dispensa corso 95 - Provincia di Como

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dispensa corso 95 - Provincia di Como
G. E. S. C.
Onlus
Gruppo Ecologico Studenti
Comaschi
Sede:
Cascina Ascissa, 1
22070 Montano Lucino (CO)
Tel. 031-470503 fax 031 471129
e-mail: [email protected]
sito: www.gesc.org
CORSO A.I.B.
(Anti Incendio Boschivo)
Corso BASE
Quarta Edizione Maggio 2000
Ristampa, 08 dicembre 2010
G.E.S.C.
CORSO A.I.B.
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INDICE
INTRODUZIONE ..................................................................................... 3
CAUSE DEGLI INCENDI BOSCHIVI ............................................................... 3
1.
2.
3.
4.
CAUSE NATURALI .................................................................................................................. 3
CAUSE ANTROPICHE DOLOSE ............................................................................................. 3
CAUSE ANTROPICHE COLPOSE ........................................................................................... 4
EVENTI NON CLASSIFICABILI ................................................................................................ 5
LA COMBUSTIONE .................................................................................. 5
IL COMPORTAMENTO DEL FUOCO ................................................................ 7
DENOMINAZIONE DELLE DIVERSE PARTI DELL’INCENDIO ........................................................... 7
INFLUENZA DEL TEMPO E DELLA TOPOGRAFIA ............................................................................ 7
TIPOLOGIA DEGLI INCENDI BOSCHIVI ............................................................................................ 8
NOZIONI DI BASE PER L’OPERATORE A.I.B. ................................................... 8
GENERALITÀ..................................................................................................................................... 8
SOFFOCAMENTO DELLE FIAMME ................................................................................................... 9
SOTTRAZIONE DEL COMBUSTIBILE ............................................................................................... 9
SOTTRAZIONE DI CALORE (RAFFREDDAMENTO) ....................................................................... 10
ESTINGUENTI E RITARDANTI ........................................................................................................ 11
ATTREZZATURE MANUALI ............................................................................................................. 12
ATTREZZATURE MECCANICHE ..................................................................................................... 13
APPARECCHIATURA RADIO .......................................................................................................... 14
MATERIALE VARIO ED ACCESSORI .............................................................................................. 18
SOPPRESSIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI .................................................... 19
GENERALITA’ .................................................................................................................................. 19
AVVISTAMENTO E SEGNALAZIONE .............................................................................................. 19
PRIMO ATTACCO ............................................................................................................................ 20
BONIFICA ................................................................................ ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
FINE INTERVENTO ................................................................. ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
AEREOMOBILI ...................................................................................... 22
USO DELL’ELICOTTERO NELLE ATTIVITÀ A.I.B. ........................................................................... 22
ATTREZZATURE DELL’ELICOTTERO............................................................................................. 22
ATTREZZATURA A TERRA ............................................................................................................. 23
TRASPORTO PASSEGGERI ........................................................................................................... 23
INTERVENTI DI SOCCORSO........................................................................................................... 25
SEGNALAZIONI MANUALI PER GLI OPERATORI DEGLI ELICOTTERI .......................................... 26
METEOROLOGIA .................................................................................... 27
IL VENTO ......................................................................................................................................... 27
TOPOGRAFIA ........................................................................................ 29
PRONTO SOCCORSO ............................................................................... 31
APPENDICE 1 ......................................................................................... 6
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................... 37
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INTRODUZIONE
Questo manuale è il frutto di anni di esperienza maturati dagli istruttori dell’associazione, sia sul campo sia
durante i molteplici corsi ed esercitazioni svolti sul territorio della provincia di Como e nella regione Sardegna. Il
manuale cerca di raccogliere e riorganizzare tutto il materiale utile all’attività A.I.B. (Anti Incendio Boschivo),
ma data la continua evoluzione sia dell’attrezzatura sia delle tecniche anche il manuale è in continuo
cambiamento, per cui vi consigliamo di procurarvi la versione più aggiornata confrontando la vostra con quella
che trovate indicata sulla copertina. A causa della complessità degli argomenti molto spesso la lettura non risulta
facile ed immediata specialmente per i non addetti ai lavori quindi vi invitiamo a far riferimento ai vostri
caposquadra per qualsiasi chiarimento. Il materiale presente nella dispensa non è tutto fondamentale per l’attività
A.I.B. ma riteniamo che una trattazione approfondita dei fenomeni sia da preferire perché una conoscenza precisa
è il primo passo per combattere gli incendi e comunque non può essere separata dall’attività pratica su un
incendio reale.
CAUSE DEGLI INCENDI BOSCHIVI
Prima di analizzare le cause dirette degli incendi boschivi, è opportuno fare cenno ad alcune situazioni
predisponenti, sia naturali che antropiche, che rendono più facile l’accendersi e il successivo dilatarsi dei fuochi
nei nostri boschi.
Citiamo per esempio:
 Lo spopolamento di vaste aree, specialmente nelle zone collinari, che produce un allentamento della vigilanza
esercitata in passato dalla popolazione ed una minore ripulitura del bosco, mentre i coltivi abbandonati sono
ricchi di sterpi e cespugli, facile esca al fuoco.
 L’accresciuta mobilità della popolazione, legata al rapido sviluppo della motorizzazione privata.
 L’incremento del turismo e della caccia che portano masse crescenti a contatto con la natura.
 L’andamento climatico di molte regioni italiane con lunghi periodi siccitosi e ventosi.
L’entità dei danni causati dagli incendi nei boschi è non soltanto di carattere ―diretto‖, cioè economico, relativa
alla perdita del materiale legnoso distrutto o danneggiato e dei capitali investiti nei rimboschimenti, ma
soprattutto di carattere indiretto o ―ecologico‖ relativa al dissesto idrogeologico, al deterioramento del paesaggio,
alla distruzione della flora della fauna, all’alterazione dell’ambiente etc.
1.
CAUSE NATURALI
Uragani, cicloni, temporali;
Gli incendi provocati dai fulmini e dalla caduta di linee elettriche dovuta al vento sono in effetti
difficilmente riscontrabili (tant’è vero che, negli U.S.A., si calcola che su mille incendi solo diciannove
sono realmente imputabili a tali cause; in Italia la percentuale è inferiore).
Autocombustione;
Si può verificare nelle masse vegetali, vive ed ammassate (fieno fresco), dove il processo respiratorio in
atto, in concomitanza con lo sviluppo di microrganismi termofili, capaci di produrre fermentazione fino
a 60°-70° , predispongono l’autocombustione. Per determinare il fenomeno autocombustivo si devono
quindi verificare condizioni tali che nel bosco non si verificano mai.
Autocombustione da vetri.
Quando all’accensione per rifrazione dei raggi solari, attraverso bottiglie e cocci di vetro abbandonati nei
boschi segue lo sviluppo dell’incendio, si ha il fenomeno dell’autoaccensione; tuttavia la possibilità che
si verifichi spontaneamente è molto scarsa.
Eruzioni Vulcaniche
2.
CAUSE ANTROPICHE DOLOSE
Speculazione su terreni;
La causa che ha provocato più danni al patrimonio boschivo italiano negli anni ’50 e ’60 è la distruzione
dei boschi con intenti speculativi in campo edilizio. Per prevenire tale crimine dal 1975 una legge pone
sui terreni percorsi dal fuoco il vincolo di assoluta inedificabilità sino alla naturale ricostituzione del
manto boscato, anche in presenza di varianti che modifichino la destinazione d’uso dei fondi colpiti. Ciò
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dovrebbe far decadere ogni interesse per lo speculatore scoraggiandone gli intenti, ma purtroppo in gran
parte del territorio italiano non esiste alcuna mappatura dei terreni percorsi dal fuoco ed è quindi assai
difficile imporre i vincoli.
Bruciatura di boschi e cespuglieti da parte dei pastori;
Nell’Italia meridionale ed insulare (specialmente in Sardegna) è ancora frequente l’uso di bruciare
cespugliati e boschi per ottenere alle prime piogge autunnali, ma soprattutto in primavera, erba fresca per
il pascolo; oltre che al rinverdimento dei pascoli, gli incendi sono anche finalizzati al loro allargamento.
Incendi del sottobosco per stanare la selvaggina;
Accade talora che cacciatori di pochi scrupoli diano fuoco ai boschi (specialmente nelle zone di riserva)
per fare uscire la selvaggina su terreno di caccia libera. E’ una pratica criminale che distrugge flora e
fauna.
Incendi per appalti privati per rimboschimenti;
Sfortunatamente gli appalti per i rimboschimenti da effettuarsi nelle zone danneggiate dagli incendi
divengono uno dei motivi per provocare questi ultimi, sia per chi è interessato alla fornitura delle piante,
sia per chi teme una riduzione del personale impiegato nel settore.
Creazione di posti di lavoro;
In molte località del centro-sud e nell’arco alpino esiste un numero notevole di disoccupati e sottoccupati
cui interessa la creazione di un posto di lavoro, taglio, pulitura dei boschi bruciati, per esempio, oppure
guardia fuoco: si brucia un bosco per dimostrare la necessità di assumere operai.
Piromania;
Gente che incendia per divertimento o per godersi lo spettacolo ce n’è, purtroppo, più di quanto si creda.
Alcuni cercano forse una rivalsa e una liberazione da condizionamenti e frustrazioni a cui li costringe
l’esasperante vita moderna, specialmente nelle città.
3.
CAUSE ANTROPICHE COLPOSE
Mozziconi di sigaretta, cerini;
Sono queste cause molto frequenti, come indicano i numerosi incendi originati sul bordo delle strade o
delle ferrovie. Un mozzicone di sigaretta acceso buttato da un’auto o da un treno in corsa è una piccola
brace che, in presenza di sterpaglie e per lo spostamento dell’aria generato dal passaggio di altri mezzi
oppure per moti ventosi (una leggera brezza è sufficiente) può benissimo accendere la prima fiamma.
Bisogna dire che l’impiego di diserbanti chimici (in particolare modo i clorati) lascia l’ambiente
infiammabile anche dopo mesi dall’applicazione.
Bruciatura di stoppe nei campi per concimazione;
L’abitudine dei contadini di bruciare le stoppie nei campi (poco dopo il tagli o del grano ad esempio) e di
ardere grandi mucchi di sterpi (pratica attuata perfino tra gli oliveti o vicino ai vigneti) è decisamente
condannabile.
Bruciature di cespugli, sterpaglie, erbacce e arbusti per la ripulitura dei bordi di strade
e ferrovie;
Certi cantonieri hanno la cattiva abitudine di bruciare le stoppie nei canali di scarico a lato della strada
per ripulirli. E’ vero che così rinasce un’erba verdissima, fin dalle prime piogge di fine estate, ma questo
non giustifica la possibile distruzione degli arbusti e danneggia, in qualche caso irreparabilmente, gli
alberi piantati lungo le strade e le ferrovie. In molti casi poi il fuoco , totalmente incustodito specie
durante le ore notturne, si estende ai cespugli e ai boschi. per non parlare delle nuvole di fumo che,
alzandosi improvvisamente dal ciglio della strada, possono causare incidenti automobilistici spesso
mortali.
Fuochi da esercitazioni militari
Fuochi dovuti a escursionisti, campeggiatori, cacciatori;
Non tutti i frequentatori del bosco hanno cura di lasciarlo così come l’hanno trovato: calpestio a parte, la
gente stronca i rami, asporta arbusti, piantine, bacche e funghi, coglie fiori, getta rifiuti che possono poi
essere facile esca per il fuoco. Anche se i campeggiatori più esperti a differenza dei gitanti domenicali,
provocano difficilmente l’incendio, l’accensione di fuochi nel bosco è comunque un fatto molto grave e
pericoloso, anche perché le braci non spente, o spente male, possono covare sotto la cenere e divampare
poi improvvisamente. Un D.R. vieta qualunque accensione di fuochi che non coincidano con favorevoli
fenomeni meteorologici.
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Fuochi dovuti a giochi di ragazzi;
Pur non essendo all’origine di molti incendi, bisogna registrare anche questo caso: ragazzi (ma anche
adulti) che accendono falò per puro divertimento, senza preoccuparsi né dell’eventuale vicinanza di
cespugliati e boschi, né di un accurato spegnimento delle braci.
Bruciatura immondizie;
Taluni comuni dislocano gli immondezzai nelle vicinanze o addirittura entro i boschi; sovente accade poi
che a tali depositi di immondizie sia dato fuoco con possibilità di estensione successiva ai boschi.
4.
EVENTI NON CLASSIFICABILI
Di questo gruppo fanno parte tutte quegli incendi le cui cause sono ignote, oppure sono dubbie. Molto più spesso
di quanto si crede la causa dell’incendio non è precisamente individuabile e si fanno delle ipotesi che comunque
sono verosimili.
ITALIA
INCIDENZA PERCENTUALE DELLE CAUSE SUL NUMERO
DEGLI INCENDI
ANNI NATURALI COLPOSE DOLOSE NON CLASS.
1989
0,50
31,00
45,00
23,50
1990
1,00
24,40
54,10
20,50
1991
1,00
26,10
55,30
17,60
1992
0,70
23,40
58,50
17,40
1993
0,50
24,00
60,50
15,00
1994
1995
1,3
22,20
53,80
C a u s e in c e n d i B o s c h iv i 1 9 9 5
NO N CLASS.
23%
NATUR ALI
1%
CO LPO SE
22%
22,70
DO LO SE
54%
LA COMBUSTIONE
Come tutti sanno la combustione è una reazione chimica, e precisamente un’ossidazione, mentre la fiamma non è
altro che la parte visibile di una colonna di gas e di vapori in combustione; invece i fumi che vengono immessi
nell’atmosfera , sono rappresentati da composti chimici diversi e si generano nella maggior parte delle
combustioni. In questa sede la combustione del legno merita un cenno particolare.
La struttura del legno è anisotropa e la sua conduttività termica in direzione tangenziale è superiore fino al 10%
rispetto a quella radiale. La sua composizione è rappresentata da cellulosa (50%, polimeri di circa 3-15000 unità
del carboidrato glucosio beta in catene lineari), enocellulosa (25%) e lignina (25%).
Quando il legno viene riscaldato subisce il fenomeno della pirolisi che consta di diverse fasi. La prima è
rappresentata da una perdita di acqua e durante questa disidratazione la temperatura si mantiene sotto i 70°C,
fino a quando la maggior parte di liquido non viene eliminata; la rimanente parte di acqua evapora
successivamente con l’aumento della temperatura a 100°C. A questo punto inizia la pirolisi vera e propria
caratterizzata dall’eventuale eliminazione del liquido residuo, dallo sviluppo di anidride carbonica, ossido di
carbonio e dall’aumento della temperatura a 200°C. Procedendo con le reazioni si ha la formazione di un
composto, detto pirolegnoso (acidi grassi a basso peso molecolare, acidi grassi superiori a alcool metilico in
soluzione acquosa), e si raggiungono i 280°C sempre con emissione di anidride carbonica e ossido di carbonio.
Oltre questa fase la reazione assume un decorso fortemente esotermico, e con afflusso di aria sufficiente si ha la
combustione viva con rapido incremento della velocità di reazione e notevole emissione di luce e calore. I
composti emessi sono rappresentati da formaldeide, acido acetico, acido formico, metanolo, ecc. mentre la
frazione gassosa è caratterizzata dalla presenza di gas combustibili, come metano e idrogeno, oltre al già citato
ossido di carbonio.
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Nella combustione viva l’accensione della massa gassosa liberata si ha quando questa, mescolata all’aria,
raggiunge una certa concentrazione e in presenza di energia di innesco produce la fiamma che può superare i
1000°C. Contemporaneamente si ha l’ossidazione del residuo carbonioso.
