Scarica in formato PDF - Portale di Archeologia Medievale

Transcript

Scarica in formato PDF - Portale di Archeologia Medievale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA “ RICCARDO FRANCOVICH”
SEZIONE DI ARCHEOLOGIA MEDIEVALE
PROGETTO DI RICERCA
Candidato: Anna Maria Grasso
La viticoltura come indicatore
paleoeconomico, paleoambientale e paleoclimatico
applicato allo studio dei contesti archeologici medievali
INDICE
1- Introduzione
2- La viticoltura nel medioevo
2.1- Fonti documentarie e sintesi storica
2.2- Fonti archeologiche: rinvenimenti di vinaccioli di Vitis vinifera L.
2.3- Influenza del clima sulla viticoltura
3- Obiettivi di ricerca
4- Problematiche di ricerca
4.1-Determinazione
sub-
specifica
dei
vinaccioli
archeologici:
dalla
morfometria al aDNA
4.2- Implicazioni paleoclimatiche delle caratteristiche fenologiche della vite
5- Metodologie
5.1- Analisi di profilo del vinacciolo tramite software d’analisi d’immagine e
confronto con l’aDNA
5.2- Ricostruzione paleoclimatica tramite proxy data storici e glaciologici
6- I tempi della ricerca
7- Bibliografia analitica
1
1- Introduzione
L’approccio alla comprensione di un fenomeno di natura antropica che ha lasciato
testimonianza archeologica è stato differente nel tempo. Il semplice induttivismo o
deduttivismo hanno dimostrato tutti i limiti intrinseci nell’applicazione schematica di un
modello che in realtà deve contemplare al suo interno una variabile indipendente e
spesso non parametrizzabile che è il comportamento umano.
La conoscenza di questo termine è, per gli archeologi, possibile solo attraverso l’analisi
delle testimonianze materiali superstiti lette in associazione problematica
contesto che può essere
ambientale o anche, nei
con un
casi più fortuiti, politico-sociale.
L’ambiente a cui ci si riferisce non è quello inteso in termini naturalistici, quanto quello
inteso nel senso economico di risorsa (ecofatto)1 . La lettura di questa informazione
all’interno di un contesto archeologico è, in parte, demandata allo studio dei resti vegetali
ivi rinvenuti. A seguito di ciò Riccardo Francovich, in occasione dell’apertura dei lavori
relativi al II Ciclo di Lezioni sulla Ricerca Applicata all’Archeologia, fissava i nuovi confini
della ricerca archeologica proprio nel fondamentale mutamento rappresentato dal
possibile riconoscimento, all’interno di uno strato, di un’informazione naturalistica e
tecnologica2. Così facendo vengono annessi nuovi soggetti d’indagine alla ricerca
archeologica, un procedimento questo che deve però comportare una “profonda
rielaborazione dei contenuti disciplinari [che consenta di ] raggiungere una migliore
definizione degli stessi processi storici implicati” 3.
La ricerca archeologica condotta sui siti d’età storica ha un ulteriore soggetto di dialogo
costituito dalla fonte scritta. Proficuo ed allo stesso tempo “conflittuale” è stato in
particolare il rapporto tra questa e l’archeologo medievista: l’archeologia medievale nasce
con l’intento di colmare il “silenzio documentario” del “popolo senza storia” (WOLF
1990),ma deve anche tenere
conto del “rumore documentario” che, al contrario, è
presente per alcuni periodi e che può indurre l’archeologo verso la “tirannia del
documento scritto”4 come se questa fosse la fonte per antonomasia.
L’approccio ad ogni problematica che l’archeologia medievale di volta in volta pone
richiede quindi un dialogo costante tra dati archeologici, dati documentari e, ove
possibile, dati di campo (parafrasando Pfister, si intendono per dati di campo quelli
derivati da misurazioni scientifiche).
Uno dei temi più controversi dell’archeologia medievale è quello inerente le dinamiche
insediative che sembrano seguire logiche differenti e non del tutto chiare all’interno di un
1
BUTZER 1982
FRANCOVICH 1990, pp. 5- 6
3
MORENO 1997, p. 89
4
CHAMPION 1990
2
2
panorama geografico, storico e politico estremamente eterogeneo quale è quello della
penisola italiana.
L’ottica attraverso la quale il presente Progetto vuole guardare il fenomeno è quella della
contestualizzazione ambientale degli insediamenti utilizzando come
proxy data
il
fenomeno della viticoltura.
Un tentativo in questa direzione è già oggetto di ricerca del Laboratorio di
Archeobotanica e Paleoecologia (Dir. Scient. Prof. G. Fiorentino) del Dipartimento di
Beni Culturali dell’Università del Salento che, in collaborazione con il Laboratorio di
Archeologia Medievale (Dir. Scient. Prof. P. Arthur) del medesimo Dipartimento, ha in
analisi i macroresti vegetali, attestanti la pratica della viticoltura, dell’insediamento
bizantino di Supersano (LE)5.
2- La viticoltura nel medioevo
2.1- Fonti documentarie e sintesi storica
Numerose sono le fonti che
descrivono i vari aspetti coinvolti nella produzione e
consumo dell’uva e del vino, ed altrettanto alta e proficua è stata l’attenzione che gli
storici medievisti le hanno riservato. Inizialmente essa costituiva uno degli aspetti
indagati da storici dell’agricoltura quali Emilio Sereni, Giorgio Giorgetti, Elio Conti e poi
Vito Fumagalli, Giovanni Cherubini, Raffaele Licinio, Massimo Montanari, Alfio Cortonesi,
Bruno Andreolli, ecc. . Recentemente la storia della vite e del vino ha assunto interesse
a sé stante: aspetti economici, politici, sociali, materiali e mentali sono stati approfonditi.
“Il Medioevo nel bicchiere” di Antonio Ivan Pini (1990) costituisce una prima sintesi di
queste ricerche svolte anteriormente agli anni Novanta, a cui faranno seguito “ Dalla vite
al vino. Fonti e problemi della vitivinicoltura italiana medievale” di Jean Louis Gaulin e
Allen J. Grieco (1994), il “Tempus vindemie” di Gabriele Archetti (1998), gli Atti del
Convegno Internazionale “La vite e il vino. Storia e diritto (secoli XI- XIX)” (2000) ed
ancora gli Atti del Convegno “La civiltà del vino. Fonti, temi e produzioni vitivinicole dal
Medioevo al Novecento” (2003).
Dalla lettura di questi saggi emerge il ruolo di primo piano che avrebbero avuto gli enti
ecclesiastici, con le loro sedi dislocate sul territorio, nel mantenimento e la propagazione
di questa coltura durante l’Alto Medioevo. Il bisogno di vino era costante per gli obblighi
della celebrazione eucaristica, ma anche per il sostentamento dei religiosi (la regola di
San Benedetto, ad esempio,
ne consentiva un uso moderato), degli operai e dei
pellegrini di passaggio nei monasteri.
5
ARTHUR & MELISSANO 2004;
3
La coltivazione della vite era difesa e apprezzata anche dai regnanti: Rotari, nel suo
Editto del 650, punisce chi ne ruba più di tre grappoli, Carlo Magno, nel Capitulare de
Villis, gli dedica vari articoli.
Emilio Sereni è però tra i pochi storici che si spinge oltre, nel tentativo di delinearne
anche le modalità di coltura ed arrivando ad affermare che nell’Alto Medioevo la vite era
coltivata in appezzamenti necessariamente chiusi (difesi quindi da tentativi di furto e dal
pascolo delle greggi) in “filari di viti basse in coltura specializzata”6 . Ma le prove che egli
porta per suffragare la sua tesi sono testimonianze iconografiche bassomedievali.
Quanto accadde invece nell’età successiva (Basso Medioevo), e soprattutto a partire dal
XIII secolo può ritenersi abbastanza chiaro: le fonti letterarie (“Ruralium Commodorum
libri duodecim” di Piero de’ Crescenzi ,1303, “De naturali vinorum historia” di Andrea
Bacci, 1596, “Tractatus de vinea, vindemia et vino” di Prospero Rendella , 1629), quelle
iconografiche (dai testi miniati alle vetrate delle grandi cattedrali europee, ai Lavori dei
mesi dei calendari medievali) (Figg.1-2), quelle d’archivio in senso lato, hanno contribuito
a creare un quadro più chiaro, seppur frammentario, dei vari aspetti necessari e connessi
alla produzione di uva e vino.
La sintesi di questi aspetti può essere facilmente desunta dalla lettura dei saggi citati, nei
quali si spazia dai lavori necessari per l’impianto ed il mantenimento della vigna, alla
tipologia di coltura (promiscua o specializzata), al tipo di impianto (viti maritate, a
alberello,
a
palo
secco
ecc.),
ai
tempi
e
le
modalità
di
vendemmia,
alla
commercializzazione del prodotto finale.
