08.11.1970. J.M. Arreguy e la lotta del popolo basco. (Interventi di

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08.11.1970. J.M. Arreguy e la lotta del popolo basco. (Interventi di
08.11.1970. J.M. Arreguy e la lotta del popolo basco.
BA068 (inizio registrazione al giro 204 della
seconda parte della bobina).
(Interventi di: Enzo Mazzi, Jean Marie Arreguy).
Enzo M.: …il nostro amico Gonzalez Ruiz ci ha detto che quello che abbiamo fatto noi all’Isolotto,
il nostro impegno, le nostre riunioni ci avrebbero portato addosso prigione e incriminazioni
gravissime, invece soltanto abbiamo una incriminazione che fa un po’ ridere. In Spagna invece
sarebbe successo qualcosa di molto più grave. Dobbiamo dire che effettivamente non è soltanto con
le incriminazioni che si soffocano i movimenti, anche in tanti altri modi: lo sappiamo bene. Ci sono
tanti modi di ricattarci che non sono la prigione, è vero. Però, certo, la prigione è una cosa molto
grave e specialmente la pena di morte ma di questo ne parlerà più approfonditamente questo amico
che è venuto qui in mezzo a noi. Parla spagnolo. Dice che parlando molto lentamente noi capiremo.
Proviamoci. Se ci fosse qualcuno che sa lo spagnolo, qui fra noi, si faccia avanti eventualmente per
la traduzione, se c’è qualcuno che sa lo spagnolo. Bene, brava!
J.Marie A.: (parla in spagnolo): Mi so un miembro mas de pueblo basco che sta opprimido por el
sistema capitalista franchista…
Enzo M.: Pensate che si debba tradurre oppure avete capito? Tradurre?
J.Marie A.: (traduce l’interprete. Si riporta solo la traduzione in italiano): Sono un membro in più del popolo
basco che si trova in questo momento sotto l’imperialismo, il capitalismo e il regime di Franco.
Sono un sacerdote e, per essere membro di un gruppo che tenta la liberazione del nostro popolo, mi
trovo insieme a sedici sacerdoti, da oltre un anno, rifugiato politicamente in Francia. La
popolazione basca è una popolazione che si trova tra la Spagna e la Francia e ha due milioni e
mezzo di abitanti e si trova in questo momento divisa tra due stati: il francese e lo spagnolo. Noi
abbiamo delle abitudini, una lingua e una tradizione che sono proprie del nostro popolo e questo ci
ha aiutato a creare una coscienza perché siamo u popolo e vogliamo vivere, come tutti i popoli,
liberi, cioè indipendenti da tutti gli altri. Questo non vuol dire che noi non vogliamo niente con gli
altri popoli, anzi, ma vogliamo essere, come voi italiani, un altro popolo insieme a tutti questi
popoli e lottare per la liberazione e la uguaglianza di tutti i popoli. Nel 1936 c’è stata una grande
guerra nella la quale il popolo basco è stato quasi distrutto. Dopo questo sono dovuti emigrare in
America, in Francia e in altri Paesi per continuare a vivere. Dopo questo il regime si è rifatto vivo
nel 1943 nel quale c’è stata di nuovo una grande lotta. Ora si comincia di nuovo a risorgere nella
lotta contro questo tipo di sistema. A poco a poco il popolo se ne rende conto che ha delle ragioni e
dei diritti che non sono rispettati dal capitalismo e dal franchismo. Nel 1958-’59 sorge veramente un
movimento di liberazione nazionale: è il movimento ETA che vuol dire Paesi baschi e libertà. Da
allora si comincia una grande reazione da parte del popolo basco e il Governo reagisce di
conseguenza mettendo in galera e perseguendo migliaia di persone che devono lottare. In questa
maniera il Movimento basco tratta di prendere delle strade, tratta di introdurre delle strade per
creare dei movimenti che continuino a mantenere la loro cultura e la loro tradizione e tratta di creare
delle scuole sociologiche che tentino la penetrazione dentro l’ambiente operaio perché la lotta sia
veramente di tutti. Trattano di creare queste scuole sociologiche perché penetri attraverso gli operai,
