fatto il coraggio e la determinazione oltre ogni limite di due mamme, un papà che
non ha esitato a licenziarsi dal lavoro per donare un rene al figlio di 4 anni, la bravura di un chirurgo senza
paure e un pizzico di fortuna incontrato nella rete grazie a Facebook, il popolare social network, che ha
messo in contatto i protagonisti della vicenda. Sono gli ingredienti di una storia a lieto fine, conclusasi con
una delicata operazione, perfettamente riuscita, eseguita a Cisanello dall’equipe del professor Ugo Boggi,
direttore dell’Unità Operativa di chirurgia generale e trapianti nell’uremico e nel diabetico dell’Azienda
Ospedaliera Pisana. Si è trattato, tra l’altro, del primo trapianto pediatrico da donatore vivente adulto mai
eseguito in Italia (operazioni simili vengono effettuate solo negli Usa).
MA C’È DI PIÙ: a mettere in contatto la famiglia del piccolo Tommaso, questo il nome del bambino, e
l’ospedale pisano, è stata Irene Vella, la battagliera moglie e madre balzata anni fa all’onore delle cronache
nazionali proprio per una storia di trapianti: anche lei (livornese di Follonica) fu costretta a licenziarsi
dall’impiego a Pisa per donare un rene al marito. In Italia infatti non c’è una legge che tuteli la donazione da
vivente e l’unica strada, in questi casi, è lasciare il lavoro. Anche lei era stata operata dal gruppo di Boggi e
dopo l’intervento si è tolta anche la soddisfazione di avere un figlio. Alcuni mesi fa, navigando su
«Facebook» si imbatte nel gruppo «Donazione organi: facciamo qualcosa» (23mila iscritti) fondato proprio
dalla mamma del piccolo Tommaso (anche lei livornese). «Mi ha colpito il racconto delle condizioni in cui
era costretto a vivere il piccolo, affetto da una insufficienza renale cronica che lo costringeva a restare
attaccato per 10 ore al giorno alla macchina della dialisi con evidenti ripercussioni sulla sua vita. Una
convivena forzata, quella con la ‘macchina dei numeri’ — così il piccolo e la mamma chiamavano le
invadenti e fastidiose apparecchiature, comunque vitali per Tommaso — e l’impossibilità di svolgere una
vita normale, in una esistenza scandita solamente da cure, ricoveri, visite e medicazioni continue al catetere
della dialisi peritoneale. Insomma un calvario e un’esistenza che si consuma, anno dopo anno, nell’attesa di
un trapianto da cadavere che non arriva mai. Al «Gaslini», dopo Tommaso è in cura, escludono infatti la
possibilità di un trapianto da genitore vivente.
MA UN GIORNO si intravede una luce in fondo al tunnel. E’ Irene, che fa da tramite per un appuntamento
con il professor Boggi — con il quale è ancora in contatto — spalancando le porte a una nuova vita per
Tommaso. Il resto è storia di questi giorni: il piccolo e il papà sono stati operati la scorsa settimana, sono
ancora convalescenti a Cisanello, ma tutto è andato per il meglio e fra poco faranno ritorno a casa.