La coltivazione e/o la raccolta delle bacche di Vitis vinifera L. (vite) e il conseguente
consumo come uva fresca, passa o come derivato nella confezione dell’agresto ( un
condimento che si otteneva aggiungendo sale al succo dell’uva acerba) e del vino,
costituivano quindi una risorsa alimentare e dunque economica di primaria importanza .
A questa facevano seguito la valenza simbolica attribuita al vino dal rito cristiano che lo
rendeva indispensabile nella celebrazione della Mensa Eucaristica, e la dimensione
pubblica e conviviale nella quale si inseriva il suo consumo.
Così durante tutto il Medioevo la coltivazione della vite ha goduto del favore dei
governanti, della Chiesa e del popolo, da qui la sua capillare diffusione che la rende un
potenziale termine di confronto per comprendere le dinamiche storico- politiche ed
economiche di sfruttamento del territorio e di commercializzazione del prodotto finale.
6
SERENI 1972, pp. 95- 97
4
Fig. 1- Ciclo dei Mesi che si trova nella Torre Aquila
Fig. 2- Theatrum sanitatis, tav. XX
del Castello del Buonconsiglio di Trento, Ottobre.
2.2-
Fonti archeologiche: rinvenimenti di vinaccioli di Vitis vinifera L.
Le attestazioni archeologiche della pratiche connesse alla viticoltura generalmente sono
cancellate dalla continua rifunzionalizzazione del territorio. Le tracce che, quantomeno,
possono attestare
il consumo di uva e solo indirettamente la sua coltivazione sono
leggibili, ma a patto che le strategie di intervento sul cantiere abbiano previsto il
campionamento di sedimento degli strati archeologici.
Da una prima analisi dei contesti archeologici medievali ( nei i quali è stato richiesto
l’intervento
archeobotanico)
emerge
che
il
consumo
di
uva
appare
diffuso
diacronicamente e sincronicamente sul territorio della penisola italiana, ma oltre al dato di
presenza (che ben si accorda con quanto noto sulla diffusione di questa specie nel
territorio) gli archeologi individuano
poco o null’altro. Le tracce archeologiche della
catena produttiva che porta questo bene dai campi alle tavole sembrano scomparse .
L’unico elemento probante e diffuso capillarmente è il rinvenimento del seme
(vinacciolo) (Fig.3) , o di pochi altri resti della bacca o del legno. Da qui la necessità di
esplicare il potenziale informativo di questa tipologia di macroresti vegetali.
Poiché l’unica specie Vitis vinifera L. presente nella nostra flora può presentarsi nella
forma spontanea come elemento della flora locale (Vitis vinifera L. subsp. sylvestris
Hegi), coltivata (Vitis vinifera L. subsp. vinifera), subspontanea (cioè nata da semi di vite
coltivata che può dare origine a forme selvatiche) o infine post- colturale (rinselvatichita
per abbandono), ne consegue che il riconoscimento dell’appartenenza del vinacciolo ad
5
una di queste forme porta con sé una serie di considerazioni. In primo luogo se il seme di
Vitis rinvenuto archeologicamente appartiene ad una forma selvatica è probabile che il
consumo di uva fosse irregolare e legato alla raccolta di frutti spontanei, inquadrabile
quindi in una società nella quale prevaleva l’uso delle risorse disponibili nella catchment
area. Al contrario se esso appartiene ad una forma coltivata è indice di modalità razionali
di sfruttamento agricolo del territorio. Le forme subspontanee o subcolturali potrebbero
invece delineare fasi di decadenza o abbandono dell’insediamento.
Per chiarire
i rapporti tra siti potrebbe essere utile arrivare ad un migliore livello di
risoluzione tassonomica. Il riconoscimento della varietà a cui appartiene il vinacciolo
archeologico può indicarne infatti l’appartenenza a cultivar autoctoni oppure importati.
Fig. 3- Vinacciolo di Vitis vinifera L. in norma rispettivamente dorsale, ventrale e laterale, rinvenuto a Supersano (LE)
(Foto archivio autore)
2.3- Influenza del clima sulla viticoltura
La famiglia delle Vitaceae comprende numerosi generi (17) , ma l’unico ad avere avuto
nel tempo un rilevante ruolo economico, sociale, culturale e cultuale è il genere Vitis. A
tale genere appartengono circa 120 specie inter- fertili, la metà delle quali diffuse
esclusivamente nell’Emisfero Settentrionale7 .
L’areale di diffusione della
Vitis
è
determinato dalla latitudine, poiché condizione essenziale per la sua crescita sono la
radiazione solare globale e la durata del giorno solare. Infatti la vite è una pianta eliofila
che per fruttificare necessita di molte ore di luce al giorno. Le regioni europee che
garantiscono tale requisito minimo sono comprese nell’area delimitata a nord da 47° 15’
di latitudine (presso le foci della Loira nell’Atlantico, Francia), per risalire andando verso
oriente a 50° nella regione renana (Germania), arrivando ad un massimo di 52° 30’
7
THIS et al. 2004
6
presso Posen (Polonia) e ridiscendendo a 48° in Moldavia. Il limite meridionale è invece
segnato dall’area mediterranea8 (Fig.4).
Le aree vitate della penisola italiana sono quindi numerose, ma la loro distribuzione è, in
questo caso, strettamente dipendente dalle fasce altimetriche territoriali. L’Italia, infatti,
rientra sì tra le regioni a clima temperato, ma la particolare conformazione orografica del
territorio determina la compresenza di più fasce climatiche. Dunque, per l’Italia, l’areale di
diffusione della vite in età preindustriale, coincide con gli ambienti costieri e sub-collinari
(0- 800 m)9 (PIGNATTI 1982).
Le precise caratteristiche ecologiche della vite hanno fatto sì che l’estensione degli areali
di diffusione variasse nel corso del tempo, in conseguenza delle fluttuazioni climatiche
succedutesi. Durante le fasi più fredde (come abbiamo avuto modo di vedere, temute da
questa specie) essa ha continuato a resistere solo nelle regioni meridionali della penisola
iberica, italiana e balcanica10 .
Durante l’ età medievale e la prima età moderna si sono verificate proprio una serie di
queste variazioni climatiche a elevata frequenza, due delle quali si sono imposte per
l’ampiezza e la durata delle variazioni termiche riscontrate. La prima tra queste è nota
come “Medieval Warm Epoch”11 e definisce una fase di contrazione dei ghiacciai
verificatasi tra il 900 ed il 1300 d.C., la seconda è nota come “Little Ice Age”
12
e
definisce, al contrario, una fase di espansione dei ghiacciai verificatasi tra il 1550 ed il
1850 d. C..
Le recenti ricostruzioni climatiche che individuano il MWP e la LIA 13 si basano soprattutto
sulla gestione di dati indiretti (proxy data) di origine glaciologica, geologica o biologica,
partendo dal presupposto teorico e pratico di una variazione nella composizione dei
sedimenti terrestri e marini che avverrebbe a seguito di variazioni degli eventi
atmosferisci.
Uno dei primi e più efficaci tentativi di utilizzare come proxy data dei dati storici è stato
invece effettuato da Le Roi Ladurie (1972) il quale, sapendo che il ciclo fenologico della
vite è direttamente influenzato dalle condizioni climatiche, ha ricostruito le oscillazioni
termiche dei territori d’oltralpe attraverso i dati sul periodo e la qualità della vendemmia.
Un tentativo in questa direzione non è stato ancora effettuato per il territorio della
penisola italiana,eppure il potenziale dell’indagine potrebbe risultare assai interessante.
Lopez, in La nascita dell’Europa
14
scriveva infatti: “ E’ assai probabile che lo studio del
clima possa aiutarci a capire la apparente simultaneità delle principali fluttuazioni
8
EYNARD & DALMASSO 1990
PIGNATTI 1982
10
BENNET at al. 1991; TABERLET & CHEDDADI 2002
11
LAMB 1965
12
MATTHES 1939
13
JONES & MANN 2004; MOBERG et al. 2005; MATTHEWS & BRIFFA 2005; OSBORNE & BRIFFA 2006
14
LOPEZ 1966, p. 35
9
7
demografiche ed economiche a lungo termine estese da un capo all’altro dell’Eurasia
civilizzata”.
Fig.4- Limite della coltivazione di Vitis vinifera L. in Europa (da EYNARD & DALMASSO 1990, modificato)
3- Obiettivi di ricerca
L’obiettivo che si propone di raggiungere attraverso il presente progetto di ricerca è
quello di fornire un ulteriore elemento di confronto e dialogo nella comprensione delle
dinamiche
insediative
medievali.
Nello
specifico
se
ne
vuole
proporre
la
contestualizzazione climatica, ambientale ed economica attraverso lo studio delle
dinamiche connesse alla pratica della viticoltura.
Tale macro- obiettivo richiede il raggiungimento di due sotto-obiettivi, che sono i
seguenti:
•
L’individuazione di
parametri morfometrici
e morfologici diagnostici che
consentano la determinazione sub-specifica e varietale dei semi di Vitis
vinifera L. rinvenuti nei contesti archeologici.