Se la combustione non è completa, cioè le particelle non vengono consumate completamente nella fiamma si ha la
produzione del fumo cioè l’insieme di più di 200 composti diversi originati nella combustione del legno.
La quantità di anidride carbonica e di vapore d’acqua liberati sono indice dell’efficienza della combustione e cioè
tanto più sono abbondanti tanto più è stata completa la combustione.
APPENDICE 1
PUNTO DI INFIAMMABILITÁ o TEMPERATURA DI INNESCO
È la temperatura alla quale occorre portare un combustibile affinché esso emetta vapori combustibili in quantità
da incendiarsi in presenza di un innesco sia esso fiamma o scintilla.
PUNTO DI ACCENSIONE
È la temperatura alla quale un combustibile inizia spontaneamente a bruciare in presenza di ossigeno senza
necessità di innesco con fiamma o scintilla.
I combustibili si suddividono secondo la tabella internazionale in classi:
CLASSE A:
quelli di tipo solido (normalmente derivati da elementi contenenti cellulosa, ivi compresi la
maggioranza di quelli da lettiera di tipo boschivo).
CLASSE B:
quelli di tipo liquido, suddivisi in varie categorie:
1. con temperatura di innesco inferiore ai 21° (benzine, alcool, ecc.)
2. con temperature di innesco comprese tra 21° e 65° (gasolio, petrolio, ecc.)
3. con temperature di innesco superiori ai 65° e fino a 125° (olii combustibili, lubrificanti)
CLASSE C:
quelli sviluppati da gas (in special modo: metano che stratifica verso l’alto e il butano che
stratifica verso il basso)
CLASSE D:
quelli sviluppati da sostanze chimiche che legate all’acqua formano sostanze tossiche
CLASSE E:
quelli sviluppati da apparecchi elettrici sotto tensione (pericoli di archi voltaici)
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IL COMPORTAMENTO DEL FUOCO
DENOMINAZIONE DELLE DIVERSE PARTI DELL’INCENDIO
Testa
Parte più avanzata dell’incendio che si
sposta in direzione del vento, dove la
combustione è più rapida e intensa
Coda
Parte opposta alla testa dove le fiamme sono
basse, se l’intensità del vento è notevole,
l’incendio assumerà un andamento a ―fronte
continuo‖ quindi questa parte tende a
scomparire.
Fianco
Parte laterale dove le fiamme tendono ad essere più basse e più facilmente attaccabili
Lingua
Propaggine che si stacca da un fianco dell’incendio che talvolta può creare un altro fronte di avanzamento
dell’incendio.
Salti di favilla
In presenza di vento molto forte e di incendi a chioma, dove si ha il trasporto a distanza di tizzoni e faville si
possono creare focolai imprevisti che modificano l’andamento dell’incendio.
INFLUENZA DEL TEMPO E DELLA TOPOGRAFIA
(Vedi anche i capitoli relativi)
Il comportamento del fuoco dipende sostanzialmente da tre fattori, che si influenzano reciprocamente: il
combustibile anzitutto, ma anche le condizioni meteorologiche e la topografia.
I combustibili si distinguono in:
 Leggeri, come l’erba e le foglie secche e i ramoscelli di piccole dimensioni, che sono molto infiammabili e
bruciano rapidamente (anche i rami morti di diametro inferiore a 5 cm si accendono bene),
 Pesanti, come i tronchi e i rami più grossi e le ceppaie, che sono meno infiammabili ma, quando sono secchi,
bruciano a lungo ad alta temperatura emettendo molto calore.
Sono importanti la continuità e la compattezza e i materiali vegetali e ancora di più il contenuto d’acqua. A
prescindere dallo stato fisiologico della vegetazione, il contenuto d’acqua dipende dalle condizioni
meteorologiche: le precipitazioni, il vento. la temperatura e l’umidità atmosferica.
Per le precipitazioni non interessa tanto la quantità quanto la distribuzione nel tempo. Sono i periodi prolungati di
siccità che creano i maggiori pericoli.
Il vento ha un’influenza determinante: Apporta grandi quantità di ossigeno alla combustione, essicca i materiali
vegetali esaltando l’evaporazione e la convezione, trasporta a grandi distanze i tizzoni e soprattutto impone la
direzione dell’incendio.
In assenza di vento e in terreno pianeggiante il fuoco tende ad espandersi in tutte le direzioni, in forma circolare.
Col vento si ha una direzione preferenziale e l’incendio acquista una caratteristica forma allungata ellittico-ovale.
La temperatura riscalda il combustibile e lo essicca, portandolo più vicino alla temperatura di accensione.
L’umidità atmosferica influenza direttamente il contenuto d’acqua del combustibile, soprattutto di quello morto.
La topografia influisce con l’esposizione e la pendenza. La prima determina l’irraggiamento solare e quindi la
temperatura e l’umidità (l’esposizione a sud-ovest è la più calda, asciutta e pericolosa). La seconda facilità
l’avanzamento del fuoco verso le zone più alte, preriscaldando con la convezione dell’aria calda combustibili
sovrastanti non ancora interessati dalle fiamme. Raggiunto il crinale, il fuoco assume un andamento quasi
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verticale e richiama aria in senso opposto dall’altro versante, spesso impedendo che le fiamme lo percorrano in
discesa.
Un’altra conseguenza della pendenza è tuttavia anche il precipitare a valle di materiali infiammati che possono
accendere nuovi focolai.
Quando poi lungo le pendici vi sono burroni, crepacci o strettoie, il fuoco avanza con la massima rapidità- Il
tiraggio dell’aria calda diventa allora paragonabile a quello di un camino.
TIPOLOGIA DEGLI INCENDI BOSCHIVI
In generale si distinguono i seguenti tipi di incendio:
Incendi Sotterranei
Bruciano le sostanza vegetali sotto il livello del suolo, il muschio, la torba, l’humus indecomposto. La
combustione è lenta ma si spegne con difficoltà. La stessa acqua serve a poco a meno che non contenga additivi
per ridurre la sua tensione superficiale. Questi incendi, frequenti nelle pianure dell’Europa e dell’America
settentrionali, creano grossi problemi. non è raro il caso che durino per intere settimane, perfino sotto la neve.
Nei paesi mediterranei, nei periodi di forte siccità e purché il terreno consenta una certa aerazione, possono
bruciare le ceppaie, con notevoli pericoli per la ripresa e la diffusione del fuoco.
Incendi di superficie
E’ il tipo più comune. Quasi tutti gli incendi cominciano in questo modo. Bruciano la lettiera, l’erba, le foglie, e i
rami morti, insomma la vegetazione al livello del suolo. Il fuoco è generalmente rapido ma non raggiunge una
forte intensità. Spesso non provoca danni di rilievo agli alberi. L’opera di spegnimento è relativamente facile,
anche con semplici mezzi manuali.
Incendi a chioma o a corona
Questo è il tipo di incendio più preoccupante. Le fiamme si estendono rapidamente alle chiome degli alberi, con
grande sviluppo di calore; quando c’è vento i tizzoni diffondono il fuoco anche a grandi distanze. Sono incendi
frequenti e di intensa pericolosità soprattutto nelle monocolture di conifere a elevata densità. Di solito l’unico
mezzo per averne ragione, è la soppressione del combustibile, con una barriera naturale o artificiale o con
l’abbruciamento preventivo (controfuoco).
Questa suddivisione non è rigorosa. Lo stesso incendio può assumere diversi aspetti nel tempo e nello spazio. Nei
casi peggiori va a fuoco senza alcuna distinzione tutta insieme la vegetazione presente sulla superficie, gli alberi,
gli arbusti, l’erba e la lettiera.
NOZIONI DI BASE PER L’OPERATORE A.I.B.
GENERALITÀ
Si può rappresentare il fuoco con un triangolo i cui tre lati sono costituiti da combustibile, comburente (ossigeno),
calore; mancando uno di tali elementi non può esistere il fuoco.
I sistemi di spegnimento degli incendi sono basati
su azioni tendenti:
1. ad
impedire
all’aria
di
proseguire
l’alimentazione del fuoco (soffocamento)
2. ad abbassare la temperatura del combustibile
portandola così al di sotto del punto di
infiammabilità (azione di raffreddamento) che
per il legno è circa 200°C,
3. ad allontanare il combustibile, spegnendo così
il fuoco per esaurimento.
Vogliamo tuttavia premettere che nella complessa
dinamica di un incendio boschivo non si potrà
mai procedere usando un solo ―metodo‖ ma
alternando e frammischiando le varie tecniche
fino al raggiungimento dell’obbiettivo finale.
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(Per maggiori informazioni sulla combustione del legno vedere capitolo ―La Combustione‖)
SOFFOCAMENTO DELLE FIAMME
Qualsiasi fuoco si estingue quando viene isolato dall’aria mediante un diaframma che si frapponga tra la fiamma
e l’ambiente che lo circonda.
Nel fuoco basso, radente l’azione di isolamento viene fatta sia battendo le fiamme con qualcosa che ne provochi il
sia pur momentaneo isolamento dall’aria sia ricoprendo le fiamme con qualche sostanza inerte incombustibile.
L’azione battente viene fatta con frasche o rami con fogliame verde, fruste o flabelli metallici, di cuoio o altra
sostanza, badili o altri attrezzi.
E’ un’operazione che va fatta con rapidità e decisione per avere ragione di fiamme che abbiano attaccato la
vegetazione erbacea e talora anche arbustiva.
Preferire specie a foglia consistente carnosa, evitare assolutamente le specie resinose perché di facile accensione.
Quando la frasca ha perso le foglie. a meno che non abbia una ramificazione molto sviluppata (erica, tamerice,
faggio, ecc.) deve essere gettata e sostituita.
Quando non è possibile procurarsi una buona frasca, si ricorre agli attrezzi che abbiamo già citato o a qualsiasi
altro oggetto con cui possa essere percossa, in rapida successione, la vegetazione in fiamme; se si devono usare
sacchi, teli, oggetti di facile accensione, sarebbe bene poterli inzuppare d’acqua per ritardarne l’abbruciamento.
Bisogna che l’azione battente sia ripetuta diverse volte sullo stesso punto anche dopo che si è spenta la fiamma
perché il forte calore prodotto dalla brace rimasta sul terreno non faccia riprendere il fuoco.
E’ opportuno altresì che subito dopo la battitura, possibilmente con altra persona munita di rastrello o rastro
A.I.B., la brace venga dispersa, stando attenti a non portarla a contatto con vegetazione non combusta di facile
accensione.
Durante l’opera di battitura, quando la fiamma è superiore ai 50-60 cm. di altezza, bruciando cioè erba molto
sviluppata, felci, cespugli, è molto difficile per un operatore affrontare il fuoco controvento perché il calore ed il
fumo rendono l’aria irrespirabile anche a distanza di parecchi metri, quindi è opportuno che le fiamme siano
affrontate preferibilmente di lato e sottovento.
Per bloccare il fuoco in un punto il personale A.I.B. dovrà disporsi a poca distanza l’uno dall’altro, nel caso che i
volontari a disposizione siano insufficienti ad una azione contemporanea su tutto il fronte, si dovranno disporre
ad una distanza tale che la loro azione sia la più efficace per non fare avanzare le fiamme.
Il soffocamento avviene anche gettando della terra sulle fiamme con badili o zappe: è un sistema molto efficace su
terreni sabbiosi e ovunque è facile rimuovere la terra per poi spostarla.
Un attrezzo molto utile che viene utilizzato in accoppiamento con il badile è il malimpeggio o zappa-accetta, che
per la sua conformazione permette sia la lavorazione del terreno sia il taglio della vegetazione.
L’azione di soffocamento viene praticata soprattutto in fase di bonifica (come vedremo più avanti) per ricoprire
ceppaie che ardono, tronchi in parte bruciati con brace accesa, monconi che possono ruzzolare sul pendio.
Comunque, in tutti i casi ove è possibile, il getto di terra sulle fiamme è molto efficace anche perché si effettua
una notevole azione di raffreddamento che contribuisce alla definitiva estinzione di ogni fuoco. Bisogna però stare
attenti che sotto la terra il fuoco non covi (come nelle carbonaie) per poi riaffiorare in caso di vento che rimuove
la terra e facilita la ripresa della combustione solo sopita.
SOTTRAZIONE DEL COMBUSTIBILE
E’ il sistema più usato sul nostro territorio per ―arginare‖ un incendio boschivo e successivamente spegnerlo.
Durante un intervento A.I.B. non ci si deve preoccupare tanto di salvare la vegetazione già attaccata dal fuoco,
quanto di ―isolare‖ il più presto possibile la zona in fiamme per impedire una ulteriore estensione del sinistro.
Quando il fuoco raggiunge una certa altezza e si riscontra che, con i mezzi a disposizione, non è possibile
estinguerlo si ricorre al taglio ed all’asportazione della vegetazione davanti e lateralmente al fronte di
avanzamento affinché avvenga che le fiamme si estinguano perché non trovano più materiale di cui alimentarsi.
Qualora la velocità di avanzamento del fuoco sia modesta, cosa che avviene soprattutto sui fianchi di un incendio,
l’eliminazione della vegetazione può essere affrontata anche a breve distanza dalle fiamme per salvare la maggior
superficie possibile di bosco, sempre però con la certezza di non farsi superare da fuoco.
La vegetazione tagliata si disidrata facilmente nelle vicinanze del fuoco, per cui è buona regola allontanarla molto
dalla linea che raggiungerà il fuoco, oppure gettarla (non ammucchiata ma sparsa) all’interno della linea stessa
affinché sia bruciata e non desti più preoccupazione.
Più impegnativa è l’eliminazione dalla vegetazione davanti al fronte dell’incendio: la velocità del fuoco è varia e
bisogna calcolare bene la lunghezza del fronte in modo da avere la certezza che il fuoco non arrivi alla striscia di
isolamento o linea tagliafuoco prima che questa sia ultimata: in tale caso il fuoco dilagherebbe nuovamente con
gravissimo pericolo per gli uomini intenti all’apertura della fascia che potrebbero rimanere stretti tra due fronti.
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La velocità media di avanzamento del fuoco non è facilmente prevedibile ―a priori‖, in quanto influiscono troppi
fattori, anche momentanei, quali lo stato di idratazione del terreno e della vegetazione, l’andamento topografico,
il vento, la temperatura ambientale.
A seconda del tipo di vegetazione va scelto l’attrezzo adatto per il taglio e l’allontanamento del materiale.
Quando vi è solo vegetazione erbacea, il taglio può essere eseguito con falci, falcetti, rastrelli A.I.B. a lama,
zappe, zappe-accette.
In presenza invece di vegetazione arbustiva, in bosco di giovane età o rimboschimento di pochi anni, quando cioè
il diametro delle piante non supera i 3- 4 cm., si può agire efficacemente con roncola, zappa-accetta,
motodecespugliatore.
E’ sempre bene che dietro ai tagliatori vi sia personale addetto alla rimozione del materiale dal letto di caduta ed
al trasporto dove opportuno
Se vi è molto materiale minuto, come avviene per esempio nella bassa macchia mediterranea, nei rimboschimenti
privi da anni di ripuliture, nei ginestreti, ericheti, brughiere, bisogna evitare di ammucchiare il materiale tagliato
vicino alla striscia parafuoco perché si avrebbero fiamme troppo alte che facilmente potrebbero sorpassare la zona
ripulita.
Raramente, per esempio, si praticherà il taglio di faggi, castagni, robinie, ontani, querce il cui diametro a petto
d’uomo superi i 30 cm. Naturalmente dovrà essere fatta un’accurata pulizia di tutta la flora erbacea ed arbustiva
che costituisce il sottobosco in modo che il fuoco non trovi materiale facilmente infiammabile.
