Philomena Tra sickness, illness e disease
Transcript
Philomena Tra sickness, illness e disease
Philomena Tra sickness, illness e disease1 Maria Giulia Marini2 E scriviamo di Philomena, protagonista del film omonimo, tratto da un libro (the lost child of Philomena Lee) cesellato su una storia vera; una giovane reclusa nelle case Magdalene, in cui le ragazze madri irlandesi ripudiate dalle loro famiglie di origine, erano costrette a vivere in condizioni di semi schiavitù e a fare gratuitamente le lavandaie per le suore di Magdalene. Le case di Magdalene presero il nome dalla Santa Maria Maddalena che, prima peccatrice, si era pentita e aveva espiato: nelle lavanderie Magdelene, alla base delle regole era l’espiazione per aver peccato, anche soltanto per aver goduto di una breve felicità nell’atto sessuale osceno al di fuori del matrimonio. La sickness di Philomena è la quintessenza della discriminazione dei valori culturali irlandesi sino a due decenni fa – nel 1995 le strutture di Magdelene vennero chiuse ma dubitiamo che la civiltà irlandese sia diventata d’improvviso così benevola nei confronti di queste ragazze. La sickness è il percepito da parte degli “altri” di una situazione anomala, anche una malattia, che spesso porta a stigma sociale; la sickness dell’enclave delle suore di questa casa è data dal fatto che se il figlio di Philomena morirà alla nascita, le religiose ritengono che sia una soluzione possibile e giusta, in quanto l’espiazione prevede la futura sofferenza come rimedio alla malattia della colpa. Molti anni dopo, Philomena, uscirà dalla casa e diverrà infermiera, e oramai anziana, si metterà alla ricerca di quel figlio nato vivo, Anthony, che le suore le avevano strappato quando il bambino aveva pochi anni per venderlo a 1000 dollari – facevano così con le ragazze madri- ad una facoltosa famiglia americana. Quando Philomena aveva firmato la carta in cui acconsentiva al non voler sapere più nulla del figlio aveva appena quattordici anni, al momento del parto. Nella ricerca del figlio, l’irlandese Philomena sarà coadiuvata da un inglese, il cinico giornalista Martin Sixsmith, silurato dalla BBC, il quale tenta di riciclarsi come giornalista e scrittore, attraverso la ricerca della notizia che fa clamore, storie vere alto impatto emozionale. Le storie, a detta della sua editorialista, devono avere un finale triste o allegro, ma comunque non possono rimanere a finale aperto o emozioni deboli da non coinvolgere il lettore. E infatti ne rimarremo profondamente invischiati. 1 Sickness- il percepito da parte degli altri di una malattia o situazione limite Illness – il percepito da parte del soggetto di una malattia o situazione limite Disease- il percepito da parte degli scienziati, curanti, medici, studiosi di una malattia o situazione limite 2 Epidemiologa e counselor, divulgatrice delle medical humanities for health 1 La storia di Philomena Lee e di Martin Sixsmith è una “quest” ovvero una ricerca, dove sarà soprattutto il colto e brillante Sixsmith che ha studiato a Ox-bridge (così lo prende in giro Philomena, costruendo un gioco di parole tra Oxford e Cambridge) a imparare l’umanità, la determinazione, e il senso del perdono da Philomena, la quale avrebbe invece tutti i diritti a rodersi di rabbia per la sickness che le hanno perpetrato. Ma lei parla a Martin in modo dolce, dicendogli, “ma non ti sei stancato ancora di vivere così da arrabbiato?” E’ serena nella tragedia perché sente di non aver commesso colpa alcuna, anzi ricorda quelle poche ore di piacere in cui ha concepito suo figlio. La Lee si mette sulle tracce del figlio venduto dalle suore assieme a Sixsmith e i due scoprono una tratta di bambini tra le case irlandesi di Magdeleine con gli Stati Uniti. La strana coppia, un’anziana signora ignorante e un uomo colto in crisi esistenziale, arriva a Washington: Philomena ha occhi scintillanti di felicità per le Novità del Nuovo Mondo, e per tutto quello che scopre che ha avuto il figlio, colma di gratitudine perché la ragazza emarginata e ripudiata di Magdeleine mai gli avrebbe potuto dare status, ricchezza e istruzione. Felicità apparente in quanto poi si profila una nuova sickness per il figlio, che dalle sale alte di Washington a fianco del presidente Reagan, dovrà nascondere la sua natura gay, si ammalerà di AIDS e si riavvicinerà all’Irlanda in un tentativo, a cui si oppongono le suore, di riconciliarsi con sua madre. Se ragioniamo in termini antropologici possiamo diagnosticare le malattie che pervadono i tre paesi toccati da Steven Frears (il regista di The Queen, nel cui film già aveva sottolineato le storture della corona d’Inghilterra prima dei funerali di Lady Diana, illustrando una famiglia reale fredda e protocollata, dove i sentimenti erano solo agenti inquinanti rispetto alla decenza), Irlanda, Inghilterra e Stati Uniti: in Irlanda il dolore inflitto attraverso il senso dell’espiazione per gestire la sickness di ragazze adolescenti