•
L’individuazione di una corretta metodologia che consenta di ipotizzare l’entità
delle oscillazioni climatiche verificatesi durante il medioevo utilizzando come
proxy data le caratteristiche fenologiche di Vitis vinifera L. .
8
4- Problematiche di ricerca
4.1-
Determinazione sub- specifica dei vinaccioli archeologici: dalla
morfometria al aDNA
Il riconoscimento di vinaccioli appartenenti a Vitis vinifera L. ssp. sylvestris (vite selvatica)
ed alla subspecie vinifera (vite coltivata) si basa sul presupposto morfometrico in base al
quale il primo ha dimensioni ridotte, corpo tendente al globulare e becco tozzo, il secondo
al contrario ha dimensioni totali maggiori, corpo piriforme ed il becco allungato (Fig.5).
Questi criteri sono stati il presupposto per la creazione di alcuni indici che
consentirebbero di parametrizzare la distinzione tra le due subspecie.
Fig. 4- Morfologia e nomenclatura del vinacciolo (da DI VORA & CASTELLETTI 1995).
L’Indice di Stummer (1911) mette in rapporto diretto la larghezza totale del vinacciolo
con la sua altezza totale, un risultato compreso tra 0,44 e 0,53 indicherebbe che il
vinacciolo appartiene ad una forma selvatica, al contrario un valore compreso tra 0,76 e
0,83 indicherebbe che è coltivata. Tale Indice è spesso utilizzato ma con risultati
discutibili, esso infatti è stato calcolato a seguito delle misurazioni effettuate su vitigni
coltivati e selvatici austriaci. Dunque perchè sia applicabile alle nostre subspecie è
innanzitutto necessario ripetere una nuova fase di misurazioni e crearne il conseguente
indice.
9
L’Indice di Perret (1997) mette in relazione la lunghezza del becco con la lunghezza
totale del vinacciolo, i valori compresi tra 0,21 e 0,29 indicherebbero che il vinacciolo
appartiene ad una specie coltivata, al contrario tra 0,16 e 0,18 indicherebbero
l’appartenenza a vite selvatica. In questo caso la sperimentazione è stata condotta su un
numero maggiore di campioni e varietà ma tutte comprese tra la Svizzera, l’Ungheria e la
Germania. Dunque si ripropone il medesimo problema di affidabilità dell’Indice per le
nostre varietà.
Questi studi non tengono inoltre conto del fatto che la morfologia e le dimensioni del
vinacciolo sono collegate al numero di vinaccioli per acino oltre che alle dimensioni
dell’acino stesso ed alla posizione di questo all’interno del grappolo. Kisley15 ha
dimostrato che negli acini monopireni il seme ha un regolare sviluppo dorso-ventrale,
dove vi sono due semi questi sono più larghi e piatti, e nel caso di un numero superiore il
corpo ed il becco tendono ad allungarsi.
A tutto ciò bisogna aggiungere che i vinaccioli provenienti dai contesti archeologici hanno
subito variazioni morfometriche in conseguenza dei processi post deposizionali che ne
hanno permesso la conservazione: i vinaccioli carbonizzati tendono all’arrotondamento16,
quelli conservati in ambiente umido tendono a perdere i primi due strati del tegumento
esterno (con ovvia modificazione degli indici di misura)17, quelli mineralizzati subiscono
variazioni che dipendono strettamente dallo stadio al quale era giunto il processo di
calcificazione dell’elemento organico al momento del rinvenimento.
La ricerca effettuata da Mangafa & Kotsakis18 è, allo stato attuale, il punto di riferimento
migliore per l’identificazione di semi di Vitis coltivati e selvatici carbonizzati. Vengono
proposte quattro formule ottenute a seguito dell’analisi statistica di tre variabili che sono
l’altezza totale del vinacciolo (L), l’altezza del becco (LS) e la posizione della calaza
(PCH) (Tab.1) .
Il limite nell’applicazione di queste formule sui vinaccioli combusti dei nostri contesti
archeologici è che, ancora una volta, la sperimentazione è stata effettuata su varietà
prettamente greche. Resta comunque valido il protocollo di sperimentazione adoperato.
Queste, in sintesi, le metodologie, le problematiche ed i limiti per la distinzione dei semi
appartenenti a vite selvatica o coltivata utilizzate nell’analisi morfologica classica
effettuata dagli archeobotanici.
15
KISLEY 1988
SMITH & JONES 1990
17
DI VORA & CASTELLETTI 1995
18
MANGAFA & KOTSAKIS 1996
16
10
Valori inferiori a 0.2= semi di vite selvatica
Formula 1
-0.3801 + (- 30.2 LS/L) + 0.4564 PCH –
Valori maggiori di 0.8= semi di vite coltivata
1.386 L + 2.88 PCH/ L + 9.4239 LS)
Valori compresi tra -0.2 e 0.2= semi che hanno il 64.7% di possibilità di essere selvatici
Valori compresi tra 0.2 e 0.8= semi che hanno il 76.2% di possibilità di essere coltivati
Valori inferiori a 0.2= semi di vite selvatica
Formula 2
0.2951 + (-12.64 PCH/L – 1.6416 L + 4.
Valori maggiori di 0.9= semi di vite coltivata
5131 PCH + 9.63 LS/L)
Valori compresi tra -0.2 e 0.2= semi che hanno il 64.7% di possibilità di essere selvatici
Valori compresi tra 0.2 e 0.8= semi che hanno il 76.2% di possibilità di essere coltivati
Valori inferiori a 0.2= semi di vite selvatica
Formula 3
-7.491 + (1.7715 PCH + 0.49 PCH/L + 9.56
Valori maggiori di 0.9= semi di vite coltivata
LS/L)
Valori compresi tra 0 e 0.5= semi che hanno il 90.1 % di possibilità di essere selvatici
Valori compresi tra 0.5 e 0.9= semi che hanno il 63.3 % di possibilità di essere coltivati
Valori inferiori a -0.9= semi di vite selvatica
Formula 4
0.7509 + (-1.5748 L + 5.297 PCH – 14.47
Valori maggiori di 1.4 = semi di vite coltivata
PCH/L)
Valori compresi tra -0.9 e 0.2= semi che hanno il 91% di possibilità di essere selvatici
Valori compresi tra 0.2 e 1.4= semi che hanno il 76.2% di possibilità di essere coltivati
Tab. 1- Le quattro formule proposte da Mangafa & Kotsakis (1996) e i conseguenti indici per l’interpretazione del risultato.
Da alcuni anni si sta tentando di superarne i limiti affiancandovi le potenzialità dell’analisi
del DNA antico, questa infatti permette di raggiungere una risoluzione tassonomica di
dettaglio che consente anche di ipotizzare gli areali di provenienza della specie oltre che i
probabili focolai di domesticazione19. L’ origine e la storia dei cultivar antichi può essere
studiata tramite il confronto tra i marcatori microsatellitari e la compararazione con i
microsatellite database di cultivar moderni20.
Il limite applicativo più evidente è legato alla preservazione dell’ aDNA nel campione
archeologico, infatti, dopo la morte dell’individuo, il DNA subisce un processo di
degradazione a seguito di fattori biotici e abiotici, portando ad una frammentazione e
degradazione della sequenza originaria. I dettagli del processo di preservazione e/o
modificazione sono ancora oggetto di ricerca21, ma è emerso comunque che
generalmente le condizioni ambientali ottimali perchè si preservi il DNA sono di freddo o
caldo secco in assenza di ossigeno.
Il processo di carbonizzazione incide negativamente sulle probabilità di sopravvivenza,
ma non è escluso che se tale processo è avvenuto a basse temperature con ridotto
apporto di ossigeno ed ha comportato solo una superfiale “tostatura” del macroresto
vegetale, ci possano essere possibilità di sopravvivenza del DNA22.
Allo stesso modo anche l’immersione in acqua per lungo tempo (waterlogging remains)
non favorisce la preservazione del DNA in quanto il processo di idrolisi costituisce una
delle maggiori cause del decadimento. Quindi, di fronte ad un campione che ha questa
19
SCHLUMBAUM et al. 2007; per l’applicazione di questa metodologia alle problematiche di domesticazione della Vitis
vinifera L. si veda anche: SEFC et al. 2000, SEFC et al. 2001, ARADHYA et al. 2003.
20
MANEN et al. 2003.
21
GILBERT et al. 2003, 2007; PÄÄBO et al. 2004; HANSEN et al. 2006; STILLER et al. 2006
22
THREADGOLD et al. 2003
11
origine, solo i semi con esocarpo legnoso restano una buona fonte per l’estrazione del
DNA23.
A tali problematiche intrinseche al campione è necessario aggiungerne una ulteriore che
riguarda le sue modalità di rinvenimento: generalmente i macroresti vegetali d’origine
archeologica sono separati dal sedimento tramite flottazione o setacciatura in acqua, ma
non sono stati ancora studiati gli effetti di questa sul contenuto e la preservazione del
DNA.