Nel caso che l’incendio sia di tipo basso, radente, ciò sarà sufficiente. Quando invece il fuoco procede alto, per
chiome, o addirittura a barriera coinvolgendo tutta la vegetazione che incontra, sarà allora quasi sempre
indispensabile procedere all’eliminazione di tutta la vegetazione abbattendo gli alberi, sramando, depezzando ed
allontanando il materiale legnoso dalla linea tagliafuoco. Questo soprattutto quando il bosco è di conifere o misto
di latifoglie e conifere.
Talora anche in boschi di resinose può essere sufficiente eliminare i rami bassi fino a circa due metri da terra e
diradare il soprassuolo, eliminando le piante più filate, di minor diametro che sono sempre le più facili ad
accendersi e naturalmente, ogni vegetazione secca o seccaginosa.
La striscia d’isolamento perfetta dovrebbe essere scoticata e con lo strato di terreno vegetale rimosso fino ad
evitare ogni pericolo che il fuoco si propaghi per via ipogea, attraverso lo strame, le radici, le fessure del terreno.
La sottrazione di combustibile davanti alle fiamme equivale, in definitiva alla creazione di una fascia, striscia o
linea di isolamento incombustibile e di larghezza tale che le fiamme anche alte non possano valicarla.
In presenza di bosco con alberi di una certa altezza vi è il pericolo che questi, cadendo in fiamme possano
oltrepassare la linea di isolamento e quindi propagare il fuoco all’esterno.
Si cerca di ovviare questo inconveniente sia abbattendo le piante alte che possono divenire preda del fuoco nelle
vicinanze della fascia, sia tenendo sempre del personale pronto con frasche, roncole, pale e picconi, che stia
attento a dove possono cadere dette piante per spegnerle ed isolarle al più presto.
Ricordarsi sempre che le piante di medie e grandi dimensioni bruciano a lungo anche se atterrate a meno che non
si riesca a ricoprirle di terra.
Quello che sempre si deve tenere presente , lo ripetiamo ancora perché è cosa fondamentale, è che la fascia
d’isolamento deve essere creata e vigilata in modo tale che non possa essere assolutamente superata da fuoco.
Anche la pratica del controfuoco mira allo stesso principio di far trovare, all’incendio che cerca di estendersi, una
zona già combusta, dove quindi le fiamme devono estinguersi per ―mancanza‖ di combustibile.
Tale tecnica è molto delicata e pericolosa quindi deve essere eseguita solo da personale molto esperto.
E’ difficile descrivere le modalità e i casi in cui la tecnica del ―controfuoco‖ si efficace; tutte le valutazioni
necessarie devono essere ponderate dal direttore delle operazioni che dopo aver analizzato la situazione deve
decidere sulla tecnica più adatta ad affrontare l’incendio.
In qualunque caso bisogna fare attenzione ai ―colpi di vento‖ che possono far cambiare repentinamente la
direzione di avanzamento dell’incendio.
SOTTRAZIONE DI CALORE (RAFFREDDAMENTO)
Il principale elemento attraverso il quale avviene il raffreddamento del combustibile è l’acqua sia per la sua
facilità di reperimento sia per il suo basso costo.
Il fuoco in foresta è in un fuoco di sostanza solida (legno) quindi un fuoco di CLASSE A (Secondo la definizione
del Comitato Europeo Normalizzazione) che forma brace ma che sviluppa un calore relativamente modesto per
unità di massa.
Utilizzando l’acqua sul fuoco di legno otteniamo soprattutto una fortissima sottrazione di calore per le proprietà
specifiche del liquido di assorbire molto calore per giungere alla temperatura di ebollizione e quindi di
evaporazione.
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Quando ad un combustibile come il legno in fiamme si sottrae una forte quantità di calore può avvenire che si
riesca a giungere al di sotto della temperatura di accensione o ignizione e pertanto la combustione cessa.
Si ha una certa azione di soffocamento e cioè di isolamento della fiamma dall’aria che però termina quando
l’acqua si trasforma in vapore.
L’acqua deve essere irrorata sul combustibile in modo da raffreddare il più possibile la superficie. A tal scopo
quindi è preferibile usare acqua frazionata anziché acqua a getto pieno in modo tale da ripartire l’acqua a
disposizione su una superficie assai maggiore con l’effetto di raffreddare e soffocare una porzione di spazio
interessata dal fuoco che sia la più grande possibile.
All’acqua si possono aggiungere sostanze chimiche che ne aumentino il potere anti-fiamma, o prodotti
estinguenti e ritardanti, dalla varia efficacia secondo i vari tipi di fuochi.
L’utilizzazione dell’acqua purtroppo è subordinata alla presenza e alla consistenza della risorsa idrica disponibile
nel punto più vicino alle fiamme da estinguere.
ESTINGUENTI E RITARDANTI
L’acqua è di per sé uno strumento molto efficace per arrestare o comunque ritardare la combustione. Bisogna però
averla in quantità sufficiente. la sua azione è limitata nel tempo; scompare del tutto con l’evaporazione: In ogni
caso l’approvvigionamento e l’adduzione richiedono fatiche e spese. Da molto tempo sono note e sono state
sperimentate numerose sostanze che, da sole o aggiunte all’acqua, permettono di ridurre alcuni inconvenienti, di
economizzarla e di ottenere uno spegnimento più rapido e sicuro. Queste sostanze si chiamano ―ritardanti‖,
perché con azione chimica o fisica riducono l’infiammabilità dei combustibili e ―ritardano‖ la propagazione
dell’incendio. Sono ―estinguenti‖ invece quelle che bloccano la combustione. Ma non di rado la stessa sostanza
esercita insieme l’una e l’altra azione.
I ritardanti sono in genere liquidi o polveri con cui preparare soluzioni acquose in percentuali variabili secondo la
sostanza e il tipo di uso che ci si appresta a farne (tipo di substrato, bonifica, spegnimento). Abbiamo due
categorie di ritardanti: a Breve e a lungo termine. Mentre i ritardanti a breve termine si limitano a modificare le
caratteristiche chimiche dell’acqua e perdono efficacia quando questa è evaporata, i secondi esercitano azioni
chimiche sulla combustione.
A breve termine
Modificano le caratteristiche dell’acqua, in particolare variano la sua tensione superficiale, la forza che consente
la formazione delle gocce. Ricordiamo che una goccia ha un rapporto superficie/volume tanto maggiore quanto
più piccola è la goccia stessa: a noi ciò che interessa è proprio la superficie di scambio termico, che deve essere la
maggiore possibile. Tanto più grossa è la goccia tanto minore è la superficie che la goccia riesce a bagnare; in
presenza di erbe, cespugli densi e lettiere spesse è difficile che l’acqua riesca a bagnare in profondità tutto il
combustibile, d’altra parte però accade che scorra ed evapori troppo in fretta, che non aderisca alle foglie. In base
all’azione, opposta, che svolgono i ritardanti a breve termine si possono classificare in due famiglie: Bagnanti ed
Ispessenti.
BAGNANTI: riducono la tensione superficiale e provocano la formazione di gocce più piccole, consentendo una
penetrazione e una diffusione più agevole (fino ad 8 volte) e più profonda nell’humus e nella lettiera. Questi
prodotti sono dei tensioattivi che, favorendo la diffusione dell’acqua, ne consentono notevoli risparmi; a volte poi,
tramite la formazione di schiume impediscono il passaggio dell’ossigeno.
ISPESSENTI: sono gli addensanti che svolgono un’azione opposta rendendo viscosa l’acqua formando soluzioni
colloidali che, ricoprendo la lettiera di uno strato liquido maggiore, riducono la dispersione e l’evaporazione
dell’acqua e soffocano meglio la combustione. Fra questi prodotti ci sono polisaccaridi, alginati, polimeri
sintetici, ma anche argille come la bentonite. Le argille hanno anche il vantaggio di lasciare una pellicola
pulvirulenta. Studi vari hanno dimostrato che l’acqua viscosa ha una durata di trenta minuti circa. I ritardanti
vengono impiegati in soluzioni molto diluite con percentuali che vanno da 0.2% a 1% per i composti sintetici, dal
3% al 10% per le argille.
schiumogeni e gel
Si tratta di sostanze sintetiche che hanno la ragione di utilizzo nel separare l’ossigeno dal combustibile e
raffreddarlo. Sono nati per essere impiegati su fluidi (classe B) ma nel tempo si sono sviluppati prodotti adatti
anche all’uso sui vegetali. Grande vantaggio nel loro uso sta nel risparmio di acqua in quanto, espandendosi,
occupano volumi e superfici maggiori rispetto all’acqua; l’uso è limitato dalla presenza di vento che
disperderebbe la schiuma. Trovano impegno soprattutto combinati con l’acqua (0.3-0.6%) infatti consentono
all’acqua di essere meglio assorbita dai vegetali, rallentano la sua vaporizzazione, riducono la temperatura
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esterna. È utile diversificare la concentrazione di soluzione: Più alta nelle condizioni ideali per garantire un
migliore spessore.
Per il gel il principio di funzionamento è circa lo stesso; invece di una schiuma abbiamo una gelatina che
consente di mantenere un alto tenore di acqua a contatto delle superfici combustibili e, nel contempo, raffreddarle.
In entrambi i casi l’applicazione del prodotto deve precedere il sopraggiungere delle fiamme per concedere al
prodotto di espandersi ed aderire.
A lungo termine
Parliamo di sostanze che modificano le caratteristiche chimiche della combustione. L’azione da essi svolta può
essere così spiegata: in generale la pirolisi (decomposizione termica della cellulosa) e la combustione si
sviluppano in due forme concorrenti: la pirolisi si sviluppa a temperatura più bassa (270°C) e produce carbone
insieme ad acqua e anidride carbonica; la combustione a temperatura più elevata (340°) producendo sostanze
volatili infiammabili. I sali di ammonio intervengono spostando la reazione verso la pirolisi e quindi creando più
vapore aiuta a sottrarre calore al combustibile. Ai sali occorre però aggiungere degli additivi: ispessente,
anticorrosivo, facoltativo colorante.
Ci sono ritardanti più viscosi che riducano l’evaporazione e altri più fluidi che penetrano meglio. Possono essere
entrambi impiegati nell’attacco diretto e indiretto con rendimenti migliori del 70% rispetto alla sola acqua. Il
maggiore impiego rimane comunque la creazione di fasce di difesa dove si va ad arrestare la combustione.
Conservano la loro efficacia per parecchie ore anche dopo la completa evaporazione dell’acqua. Sono venduti in
forma di polveri o miscele acquose al 10-20%.
Note ambientali
Ma queste sostanze inquinano? Sostanzialmente no; Cosa inquina? la sostanza sbagliata nella concentrazione
sbagliata nel posto sbagliato; il discorso sta tutto nelle basse concentrazioni di impiego e nella dispersione sul
terreno che si fa del prodotto. Stiamo parlando di composti di sintesi organici (RBT) o inorganici (sali di
ammonio) ma comunque facilmente biodegradabili (oltre il 90%) e che spesso vanno incontro a degradazione
chimico-fisica per effetto dell’esposizione ai raggi solari. E il 10% rimasto? Con le prime piogge viene dilavato,
finisce nella rete idrografica ma con diluizioni tali da renderlo irrilevante.
ESEMPI: Sabowet e Sabogel.
ATTREZZATURE MANUALI
RONCOLE
Si ritengono utilissime come dotazione individuale di base per ogni persona che interviene in operazioni A.I.B..
Per praticità vengono portate dall’individuo in apposita guaina sostenuta da cintura o cinturone.
Attrezzo di rapido uso, se ben curato ed affilato, in mano a personale anche con modesta esperienza; serve per il
taglio di vegetazione di modeste dimensioni, per l’apertura di viali parafuoco, per lo sfoltimento o la spalcatura di
tratti di bosco troppo fitto, per aprire o ripulire i sentieri di servizio per il transito del personale, per procurarsi
rapidamente frasche fresche per l’operazione di battitura di fiamme basse, per la depezzatura di ceppaie
marcescenti in parte bruciate.
Di uso agevole, specie per il trasporto, sono le roncole a manico corto, da usare con una sola mano.
Le roncole a manico lungo, con innesto a codolo sono particolarmente indicate per il taglio di vegetazione
spinosa, di cespugliame molto intricato ed in tutti i casi in cui l’operatore sia distante dal punto di taglio. Sono un
po’ pericolose per il trasporto, data la lama tagliente e la punta aguzza per cui, come quelle corte, è opportuno che
la lama sia protetta da un cappuccio o guaina.
La roncola corta, data come dotazione individuale, è anche molto utile in caso di pericolo per districarsi in un
bosco particolarmente fitto.
Una buona roncola deve essere fatta di ferro acciaioso, forgiato e non stampato; la resa dell’attrezzo dipende
essenzialmente dalla bontà del materiale, dalla sua tempera (né troppo dolce perché non reggerebbe l’affilatura,
né troppo dura perché sarebbe troppo fragile e si spezzerebbe a contatto con qualche corpo più duro del legno,
cosa non rara) e dalla manutenzione ed affilatura.
ZAPPA-ACCETTA Pulansky
Detta anche ―malimpeggio‖. E’ un attrezzo di ferro con manico in legno a duplice funzione essendo costituito da
un’accetta e una zappa, uniti a mezzo di un occhio sul quale viene innestato il manico.
Di varie dimensioni, dal tipo piccolo che può essere adoperato con una sola mano al tipo pesante con manico
lungo 70 cm. circa, la zappa-accetta è un attrezzo che permette varie operazioni quali il taglio di vegetazione
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rasente terra anche in presenza di roccia affiorante o forte ciotolame, lo scorticamento, l’eliminazione di qualsiasi
residuo vegetale nelle tracce parafuoco, il depezzamento di ceppaie o di tronchi atterrati, l’eliminazione della
brace da ceppaie o tronchi parzialmente bruciati e tutte quelle operazioni in cui è necessario tagliare piante e
rimuovere il terreno alternativamente.
ACCETTE
E’ utile averne al seguito qualcuna nel caso fosse necessario provvedere all’abbattimento o alla depezzatura di
piante di notevoli dimensioni, qualora non si voglia o non si possa usare una motosega e sia insufficiente il
malimpeggio.
In linea generale le accette hanno tempera troppo dura per essere usate nella pratica A.I.B. ove è facile battere su
qualche pietra con conseguente rottura o scheggiatura della lama.
Alcune persone preferiscono usare piccoli accettini dal manico corto, con lama molto affilata da usare quasi come
fossero roncole per tagliare materiale di piccole dimensioni e servirsene, all’occorrenza, anche per materiale di
dimensioni maggiori: l’uso di certi attrezzi dipende sempre da consuetudini locali.
BADILI O PALE
Sono attrezzi tradizionali e generici che possono trovare utile impiego nella lotta antincendio, specie se il suolo
non è eccessivamente roccioso e duro, per battere la vegetazione bassa in fiamme, per rimuovere la terra
(soprattutto se il terreno è sciolto, sabbioso) e gettarla sulle fiamme, sulla brace viva, sulle ceppaie attaccate dal
fuoco.
E’ opportuno che i badili impegnati nella lotta A.I.B. siano di tipo particolarmente robusto, con bordi taglienti,
punta accentuata e codolo di innesto per il manico rinforzato per evitare che nell’azione di battitura si pieghi e si
rompa.
Il manico non deve essere troppo lungo, perché altrimenti l’uso è difficoltoso in terreni in pendio.