e ingenue, in una società bigotta che dagli anni ’50 sino al ’95 ha tenuto aperte le case Magdaleine. Ne esce un paese connotato dall’esaltazione della religione e dei valori tradizionali che proprio per questo vuole differenziarsi dalla malattia degli inglesi l’assenza di valori e l’eccessivo permissivismo: in Inghilterra tra le cose che contavano (e contano tuttora) la carriera, lo status (vivere a Knightsbrisge… dice Philomena a Martin) e la cultura razionale e atea tale da sfottere qualsiasi forma di superstizione religiosa: chi crede in Dio o nei Santi è sick, malato per Sixismith e per gli inglesi. Dall’altra parte dell’oceano, un’America statunitense di famiglie benestanti e famose che compra bambini irlandesi biondi o rossi dagli occhi azzurri, come fino a un secolo prima aveva trafficato schiavi; quando si è senza soldi o gay, ecco l’ombra del pregiudizio, lo stigma, non si vale più nulla, si è malati. Ma diamo un nome alle vere malattie dietro quelle sickness di reazioni degli altri i cui valori portano a recludere le ragazze madri nelle case Magdelene, a licenziare cinicamente Sixsmith perché non sufficientemente “spietato” come giornalista, e a cacciare Anthony alla Casa Bianca: e allora le malattie vere, oggettive, le diseases, al di là della sickness, sono per l’Irlanda il bigottismo manipolatorio, per l’Inghilterra il rampantismo razionalista, e per gli Stati Uniti la plutocrazia puritana. 2 Su questi tre scenari si impone umanamente la figura di Philomena, che è guarita dalla sua illness (la via attraverso cui il soggetto riesce a reagire alle situazioni malate e di malattia, il modo in cui Phimomena trova il proprio stile in tutto quello che le accade) e che ha lasciato le spoglie della fragile ragazza di Magdelene per evolvere a donna risoluta e piena di risorse: tra i suoi meccanismi di accomodamento – coping direbbero gli esperti- ha sviluppato le doti dell’assistere come infermiera, le doti della speranza attraverso la lettura di romanzi rosa da “letteratura trash” a lieto fine, e la dote di una straordinaria fede in Dio e nei Santi e Santini di cui tappezza la sua vita rendendola piena di significato malgrado il male ricevuto. Philomena piange, ride, si stupisce, chiede, ragiona, abbraccia ed è abbracciata, non cerca mai lo scontro frontale ma anzi a ogni persona in America regala questa affermazione: “tu sei unico”. E li sa rendere unici. Rispetto alle generalizzazioni - così la programmazione neurolinguistica le chiamerebbe, “voi tutte avete peccato e quindi tutte dovete espiare”, uno slogan quasi ossessivo delle suore che viene ripetuto per la storia intera, lei semplicemente liquida questa frase compulsiva con un- per noi geniale, per lei sentito - “ti perdono”, rivolto a suor Ildegarda, colei che le aveva allontanato il figlio e, molti anni dopo, impedito l’ultimo possibile incontro. “Ti perdono” e poi esce raccontando a Sixsmith, che nel frattempo si chiede come la donna possa riuscire a placare rancore- semplice perché Lei rancore non lo possiede, della trama dell’ultimo romanzetto rosa in cui l’eroe povero riuscirà a sposare la ricca fanciulla malgrado la sickness dell’ostilità della famiglia. E chiede a Sixsmith che renda noto, faccia conoscere, narri al mondo intero quanto accaduto in quel luogo, RoseCrea, Limerick. Guarendo così dalla sua illness come soggetto, uscendo dal suo segreto e silenzio. Sembra che la parola “narrare” nasca dalla sintesi di gna (che poi ha perduto la g) – radice che significa far conoscere, rendere noto e igare per agere che significa azione; far conoscere raccontando. Ecco che attraverso la narrazione, a differenza di quanto si pensi con una pregiudiziale separazione tra pensiero paradigmatico e quello narrativo, in realtà si rende noto, si dà scienza alla realtà. Nel caso di Philomena si dà scienza umana alla realtà; in Italia il film è uscito con i consueti tre mesi di ritardo rispetto alla sua presentazione a Venezia a settembre, perché se da noi i film non vengono doppiati frana l’industria dei doppiatori (e noi ci perdiamo la bellezza dell’inglese di Judi Dench, comprensibilissima come in tanti paesi d’Europa con i sottotitoli tradotti). Ma la sua storia è un regalo che ci insegna una strategia di adattamento e di possibile happy ending anche in una situazione tragica. Philomena al termine della sua storia sarà una donna serena perché avrà scoperto la verità, l’avrà metabolizzata e ne sarà uscita vincitrice. E’ dal suo ossimoro- quella capacità di trovare un pezzo di felicità e vitalità nella disgrazia - che impara Sixsmith assieme a noi spettatori. Molti di noi forse le sono debitori, per imparare a uscire da quei contesti dove l’etichetta di sickness è gratuitamente appiccicata, una lettera 3 scarlatta, e si impara da protagonisti ad attraversare la propria illness, trovando le risorse per la guarigione. Primi fra tutti forza di volontà, leggerezza e buoni sentimenti. www.medicinanarrativa.eu 4