Lo studio del genotipo comunque (ove possibile e con le problematiche ed i limiti
applicativi sopra esposti) può costituire un utile strumento di confronto e dialogo con
l’analisi morfometrica tradizionale.
4.2-
Implicazioni paleoclimatiche delle caratteristiche fenologiche della
vite
Le ricostruzioni climatiche individuano il Medieval Warm Period e la Little Ice Age come
eventi climatici chiaramente riconoscibili nell’Emisfero Settentrionale, ma la loro entità e
durata è variabile per regioni geografiche più ristrette24.
Quello che si vuole indagare è proprio l’incidenza che queste variazioni climatiche globali
hanno avuto sulla penisola italiana. La difficoltà del confronto nasce dal fatto che il nostro
territorio non ha a disposizione gli stessi archivi naturali (che conservano dati di natura
glaciologica) il cui studio
costituisce la base dei moderni modelli di ricostruzione
paleoclimatica. E’ dunque necessario selezionare una fonte di dati alternativa, da
relazionare a questi per operare un confronto e la dovuta sintesi.
L’obiettivo che ci si è preposti è quello di utilizzare come fonte i dati provenienti dalla
viticoltura, di seguito se ne espongono le principali motivazioni.
Poiché la vite ha avuto storicamente un imponente valore economico, essa è rientrata tra
le specie per le quali era prevista una annotazione documentaria delle caratteristiche
del raccolto e del suo prodotto finale (il vino). Ciò si è verificato con maggiore puntualità a
partire dall’Età Moderna, ma tale pratica
è attestata, con caratteristiche più discontinue
ed indirette,anche per le fasi precedenti.
La rielaborazione dei dati, di natura prevalentemente fiscale, in corrispondenti indici
climatici è resa possibile dal fatto che questa specie ha singole fenofasi ben definite e
strettamente influenzate dalle caratteristiche climatiche25. Generalmente infatti la prima
fioritura della pianta è anticipata o ritardata a seconda delle temperature di maggio (ma
una fioritura precoce può essere conseguenza di un aprile particolarmente caldo).
23
24
25
MANEN et al. 2003; ELBAUM et al. 2005; POLLMANN et al. 2005
MANN et al. 2003
HUGLIN 1969
12
L’analisi statistica multivariata ha rivelato che sono proprio le temperature comprese tra
aprile e giugno quelle che si correlano meglio con le conseguenti date di vendemmia26 . A
ciò aggiungiamo il fatto che la produzione annua e la qualità del vino sono anch’esse
direttamente influenzate da condizioni favorevoli che si devono verificare in periodi ben
definiti, nello specifico e rispettivamente metà estate e tarda estate/inizio autunno27.
Perchè la rielaborazione di questi dati in chiave paleoclimatica sia corretta è necessario
avere una documentazione su microscala, che cioè annoti anno per anno almeno una
delle caratteristiche del ciclo vegetativo, riproduttivo e produttivo della vite.
Le ricostruzioni effettuate per l’Europa Centrale (con alla base questa tipologia di dato)
sono state possibili proprio grazie al patrimonio documentario imponente che alcune di
queste regioni possono vantare. La frammentazione storico- politica, gli eventi bellici ecc.
susseguitisi nella nostra penisola fanno si che, al contrario, le serie complete di dati
d’archivio siano ben poche28.
Per ovviare a tale carenza ed al contempo per non annullare il potenziale informativo dei
dati superstiti si vuole procedere alla creazione di un modello che permetta di
relazionare, per un arco cronologico definito, i dati provenienti da archivi naturali
glaciologi con quelli connessi a periodo, qualità e quantità di vendemmia.
5- Metodologia
5.1-
Analisi di profilo del vinacciolo tramite
un software d’analisi
d’immagine
Il riconoscimento varietale dei semi di Vitis vinifera L. rinvenuti nei contesti archeologici
costituisce un obiettivo ambizioso
il cui raggiungimento richiede l’integrazione di più
metodologie d’indagine.
Come presupposto e fondamento dell’attività di ricerca vi deve innanzitutto essere la
creazione di un’adeguata Collezione di Riferimento di vinaccioli di Vitis vinifera L.
comprendente sia le varietà selvatiche che coltivate attualmente presenti nel Bacino del
Mediterraneo.
Un campione per ogni varietà posseduta sarà sottoposto ad analisi morfometrica
classica, le misure da rilevare saranno quelle corrispondenti alle dimensioni totali del
vinacciolo (lunghezza, larghezza, spessore) oltre che quelle (della medesima tipologia) di
ogni sub-elemento del vinacciolo (becco, calaza ecc.). Si valuterà la correlazione tra le
singole misure, quelle correlate in maniera lineare verranno selezionate in modo da
ridurre le successive misurazione ad una sola tra queste.
26
27
28
GARNIER 1955
EYNARD & DALMASSO 1990
CAMMEROSANO 1991
13
Lo stesso campione verrà sottoposto ad analisi del profilo attraverso un software
d’analisi d’immagine. Sull’immagine acquisite verrà innanzitutto effettuata una
operazione di resizing di modo che l’altezza totale di ogni vinacciolo acquisito sia sempre
pari ad 1. Attraverso un sistema di assi cartesiani esterno ad esso verranno prese le
coordinate (x;y) di 80 punti del profilo. Il risultato ottenuto sarà una matrice che individua,
in modo puntuale e confrontabile, il profilo di ogni vinacciolo.
A sua volta, ogni matrice di dati verrà trasformata, mediante equazione di grado pari a 3
(o superiore) o Analisi di Fourier, in parametri geometrici identificativi di ogni singola
varietà processata.
Perchè i parametri geometrici identificativi di ogni varietà possano però essere utilizzati
sui vinaccioli provenienti da contesti archeologici è necessario creare un adeguato
Protocollo di Sperimentazione che consenta di valutare le variazioni qualitative e
quantitative dei parametri morfometrici e morfologici che avvengono in conseguenza di
un
processo
di:
parziale
combustione,
conservazione
in
ambiente
anossico,
disidratazione. Questi sono infatti i probabili processi post- deposizionali che consentono
la conservazione del campione nei contesti archeologici.
Si esclude volutamente in questa fase la replicazione del fenomeno di mineralizzazione
del vinacciolo poiché le stesse cause che concorrono alla formazione di questa tipologia
di resto non sono, ad oggi, ancora chiare29.
Nei casi in cui il campione archeologico è stato sottoposto anche ad analisi del aDNA, si
provvederà al confronto dei risultati tra le due tipologie di dato.
Un proficuo tentativo in questa direzione è stato presentato al 37th International
Symposium on Archaeometry, utilizzando i vinaccioli provenienti dal contesto
archeologico altomedievale di Supersano (LE)30.
5.2-
Ricostruzione paleoclimatica tramite proxy data storici e glaciologici
Per poter ipotizzare l’entità delle oscillazioni climatiche verificatesi su scala regionale
durante il medioevo è necessario innanzitutto effettuare una ricognizione attenta delle
fonti d’archivio nelle quali sono presenti indicazioni cronologiche oltre che qualitative e
quantitative precise sui dati di vendemmia.
I Fogli di minuta per i Comuni , emanati dalla direzione Generale dell’Agricoltura con lo
scopo di avere notizie annuali sui raccolti agrari, possono essere un buon punto di
partenza. Qui infatti oltre al dato di produzione correlato con l’estensione del territorio
29
GREEN 1979
CAPPELLINI,E., GILBERT, M.T.P., GEUNA, F., FIORENTINO, G., HALL, A., THOMAS- OATES, J., ASHTON, P.,
ARTHUR, P., CAMPOS, P., WILLERSLEV, E., COLLINS, M. : Shotgun proteomics and DNA analysis of waterlogged
medieval grape seeds.
30
14
messo a coltura, si fa anche esplicita richiesta di segnalare la qualità del prodotto (ottima,
buona, mediocre o cattiva) e le cause speciali che possono avere influito sulla qualità e
quantità del raccolto.
I dati desunti da queste fonti, di natura descrittiva, dovranno essere quantizzati e le
variazioni più durature e significative dei dati campionati saranno calcolate attraverso il
sistema delle deviazioni cumulative da una media (le deviazioni cumulative si
ottengono facendo la somma cumulativa delle singole deviazioni dalla media). Questo
metodo consente, al pari del più semplice sistema delle medie mobili, di avere una chiara
percezione delle fluttuazioni di breve e lunga durata, ma in aggiunta a questa, è in grado
di evidenziare il carattere improvviso o graduale dei mutamenti31.
La curva ottenuta sarà confrontata con ulteriori altre , create in questo caso utilizzando i
valori di CO2 (anidride carbonica) e di δ18O (isotopo stabile dell’ossigeno) presenti
nell’atmosfera nel medesimo arco temporale considerato per la creazione della prima
curva. E’ stato infatti dimostrato che i quantitativi di CO2 e di δ18O intrappolati nelle calotte
artiche ed antartiche sono strettamente correlati con le oscillazioni termiche verificatesi
nel corso degli anni32. Questa tipologia di dato è accessibile grazie all’immissione in rete
dei risultati delle analisi ad opera della NOAA (National Oceanic and Atmospheric
Administration).