Possono supplire il badile alcuni attrezzi leggeri come la cosiddetta ―vanghetta da zappatore‖ in dotazione alle
FF.AA. di cui esistono diverse versioni; sono attrezzi che possono servire per una azione d’emergenza e saltuaria
ma piuttosto delicati per uso prolungato, inoltre si tenga nella dovuta considerazione che l’uso di un attrezzo con
manico corto impone all’operatore di stare quasi sempre ricurvo per cui la fatica sarà maggiore.
FRUSTE ANTINCENDIO METALLICHE, FLABELLI O BATTIFUOCO
E’ un attrezzo che da una decina di anni circa viene proposto quale sostitutivo della tradizionale frasca per la
battitura delle fiamme basse.
E’ costituito da una serie di lamelle di acciaio fissate su una piastra metallica a forma di settore circolare, a
ventaglio con parziale sovrapposizione l’una all’altra. La piastra ha un codolo su cui si innesta un manico lungo
1,50-1,70 m.
Esiste anche una versione in cui le lamelle sono sostituite da strisce di stoffa ignifuga e molto resistente le quali
hanno il vantaggio di essere molto leggere per il trasporto e manovrabili.
Le fruste antincendio sono molto utili soprattutto su terreni rocciosi e accidentati in quanto si adattano
perfettamente alle sconnessioni del terreno.
Bisogna prestare attenzione durante l’opera di battitura a non spargere tizzoni sul materiale non ancora combusto
che si trova nelle vicinanze.
POMPE A SPALLA
Sono chiamate anche pompe a serbatoio in quanto constano di un contenitore di liquido (acqua eventualmente
addittivata) portato a zaino da un operatore che azionando una pompa a mano di vario tipo irrora con getto
regolabile, fino a diversi metri di distanza, la vegetazione già in fiamme o che sta per esserne lambita.
Le pompe serbatoio sono molto utili quando si può disporre di una notevole quantità d’acqua , oppure quando è
facile il rifornimento di liquido dopo ogni irrorazione.
Servono per spegnere piccoli fuochi e nelle operazioni di bonifica; un campo dove la loro utilizzazione può essere
molto vasta è quello dello spargimento di miscele ritardanti in zone di particolare difficoltà di accesso, dove non è
possibile giungere ad operare con altri attrezzi.
ATTREZZATURE MECCANICHE
Gli attrezzi meccanici sono portati e manovrati dagli uomini ma il loro funzionamento è assicurato da un motore.
dispongono di potenze maggiori e soprattutto riducono lo sforzo fisico degli operatori con vantaggio per la
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sicurezza personale. In compenso esigono costi di acquisto e di gestione maggiori e soprattutto un certo grado di
addestramento e specializzazione del personale.
MOTOSEGHE
È disponibile sul mercato una varietà di motoseghe con caratteristiche, peso e prestazioni molto diverse. Per la
lotta agli incendi le motoseghe devono essere robuste, maneggevoli e soprattutto veloci. Non serve una grande
accuratezza nel taglio. Di regola non si impegnano per tagliare alberi di grosso diametro ma soprattutto per
eliminare gli arbusti del sottobosco nella formazione delle linee di difesa. È raccomandabile che gli uomini
lavorino in coppia, uno a tagliare e l’altro a rimuovere il materiale tagliato. Vanno seguite precise norme di
sicurezza per prevenire gli infortuni.
MOTODECESPUGLIATORI
Per l’eliminazione delle erbe, dei cespugli e degli arbusti e anche di piccoli alberi (fino ad un diametro di circa 5
cm.) si utilizzano motodecespugliatori.
Il loro organo di taglio è costituito di regola da una lama rotante foggiata a disco con denti periferici, montata
all’estremità di un braccio di comando. Il motore a scoppio è posizionato all’estremità opposta del braccio, oppure
più frequentemente è portato a zaino dall’operatore.
ATOMIZZATORI-SOFFIATORI
Queste macchine effettuano la nebulizzazione e l’aspersione di liquidi mediante getti d’aria che ottengono la
finissima suddivisione delle goccioline. Sono state concepite per i trattamenti antiparassitari in agricoltura, ma il
loro impiego si è rivelato utile nella lotta agli incendi boschivi. Sono portati a zaino e hanno un piccolo motore a
scoppio che aziona la pompa per il movimento del liquido e il compressore dell’aria. Il serbatoio del liquido è in
plastica e ha la capacità di 12-14 litri. Il peso complessivo della macchina con serbatoio pieno è dell’ordine di
grandezza di 25-30 kg. Servono per il lancio di acqua o di miscela di ritardanti, sostituendo validamente la
pompa ad azione manuale. Il maggior peso e la minore capacità di liquido sono infatti compensati dalla presenza
del motore e dalla nebulizzazione che rende molto più efficace l’azione di spegnimento. La durata di impiego è
dell’ordine di grandezza di 12-15 minuti. Come la pompa ad azione manuale gli atomizzatori vengono impiegati
essenzialmente nell’attacco iniziale contro piccoli incendi e nella bonifica dei focolai.
La stessa macchina si è rivelata molto utile non solo per l’aspersione di liquidi ma anche per il getto d’aria in
pressione. Basta asportare il serbatoio del liquido. Così si riduce il peso e si acquista maggiore autonomia. Il getto
d’aria in pressione è efficace negli incendi poco intensi di erbe e cespugli respinge le fiamme e le soffoca;
svolgendo un’azione paragonabile a quella dei flabelli e delle frasche.
APPARECCHIATURA RADIO
Tale apparecchiatura merita una trattazione a parte ed una collocazione tra le attrezzature di reparto, di squadra,
ed anche individuale.
Il collegamento radio, per chi dirige operazioni antincendio boschivo, è senza dubbio indispensabile e di
fondamentale importanza.
Ogni squadra, anche se numericamente esigua nell’organico, deve essere collegata costantemente con il
responsabile del reparto operante. Tale collegamento deve essere possibile sia quando la squadra è nella fase di
avvicinamento su veicoli sia quando si trova impegnata sul terreno vero e proprio. È ovvio che il comandante o il
responsabile deve potersi collegare con il centro operativo o base operativa, per comunicare o ricevere tutte quelle
notizie utili, direttamente o indirettamente, all’efficacia dell’intervento in atto.
Lo schema base per la realizzazione di un impianto, in ponte radio, per radio collegamenti di un nucleo
antincendio, può così sintetizzarsi:
Complesso ricetrasmittente per stazione fissa (presso la sede del comando o direzione del nucleo)
Complesso ricetrasmittente per stazione ripetitrice.
Complesso ricetrasmittente per stazione veicolare
Complesso ricetrasmittente per stazione portatile
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TECNICHE DI TRASMISSIONE
La trasmissione deve essere concisa e in tono di normale conversazione.
Ogni trasmissione deve avere la più alta intelligibilità possibile ed avere le seguenti caratteristiche:
 Enunciare ogni parola chiaramente e distintamente.
 Mantenere una velocità di parole non superiore alle 100 parole al minuto.
 Quando viene trasmesso un messaggio ad un aeromobile ed il suo contenuto deve essere ben memorizzato la
velocità di parole deve essere la stessa velocità del procedimento scritto.
 Intercalare una brevissima pausa prima e dopo la comunicazione di numeri facilita la comprensione ed il loro
recepimento.
 Mantenere il volume della voce ad un livello costante.
 Familiarizzare con le tecniche di uso del microfono con particolare relazione al mantenimento costante della
distanza tra microfono ed operatore. Se il microfono non mantiene il livello di modulazione costante:
sospendere momentaneamente il parlare, se necessario allontanare la testa dal microfono.
 Quando si trasmette un messaggio lungo è opportuno interrompere momentaneamente la trasmissione durante
le pause delle parole; ciò permetterà all’operatore che trasmette di accertare se il canale è chiaro e di verificare
se chi riceve abbia compreso.
Parole e frasi standard da usare nelle comunicazioni radiotelefoniche:
DARE RICEVUTO
fatemi sapere se avete ricevuto e compreso questo messaggio
AFFERMATIVO
―si‖ o ―permesso accordato‖
BREAK (interrompere)
deve essere usato quando non c’è distinzione chiara tra testo e le altre
parti del messaggio.
CORREZIONE
è stato fatto un errore nella trasmissione o nel messaggio, la versione
corretta è ...
AVANTI
procedere con il messaggio
COME SI SENTE
RIPETO
ripetizione del messaggio o parte di esso
NEGATIVO
―no‖ o ―permesso non accordato‖
PASSO - OVER - CAMBIO
―la mia trasmissione è terminata ed aspetto una risposta da parte tua‖
CHIUDO - OUT
―questa conversazione è terminata e non si attende risposta‖
RICEVUTO - ROGER
―ho ricevuto tutta la tua ultima trasmissione‖
RIPETI
―ripeti tutto o la seguente parte della tua ultima trasmissione‖
PARLA PIANO
―parlare con velocità più lenta‖
STAND BY (attendere)
rimanere in ascolto
CORRETTO
RIPETERE DUE VOLTE
―la comunicazione è difettosa. per favore trasmetti ogni parola due
volte‖
 I messaggi che si trasmettono o ricevono si compongono in due parti:
a- CHIAMATA
b- TESTO
Per ogni messaggio la chiamata serve ad indicare la stazione di origine e il destinatario.
ES.
CHIAMATA: ―India Quebec Chalie da Charlie Foxtrot sierra due‖
TESTO
―Lancio deve essere effettuato sulla direttrice tra i due crinali‖
CHIAMATA
―Charlie Foxtrot sierra due da India Quebec Chalie‖
TESTO
―Roger (o ricevuto)‖
TRASMISSIONE NUMERI
Tutti i numeri devono essere trasmessi pronunciando ogni cifra separatamente.
Es.
10
si trasmette
Uno Zero
75
si trasmette
Sette Cinque
100
si trasmette
Uno Zero Zero
I numeri che contengono decimali debbono essere trasmessi pronunciando ogni cifra separatamente precedendo i
numeri decimali nella appropriata sequenza, con la parola DECIMALE.
Es.
141.1 si trasmette
Uno Quattro Uno decimale Uno
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TRASMISSIONE PAROLE
Quando nella trasmissione la comprensibilità delle parole e dubbia, è necessario effettuare lo spelling usando
l’alfabeto ICAO di seguito.
LETTERA PAROLA
PRONUNCIA
LETTERA PAROLA
PRONUNCIA
A
Alpha
AL FAH
N
November
NO VEM BER
B
Bravo
BRAH VOH
O
Oscar
OSS CAH
C
Charlie
CHAR LEE
P
Papa
PAH PAH
D
Delta
DELL TAH
Q
Quebec
KEH BECK
E
Echo
ECK OH
R
Romeo
ROW ME OR
F
Foxtrot
FOKS TROT
S
Sierra
SEE AIRRAH
G
Golf
GOLF
T
Tango
TANG GO
H
Hotel
HOH TELL
U
Uniform
YOU NEE FORM
I
India
IN DEE AH
V
Victor
VIK TAH
J
Juliett
JEW LEE ETT
W
Whiskey
WISS KEY
K
Kilo
KEY LOH
X
X-ray
ECKS RAY
L
Lima
LEE MAH
Y
Yankèe
YANG KEY
M
Mike
MIKE
Z
Zulu
ZOO LOO
NOMINATIVI RADIOTELEFONICI DEGLI AEROMOBILI ANTINCENDIO
Il nominativo radio degli aeromobili impiegati nel servizio antincendio è composto da 5 lettere così strutturate:
I S S Q _ (il segno ―_‖ può essere occupato da qualsiasi lettera A,B,C etc.)
La prima lettera indica la nazionalità; la seconda e la terza lettera indicano che aeromobile è impegnato in una
missione di soccorso generico; la quarta lettera indica l’Ente che coordina la missione (in questo caso l’RCS di
Roma); la quinta lettera indica la successione dei veivoli impiegati dall’ RSC di Roma nell’arco delle 24 ore.
Quando è stato stabilito con chiarezza il primo contatto di controllo tra le squadre a terra ed i veivoli in zona,
nelle chiamate si può usare il nominativo abbreviato.
ES.
Nominativo intero:
ISSQA
Nominativo abbreviato: I Q A
PROCEDURE DI CHIAMATA RADIOTELEFONICHE PER AEROMOBILI
Per stabilire le comunicazioni bilaterali deve essere usato sempre il nominativo intero. Le procedure di chiamata
per stabilire il collegamento con un aeromobile devono essere fatte secondo lo schema con le modalità di seguito
riportate:
CHIAMATA:
Designazione della stazione di chiamata
India Sierra Sierra Quebec Alpha
Parole QUI È o DA
QUI È o DA
Designazione della stazione di chiamata
Charlie Foxtrot Sierra Due
Invito alla risposta
Over - Passo
RISPOSTA
Designazione della stazione di chiamata
Charlie Foxtrot Sierra Due
Parole QUI È o DA
QUI È o DA
Designazione della stazione di chiamata
India Sierra Sierra Quebec Alpha
Invito a procedere con la trasmissione
AVANTI
IMPORTANTE:
Tutte le comunicazioni radio con aeromobili devono essere effettuate tenendo presente che: la destra e la sinistra
devono essere riferite al punto di vista del pilota; normalmente il pilota non vede chi parla alla radio e quindi i
riferimenti vanno dati rispetto a elementi visibili (case, cime di colline, strade ecc.); non confondere l’alto-basso
con ―a monte‖ e ―a valle‖.
CONSIGLI PRATICI
 Accertarsi dell’efficienza dell’apparato radio e della carica delle batterie.
 Accendere l’apparato e accertarsi prima di iniziare a trasmettere che non vi siano comunicazioni in corso.
 Pensare al contenuto del proprio messaggio prima di iniziare a trasmettere per evitare pause di meditazione e
incertezze che impegnano la frequenza inutilmente e vanno a scapito della chiarezza del messaggio.
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 Premere il pulsante di trasmissione e attendere qualche istante prima di parlare, per evitare che sia persa la
prima parte della comunicazione.
 Parlare con le labbra vicine al microfono in modo chiaro con cadenza normale e senza gridare, anche se in
presenza di forti rumori ambientali.
 Nel caso di difficoltà di comprensione di nomi propri, sillabare secondo l’alfabetico fonetico internazionale
(vedi sopra). I numeri vanno trasmessi una cifra per volta.
 È buona norma non impegnare a lungo la frequenza per lasciare agli altri la possibilità di intervenire in caso
di necessità.
 Se, cercando di contattare qualcuno via radio, dopo le prime due chiamate non si ottiene risposta, non insistere
ad oltranza, il destinatario forse non è in ascolto o non può rispondere subito, attendere per qualche tempo e
nel frattempo verificare la correttezza della frequenza inserita e lo stato della batteria.
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MATERIALE VARIO ED ACCESSORI
Troppo lungo sarebbe una completa elencazione di tutti i materiali che possono essere utilizzati dagli uomini
impegnati nella lotta A.I.B., anche perché molto dipende dalle caratteristiche ambientali e dal sistema di lotta che
vuole essere attuato.
Tratteremo quindi l’argomento piuttosto in generale anche se siamo nella convinzione che gran parte della resa
delle squadre impegnate nella prevenzione, circoscrizione ed estinzione degli incendi boschivi dipende dal loro
equipaggiamento ed attrezzatura logistica.
EQUIPAGGIAMENTO PERSONALE
Il D.L. n 626 del 1994 che disciplina in modo generale il settore antifortunistico con particolare riferimento al
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori subordinati (e gli operatori A.I.B. sono da considerarsi
in questa categoria secondo la Legge n°47/75) sul luogo di lavoro, recita testualmente ―Nei riguardi delle Forze
Armate e di Polizia e dei Servizi di Protezione Civile, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto
delle particolari esigenze connesse al servizio espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto
del Ministro competente..‖, il che significa che le categorie di lavoratori (e per estensione anche i volontari)
impegnati nella lotta agli incendi boschivi devono essere equipaggiati con gli idonei e migliori presidi di
protezione individuale (DLG 475/92 terza categoria DPI, quindi dotati di attestato di certificazione e di una
dichiarazione di conformità) disponibili sul mercato.