perché la classe proletaria è l’avanguardia per la rivoluzione. In questo momento c’è la tendenza nel
Movimento ETA a fare l’unione con gli altri movimenti di liberazione nazionale però tenendo
presente che l’avanguardia di questo movimento di liberazione nazionale deve essere la classe
operaia. Una prova in che condizioni ci troviamo in questo momento è che nell’anno 1959 ci sono
stati due morti, cinque feriti gravi, trecento esiliati e duecento incarcerati. La settimana prossima
probabilmente verso il 16 avrà luogo in Spagna il processo più grande che sia conosciuto, non
soltanto per i Paesi baschi se no per tutta la Spagna e nel quale saranno processati sedici persone per
le quali si richiedono sei pene di morte e più di settecentocinquanta anni complessivi di galera. In
tutta questa situazione, quello che la Chiesa e i cristiani fanno, il nostro popolo è un popolo di forte
tradizione cattolica, è molto cattolico, è di forte tradizioni religiose ma probabilmente in questo
momento questa coscienza e questa tradizione si va perdendo e va trovando luogo un vero e
profondo cristianesimo. In questo movimento ci sono molti cristiani e anche persone non cristiane e
ci sono inclusi dentro molti sacerdoti che si trovano in questo momento nella carcere di Zamora e
anche persone e sacerdoti che si trovano in esilio in altri Paesi e sedici che si trovano in esilio. La
Chiesa vaticana pensiamo che, come in tutti i posti, è stata una forza in più per l’oppressione del
nostro popolo. Sono ormai molti anni che noi continuiamo a mandare documenti e commissioni al
Vaticano per denunziare la situazione del Governo franchista, però sono molti anni che la Chiesa o
ha taciuto o se no ha urlato molto forte il suo appoggio al regime franchista. Questo delle torture lo
sanno in Vaticano, lo sa anche Paolo VI e ci consta perché noi abbiamo consegnato nelle loro mani
i documenti e le prove e poi quando il Vaticano parla delle torture, parla in generale delle torture in
Brasile, dice che si riferisce alla Spagna e in Spagna dice che si riferisce al Brasile, cioè non si
chiarisce mai chi è colui a chi si riferisce con queste torture.
Enzo M. Non si capisce mai a chi si riferisce il papa quando parla delle torture. Il Governo
franchista dice: ma lui si riferisce al Brasile. I brasiliani dicono: eh! ma lui si riferisce ai Paesi
baschi e cosicché…
J.Marie A.: In tutti i modi noi non pensiamo, non crediamo alla Chiesa del potere e dei soldi, del
denaro. Le madri di questi sedici persone che saranno giudicate, processate hanno una forte
coscienza religiosa. Loro aspettano ancora qualcosa dal Vaticano. Quando queste madri ci hanno
detto che volevano venire a Roma per stare con Paolo VI noi le abbiamo detto che era perdere
tempo. Però le madri, come sono madri, pensano senza dubbio che ammazzeranno i loro figli
perché in realtà si sa che qualcuno verrà ammazzato, girano per tutto il mondo tentando di muovere
e scuotere le organizzazioni e i diversi gruppi di gente. Un gruppo di loro arriverà domani a Roma
per vedere Paolo VI. Noi non aspettiamo niente dalla Chiesa del potere. Per uscire ci aspettiamo dai
poveri, aspettiamo di voialtri perché siete perseguitati, perché siete una testimonianza, perché state
mettendo in pratica tutto quello che pensate. Per quello io voglio essere un portatore del mio popolo
basco, cioè quel popolo che ha aspettato e che aspettava ancora in quella Chiesa del potere però che
si va rendendo conto che quella non è la sua Chiesa, non né la Chiesa dei poveri. (Applausi). Per
quello io vi chiedo in nome di quei militanti rivoluzionari che si trovano in galera e che nulla può
salvare perché ormai sono già condannati, vi chiedo di fare tutto il possibile o fare tutto quello che