I risultati di ogni carotaggio indicano trends comuni ma non identici, così la selezione
della “carota” che dovrebbe indirettamente riflettere il dato regionale di nostro interesse
viene effettuata proprio attraverso il confronto fra il dato annuale di composizione chimica
del ghiaccio e quello di vendemmia. In questo modo si avrà a disposizione un dato
climatico su scala regionale che può però arrivare a coprire archi temporali anche di
migliaia di anni ( in relazione alla lunghezza della “carota”).
6- I tempi della ricerca
A- Attivazione di un protocollo di collaborazione con i principali Orti Botanici dei
Paesi del Bacino del Mediterraneo, per il reperimento di vinaccioli delle principali
varietà di Vitis vinifera L. diffuse in questo areale.
B- Allestimento della Collezione di Riferimento.
C- Ricerca bibliografica sui contesti medievali che hanno restituito elementi
attestanti, direttamente o indirettamente, la pratica della viticoltura.
31
32
BELL 1984
STENNI 2005; INDERMUHLE et al. 1999
15
D- Richiesta di collaborazione con gli Enti in possesso di vinaccioli provenienti da
contesti archeologici medievali.
E- Ricerca bibliografica sui moderni modelli paleoclimatici e le serie di dati utilizzate
per la creazione degli stessi.
F- Ricerca archivistica per individuare serie annuali dei dati di vendemmia.
G- Allestimento del Protocollo di Sperimentazione finalizzato a valutare gli effetti di
carbonizzazione e assorbimento idrico sui vinaccioli.
H- Acquisizione digitale dei vinaccioli
di provenienza archeologica e della
Collezione.
I- Analisi morfometrica dei vinaccioli moderni e archeologici mediante apposita
strumentazione microscopica .
J- Analisi del profilo del vinacciolo mediante il software d’analisi d’immagine .
K- Rielaborazione statistica dei dati provenienti da analisi morfometrica e del profilo.
L- Confronto tra i dati emersi a seguito della rielaborazione statistica e le analisi sul
genoma.
M- Indicizzazione dei dati annuali sui periodi di vendemmia.
N- Confronto tra il proxy dato storico e quello glaciologico.
O- Rielaborazione critica dei risultati emersi a seguito dell’attività di ricerca e
sperimentazione.
P- Stesura dell’elaborato finale (Tab.2).
16
I
II
III
IV
V
VI
Sem.
Sem.
Sem.
Sem.
Sem.
Sem.
Azioni
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Tab. 2- Azioni e tempi della ricerca.
BIBLIOGRAFIA ANALITICA
ARADHYA, M.K. , DANGL, G.S., PRINS, B.H., BOURSIQUOT, J.M., WALKER,
M.A.,MEREDITH, C.P.,SIMON, C.J., 2003. Genetic structure and differentiation in
cultivated grape, Vitis vinifera L.. Genetical Research, 81,179-192.
ARCHETTI, G., 1998. Tempus vindemie. Per la storia delle vigne e del vino nell’Europa
medievale. Fonti e studi di storia bresciana.Fondamenta, 4.
AROBBA, D., 2001. Macroresti botanici rinvenuti nei livelli tardoantichi e medievali del
Battistero della Cattedrale di Ventimiglia. Rivista di Studi Liguri, LXVI, 197- 212.
AROBBA, D., CARAMIELLO, R., PALAZZI, P., 2003. Ricerche archeobotaniche
nell’abitato medievale di Finalborgo (Savona): primi risultati, Archeologia medievale, XXX,
247- 258.
ARTHUR, P., 2002. Naples from Roman Town to City-State: an archaeological
perspective. The British School at Rome monograph series, 12.
17
ARTHUR, P., MELISSANO, V. (a cura di), 2004. Supersano. Un paesaggio antico nel
Basso Salento. Congedo Editore.
BAKELS, C., 2002. Plant remains from Sardinia, Italy, with notes on barley and grape.
Vegetation history and archaeobotany, 11, 3- 8.
BANDINI MAZZANTI, M., ACCORSI, C. A., FORLANI, L., MARCHESINI, M., TORRI, P.,
1992. Semi e frutti dalla Ferrara basso medioevale. In: GELICHI G. (a cura di). Ferrara
prima e dopo il castello. Spazio Libri Editori: Ferrara, 118- 133.
BANDINI MAZZANTI, M., BOSI, G., MERCURI, A. M., ACCORSI, C. A., GUARNIERI, C.,
2005. Plant use in a city in Northern Italy during the late Mediaeval and Renaissance
periods: results of the archaeobotanical investigation of “ The Mirror Pit” (14th- 15th
century A. D.) in Ferrara. Veget. Hist. Archaeobot., 14, 442- 452.
BANDINI MAZZANTI, M., MARCHESINI, M., MARVELLI, S., BOSI, G., MERCURI, A. M.,
ACCORSI, C. A., 1999. Semi e frutti del del pozzo di Cognento (Modena), dal periodo
romano all’età moderna. Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna, III, 207- 228.
BARNOLA, J.M., RAYNAUD, D., KOROTKEVICH, Y.S., LORIUS, C., 1987. Vostok ice
core provides 160,000 year record of atmospheric CO2. Nature, 329, 408- 414.
BELL, B., 1984. Analisi dei dati relativi alla produzione della vite per mezzo delle
deviazioni cumulative. In: ROTBERG, R.I., RABB, T.K. (a cura di), Clima e storia. Studi di
storia interdisciplinare. Milano: Franco Angeli Editore.
BELL, M., & WALKER, M.J.C., 1991. Late Quaternary Environmental Change. Longman.
BENNET, K.D., TZEDAKIS, P.C., WILLESK,K.J., 1991. Quaternary refugia of the North
Europeans trees. Journal of Biogeography, 18, 103- 115.
BOSSARD BECK, C., 1984. Le mobilier ostéologique et botanique. In: PESEZ, J. M. ( a
cura di). Brucato. Histoire et archéologie d’un habitat médiéval en Sicile. Collection de l’
école Française de Rome, 78, 615- 670.
BRADLEY, R.S., HUGHES, M.K., DIAZ, H.F., 2003. Climate in medieval time. Science,
302, 404- 405.
BRIFFA, K.R., JONES, P.D., BARTHOLIN, T.S., ECKSTEIN, D., SCHWEINGRUBER,
F.H., KARLEN, W., ZETTEMBERG, P., ERONEM, M., 1992. Fennoscandian summers
from AD 500: temperature changes on short and long timescales. Clim. Dyn., 7, 111- 119.
BUONINCONTRI, M. P., DI FALCO, G., MOSER, D., DONNINI, D., DI PASQUALE, G.,
2006. Il castello di Miranduolo (Siena): dati archeobotanici per il X- XI secolo. Atti Soc.
Nat. Mat. Modena, 137, 321- 338.
BUTZER, K.,1982. Archaeology as Human Ecology. Cambridge.
CAMBI, F., TERRENATO, N., 1994. Introduzione all’archeologia dei paesaggi. Carocci
Editore.
CAMMEROSANO, P., 1991. Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte.
Editore Carocci: Roma.
CAMPANA, N., CEVASCO, R., 2001. Un’area di interesse archeologico ambientale: studi
di ecologia storica a “Pian delle Groppere” (Casanova di Roveregno- GE). In: STRINGA,
18
P. & MORENO, D., (a cura di). Patrimonio storico- ambientale. Esperienze, Progetti e
Prospettive per la valorizzazione delle aree rurali. Atti del Convegno Internazionale, 1112 ottobre 2000 Genova- Montebruno. Rapallo, 225- 232.
CANTINI, F., 2003. Il Castello di Montarrenti: lo scavo archeologico (1982- 1987). Per la
storia della formazione del villaggio medievale in Toscana. All’Insegna del Giglio: Firenze.
CARAMIELLO, R., AROBBA, D., 2003 Manuale di Archeobotanica. Metodiche di
recupero e studio. Milano :Franco Angeli.
CARANNANTE, A., CHILARDI, S., FIORENTINO, G., PECCI, A., SOLINAS, F., 2008. Le
cucine di San Vincenzo al Volturno. Ricostruzione funzionale in base ai dati topografici,
strutturali, bioarcheologici e chimici. In: DE RUBEIS, F., MARAZZI, F., (a cura di).
Monasteri in Europa occidentale (secoli VIII- XI): topografia e strutture. Viella : Roma,
489- 507.
CASTELLETTI L., 1988. Legni e carboni in Archeologia. In: T., MANNONI, A., MOLINARI
(a cura di). Scienze in Archeologia. All’Insegna del Giglio: Firenze, 321- 393.
CASTELLETTI, L. & CASTIGLIONI, E., 1991. Resti vegetali. In: G. P. BROGIOLO & L.
CASTELLETTI ( a cura di). Archeologia a Monte Barro. Il Grande Edificio e le torri.