Nell’adozione di un equipaggiamento tipo per uomini normalmente impegnati nella lotta A.I.B. oltre a tener
presente il giusto criterio antinfortunistico bisogna valutare anche la tipologia di lavoro che si intraprende e vale
la pena ricordare che l’opera di circoscrizione di un incendio puo’ protrarsi per diverse ore se non addirittura per
giornate intere per cui ogni uomo deve portare con se tutto quello che gli occorre per questo lasso di tempo,
considerando che sarà esposto a notevoli sforzi fisici, a calore intenso, a forti sudorazioni, ad improvvisi
raffreddamenti (ore notturne) e che deve agire in un ambiente tutt’altro che comodo.
Si ritiene che l’adozione di una tuta di tessuto di cotone pesante sottoposto ad un buon trattamento ignifugante (o
in materiale ignifugo come il Nomex III o il Kratos) sia il corredo di base cui devono fare completamento un
paio di calzature antinfortunistiche alte fino sotto il polpaccio, con suola pesante che assicuri la ―presa‖ su terreni
difficili, idonee ad evitare le distorsioni, le ferite per morso di vipera e spine, l’entrata di tizzoni e cenere alta a
contatto con le estremità.
Si reputa ormai obbligatorio un casco in materiale plastico termoresistente (o meglio in fibra di vetro e resina
ignifuga), leggero ma robusto, con visiera (possibilmente in policarbonato antigraffio) che protegga il capo da
caduta rami, sassi, tizzoni, e schegge di legno durante l’attività degli attrezzi meccanici. Il casco può essere
completato da un telo dello stesso tessuto della tuta, che protegga la nuca, il collo ed eventualmente anche la
bocca dalla polvere e dai tizzoni.
Sarebbe opportuno che gli uomini fossero dotati di occhiali protettivi di tipo semplice e antiappannamento, e di
una semimaschera antifumo di emergenza con filtro contro particelle sospese (almeno tipo P3).
A completamento dell’attrezzatura personale sono indispensabili guanti da lavoro di crosta di cuoio (o meglio di
fibra antifiamma con palmo in pelle fiore), i quali, pur rendendo un po’ difficoltoso l’uso degli attrezzi meccanici,
preservano le mani da ferite che possono facilmente divenire infette.
Sotto la tuta è consigliata una maglietta giro collo in cotone (se si opera d’estate) oppure un maglione di lana se si
opera d’inverno o in zone fredde (meglio sarebbe un sottotuta in tessuto ignifugo). A completamento
dell’attrezzatura personale è indispensabile una lampada (che sia tascabile, che lasci le mani libere e che abbia
un’autonomia di almeno 8 ore).
Al seguito è sempre opportuno portarsi uno zainetto dove si metterà una giacca a vento, un po’ di viveri e
bevande, magari una maglia di ricambio per sostituire quella intrisa di sudore e sporca dopo un certo periodo di
lavoro.
MATERIALE LOGISTICO
Intendiamo con questo termine un po’ generico tutto quel materiale che può essere utile o addirittura
indispensabile durante l’emergenza, per il rifornimento ed il funzionamento, essenzialmente dinamico ed
improntato ad una estrema tempestività, del personale e dei mezzi impegnati nell’azione A.I.B.
Abbiamo già fatto cenno, parlando degli attrezzi e dei mezzi di opera dei materiali che occorrono per il loro
funzionamento, essenzialmente carburanti, lubrificanti, parti di ricambio, additivi, combustibili, liquidi
estinguenti, acqua.
Per quanto riguarda i viveri sarebbe bene standardizzare la razione, ma anche se si deve improvvisare bisogna
considerare che gli uomini devono avere un vitto molto sostanzioso, energetico, che non faccia aumentare la sete,
integrato da molte bevande idonee. Quindi pane molto fresco oppure cracker, gallette friabili, carne cotta al
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sangue (roast-beef), cioccolato, frutta fresca abbondante o frutta secca non sciroppata (fichi, prugne), succhi di
frutta non troppo dolci, cola, analcolici. Le bevande contenenti alcool è bene che siano evitate o date in misura
molto moderata. Come correttivo dell’acqua può essere usato anice o limone. Oltre alla frutta è bene distribuire
verdura per quanto è possibile: pomodori freschi, insalata, verdura cotta, limoni e tutto quanto può contribuire a
calmare l’arsura della sete. Evitare, nel modo più assoluto, cibi inscatolati sott’olio (alici, sardine, carciofi,
funghi, tonno, ecc.) insaccati molto salati, generi confezionati con sughi piuttosto concentrati. Una delle bevande
più idonee, anche fuori dai pasti, è il tè freddo con molto zucchero attenuato come sapore da molto succo di
limone. Se è inevitabile distribuire vino, in mancanza di altre bevande, preferire il vino bianco ed a bassa
gradazione alcolica, oppure annacquato; troppo alcool potrebbe facilitare i cosiddetti ―colpi di calore‖.
SOPPRESSIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI
GENERALITA’
Dopo aver analizzato le attrezzature e il loro utilizzo vediamo come viene organizzato lo spegnimento di un
incendio boschivo.
Gli uomini che intervengono su un incendio sono suddivisi in squadre con UN SOLO REFERENTE per ogni
squadra, che dovrà conoscere le caratteristiche e le capacità del personale e dell’attrezzatura che ha a
disposizione, delle tecniche di spegnimento e delle misure di sicurezza da adottare. Il caposquadra sarà l’unica
persona che manterrà in presenza di più squadre i contati con il COORDINATORE delle operazioni
(normalmente un responsabile del C.F.S.). La composizione della squadra è molto varia ed è diversa a seconda
delle attrezzature a disposizione, del tipo di incendio, e dall’esperienza maturata dai singoli gruppi.
AVVISTAMENTO E SEGNALAZIONE
L’avvistamento e la segnalazione consistono nell’individuare e riferire la presenza di incendi.
 L’avvistamento da osservatori terrestri, ad esempio da torri fisse o punti mobili, deve essere fatto da persone
in grado di leggere bene carte topografiche, di usare eventualmente la radio e la bussola e di ragionare con
calma. E' essenziale che la persona incaricata conosca la zona ed i nomi delle località che ha sott’occhio.
Pertanto deve studiare il territorio, affinché ne conosca tutte le caratteristiche, comprese possibilmente quelle
concernenti depositi d’acqua, pozzi e sorgenti.
Deve essere capace di individuare accuratamente sulla carta e descrivere con il nome locale ogni punto
caratteristico dell’area; di conseguenza deve anche fare attenzione a tutti gli eventuali ―falsi fumi‖ che
possano costituire una fonte di inganno, quali rocce grigie e polvere di strada. Altri fumi non costituiranno
ragione di allarme e cioè fumi permanenti o periodici provocati da impianti industriali, depositi di
immondizie, case, campeggi, ferrovie, od altre attività. Quando una vedetta vede quello che sembra essere un
incendio deve decidere, in base a quanto sopra detto, se è realmente un principio di incendio boschivo. Nel
caso sia vero, deve decidere se può costituire ragione di allarme; questa decisione deve essere presa
rapidamente e le conclusioni altrettanto rapidamente trasmesse; in caso di dubbio è preferibile fare la
segnalazione piuttosto che lasciare ingrandire un incendio sulla cui consistenza iniziale si avevano dei dubbi.
Le cose da segnalare sono:
 nominativo dell’osservatore (eventuale tel. o sigla radio per successivi contatti) e punto di
osservazione;
 provincia, comune, frazione o località dove si è sviluppato l’evento
 (possibilmente)le coordinate geografiche o UTM dell’evento (VEDI CAPITOLO CARTOGRAFIA)
 superficie stimata dell’incendio e la lunghezza del fronte di fiamma;
 la vegetazione interessata e quella minacciata dal fuoco;
Ricordarsi che potrebbero essere richiesti dall’operatore a cui viene segnalato altri dati come ad esempio:
 aspetto del fumo;
 direzione ed intensità del vento; (VEDI CAPITOLO METEOROLOGIA)
 se l’incendio minaccia strutture (fabbricati, parchi ecc…)
 momento d’origine del fuoco (ove possibile), il momento di individuazione e quello di segnalazione.
 vie di accesso e punti d’acqua.
Quando si disponga di telefono o radio per trasmettere la segnalazione dell’incendio, e questi apparecchi non
funzionino, e' preferibile cercare di mettersi direttamente in contatto con altra persona la quale con i suoi
mezzi possa segnalare l’incendio, piuttosto che perdere tempo nel cercare di riparare il guasto
all’attrezzatura.
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Di seguito verranno illustrati altri metodi di avvistamento senza entrare nei particolari poiché tali metodi
necessiterebbero di una trattazione a parte.
 Avvistamento e segnalazione da un mezzo aereo: si tratta di segnalazioni che vengono fatte da
ricognitori aerei (di solito ad ala fissa) con a bordo un pilota e un osservatore che dovrebbe dare le stesse
indicazioni dei punti di avvistamento fissi, con il vantaggio di avere mobilità sul territorio e di potersi
avvicinare ai possibili principi di incendio per dare una stima esatta della situazione.
 Sistema di avvistamento automatico all’infrarosso: è una centralina posizionata in punti strategici del
territorio che, attraverso il monitoraggio con una telecamera sensibile ai raggi infrarossi consente di
rilevare automaticamente un principio di incendio e segnalarlo ad un centro operativo dove il personale,
grazie all’ausilio di telecamere a colori dotate di potenti teleobbiettivi possono valutare la situazione e
allertare le autorità competenti.
 Controllo del territorio attraverso il monitoraggio satellitare: è il sistema più avanzato di segnalazione ed
è ancora in fase di studio, consiste nel controllo del territorio da parte di un satellite geostazionario che
trasmette i dati ad una centrale operativa. Ha i vantaggi di controllare territori molto vasti e di poter
analizzare altre emergenze di protezione civile, ma i costi di gestione sono elevatissimi e non ne esiste
ancora una reale applicazione sul territorio
 Segnalazioni di pubblici cittadini: è il caso più frequente di segnalazione, purtroppo è fatto da persone
non preparate e i rischi reali sono di segnalazioni ingigantite rispetto alle reali situazioni o che siano
piuttosto sommaria circa la localizzazione esatta dell’evento e questo comporta una verifica da parte di
personale più affidabile prima di attivare la ―machina antincendio boschivo‖. In quest’ottica è
auspicabile nell’ambito delle attività di prevenzione una corretta sensibilizzazione dell’opinione pubblica
anche attraverso la pubblicizzazione del numero ―1515‖ del Corpo Forestale Dello Stato.
AVVICINAMENTO
Dopo che è stato avvistato e segnalato un incendio l’Ente competente (nel nostro caso il C.F.S.) attiva le proprie
pattuglie e le squadre A.I.B. disponibili e più prossime all’evento, in numero stimato sufficiente a contenere
l’incendio. IN NESSUN CASO altre squadre non attivate dal coordinatore dell’intervento (o chi per esso) devono
intervenire sull’evento potendo causare un’inutile presenza di personale e magari lasciando scoperte aree a
rischio. Molto spesso i tempi di uscita delle squadre sono abbastanza lunghi e questo rende necessario il
successivo allertamento di altre squadre prima che siano effettivamente necessarie, quindi queste devono
prepararsi all’uscita, ma aspettare la conferma da parte del coordinatore per intervenire.
Spesso può accadere che una squadra in perlustrazione o dei volontari avvistino un incendio,in questo caso
appena si hanno dati sufficientemente precisi (vedi avvistamento) BISOGNA DARE COMUNICAZIONE
ALL’ENTE COMPETENTE che provvederà, se lo riterrà necessario, a mandare una pattuglia sul posto e ad
allertare altro personale. In qualsiasi caso PRIMA DI INTERVENIRE su un incendio è indispensabile
comunicare la situazione all’Ente competente.
Le dimensioni di un incendio sono da imputare a diversi fattori (orografia, condizioni meteorologiche…), uno di
questi è la velocità con cui si interviene per domare le fiamme.E’ bene ricordare che solo la celerità di intervento
fa si che si possa fare distinzione tra grandi e piccoli incendi, considerando che i primi sono una derivazione dei
secondi, quindi è indispensabile ridurre al minimo tutti i tempi morti. Un elemento molto importante per
diminuire i tempi è il periodo che trascorre dall’allertamento della squadra all’uscita di quest’ultima. A questo
scopo è utile ad esempio che, durante il periodo di massimo allarme per gli incendi boschivi (Legge Reg.
Lombardia n°52/1972), le squadre A.I.B. tengano tutta l’attrezzatura e i mezzi perfettamente in ordine e
operativi. Un'altro tempo da razionalizzare molto importante è il trasferimento dalla base al luogo dell’evento. E’
molto utile conoscere ed informarsi circa la viabilità, eventuali cantieri stradali o attraversamenti di centri abitati
che rallenterebbero la marcia. Ricordiamo a questo proposito che la guida deve essere decisa ma in NESSUN
CASO DEVE METTERE IN PERICOLO il personale trasportato o altri utenti e che in nessun caso si è
autorizzati a violare il Codice Della Strada.
PRIMO ATTACCO
????
La prima squadra incaricata della prima squadra che raggiunge 1’incendio ha numerosi problemi. Si trova
davanti al problema di decidere qual’e' il lavoro piu' importante da farsi per primo. Dopo aver valutato
velocemente le condizioni all’interno dell’incendio, intorno ad esso e nell’area circostante verso cui 1’incendio
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sta divampando, da' una valutazione dell’incendio e sceglie il punto per il primo attacco. Deve girare intorno
all’incendio o trovare un punto favorevole da dove poterne ispezionare 1’intero perimetro. Prende nota di:
– materiali (combustibile) in fiamme nell’immediata vicinanza del limite dell’incendio, particolarmente tronchi,
ceppi, tronchi abbattuti, cespugli e gruppi di novellame ;
materiali sul percorso di propagazione dell’incendio ;
barriere naturali quali strade, corsi d’acqua, o terreno nudo;
pendii.
Altri fattori da considerare:
condizioni atmosferiche ( vento, temperatura, umidita' relativa) ;
ora del giorno.