potete fare per mobilitare o per far conoscere all’opinione pubblica – questo serve per qualcosa –
perché questa gente non venga condannata e il regime di Franco venga accusato. Le cose pratiche:
voi potete agire come volete, dovete sapere cosa fare. Però è importantissimo che la capitaneria di
Burgos, i Vescovi di quella regione basca e tutta questa gente ricevano telegrammi, telegrammi,
telegrammi di protesta. Questo processo si terrà probabilmente la settimana prossima. Non si sa se
sarà a porte aperte o a porte chiuse. Il problema è che ci sono due sacerdoti e si trovano accusati
perché si sono reincarnati nel loro popolo e il Governo franchista non vuole che si venga a sapere di
quel crimine che sta per commettere. Per un concordato che la Chiesa ha con il Governo, il processo
ai sacerdoti devono essere tenuti a porte chiuse, però già i sacerdoti spagnoli avevano rinunciato a
questo privilegio, per questo fino all’ultimo momento non si sapeva se questo processo sarà tenuto a
porte chiuse o a porte aperte. Per ora le ultime notizie, con una telefonata che ho ricevuto ieri, è
molto probabile che il processo sarà tenuto a porte aperte. Però in realtà non fa nessuna differenza
che sia a porta chiusa o a porta aperta perché altri processi che sono stati fatti a porte aperte è venuta
riempita la sala dell’udienza con militari e altra gente. un’altra cosa che bisogna tenere bene in
conto è il fatto che questi militanti, questi ragazzi, questi sacerdoti che si trovano ora in giudizio le
accuse con le quali saranno giudicati e per le quali verranno condannati alle pene di morte e a
settecentocinquanta anni di galera sono stare estratte, sono state fatte confessare per mezzo di
tortura. Per questo è veramente mostruoso che il processo sia a porte chiuse però e veramente più
mostruoso per noi cristiani che la Chiesa ufficiale resti veramente muta ed è un mutismo che porta
un urlo, un grido clamoroso di approvazione. Per questo noi lotteremo per il nostro popolo perché
non resti muto contro l’oppressione del capitalismo, dell’imperialismo, però ancora contro una
oppressione più forte che è quella della Chiesa perché il nostro popolo non resti sordo. (Applausi). Noi
siamo contenti che voi ci state aiutando perché sappiamo che non è un aiuto paternalistico, un aiuto
che arriva dal di sopra al di sotto. Noi soltanto accettiamo l’aiuto della gente come voi che lotta
concretamente e per questo è l’aiuto che è valido. Per questo noi siamo uniti a voi perché insieme
noi camminiamo attraverso la strada della liberazione, per fare liberi non soltanto noi ma tutta la
gente che vive nei nostri popoli. Io vi ringrazio per tutto quello che avete fatto e per tutto quello che
ancora continuerete a fare e io trasmetterò i vostri saluti, la vostra simpatia ai miei amici che si
trovano nell’esilio e a quelli che si trovano in galera e che sanno già che io sono venuto oggi qui per
cercare la vostra testimonianza. (Applausi).
(Termina qui la registrazione effettuata durante la celebrazione eucaristica in piazza il dell’Isolotto il giorno 8 novembre 1970. Alla
fine dell’intervento di J.M. Arreguy si sente Enzo M. che gli domanda se nel pomeriggio sarà ancora qui all’Isolotto. Penso che sia
rimasto perché nel Notiziario della Comunità dell’Isolotto, n° 17, novembre 1970 alle pagine 6 e 7 vi è riportato un intervento di
Arreguy che nelle linee generali corrisponde a questo ma molto più esteso e preciso. Anche in questo caso si deve far presente che la
traduzione dell’intervento di Arreguy fatta durante la celebrazione eucaristica non è parola per parola ma spesso riporta piuttosto il
succo del contenuto dell’intervento. L’intervento riportato sul Notiziario è molto più preciso ma mi pare che non sia proprio quella
fatto durante l’eucaristia del mattino),