Editrice Stefanoni: Lecco, 169- 203.
CASTELLETTI, L. & MOTELLA DE CARLO, S., 1999. Il paesaggio nel medioevo
attraverso lo studio dei resti vegetali. In: MICHELETTO E. ( a cura di). Una città nel
medioevo. Archeologia e architettura ad Alba dal VI al XV secolo. Quaderni della
Soprintendenza archeologica del Piemonte, 8, 291- 301.
CASTELLETTI, L., 1975. I carboni della vetreria di Monte Lecco, Archeologia medievale,
II, 99- 122.
CASTELLETTI, L., 1975. Materiali botanici dalla fornace da campane (sec. XII) e resti di
un sarcofago ligneo (sec. XIV) da Sarzana. Archeologia medievale, II, 149- 160.
CASTELLETTI, L., 1977. Legni carbonizzati e altri resti vegetali macroscopici. In: FROVA
A. ( a cura di). Scavi di Luni II. Giorgio Bretschneider: Roma, 736- 741.
CASTELLETTI, L., 1978. Resti vegetali macroscopici del XII secolo nella Torre Civica di
Pavia, Archeologia medievale, V, 239- 248.
CASTIGLIONI, E. & ROTTOLI, M., 1997. I macroresti vegetali. In: A. MOLINARI (a cura
di). Segesta II. Il castello e la moschea ( scavi 1989- 1995). Flaccovio Editore: Palermo,
235- 249.
CASTIGLIONI, E., COTTINI, M., ROTTOLI, M., 1999. I resti botanici di Santa Giulia a
Brescia. In: G. P. BROGIOLO (a cura di). S. Giulia di Brescia, gli scavi dal 1980 al 1992.
Reperti preromani, romani e alto medievali. All’Insegna del Giglio: Firenze, 401- 424.
CHERUBINI, G., 1974. Agricoltura e società rurale nel medioevo. Sansoni: Firenze.
CHERUBINI, G., 1985. L’Italia rurale nel basso medioevo. Roma: Laterza.
CHERUBINI, G., 1986. Uomini, terre e città nel medioevo. Milano:edizioni Electa.
19
COSTANTINI, L., 1983. Piante coltivate e piante spontanee a S. Giovanni di Ruoti
(Potenza). In: M. GUALTIERI, M. SALVATORE, A. SMALL (a cura di). Lo scavo di San
Giovanni di Ruoti ed il periodo tardoantico in Basilicata. Adriatica Editrice: Bari, 85- 90.
COSTANTINI, L., COSTANTINI, L., NAPOLITANO, G., WHITEHOUSE, D., 1983. Cereali
e legumi medievali dalle mura di S. Stefano, Anguillara Sabazia (Roma). Archeologia
medievale, X, 393- 413.
COTTINI, M. & ROTTOLI M., 2001. Reperti archeobotanici. In: C. VARALDO (a cura di).
Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel complesso monumentale del
Priamàr.II. 2 Palazzo della Loggia (scavi 1969- 1989). I materiali. Collezione di
monografie preistoriche e archeologiche, XI, 519- 528.
CROWLEY, T.J. & LOWERY, T.S., 2000. How warm was the Medieval Warm Period?
Ambio, 29, 51- 54.
DEIANA, A., 1999. Le indagini archeobotaniche. In: M. MILANESE (a cura di). AlgheroLe trasformazioni di uno spazio urbano tra XIV e XX secolo. Il progetto di ricerca e le
campagne di scavo 1997/1998: relazione preliminare. Archeologia Postmedievale, 3, 7176.
DI PASQUALE, G., BALDI, A., BRUTTINI, J., BUONINCONTRI, M. P., CORBINO, C. A.,
PECCI, A., SCAMPOLI, E., 2006. Alimentazione e cultura materiale nella Firenze del XIII
secolo. I dati di Via de’ Castellani. In: FRANCOVICH, R. & VALENTI, M. (a cura di). Atti
del IV Convegno Nazionale di Archeologia Medievale, 26- 30 settembre 2006 ChiusdinoSiena. All’Insegna del Giglio: Firenze, 525- 529.
DI PASQUALE, G., DI FALCO, G., 2005. Prime indagini archeobotaniche sul castello di
Cugnano: i materiali lignei da costruzione. In: BELLI, M., FRANCOVICH, R., GRASSI, F.,
QUIRÓS CASTILLO, J. A, (a cura di), 2005. Archeologia di un castello minerario. Il sito
di Cugnano (Monterotondo M.mo, GR). All’Insegna del Giglio : Firenze, 77- 80.
DI PASQUALE, G., PECCI, A., RICCIARDI, S., DI FALCO, G., BUONINCONTRI, M. P.,
LUBRITTO, C., 2006. Dal paesaggio alla funzione delle strutture: primi risultati delle
analisi archeobotaniche e chimiche a Miranduolo (Siena). In: FRANCOVICH, R. &
VALENTI, M. (a cura di). Atti del IV Convegno Nazionale di Archeologia Medievale, 2630 settembre 2006 Chiusdino- Siena. All’Insegna del Giglio: Firenze, 257- 262.
DI VORA, A., CASTELLETTI, L., 1995. Indagine preliminare sull’archeologia della vite
(Vitis vinifera L.) in base ai caratteri diagnostici del vinacciolo. Rivista Archeologica
dell’Antica Provincia e Diocesi di Como, 176, 333- 357.
ELBAUM, R., MELAMED- BESSUDO, C., BOARETTO, E., GALILI, E., LEV- YADUN, S.,
LEVY, A.A., WEINER, S., 2005. Ancient olive DNA in pits: preservation, amplification and
sequence analysis. J. Archaeol. Sci. 33 (1), 77- 88.
EYNARD, I., DALMASSO, G., 1990. Viticoltura moderna. Manuale pratico. Milano:Hoepli.
FIORENTINO, G., 1999. Ricerche archeobotaniche e paleoambientali. In: P. ARTHUR (a
cura di). Da Apigliano a Martano. Tre anni di archeologia medievale (19971999).Congedo Editore: Galatina, 54- 56.
FIORENTINO, G., COLAIANNI, G., NOVELLIS, D., 2007. Analisi archeobotaniche al
Monastero medievale di Jure Vetere: ricostruzione ambientale e uso delle risorse
vegetali. In: FONSECA, C., D., ROUBIS, D., SOGLIANI, F., (a cura di). Jure Vetere.
Ricerche archeologiche nella prima fondazione monastica di Giacchino da Fiore (indagini
2001- 2005). Rubbettino Editore: Catanzaro, 243- 267.
20
FORLANI, L., ACCORSI, C. A., BANDINI MAZZANTI, M., MARCHESINI, M., BANDIERI,
R., 1992. Legni e carboni dalla Ferrara basso medioevale. In: GELICHI G. (a cura di).
Ferrara prima e dopo il castello. Spazio Libri Editori: Ferrara, 138- 147.
FORLANI, L., MARVELLI, S., 1999. Ambiente naturale. In: C. GUARNIERI (a cura di), Il
Tardomedioevo ad Argenta. Lo scavo di via Vinarola- Aleotti. Quaderni di Archeologia
dell’Emilia Romagna, 2, 193- 202.
FOSSATI, S., 1982. Reperti botanici di alcuni castelli liguri. Archeologia Medievale , IX,
363-364.
FRANCOVICH, R., 1990. Premessa. In: MANNONI, T., MOLINARI, A., (a cura di).
Scienze in archeologia. Firenze: Edigiglio.
FUMAGALLI, V., 1968. Note per una storia agraria altomedievale. Studi Medievali, III
serie, IX, 359- 378.
FUMAGALLI, V., 1979. Città e campagna nell’Italia medievale. Bologna: Punto Zero.
GARNIER, M., 1955. Contribution de la phénologie à l’etude des variations climatiques.
La Métérologie, XL, 291- 300.
GAULIN, L., GRIECO, A.J., 1994. Dalla vite al vino. Fonti e problemi della viticoltura
italiana medievale. Bologna.
GELICHI, S., 1994. Pozzi deposito e tesaurizzazioni nell’antica Regio VIII- Aemilia. In:
GELICHI, S. & GIORDANO, N. (a cura di). Panini:Modena, 13- 48.
GENTHON, C., BARNOLA,J.M., RAYNAUD, D., LORIUS, C., JOUZEL, J., BARKOV,
N.I., KOROTKEVICH, Y.S., KOTLYAKOV, V.M., 1987. Vostock ice core: climatic
response to CO2 and orbital forcing changes over the last climatic cycle. Nature, 329,
414- 418.
GIORGETTI, G., 1973. Contratti agrari e rapporti sociali nelle campagne. In:
AA.VV.,Storia d’Italia. Documenti. Torino: Einaudi.
GRAND, R. & DELATOUCHE, R., 1981. Storia agraria del medioevo. Milano: Il
Saggiatore.
GROOTES, P.M. & STUIVER, M., 1997. Oxygen 18/16 variability in Greenland snow and
ice with 10^3 to 10^5- year time resolution. Geophysical Research, 102, 26455- 26470.