Deve stabilire:
i luoghi pericolosi dove il fuoco puo' divampare;
il punto migliore per l’attacco;
la possibilita' per gli uomini di lavorare senza pericolo;
la causa dell’incendio (se causato dall’uomo, trovarne la testimonianza e conservarla). Norme utili per il primo
attacco:
a) adoperare acqua o terra per raffreddare ed estinguere i focolai;
b) fare delle operazioni di controllo provvisorie costruendo una fascia sterrata;
c) fissare il punto d’inizio della fascia ad una strada o ad una barriera naturale in maniera da ridurre la possibilita'
di essere aggirato dall’incendio;
d ) come prima operazione isolare il fuoco dal materiale piu' pericoloso ed impedire che esso attacchi combustibili
rapidi (boschi giovani, cespugli, etc. o zone coperte da ramaglia) ;
e) delimitare l’incendio ad un’area piu' estesa piuttosto che lasciare che si sviluppi su piu' fronti;
f) scegliere il luogo adatto, preparare la fascia e allontanare il materiale che puo' rotolare perché non vada al di la'
della fascia stessa;
g) non lasciare combustibile né aree non bruciate in vicinanza della fascia;
h) per essere sicuri che il controllo possa essere fatto entro un certo limite di tempo, vale la pena di sacrificare una
certa superficie per facilitare la costruzione della fascia su posizioni di maggior sicurezza;
i ) sfruttare quanto piu' possibile le barriere disponibili ;
1) se non e' possibile controllare tutto l’incendio, avvertire il mittente e fare qualche operazione efficace su
almeno una parte dell’incendio;
m) in casi particolari si ricorre al controfuoco. Questo e' un fuoco acceso intenzionalmente in un punto della linea
o lungo i fianchi di un incendio che si propaga rapidamente. Si accende quando non si puo' praticare l’attacco
diretto. Per fare questa operazione bisogna conoscere bene il comportamento del fuoco specialmente in presenza
di vento. In giornate caratterizzate da contrasti di venti la adozione di tale tecnica e' da escludersi. Il punto
d’attacco va studiato con particolare attenzione. Le forze d’attacco consistono di un solo uomo o di una piccola
squadra. Si hanno a disposizione utensili adatti e pompe a zaino: non autopompe o bulldozers. Il pericolo
dell’incendio varia da medio a forte: tronchi, piante secche ed altri combustibili sono facilmente infiammabili, il
fuoco puo' avanzare abbastanza rapidamente e creare nuovi focolai. Nei casi discussi qui di seguito si parte (salvo
diversa indicazione) dal presupposto che si verifichino le seguenti condizioni:
– vi e' terra a disposizione;
– si possono usare radio portatili per le comunicazioni sulla linea.
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AEREOMOBILI
USO DELL’ELICOTTERO NELLE ATTIVITÀ A.I.B.
L’uso degli aeromobili nell’attività Antincendio Boschivo è aumentata enormemente negli ultimi 10 anni, sia per
quanto riguarda i mezzi ad ala fissa (Canadair CL 215T e CL 415, Aeritalia G222 ed Hercules C130) sia quelli ad
ala rotante (AB212/412 e Chinook CH47) gestiti dal C.O.A.U. (Centro Operativo Aereo Unificato) istituito presso
il dipartimento della Protezione Civile a Roma . Nell’area della provincia di Como vengono utilizzati soprattutto
elicotteri dipendenti dalla Regione e gestiti dal Corpo Forestale dello Stato (Gruppo Meccanizzato di Curno);
anche nell’area della Provincia di Nuoro vengono utilizzati veivoli sovvenzionati dalla Regione e gestiti da C.F.S.
(Base elicotteri di S.Cosimo). In entrambi i casi vengono utilizzati elicotteri tipo Lama SA 315 B.
L’impegno di macchine e attrezzature sempre più sicure e sofisticate, unite a tecniche d’uso ormai più che
collaudate offrono risultati efficaci sia per l’operatività che per l’economicità globale di esercizio.
La redditività del mezzo ad ala rotante nei servizi A.I.B., è però vincolata ad un’efficace opera dei servizi a terra,
sia per l’organizzazione prima dell’intervento aereo che durante l’esecuzione dell’attività, soprattutto durante le
fasi di spegnimento e bonifica.
L’elicottero viene sempre più spesso utilizzato anche per il trasporto di personale e materiale sul fronte del fuoco,
garantendo la rapidità di spostamento anche in luoghi inaccessibili con altri mezzi.
Vale la pena ricordare che, durante un intervento A.I.B., l’unica persona a terra referente del mezzo aereo è il
Comandante delle operazioni che è un rappresentante del C.F.S. che prima dell’arrivo del mezzo deve
comunicare precisi dati per la sicurezza del volo, e quindi qualsiasi richiesta va inoltrata a lui. Per la sicurezza del
volo vanno segnalati tempestivamente eventuali linee elettriche e fili a sbalzo che sono difficilmente individuabili
dal mezzo aereo.
L’operazione di spegnimento vera e propria è condotta efficacemente a termine solo con una reale collaborazione
tra mezzo aereo e l’assistenza da terra. Preso atto della direzione del vento, della consistenza del fuoco, degli
ostacoli sottostanti e delle necessità degli operatori a terra, il pilota coordinerà col direttore dei lanci il
programma degli interventi in modo da raggiungere la migliore efficacia d’intervento. È assolutamente
importante ai fini di una buona riuscita del lavoro che le operazioni di lancio dall'elicottero non vengano
frammentate, ma seguano una progressione continua lungo la linea del fuoco mentre le squadre a terra seguono i
lanci con l’opera di bonifica. Fate molta attenzione alle comunicazioni radio (vedi Capitolo ―Nozioni base per
l’operatore A.I.B.‖, paragrafo ―apparecchiatura radio‖)
ATTREZZATURE DELL’ELICOTTERO
I dispositivi per il trasporto del liquido estinguente si sono evoluti seguendo l’ordine cronologico riportato.
Benna di tipo rigido
La benna è sospesa, per tutta la durata del volo, al gancio baricentrico e l’apertura è comandata dal pilota
attraverso un apposito sistema elettrico o pneumatico regolarmente omologato RAI (Registro Aeronautico
Italiano).
La benna è tenuta costantemente sotto controllo dal pilota attraverso lo specchio posto esternamente alla cabina
dell’elicottero. Il lancio dell’acqua sul fronte del fuoco può avvenire in maniera più o meno concentrata in
funzione della velocità che il pilota impone al mezzo e al livello di apertura determinato alla benna. Per le
operazioni di riempimento è necessario un bacino naturale o una vasca artificiale di profondità minima uguale all
altezza della benna (circa 1,50 mt.)
Benna di tipo pieghevole (Bamby)
Il vantaggio di questa benna, che per funzioni e modalità di impiego è del tutto simile alla benna rigida, è quello
di poter essere facilmente trasportata a bordo dell’elicottero. In termini di rapidità di trasferimento sul luogo
dell’intervento, specie per tratte considerevoli, il vantaggio può assumere valori determinanti grazie all’assenza di
elementi esterni che possono frenare la velocità di avanzamento dell’elicottero. La particolare apertura della
benna infine, istantanea e totale, determina un effetto più deciso sul fronte del fuoco.
Serbatoio ventrale
È l’ultimo anello evolutivo dei sistemi di attacco sulla linea del fuoco. È costituito da un serbatoio applicato in
maniera solidale alla parte ventrale della fusoliera in modo da divenire corpo unico. Il caricamento dell’acqua
avviene tramite una pompa posta all’estremità di una ―proboscide‖ di 4-5 mt. E lo scaricamento è determinato
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dall’apertura degli sportelli inferiori. Il primo evidente vantaggio è che l’elicottero, in tutte le fasi del volo, non è
condizionato dalla presenza di carichi appesi al gancio, con risparmi di tempi nei trasferimenti e maggior
manovrabilità e sicurezza in operazione, soprattutto in presenza di vento. Da un punto di vista logistico inoltre la
proboscide consente l’approvvigionamento idrico da qualunque specchi d’acqua , ruscello o pozza di profondità
esigua. Infine, la presenza all’interno del serbatoio di un dispenser per liquido schiumogeno o ritardante
iniettabile con sistema automatico nel volume d’acqua aspirata, consente a questo equipaggiamento di garantire
maggior efficacia nelle operazioni di lancio. Nella fase operativa, il sistema, vuoi per la capacità di
approvvigionamenti da punti di attingimento più vicini anche se di scarso fondo, che per la maggior velocità
determinata all’elicottero, permette un incremento sensibile del numero di lanci, con conseguente risparmio
economico.
ATTREZZATURA A TERRA
Per le operazioni di riempimento l’elicottero può non aver bisogno di alcun supporto a terra facendo riferimento
a bacini idrici naturali o artificiali prossimi al fronte del fuoco (laghi, fiumi, dighe, ecc). A volte però, in funzione
dell’orografia e disponibilità idrica locale, può essere necessario approntare vasche mobili di riempimento a terra
poste in luoghi facilmente accessibili agli elicotteri.
Vasche autoreggenti
Il luogo prescelto per il posizionamento della vasca deve essere un punto piano, possibilmente con un fondo pulito
(senza sassi acuminati, ramaglie e comunque oggetti che possano danneggiare la vasca o sollevarsi con il vento
prodotto dalle pale dell’elicottero), deve permettere all’elicottero un avvicinamento e un decollo almeno in due
sensi senza ostacoli particolari (linee elettriche, telefoniche, alberi) e possibilmente fuori dai centri abitati o da
strade molto trafficate. Per gli elicotteri di tipo LAMA è bene considerare dimensioni minime di metri 30x30
mentre i corridoi di avvicinamento e allontanamento devono presentare libertà da ostacoli almeno per 15 metri
dalla vasca.
Il posizionamento dovrà avvenire in un punto a una distanza dal fronte tale da garantire nel tempo il maggior
numero di lanci, ma anche facilità di riempimento a mezzo autobotti o direttamente da idranti, e comunque ad
una distanza di almeno 300 metri dal fronte, in un’area che non venga interessata dal fumo.
È necessario che il personale a terra presso la vasca curi che nessuno si avvicini alla piazzola se non per le
operazioni di rifornimento idrico e che non sia presente presso la vasca alcun oggetto che col vento possa
sollevarsi costituendo un serio pericolo per l’elicottero. È consigliabile che presso il punto di approvvigionamento
sia presente almeno un componente dotato di apparato radio che possa comunicare con il responsabile delle
operazioni.
Per il riempimento da autobotte è preferibile che questa sosti ad una distanza non inferiore a 25 metri dalla vasca,
posizionata lungo la direzione del vento, fronte al vascone. È buona norma sistemare sul tettuccio dell’autobotte
un nastro onde indicare la direzione del vento. Durante le fasi di pescaggio dell’elicottero tutto il personale
impegnato dovrà spostarsi verso l’autobotte provvedendo a fissare la manichetta sul vascone onde evitarne la
fuoriuscita a causa del flusso d’aria del rotore.
TRASPORTO PASSEGGERI
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Occorre ricordare che il pilota durante il volo è gerarchicamente il Comandante di Bordo, pertanto in nessun
modo si dovrà interferire sulla pianificazione del volo in precedenza fatto, e occorrerà non disturbare il pilota
durante le fasi di decollo e atterraggio e limitare al massimo le comunicazioni durante il volo. È il comandante il
responsabile della sicurezza del velivolo dei passeggeri e delle persone che si trovano nelle sue vicinanze, quindi
non si deve in nessun caso interferire con le sue decisioni.
Durante tutto il volo è obbligatorio spegnere apparecchi radio e telefoni cellulari.
È fondamentale che tutte le persone rimangano in vista del pilota (quindi nella parte anteriore del veivolo) e che
non si avvicinino alle parti in movimento dell’elicottero principalmente al rotore di coda.
Operazioni di Imbarco e Sbarco
Le norme di sicurezza nell’attività di trasporto passeggeri con partenze e arrivi presso aviosuperfici sono stabilite
con precisione da normative emanate dal Ministero dei Trasporti e demandate al personale della Società titolare
della licenza di Trasporto Aereo per Trasporto Pubblico Passeggeri.
Per particolari esigenze operative dei servizi A.I.B. le operazioni di imbarco e sbarco potranno avvenire anche se
il rotore rimane in moto. In tal caso è assolutamente necessaria la presenza di un assistente le cui funzioni
saranno diverse a seconda che l’attività venga svolta presso aviosuperfici o meno.
In Aviosuperfici con assistenza a terra i passeggeri rimarranno nella zona di movimento (o a bordo) fin quando
l’elicottero sarà poggiato al suolo e lo specialista a terra avrà aperto la portiera. Porre particolare attenzione a non
dirigersi verso il rotore di coda e salire su rilievi che possano far avvicinare alle pale del rotore principale.
In Aviosuperfici senza assistenza a terra lo specialista prenderà posto a bordo e a lui sarà riservato il sedile
posteriore sinistro. Lo specialista che sarà l’ultimo a salire ed il primo a scendere seguirà i passeggeri nelle fasi di
avvicinamento e di allontanamento.
L’imbarco del personale deve avvenire di norma sul lato sinistro del veivolo.
Imbarchi e sbarchi in hovering
Durante le operazioni A.I.B. può capitare che la zona di atterraggio non sia perfettamente piana o sia molto
accidentata ed il pilota decida di sbarcare il personale senza appoggiare l’elicottero al terreno o appoggiando un
solo pattino. In questo caso i volontari devono sbarcare e imbarcarsi uno alla volta attendendo che il pilota
stabilizzi il veivolo e che lo specialista dia l’autorizzazione. Si dovrà fare attenzione a non fare movimenti bruschi
e spostare un piede alla volta soprattutto quando si passa dal pattino al terreno e viceversa (mai saltare a piedi
uniti). Nel caso che il terreno non sia piano è imperativo che la squadra rimanga ferma e inginocchiata nel punto
in cui si è toccato il suolo fino a quando l’elicottero non si sarà allontanato o ci si sia imbarcati.
Trasporto attrezzatura
La squadra elitrasportata avrà dell’attrezzatura particolare da caricare sul veivolo. Tutta l’attrezzatura dovrà
essere posizionata nel luogo dove la squadra attende l’atterraggio curando che il materiale più leggero non si
sollevi e che il materiale lungo (tipo badili, flabelli, tubo di soffiatori …) rimanga in posizione orizzontale
durante tutte le fasi di imbarco. Una volta che l’elicottero si sarà posizionato a terra si consegnerà l’attrezzatura
allo specialista che provvederà ad imbarcarla secondo le necessità o nel cesto a lato del veivolo o in cabina
consegnandola ai volontari. Durante lo sbarco lo specialista provvederà a scaricare tutta l’attrezzatura
riconsegnadola ai volontari che dovranno controllare che il materiale leggero non si sollevi e il materiale lungo
rimanga orizzontale fino al decollo dell’elicottero.
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INTERVENTI DI SOCCORSO
Nel contesto dell’attività A.I.B. ove è assolutamente improgrammabile l’evolversi della situazione e spesso ci si
trova ad operare in ambienti poco conosciuti e difficilmente praticabili, non è da escludere la richiesta di
intervento dell’elicottero per necessità di soccorso ad infortunati. Nell’evenienza che tale infausta necessità si
concretizzasse, la richiesta di intervento deve essere immediata e la comunicazione radio deve dare la possibilità
di raccogliere tutti gli elementi utili ai fini della riuscita dell’intervento. In particolare si deve dare un chiara
comunicazione rispetto a:
 tipo di evento occorso
 persone coinvolte e danni riportati
 località esatta con riferimenti precisi
 personale presente sul posto
 possibilità di atterraggio e ostacoli sul posto
L’elicottero che interverrà per il soccorso sarà equipaggiato in funzione della natura dell’intervento per
permettere il recupero, l’imbarco e il trasporto dell’infortunato in condizioni di sicurezza.
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Tutte le operazioni attinenti saranno svolte in conformità a quanto previsto dalle normative in materia di
elisoccorso per procedure ed equipaggi impegnati.
In particolare, nel teatro operativo dell’attività A.I.B. l’equipaggio di volo sarà necessariamente integrato con
elementi del Corpo Nazionale Soccorso Alpino cui è demandato in maniera esclusiva ogni intervento di soccorso
montano.
SEGNALAZIONI MANUALI PER GLI OPERATORI DEGLI ELICOTTERI
Troverete le segnalazioni che il personale a terra fa al pilota dell’elicottero. Durante le fasi di atterraggio è molto
utile che il personale a terra individui un punto piano e senza asperità.
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METEOROLOGIA
IL VENTO
Il Vento è una corrente orizzontale o quasi, determinata dallo spostamento di una massa d’aria rispetto alla
superficie terrestre.