GROVE, J.M. & SWITSUR, R., 1994. The glacial geological evidence for the Medieval
Warm Period. Climatic Change, 30, 1- 27.
GROVE, J.M., 1988. The Little Ice Age. London: Methuen.
GUGERLI, F., PARDUCCI, L., PETIT, R. J., 2005. Ancient plant DNA: review and
prospects. New Phytologist. 166, 409- 418.
GUIDO, M. A., SCIPIONI, S., MONTANARI, C., 2002. Il paesaggio colturale nei dintorni
di Casanova di Rovegno (Ge) dal VII-VIII sec. d.C.: dati archeobotanici per l’area di Pian
delle Groppere. Archeologia PostMedievale, 6, 117- 123.
21
HANSEN, A.J., MITCHELL, D.L., WIUF, C., PANIKER, L., BRAND, T.B., BINLADEN,
J.,GILICHINSJY, D.A., RØNN, R., WILLERSLEV, E., 2006. Crosslinks rather than strand
breaks determine access to ancient DNA sequences. Genetics, 173- 1175- 1179.
HUGHES, M.K. & DIAZ, H.F., 1994. Was there a “Medieval Warm Period”, and if so,
where and when?, Climatic Change, 26, 109- 142.
HUGLIN, P., 1969. Sviluppo e fasi vegetative della vite. Quaderni di viticoltura, Pisa, 7, 332.
INDERMÜHLE, A., STOCKER, T.F., JOOS, F., FISCHER, H., SMITH, H.J., WAHLEN,
M., DECK, B., MASTROIANNI, D., TSCHUMI, J., BLUNIER, T., MEYER, R., STAUFFER,
B., 1999. Holocene carbon- cycle dynamics based on CO2 trapped ice at Taylor Dome,
Antarctica. Nature, 398, 121- 126.
KISLEY, M.E., 1988. Fruit remains. In: ROTHENBERG, B. (a cura di), The Egyptian
Mining Temple at Timma. London: Institute of Archaeology- University College London,
236- 242.
LAMB, H.H., 1965. The early medieval warm epoch and its sequel . Paleoceanography,
Paleoclimatology, Paleoecology, 1, 13- 37.
LAMB, H.H., 1977. Climate: present, past and future. Volume 2. Climatic history and the
future. London: Methuen.
LAMB, H.H., 1982. Climate, History and the Modern Wordl. London: Methuen & Co.
LANDSBERG, H.E., 1985. Historical weather data and early meteorogical observations.
In: A.D. HECHT (a cura di), Paleoclimate Analysis and Modelling. New York, 27- 70.
LE GOFF, J., 1981. La civiltà dell’Occidente medievale. Bari: Editori Laterza.
LE GOFF, J., 1988. Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale. Bari: Editori
laterza.
LE ROY LADURIE, E., 1972. Tempo di festa, tempo di carestia. Storia del clima dall’anno
mille. Torino: Einaudi.
LICINIO, R., 1983. Uomini e terre nella Puglia medievale. Dagli Svevi agli Aragonesi.
Bari: Edizioni del Sud.
LOPEZ, R., 1966. La nascita dell’Europa. Torino.
LUZZATO, G., 1958. Breve storia economica d’Italia. Dalla caduta dell’Impero Romano al
principio del Cinquecento. Einaudi: Torino.
LUZZATO, G., 1963. Storia economica d’Italia. Il Medioevo. Firenze: Sansoni.
MANEN, J.F., BOUBY, L., DALNOKI, O., MARINVAL, P., TURGAY, M., SCHLUMBAUM,
A., 2003. Microsatellites from archaeological Vitis vinifera L. seeds allow a tentative
assignment of the geographical origin of ancient cultivars. Journal of Archaeological
Science, 30, 721- 729.
MANGAFA, M., KOTSAKIS, K., 1996. A new method for the identification of wild and
cultivated charred grape seeds. Journal of Archaeological Science, 23, 409- 418.
22
MANN, M.E., BRADLEY, R.S., HUGHES, M.K., 1999. Northerm Hemisphere
temperatures during the Past Millennium: Inferences, Uncertainties and Limitations,
Geophysical Research Letters, 26, 759- 762.
MANN, M.E., RUTHERFORD, S., BRADLEY, R.S., HUGHES, M.K., KEIMIG, F.T., 2003.
Optimal Surface temperature Reconstructions Using Terrestrial Borehole Data, Journal of
Geophysical Research, 108.
MARCHESINI, M., MARVELLI, S., MANCINI, A., FORLANI, L., 2003. Ricostruzione
ambientale del paesaggio vegetale nella Bassa Pianura Modenese- Mantovana in età
medievale. In:G. P. BROGIOLO (a cura di). Chiese e insediamenti nelle campagne tra Ve
il VI secolo. IX Seminario sul Tardoantico e l’Altomedioevo in Italia Centro-Settentrionale.
26- 28 settembre 2002 Garlate. Edigiglio: Firenze, 137- 143.
MARZIANO, M., DI PASQUALE, G., SORIA, G., DELLA CORTE, C., 2003. Appendice.
Le analisi archeobotaniche a Suessula: una prima ricostruzione dell’ambiente del XII- XIII
secolo d.C. In: FIORILLO, R. & PEDUTO, P. (a cura di). III Convegno Nazionale di
Archeologia Medievale,2-5 ottobre 2003 Salerno. All’Insegna del Giglio: Firenze, 368370.
MATTHEWS, F., 1939. Report of Committee on Glaciers. Trans. Am. Geophys. Union,
20, 518- 535.
MATTHEWS, J.A. & BRIFFA, K.R., 2005. The Little Ice Age: re- evalutation of an
evolving concept. Geogr. Ann., 87 A (1), 17- 36.
MERCURI, A. M., TREVISAN GRANDI, G., BANDINI MAZZANTI, M., BARBI, M.,
ACCORSI, C. M., 1999. I semi/frutti della latrina del Monastero di S. Caterina. In: C.
GUARNIERI (a cura di), Il Tardomedioevo ad Argenta. Lo scavo di via Vinarola- Aleotti.
Quaderni di Archeologia dell’Emilia Romagna, 2, 238- 245.
MILANESE, M., 1999. Alghero- Le trasformazioni di uno spazio urbano tra XIV e XX
secolo. Il progetto di ricerca e le campagne di scavo 1997/1998: relazione preliminare.
Archeologia Postmedievale, 3, 35- 85.
MOBERG, A., SONECHKIN, D.M., HOLMGREN, K., DATSENKO, N.M., KARLEN, W.,
2005. Highly variable northern hemisphere temperatures reconstructed from low- and
high- resolution proxy data. Nature, 433, 613- 617.
MONTANARI, C. & SCIPIONI, S., 2004. Analisi archeobotaniche. In: J. A. QUIRÓS
CASTILLO ( a cura di). Archeologia e storia di un castello apuano: Gorfigliano dal
medioevo all’età moderna. All’Insegna del Giglio: Firenze, 157- 164.
MONTANARI, M., 1979. L’alimentazione contadina nell’Alto Medioevo. Napoli: Liguori
Editore.
MONTANARI, M., 1984. Campagne medievali. Strutture produttive, rapporti di lavoro,
sistemi alimentari. Torino: Einaudi editore.
MONTANARI, M., 1988. Alimentazione e cultura nel Medioevo. Bari: Laterza.
MORENO, D., 1997. Storia, archeologia e ambiente. Contributo alla definizione ed agli
scopi dell’archeologia postmedievale in Italia. Archeologia Postmedievale, I, 89- 94.
MOTELLA DE CARLO, S., 1995. Indagini antracologiche e paleocarpologiche. Quaderni
della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, 13, 208- 217.
23
NEFTEL, A., OESCHGER, H., STAFFELBACH, T., STAUFFER, B., 1988. CO2 record in
the Byrd ice core 50,000- 5,000 years BP. Nature, 331, 609- 611.
NISBET, R., 1988. Paletnobotanica. In: T., MANNONI, A., MOLINARI
Scienze in Archeologia. All’Insegna del Giglio: Firenze, 277- 307.
(a cura di).
NISBET, R., 1984. I macroresti carbonizzati (II- XV secolo). In: AA. VV., Indagine
archeologica al “Palazzo Dugentesco”, antico ospedale di Sant’ Andrea in Vercelli.
Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte, 3, 201- 203.
NISBET, R., 1990. Paletnobotanica. In: T. MANNONI & A. MOLINARI (a cura di). Scienze
in archeologia. Firenze: All’Insegna del Giglio, 277- 307.
NISBET, R., 1991. Storia forestale e agricoltura a Montaldo tra età del Ferro e XVI
secolo. In: MICHELETTO E. & VENTURINO GAMBARI M. ( a cura di). Montaldo di
Mondovì. Un insediamento preistorico. Un castello. Quaderni della Soprintendenza
archeologica del Piemonte,1, 247- 250.