Questo spostamento si verifica allorquando tre due punti si stabilisce una differenza di pressione atmosferica per
cui l’aria tende a spostarsi dal punto di pressione maggiore al punto di pressione minore. Basta una differenza di
temperatura a provocare una differenza di pressione e quindi uno spostamento di masse d’aria.
Venti Principali
NORD
NORD-EST
EST
SUD-EST
SUD
SUD-OVEST
OVEST
NORD-OVEST
TRAMONTANA
GRECO o GRECALE NE
LEVANTE
SCIROCCO
MERIDIONE
LIBECCIO
PONENTE
W
MAESTRO o MAESTRALE
N
vento da 360°
vento da 45°
E
vento da 90°
SE
vento da 135°
S
vento da 180°
SW
vento da 225°
vento da 270°
W
vento da 315°
Velocità
La velocità del vento aumenta con la quota. L’aumento della velocità
media del vento, a partire dal suolo fino ad una certa quota, è generalmente abbastanza regolare, tanto da poter
essere espresso mediante formule, sia pure approssimate.
Ricerche anemometriche pongono in evidenza quattro zone caratteristiche per il regime del vento:
 Zona di velocità crescente piuttosto rapidamente con la quota; si estende fino ad altezze intorno ai 500-600
metri, cioè fino al limite della zona di turbolenza.
 Zona di velocità decrescente, sovrapposta alla prima e avente uno spessore medio di circa 200 metri
 Zona di velocità debolmente e irregolarmente crescente; tale zona si estende superiormente alla seconda fino a
1500 mt.
 Zona di regolare aumento della velocità dai 1500 mt. in poi.
Circolazione atmosferica normale
Nella zona temperata le masse d’aria nei bassi strati si muovono verso i poli, ma per il solito effetto della
rotazione della terra piegano, nel nostro emisfero, verso destra dando luogo a venti sud-occidentali.
In conseguenza dello schema della circolazione cui abbiamo accennato, alle alte latitudini temperate si hanno le
correnti fredde di origine polare e le correnti calde di origine tropicale che tendono a incontrarsi. Questo incontro
di correnti che trasportano tipi di aria dalle diverse caratteristiche determinano le grandi perturbazioni
atmosferiche.
Riassumendo, la circolazione generale dall’atmosfera al suolo nell’emisfero boreale si può sintetizzare in:
 Una zona di calma all’equatore, ove le correnti generali sono in prevalenza ascendenti.
 Una zona di venti permanenti da nord-est (Alisei) che spirano dalle latitudini tropicali all’equatore.
 Una zona di venti occidentali perturbati, o di venti variabili per il continuo passaggio delle perturbazioni
atmosferiche, ma nel complesso a prevalente componente occidentale; Coincide con la zona temperata.
 Una zona di venti da nord-est spirante dalla calotta polare verso la parte settentrionale della zona temperata.
Nell’emisfero australe la circolazione è simmetrica alla precedente rispetto all’equatore. Questa circolazione è
notevolmente perturbata, modificata per l’eterogeneità della superficie terrestre, per le grandi catene montuose,
per l’alternarsi delle stagioni. In quota, infine, si ha ovunque prevalenza di venti occidentali, tranne che
sull’equatore, ove si hanno correnti orientali.
Circolazione atmosferica secondaria
Cosa si intende per discontinuità termica tra terra e mare ?
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Il mare e la terra , esposti alla stessa radiazione solare, non si comportano in modo analogo; il mare è più lento ad
assorbire il calore ceduto dal sole ed è altrettanto lento a cederlo. La terra invece si riscalda e si raffredda più
rapidamente.
Tecnicamente si dice che il mare ha capacità termica maggiore della terra. Per tale ragione durante le ore in cui il
sole è alto sull’orizzonte la temperatura della terra è più alta di quella del mare. L’aria stazionante sulla terra
ferma si dilata per il forte riscaldamento e si solleva richiamando dal mare aria relativamente più fredda. Durante
la notte avviene il fenomeno inverso, dalla terra, a temperatura più bassa di quella del mare spira il vento,
chiamato brezza di terra a differenza della brezza di mare che spira durante la giornata. Questi venti hanno una
grande importanza sulle caratteristiche climatiche delle coste perché mitigano sensibilmente gli eccessi di
temperatura attenuando i valori della escursione termica diurna.
Brezza di valle e di monte
Effetti locali della temperatura in relazione alla configurazione orografica si rilevano sotto forma di brezze di
valle o di monte.
In una zona più o meno pianeggiante, fiancheggiata da un sistema montuoso si ha un forte riscaldamento d’estate
per l’intensa radiazione solare.
Le brezze di monte sono venti che spirano nelle notti calme e serene lungo i fianchi delle montagne verso la valle.
Infatti, di notte i fianchi delle montagne si raffreddano sensibilmente e l’aria a contatto raffreddandosi a sua volta
e diventando più densa scende verso la valle.
Tale movimento discendente di aria costituisce un vento catabatico.
Le brezze di valle sono venti che spirano di giorno dalle valli lungo il fianco di una montagna (tali venti
ascendenti vengono chiamati anabatici). Durante il giorno, l’aria stazionante nella valle e lungo i pendii della
montagna si riscalda e inizia così il suo movimento di salita lungo il pendio montuoso.
“Groppi” di vento
Per raffica deve intendersi una variazione positiva della velocità del vento, non inferiore a 10 nodi rispetto al
valore medio della velocità, di durata compresa tra 1 sec. e 20 sec. riferito ad un periodo di 10 primi.
Ma se questo rinforzo ha una durata superiore a 20 sec. è necessario considerare tale rinforzo come nuovo valore
della velocità del vento. I groppi sono, come le raffiche, rinforzi di vento, ma di dimensioni più cospicue, ad
intermittenza molto maggiore accompagnata da un afflusso di masse d’aria fredda in fase di rapida discesa da
rilievi orografici.
Come determinare la velocità
In mancanza di strumenti, si può misurare empiricamente la velocità del vento in base ad alcuni effetti evidenti
ricorrendo a scale convenzionali. Una di tali scale convenzionali potrebbe essere la seguente:
 Calma
(0 - 2 Km/h) il fumo sale verticale.
 Vento leggero
(3 - 18 Km/h) il fumo piega e le foglie si muovono.
 Vento moderato
(19 - 35 Km/h) le foglie si agitano e le acque cominciano ad incresparsi
 Vento forte (36 - 66 Km/h) i rami oscillano; si ha difficoltà ad avanzare controvento.
 Vento fortissimo
(67 - 90 Km/h) i rami si spezzano; si spostano i piccoli oggetti e le tegole.
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TOPOGRAFIA
ALTIMETRIA E DISTANZE
Per indicare le altitudini invece dell’uso dei colori, tipico delle carte a piccola scala, nelle carte topografiche viene
usato un sistema più efficace, quello delle isoipse.
Consideriamo un rilievo del terreno e immaginiamo di intersecarlo con dei piani, paralleli alla superficie del mare
e distanti fra loro di una quota fissa; l’insieme dei punti dove i piani incontrano il rilievo sono rappresentati da
linee continue più o meno sinuose aventi la stessa quota, la cui proiezione in piano è la isoipsa.
Esse sono tra loro equidistanti per il valore altitudine. Nelle carte italiane nell’ambito delle isoipse, o curve di
livello, si distinguono: le curve direttrici, rappresentate nel disegno con una linea più marcata e che nella scala
1.25000 hanno di solito una distanza uguale a 100 mt.; le intermedie, linee continue di tratto più fine delle
precedenti, e le ausiliarie, tratteggiate; queste ultime sono poste tra le isoipse normali e mettono in evidenza
aspetti particolari del rilievo.
Per ottenere la distanza tra due punti sulla carta non basta misurare le distanze tra le relative isoipse alla scala
della carta, perché, in tal modo, non otteniamo la distanza reale ma la distanza in linea d’aria. Per ottenere la
distanza reale bisogna applicare il teorema di Pitagora ad un triangolo rettangolo, che ha come cateti il valore
della differenza altimetrica dei due punti e il valore della distanza della loro proiezione sul piano. L’ipotenusa
rappresenta il valore della distanza, sia pure approssimato.
La disposizione delle isoipse evidenzia le caratteristiche plastiche del terreno: se esse sono molto vicine l’una alle
altre rappresentano un terreno in forte pendenza; se molto distanziate il terreno ha debole pendenza. Se in un
fascio concentrico di isoipse le quote diminuiscono dall’esterno all’interno esse rappresentano una cavità che può
essere un lago, una conca, una vallata. Se il fascio è sempre concentrico, ma le quote aumentano dall’esterno
all’interno rappresentano un rilievo.
SIMBOLOGIA
Per rendere più intelligibile la carta si può ricorrere al simbolismo cromatico; questo è soprattutto usato per le
carte a piccola scala, ma è entrato in uso anche per le carte topografiche. Il simbolismo, che è una delle
caratteristiche fondamentali della carta, varia a mano a mano che si passa dalle carte geografiche alle
topografiche. In queste ultime la rappresentazione di parecchi simboli perde sempre più la caratteristica simbolica
per divenire reale rappresentazione geometrica del fatto geografico. Nella scala 1:25.000 il quadrato che
rappresenta la casa si avvicina già molto alla superficie reale occupata dalla costruzione. In una scala 1:10.000 il
fiume e la strada sono rappresentati da una configurazione geometrica in un piano più convenzionale.
Pertanto la conoscenza del simbolismo planimetrico delle carte topografiche ha una notevole importanza per lo
studio dei fenomeni geografici. Si distinguono simboli rappresentanti gli oggetti geografici e quindi la loro
distribuzione e simboli che raffigurano le forme del suolo.
Quelli della prima categoria si dividono in cinque classi:
1. segni idrografici (coste, laghi, lagune, stagni, fiumi, torrenti, acquedotti, etc.)
2. segni di fabbricati e opere stradali (case, chiese, officine, cimiteri, fari, aeroporti, etc.)
3. segni per vie di comunicazioni ( ferrovie, teleferiche, sentieri, autostrade, etc.)
4. segni per tipi di vegetazione spontanea e delle colture:
5. segni per i confini amministrativi (stato, regione, provincia, comune) e per limite di colture (muri, recinti).
LA SCALA
Come si è detto, la carta è una rappresentazione ridotta di una parte della superficie terrestre. Tale riduzione non
è effettuata a caso ma secondo determinati valori. Il valore della riduzione viene espresso dalla scala della carta.
La scala è il rapporto di valore delle distanze misurate sulla carta e quelle misurate sul terreno. È data da una
frazione che ha per numeratore l’unità e per denominatore un numero che esprime veramente il valore della
riduzione, ovvero per quante volte deve esse moltiplicato il valore di una distanza sulla carta per ottenere la
distanza reale. Poiché la scala esprime un rapporto nel quale il numeratore è uno, ne consegue che maggiore è il
denominatore, più grande è la riduzione e meno precisa la rappresentazione. È da tenere presente che la scala si
riferisce esclusivamente alle lunghezze e non alle aree.
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La scala che abbiamo considerato è una scala numerica; oltre a tale scala esiste anche una scala grafica, la quale
non è altro che un segmento diviso in parti, ognuna delle quali esprime un valore lineare che corrisponde a un
determinato valore reale della superficie terrestre.
CLASSIFICAZIONE DELLE CARTE GEOGRAFICHE
Poiché al variare della scala variano le caratteristiche e la simbologia della rappresentazione, le carte si
classificano in base al loro valore.
a) Carte a grande scala:
piante o mappe, con le quali si rappresenta la planimetria di centri abitati o si figurano i centri rurali. Hanno scala
fino a 1:10.000.
Carte topografiche: con esse si rappresentano piccoli tratti della superficie terrestre. In esse sono ben evidenziati
gli elementi fisici ed antropici. Hanno una scala compresa fra 1:10.000 e 1:100.000
b) Carte a scala media
Carte corografiche. Hanno scala compresa tra 1:100.000 e 1:1.000.000
c) Carte a piccola scala
Carta generale: rappresenta un parte estesa del globo e varia tra 1:1.000.000 e 1:30.000.000
Planisferi: fino a 100.000.000
Carta topografica d’Italia
L’istituto geografico militare per la redazione della carta topografica d’Italia ha assunto come scala fondamentale
1:100.000 ma il rilevamento sul terreno viene eseguito alle scale 1:50.000 e 1:25.000. Le carte topografiche con
un’ampiezza di 30’ di longitudine e 20’ di latitudine si chiamano FOGLI; sono 227 e sono indicati con numeri
arabi, accompagnati dal nome della località più importante della zona rappresentata. Ogni foglio contiene quattro
QUADRANTI alla scala 1:50.000 che rappresentano un territorio di 15’ longitudine per 10’ di latitudine. I
quadranti sono indicati con il numero del foglio seguiti da un numero romano I, II, III, IV (che si susseguono dal
primo quadrante in alto a destra con senso orario). Ogni quadrante comprende quattro tavolette ognuna delle
quali rappresenta un territorio di ampiezza 7’30’’ di long. per 5’ di lat. Ciascuna tavoletta è indicata con il
numero del foglio e del quadrante di cui fa parte e dalla direzione della rosa dei venti (nord-est, sud-est, nordovest, sud-ovest) a seconda della posizione che ha nel quadrante stesso. Pertanto il foglio comprende 16 tavolette.
In alcuni casi le tavolette si suddividono in sezioni alla scala 1:10.000 e si indicano con le lettere A, B, C,
seguendo per la disposizione, lo stesso criterio usato per i quadranti.
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PRONTO SOCCORSO
Le affezioni che possono verficarsi durante lo spegnimento di un incendio boschivo possono essere molteplici;
pertanto ci limiteremo a descrivere le situazioni che si verificano con maggiore frequenza, descrivendo quali sono
le operazioni che il soccorritore deve compiere. Naturalmente volgiamo dapprima ricordare alcune generiche
precauzioni da adottare durante gli interventi:
 il trasporto e il maneggio degli attrezzi devono essere eseguiti ponendo attenzione a non danneggiare gli altri
oltre che se stessi
 non mandare mai persone isolate nelle zone di pericolo.
 gli automezzi in sosta devono essere sempre pronti per la partenza verso la zona più scura, senza necessità di
alcuna manovra, aperti e con le chiavi nel cruscotto
L’individuo colto da malore deve essere mantenuto in posizione orizzontale, a meno che non sia congestionato e
che perda sangue dalla testa, nei cui casi si solleva leggermente la testa appoggiandola a ciò che può assomigliare
ad un cuscino. Ogni movimento deve essere fatto con circospezione, per non aggravare la situazione in caso di
traumi interni.
Se l’infortunato vomita, è necessario rivolgerlo su un fianco in posizione di sicurezza.
L’infortunato non deve essere mosso se si sospetta un trauma o una frattura per non aggravare la situazione. In
caso si debba procedere, per motivi di sicurezza, al trasporto dell’infortunato deve avvenire possibilmente con una
barella, in modo che il corpo rimanga il più possibile in posizione orizzontale.
USTIONI
Tipi: le ustioni posso essere di due tipi: superficiali o profonde
Ustioni supewrficiali: è lesa solo la cute. Si distinguono in:
1° grado: si nota solo un’arrossamento o eritema. L’ustione è èoco dolorosa e dopo pochi giorni guarisca
da sola
2° grado superficilae : le terminazioni nervose e cutane sono irritate; l’ustione è dolorosa. Compaiono i
flitene , ovvero le bolle piene di liquido.
2° grado profondo: evoluzione del caso precedente con la perdita di liquido dovuta alla lacerazione dei
flittene, sono da temersi coplicanze settiche.
Ustioni profonde:
3° gradfo: tutto lo spessore della pella è interessato e distrutto. Il danno può essere estesoa muscoli ed
ossa. Queste ustioni sono generalmente indolori perché vengono distrutte le terminazioni nervose.
Fattori di gravità: dipendopno in primo luogo dal’estensione della superficie ustinata quindi dal grado
dell’ustione.
Complicanze: le principali complicanze di un’ustione sono:
- lo shock - l’anuria ( assenza di diuresi) – infezioni
Trattamento:
- raffreddare la parte ustionata con abbondante acqua e tamponare con tessuti umidi e puliti.
- NON tentari di togliere abiti che aderiscono alla pelle ustionata
- Non pulire l’ustione
- NON aprire le flittene,
- Proteggere le parti ferite con garsze o bende ma senza stringerle
- Metere l’infortunato in posizione antishock
- Calmare il dolore
TAGLI CAUSATI DA ATTREZZI
FERITE
Per ferite si intendono una sezione della cute che può accompagnarsi a lesioni dei tessuti più profondi
(muscoli, vasi sanguigni, nervi, tendini ecc.)
Condotta da seguire
Igiene del soccorritore: rimboccarsi le maniche, lavarsi le mani con acqua e sapone, spazzolando,
asciugarle con alcool denaturato.
Materiale necessario: compresse di garza sterile, cotone idrofilo, bende. cerotti, acqua ossigenata, alcool
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denaturato,
Trattamento della ferita: lavare con acqua e sapone con una compressa di garza e mai con cotone idrofilo
che lascia filamenti nella ferita, dal bordo della ferita verso la periferia, rasare i peli circostanti la ferita,
disinfettare i bordi della ferita e la cute sana circostante con soluzioni antisettiche, coprire la ferita con
compresse di garza sterile che oltrepassino in ampiezza abbondantemente i bordi della ferita, coprire con
falda di cotone idrofilo (per assorbire la secrezione), fissare la medicazione con benda, cerotto o qualsiasi
mezzo adatto allo scopo (fazzoletto, gambe di calza. cravatta senza stringere la medicazione.
..).
Emorragia
L’emorragia è una perdita di sangue con copiosa fuoriuscita.
Un’emorragia, anche solo di modeste proporzioni. può spaventare l’infortunato. Bisogna adoperarsi per
mantenerlo calmo con un atteggiamento sicuro ed un’azi0ne decisa.
Nel sistema vasale di un adulto circolano circa 5~7 litri di sangue: la perdita di circa un litro può determinare
l’insorgere dei primi sintomi di shock. Quindi appena arrestata l’emorragia, prendersi cura dello shock.
•
•
•
•
Adagiare l’infortunato in modo che la ferita sia più in alto del cuore
fasciare la ferita, senza stringere troppo
se ciò non sufficiente, aggiungere un’altra fasciatura con un rotolo di garza o un fazzoletto che faccia
pressione sulla ferita
se non sono disponibili né garze né fasce, premere con le dita direttamente sulla ferita
Importante
• non stringere mai troppo la fasciatura per non causare difficoltà di circolazione nella parte interessata
• durante la fasciatura mantenere sempre sollevata in alto la ferita
Il laccio emostatico, nelle emorragie agli arti, può essere usato solo nei casi di estrema gravità e dopo aver
provato, senza successo, ogni altra tecnica. Il laccio va applicato tra il tronco e l’arto ferito. Al fine di evitare seri
e irrimediabili danni ai tessuti il laccio deve sempre consentire una certa circolazione del sangue.
In mancanza di un laccio emostatico, usare una fa scia larga, in qualsiasi modo ricavata.
E’ assolutamente vietato l’uso di cordicelle, fili metallici o simili
CONTUSIONI O FRATTURE PROVOCATE DA AGENTI ESTERNI O CADUTE
Distorsione
lesione di una articolazione dovuta ad un movimento forzato con spostamento temporaneo dei capi ossei
articolari e ritorno spontaneo degli stessi in sede normale.
gravità: caratterizzata da lesioni dei legamenti, rottura strappamento sintomi: gonfiore, dolore, ecchimosi,
impotenza funzionale parziale trattamento: calmare il dolore con compresse di acqua fredda o una borsa di
ghiaccio, jmmobilizzare l’articolazione.
Lussazione
–
spostamento permanente di uno dei capi costituenti l’articolazione rispetto all’altro.
gravità: rottura della capsula articolare, rischio di frattura
sintomi: grossolana deformazione della regione colpita, impotenza funzionale totale, vivo dolore
La lussazione della spalla e dell’anca sono fra le più frequenti.
Trattamento:
impedire ogni movimento
immøbilizzare come per una frattura
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NON cercare assolutamente di rimettere a posto l’articolazione
Fratture :
la frattura è la rottura di un osso
Cause:
colpo diretto (colpo di grande violenza)
colpo indiretto (frattura della clavicola per caduta sulla mano o sul gomito, frattura delle vertebre
per caduta in piedi sui calcagni; torsione brusca e violenta (caduta da sci)
schiacciamento
spontanea per malattia delle ossa
Tipi di frattura:
1)
frattura chiusa: l’osso è incrinato o rotto, ma la pelle è intatta
2)
frattura complicata: per lesione interna dei nervi, vasi, organi. provocata da frammenti ossei
3)
frattura esposta: l’osso fratturato ha perforato i muscoli e la pelle ed appare attraverso la ferita
all’esterno. Pericolo di infezione ed emorragia.
Sintomi:
impotenza funzionale
dolore violento e localizzato in sede di frattura
deformazione
Scroscio osseo
mobilità anormale in una parte di arto normalmente rigida
Trattamento:
immobilizzare il fratturato nel posto stesso ove egli si trova, prima di procedere al suo trasporto in
Ospedale. Solo in casi di forza maggiore (pericolo di incendio può essere giustificato lo spostamento
immediato di un fratturato; cercando però di EVITARE movimenti brutali o incontrollati, per non
aggravare la lesione
impedire qualsiasi movimento al ferito
tenere ferma cd immobile la regione dolente (con le mani, un vestito, o immobilizzandolo sull’arto
sano) rispettando la deformità irnmobilizzare nella posizione in cui si trovano le due parti dell’arto
fratturato e le articolazioni al di sopra e al di sotto della frattura per mezzo di materiali rigidi sufficientemente
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—
—
—
--
—
-.
—
—
.)
—
—
lunghi e bene imbottiti, riempire gli spazi lasciati vuoti dai mezzi contenitivi con cotone, stoppa - fissare l’insieme
delle apparecchiature da immobilizzazione contro un segmento sano (con una sciarpa)
prevenire lo stato di shock
In presenza di una frattura esposta:
non cercare di far rientrare le ossa nella ferita proteggere la ferita e l’osso fratturato con medicazione sterile
prevedere la possibilità di emorragia; immobilizzare come per una frattura chiusa
Immobilizzazione di arti infortunati o sospetti
Dita: Fissate delle stecche con cerotto o nastro adesivo, avendo cura di non stringere troppo.
Avambraccio :Ogni materiale rigido vi servirà a formare una stecca di fortuna; si puo realizzare un’imbottitura
fatta di stracci e giornali.
Ad immobilizzazione avvenuta, se le dita si fanno bluastre, allentate i lacci che fissano la stecca.
Piede : Imbottite il piede in tutta la sua estensione; quindi, con l’ausilio di una assicella immobilizzate l’arto;
fermate il tutto con triangoli a cravatta,
ASFISSIA PER SOFFOCAMENTO O INSPIRAZIONE DI FUMI
Il soccorritore deve premunirsi di non rimanere egli stesso del medesimo agente tossico/asfissiante quindi
allontanare il ferito in un area ben aerata. Controllare il polso e la respirazione.
Quando necessario applicare la respirazione bocca-bocca
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Importante: verificare sempre prima di rimuovere l’infortunato che non vi siano altri traumi o patologie di
maggiore gravità che possono essere aggravate dallo spostamento.
COLPI DI CALORE (O DI SOLE)
dovuto ad una eccessiva e prolungata esposizione diretta ad una forte sorgente di calore, soprattutto del
sole.
Sintomi:
- sudorazione profusa
- pallore sempre più evidente
- debolezza progressiva fino alla. perdita di coscienza
- nausea e a volte dolori crampiformi allo stomaco stato di shock
Condotta da tenere
- distendere l’infortunato all’ombra
- favorire la circolazione del sangue slacciando gli indumenti, eventualmente sollevando gli arti inferiori
- se il soggetto è cosciente somministrare lentamente una bevanda anti-shock non troppo fredda.
PUNTURE E MORSI
PERDITA DI COSCIENZA:
le cause di uno stato di incoscienza possono essere molteplici. può trattarsi di un semplice sveninwnto: in questo
caso la vittima si riprenderà in pochi minuti. In caso contrario ciò può essere dovuta a shock, trauma cranico,
asfissia, corna
Si deve fare
- mettere la vittima sdraiata in posizione di sicurezza per evitare che la saliva, l’eventuale vomito o
sangue possono ostruire le vie aeree
- allentare gli abiti stretti
- se la vittima non respira, praticare la respirazione bocca a bocca
- trasportare la vittima all’Ospedale
Non si deve fare:
somministrare acqua, bevande alcooliche o altro
tentare di far stare in piedi o seduta la vittima
RIANIMAZIONE
INEFFICIENZE ACUTE DELLA RESPIRAZIONE
Ve ne sono di numerosi tipi., con i più svariati sintomi. In materia di rianimazione elementare si
considerano solo alcune grossolane alterazioni deficitarie. le cui cause sono le seguenti:
1) ostruzioni delle vie respiratorie, dovute a corpi estranei, caduta all’indietro della lingua, secrezioni,
sangue, vomìto
2) insufficienza meccanica dell’apparato respiratorio
3) arresto della respirazione
4) asfissia per blocco chimico del trasporto dell’ossigeno a livello del sangue e dei tessuti
5) cedimento del cuore.
Sintomi:
è necessario osservare se il paziente compie movimenti respiratori, in taluni casi il movimento respiratorio
non si osserva che a livello addominale, ove si può vedere un ritmico innalzamento della parete addominale.
Ciò significa che l’infortunato non respira che col diaframma, fenomeno di corrente osservazione quando la
respirazione è depressa.
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Avvicinando l’orecchio al naso ed alla bocca del paziente o mettendo la mano davanti al suo naso ed alla
bocca si può percepire il passaggio dell’aria.
E’ il colorito della pelle che fornisce le più utili indicazioni. In tutte le gravi insufficienze respiratorie presente, più
o meno marcata, la cianosi, cioè un colorito bluastro delle labbra., delle unghie e della pelle, dovuto al passaggio
nei tegumenti di sangue poco ossigenato.
Tecnica della rianimazione respiratoria
Si articola su una serie di provvedimenti tecnici, i principali dei quali sono:
I) apertura e disostruzione delle vie aeree
2) respirazione artificiale ed eventuale ossigenoterapia
1) Apertura e disostruzione delle vie aeree
Rovesciate all’indietro la testa dell’infortunato. premendo con la mano destra sulla fronte e sostenendo con
la mano sinistra la parte posteriore del collo; è questo l’unico modo veramente efficace per rendere libere le
vie aeree dalla occlusione della lingua.
Fatto ciò, se l’infortunato non riprende spontaneamente a respirare, praticategli immediatamente la
respirazione artificiale.
Se si tratta di politrauniatizzato, la brusca deflessione della testa può essere pericolosa. In tal caso è meglio
agire solamente sulla mandibola stirando la testa sul suo asse. Quindi si procede a un controllo del contenuto della bocca e della gola, estraendone gli eventuali corpi estranei. La pulizia può essere completata
eseguendo brusche compressioni sul torace in modo da espellere liquidi eventualmente ristagnanti nella
trachea e nei bronchi.
2) Respirazione artificiale
L’unica tecnica possibile ed efficace e universalmente adottata è la respirazione artificiale bocca-bocca, con
aria espirata. In questo metodo il ricambio d’aria necessario è ottenuto insufflando nelle vie aeree
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dell’ìnfortunato la propria aria espirata. L’aria espirata contiene ancora il I 0/o di ossigeno e questa
percentuale è sufficiente ad assicurare un buon rifornimento di ossigeno all’infortunato.
Nella esecuzione della respirazione bocca-bocca, sono da tenere presenti alcuni punti fondamentali:
pulire le vie aeree
aprire le vie aeree
insufflare per un tempo, staccarsi per due tempi, per consentire l’espirazione al paziente
FASI DELLA RESPIRAZIONE BOCCA-BOCCA
1- Rovesciate all’indietro la testa tenendo una mano sulla fronte e l’altra sotto il collo.
2- Chiudete le narici; eviterete cosi la fuoriuscita dell’aria.
3- Adattate le vostre labbra su quelle dell’infortunato. (L’eventuale repulsione può essere superata interponendo
una garza od un fazzoletto, che evita il contatto diretto).
4- Soffiate aria nei polmoni (insufflazione) fino a quando osservate la completa espansione del torace, RIPETETE
L’OPERAZIONE DA 12 A 15 VOLTE AL MINUTO, CONTINUANDO SINO A RIANIMAZIONE
DELL’INFORTUNATO OD ALL’ARRIVO DI UN MEDICO.
RIANIMAZIONE CARDIO-CIRCOLATORIA
In presenza di grave squilibrio circolatorio, i provvedimenti da prendersi d’urgenza sono:
I) protezione del cervello, che si ottiene assicurando un sufficiente afflusso di sangue ossigenato in
quell’organo
2) ripristino dell’attività cardiaca spontanea
1)Manovre rianimative per la protezione del cervello
In caso di emergenza e quando vi sono segni di sofferenza cerebrale da mancato od insufficiente arrivo di
sangue, un sufficiente afflusso di sangue ossigenato può essere assicurato con alcune manovre ben definite
che sono:
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a) immissione di ossigeno nell’ambiente polmonare
b) convogliamento posturale del sangue
c) massaggio cardiaco
a) Immissione di ossigeno nell’ambiente polmonare: si ottiene aprendo le vie aeree e se necessario
praticando la respirazione artificiale. Una regola fondamentale è che la rianimazione respiratoria deve
sempre precedere la rianimazione cardio-circolatoria.
b) Convogliamento posturale del sangue: consiste nello sdraiare l’infortunato con la testa bassa, cioè
senza cuscino, e nel sollevare almeno a 450 le sue gambe. Si crea cosi un maggior ritorno di sangue venoso
verso il cuore ed un maggiore afflusso di sangue arterioso verso la testa ed il cervello. Se il cuore batte
ancora e la pressione arteriosa è bassa, il sangue non potrà ovviamente risalire nelle gambe e si dirigerà
quindi prevalentemente verso la testa.
c) Massaggio cardiaco: è possibile diagnosticare la mancata circolazione sanguigna per mezzo di due
importanti sintomi:
I)
Arresto del battito cardiaco: lo si controlla appoggiando due dita sui lati del collo, una per ogni lato
dell’esofago, e premendo sulle arterie carotidee.
II)
Dilatazione delle pupille: è riscontrabile dopo alcuni minuti dall’inizio dell’asfissia
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BIBLIOGRAFIA
―La prevenzione degli incendi boschivi‖ Giancarlo Calabri , Ed. Edagricoli, Bo 1991
―La foresta e il fuoco‖ Luciano Berti .
―Manuale di prevenzione incendi nell’edilizia e nell’industria‖ Leonardo Corbo.
―Gli incendi boschivi nell’anno 1993‖ Ministero Delle risorse agricole alimentari e forestali, C.F.S. 1994
―Manuale dell’elitrasportato‖ Elilario S.p.A., Regione Lombardia servizio foreste.
―Manuale contro gli incendi Boschivi‖ Oikos, Roma