NISBET, R., 1999. I macroresti vegetali. In: M. M. NEGRO PONZI MANCINI ( a cura di).
San Michele di Trino (VC). Dal villaggio romano al castello medievale. All’Insegna del
Giglio: Firenze, 621- 630.
OLGILVIE, A.E.J. & FARMER, G., 1997. Documenting the medieval climate. In: M.
HULME & E. BARROW, Climates of the British Isles. Present, past and future. London:
Routledge, 112-33.
OLGILVIE, A.E.J. & JONSSON, T., 2001. “Little Ice Age” research: a perspective from
Iceland. Climatic Change, 48, 9- 52.
OSBORN, T.J. & BRIFFA, K.R., 2006. The spatial extent of 20th- century warmth in the
context of the past 1200 years. Science, 311, 841- 844.
PÄÄBO, S., IRWIN, D.M., WILSON, A.C., 1990. DNA damage promotes jumping
between templates during enzymatic amplification. J. Biol. Chem., 265, 4718- 4721.
PEARSALL, D.M., 2000. Paleoethnobotany. A handbook of procedures. II ed. London:
Academic Press.
PERRET,M., 1997. Caractérisation et évalutation du polymorphisme des génotypes
sauvages et cultivés de Vitis vinifera L. à l’aide de marqueurs RAPD et de certains traits
morphologiques. Travail de diplôme, Université de Neuchâtel.
PFISTER, C., 1998. Winter air temperature in western Europe during the Early and High
Middle Age (AD 750- 1300). The Holocene, 8, 535- 552.
PFISTER, C., 2003. I cambiamenti climatici nella storia dell’Europa. Sviluppi e
potenzialità della climatologia storica. In: BONARDI, L. (a cura di). Che tempo faceva?
Variazioni del clima e conseguenze sul popolamento umano. Fonti, metodologie e
prospettive. Milano: Franco Angeli, 19- 59.
PIGNATTI, S., 1982. Flora d’Italia, voll. I- II- III. Bologna: Edagricole.
PINI, A.I., 1989. Vite e vino nel Medioevo. Biblioteca di Storia Agraria Medievale,6 .
24
PINI, A.I.,1990. Il Medioevo nel bicchiere. La vite e il vino nella medievistica italiana degli
ultimi decenni. Quaderni Medievali. XXIX, 6-38 .
PINI, A.I.,1990. Vite e vino nell'alto medioevo. In: L'ambiente vegetale nell'alto medioevo.
Atti della XXXVII settimana di Studio del Centro italiano di studi sull'alto medioevo.
Spoleto, 329-380
PINI, A.I.,2002. Vite e vino. In: Storia dell'agricoltura italiana, II, Il Medioevo e l'età
moderna, Firenze.
PINNA, M., 1984. La storia del clima. Variazioni climatiche e rapporto clima- uomo in età
post- glaciale. Roma: Mem. Soc. Geograf., 36.
PINTO, G., PONI, C., TUCCI, U. (a cura di), 2002. Storia dell’agricoltura italiana. Il
Medioevo e l’Età Moderna. Firenze: Edizioni Polistampa.
POLLMANN, B., JACOMET, S., SCHLUMBAUM, A., 2005. Morphological and genetic
studies of waterlogged Prunus species from the Roman vicus Tasgetium, Switzerland. J.
Archaeol. Sci. 32, 1471- 1480.
QUIRÓS CASTILLO, J. A. ( a cura di), 2004. Archeologia e storia di un castello apuano:
Gorfigliano dal medioevo all’età moderna. All’Insegna del Giglio: Firenze.
RENFREW, J.M., 1973. Palaeoethnobotany. New York : Columbia Univ. Press.
RENFREW, C. & BAHN, P., 1995. Archeologia. Teorie, metodi, pratica. Bologna:
Zanichelli.
ROSENER, W., 1987. I contadini nel medioevo. Bari: Editori Laterza.
SCHLUMBAUM, A., TENSEN, M., JAENICKE- DEPRES, V., 2007. Ancient plant DNA in
archaeobotany. Veget. Hist. Archaeobot. 11, 79- 92.
SEFC, K.M., LEFORT, F.,GRANDO, M.S., SCOTT, K.D., STEINKELLNER, H., THOMAS,
M.R., 2001. Microsatellite markers for grapewine: a state of the art. In: K.A,
ROUBELAKIS – ANGELAKIS (a cura di),
Molecular Biology & Biotechnology of
Grapewine. Kluwer Academic Publishers.
SEFC, K.M., LOPES, M.S., LEFORT, F., BOTTA, R., ROUBELAKIS- ANGELAKIS, K.A.,
IBANES, J., PEJIC, I., WAGNER,H.W., GLOSS,J., STEINKELLNER, H., 2000.
Microsatellite variability in grapevine cultivars from different European regions and
evalutation of assignment testing to access the geographis origin of cultivars. Theoretical
and Applied Genetics, 100, 498- 505.
SERENI, E., 1964. Per la storia delle più antiche tecniche e della nomenclatura della vite
e del vino in Italia. Atti e Memorie dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere - La
Colombaria, X XIX, 75-204.
SERENI, E., 1972. Storia del paesaggio agrario italiano. Bari: Editori Laterza.
SERRE- BACHET, F., 1994. Middle Ages temperature reconstruction in Europe. A focus
on northeastern Italy. In: M. K. HUGHES & H.F. DIAZ, TThe Medieval Warm Period,
Climatic Change, 26, 211- 224.
25
SMITH, H., JONES, G., 1990. Experiments on the effects of charring on cultivated grape
seeds. Journal of Archaeological Science, 17, 317- 327.
STENNI, B., 2003. Applicazione degli isotopi stabili in climatologia: le carote di ghiaccio.
Studi Trent. Sci. Nat. Acta Geol., 80, 17- 27.
STILLER, M., GREEN, R.E., RONAN, M., SIMONS, J.F., DU, L., HE, W., EGHOLM, M.,
ROTHBERG, J.M., KEATES, S.G., OVODOV, N.D., ANTIPINA, E.E., BARYSHNIKOV,
G.F., KUZMIN, Y.V., VASILEVSKI, A.A., WUENSCHELL, G.E., TERMINI, J.,
HOFREITER, M., JAENICKE- DEPRES, V., PÄÄBO, S., 2006. Pattern of nucleotide
misincorporations during enzymatic amplification and direct large- scale sequencing of
ancient DNA. Proc. Natl. Acad. Sci. USA. 103, 13578- 13584.
STUMMER, A., 1911. Zur Urgeschichte der Rebe und des Weinbaues. Mitteilungen der
Anthropologischen Gesellschaft in Wien. 41, 283- 296.
TABERLET, P., CHEDDADI, R., 2002. Quaternary refugiaand persistence of biodiversity.
Science, 297, 2009- 2010.
THIS, P., JUNG, A., BOCCACCI, P., BORREGO, J., BOTTA, R., CONSTANTINI, L.,
CRESPAN, M., EISENHELD, C., GRANDO, S., LACOMBE, T., LAUCOU, V.,
MEREDITH, C.P., MILANI, N., ORTIZ, J., PETERLUNGER, E., REGNER, F., ZULINI, L.,
DETTWEILER, E., 2004. Development of a common set of standard varieties and
standardized method of scoring microsatellite markers for the analysis of grapewine
genetic resources. Theor. Appl. Genet. 109, 1448- 1458.
THIS, P., LACOMBE, T., THOMAS, M.R., 2006. Historical origins and genetic diversity of
wine grapes. Trends in Genetics. 22 (9), 511- 519.
THREADGOLD, J., BROWN, T.A., 2003. Degradation of DNA in artificially charred wheat
seeds. J. Archaeol. Sci. 30, 1067- 1076.
VALENTI, M., 2004. L’insediamento altomedievale nelle campagne toscane. Paesaggi,
popolamento e villaggi tra VI e X secolo. Firenze: edizioni all’insegna del Giglio.
VALENTI, M., 2006. Miranduolo (Chiusdino, SI). Dal villaggio di capanne al castello in
materiali misti . In: FRANCOVICH, R. & VALENTI, M. (a cura di). Atti del IV Convegno
Nazionale di Archeologia Medievale, 26- 30 settembre 2006 Chiusdino- Siena.
All’Insegna del Giglio: Firenze, 257- 262.
VIOLANTE, C., 1961. Storia ed economia dell’Italia medioevale. Rivista Storica Italiana,
LXXIII, 513- 535.
VITOLO, G., 1994. Medioevo. Milano: Bompiani.
WEBLEY, 1980. Plant cultivation at D85 (DW). In: HODGES, R., BARKER, G., WADE,
K., 1980. Excavation at D85 (Santa Maria in Cività) an early medieval hilltop settlement in
Molise. BRS, XLVIII, 96- 97.
YAN, Z., ALEXANDRE, P., DEMAREE, G., 1998. Some seasonal climatic scenarios in
Continental western Europe based on a dataset of medieval narrative sources, AD 7081426. Brussels: Institut Royal Meteorologique de Belgique.
26